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Politica e società

Michele Corti, 13 Febbraio, 2022

Il greening della costituzione: via libera alla distruzione delle attività rurali

(13/02/2022) - Politica e società - Le modifiche alla costituzione, definitivamente approvate dal parlamento, introducono l'ambiente e gli animali tra i valori costituzionali. A parte il pericolo di anteporre l'ambiente (di per sé un concetto dai contorni ambigui) ai valori di libertà e di dignità umana, nessuno si può nascondere che questi "ritocchi" verranno a dar manforte a iniziative legislative e interpretazioni giuridiche che incentiveranno i progetti di rewilding e di cancellazione delle attività rurali tradizionali. Almeno adesso sappiamo che, nel mondo politico, nessuno (o quasi) è disposto a schierarsi dalla parte dei rurali contro la dittatura animal-ambientalista.

La notizia è che il parlamento ha definitivamente approvato le modifiche in senso "ambientalista" della costituzione, un fatto che sancisce l'egemonia incontrastata di un pensiero unico che si è affermato sull'onda del movimento gretino (creato in laboratorio senza alcuna traccia di spontaneità sociale).  Il significato politico (pericoloso) di questa "mini riforma" che tocca due articoli del testo costituzionale non sta nelle parole inserite, alla lettera condivisibili (tranne l'anteporre il valore dell'ambiente alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana), ma nelle inevitabili implicazioni politiche. A sua volta da valutare nel contesto ideologico, culturale, sociale attuale.

I cambiamenti

Art. 9. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.

Art. 41. L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali


In Brasile e altrove la deforestazione prosegue imperterrita. E' più facile per l'ambientalismo main stream cantare vittoria distruggendo le attività tradizionali in Europa come nel resto del mondo in nome di animali che non sono più a rischio di estinzione (mentre lo sono le comunità rurali scacciate in vari modi dalle loro sedi.


Il contesto

C'è un comune sentire che, giustamente, riconosce l'urgenza di tutelare gli ecosistemi, le risorse della biodiversità (della quale, va sempre ricordato, è parte integrante - Convenzione sulla biodiversità (Rio de Janeiro, 1992) -  l'agrobiodiversità, costituita da razze e popolazione di animali domestici e varietà di piante coltivate). Ma quale sensibilità per gli ecosistemi e la biodiversità c'è nel capitalismo delle multnazionali che hanno promosso la deforestazione in Sud America ed estremo oriente per lucrare profitti sul business della soia e dell'olio di palma?  Per questi stessi interessi, clima e ambiente sono diventuti oggi  strumenti  per far digerire ai perdenti della "transizione", ovvero a tutte le forme di piccola attività economica (agricoltura, commercio, artigianato, turismo, servizi), le conseguenze della vittoriosa lotta di classe condotta dalle élite. Per far digerire una complessiva perdita di benessere, tutele, diritti.

Negli anni Settanta lo 0,01% più ricco della popolazione negli Usa deteneva il 2% della ricchezza, nel 2013 questa percentuale era salita all'11%. Oggi si dovrebbe guardare di più alla quota di ricchezza dei super ricchi, dei miliardari, quelli che attraverso una ragnatela di Fondazioni, Ong, lobby, attività alla luce del sole e mascherate, mantenimento a libro paga di giornalisti e politici, hanno il potere di influenzare l"agenda politica".   La narrativa ambientalista insiste sui "sacrifici" in nome del pianeta, delle future generazioni.  I profitti di big pharma e big tech però continuano a crescere, il loro potere anche (gli stati sono diventati i loro zerbini) e nulla indica che anche la "transizione ecologica", come la pandemia, non siano gestite con questa finalità. Solo chi non vuole guardare alla realtà non si accorge che sono in gioco la redistribuzione della ricchezza e del potere e, come necessario corollario (l'oppio del popolo non sempre basta),  la crescita dei meccanismi di controllo e sorveglianza che svuotano le belle parole della costituzione  e rendono grottesche le formalità "a tutela della privacy".


La modesta sede centrale del WWF a Washington. Non sono meno faraoniche quelle europee. Ma va osservato che ci sono organizzazioni ambientaliste (nordamericane) ancora più ricche e potenti del WWF. Che hanno un peso economico da multinazionali.

Unanimismo preoccupante

Solo sei gli astenuti e un contrario. Dietro questa (quasi) unanimità (onore al coraggio dei dissidenti), ci sono due elementi altrettanto preoccupanti: o chi ha dato voto favorevole è così ingenuo da non comprendere le implicazioni politiche e giuridiche delle modifiche e si è espresso, fermandosi alla lettera, alle "belle parole" o si è piegato al conformismo o, peggio ancora, ha avuto timore, come singolo parlamentare o come gruppi, di essere additato come "nemico dell'ambiente" e di subire minacce, ritorsioni, emarginazione.

Che il senso politico e le conseguenze pratiche delle modifiche introdotte fossero ben presenti ai parlamentari lo dimostra la precedente posizione della Lega, che era pronta ad attivare, su queste stesse modifiche, la macchina degli emendamenti di Calderoli e, ora, disciplinatamente allineata. Al di là della contingenza politica (il governo Draghi), non si possono non rilevare le implicazioni strategiche: l'assenza di opposizione non è solo una conseguenza di equilibri politico-governativi-parlamentari, è assenza di opposizione tout court, come si è visto con la quasi assenza di contrasto (anche nella società) nei confronti delle misure vessatorie introdotte" per il Covid", misure che non trovano corrisponsenza negli altri paesi o che sono state altrove introdotte in forme molto meno discriminatorie e da essi già revocate.


I pericoli

Già oggi la "costituzione materiale" (azioni concrete degli apparati pubblici, normative, interpretazione della legge) i valori del "conservazionismo" sono anteposti, grazie alla forza delle lobby e all'ignavia delle istituzioni, a quelli economici legati all'attività rurale, alla sicurezza, alla difesa della proprietà, alla stessa libertà economica. Cosa succederà con una costituzione formale che fornirà l'appiglio al potere reale per far valere interessi e visioni animal-ambientaliste sulle piccole attività economiche? Oggi nessuno fa valere la rilevanza costituzionale della tutela del paesaggio (art. 9), contraddetta spudoratamente da politiche e da normative faunistiche e forestali che favoriscono la proliferazione della fauna selvatica e l'abbandono del paesaggio coltivato. Eppure la tutela specifica del paesaggio rurale tradizionale è stata oggetto del decreto n. 17070 del 19 novembre 2012, che ha istituito l'Osservatorio Nazionale del Paesaggio rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali (ONPR), ha contestualmente previsto, all'articolo 4, l'istituzione del "Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali". Verrebbe anche da dire che l'edilizia rurale, tutelata dalla legge 24 dicembre 2003, n. 378, recante «Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale» è attualmente massacrata dall'ammplicazione dell'Imu sui fabbricati ex rurali che porta i proprietari a scoperchiare i fabbricati stessi per non pagare.

Un'immagine di pochi giorni fa: l'incontro a distanza ravvicinatissima di una ragazza a spasso con i due cani e un lupo

Cosa potrà avvenire con il riconoscimento costituzionale della tutela di un "ambiente" dall'ambigua definizione tra i valori più importanti? Non è difficile prevedere che gli altri valori, non supportati da potenti lobby e dal favore di media, accademie, magistratura, faranno la fine dei vasi di coccio. Già oggi (avviene solo in Italia) la tutela di un animale-idolo: il lupo, simbolo di un ambientalismo che guarda molto alle bandiere (e al proprio potere e influenza) e poco alla reale conservazione degli ecosistemi e della biodiversità, viene anteposta al diritto a difendere la proprietà, al diritto alla sicurezza. I lupi entrano impunemente nei centri abitati, si avvicinano a distanze di pochi metri dalle persone, aggrediscono le persone che difendono i propri cani, sbranano animali da reddito e d'affezione nei giardini e nei cortili e nessuno interviene (come invece succede nei paesi vicini). Come si può sperare che questa aggressione al mondo rurale, questa prepotenza possa cessare quando  ambiente e animali diventano "valori di rilevo costituzionale", per di più raddoppiato se selvatici e "simboli della biodiversità"? Il problema è che l'egemonia politico-culturale delle lobby animal-ambientaliste fa sì che, dove si scrive: "ambiente, animali, biodiversità", si legge: + lupi, + aree protette, + vincoli e limitazioni alle attività tradizionali, + promozione dell'abbandono del territorio attraverso la riproposizione di norme forestali anacronistiche e di altrettanto anacronistiche norme di "tutela della fauna", che rischiano, ora, di essere sottratte a ogni considerazione di razionale gestione faunistica per divenire, ancora di più, tabù inviolabili.

l'on. Berlato, una voce isolata nel mondo della politica

Per un'iniziativa politico-sociale autonoma

Resta il fatto che, a contrastare l'egemonia (ma si potrebbe anche dire la dittatura), animal-ambientalista, a difendere il mondo rurale (e le piccole attività economiche in generale) non c'è quasi nessuno. Tra le pochissime voci dissidenti che hanno commentato la modifica della costituzione si registra quella di Berlato, l'europarlamentare veneto di FdI:  Possibile che chi ci dovrebbe rappresentare non capisca la pericolosità di queste proposte di innovazione costituzionale e non preveda le inevitabili conseguenze che ricadrebbero su tutte le attività portatrici della Cultura rurale nell’immediato se dovessero essere approvate queste pericolose modifiche costituzionali? C'è da sperare che tra le file di FdI, della Lega e forse anche di altri gruppi vi siano politici che, in altre circostanze, potrebbero farsi interpreti del mondo agricolo, venatorio, rurale ma questa vicenda deve indurre a non contare molto sulla politica tradizionale che dimostra di essere soggetta a ondeggiamenti, condizionamenti, ricatti fortissi, tali da far rimangiare in pochi anni, in pochi mesi, quelle che sembravano posizioni granitiche. Se la "costituzione di carta" fornisce oggi pericolosi strumenti al sistema per schiacciare ancora di più il mondo rurale, le possibilità di recupero sono oggi sul versante della "costituzione materiale", quella non scritta ma che conta infinitamente più di quella di carta (un documento, peraltro, che contiene un profluvio di bei principi, belle parole, belle intenzioni che ogni cittadino italiano può constatare per lo più rimaste... sulla carta). I rapporti di forza tra i gruppi sociali, il controllo dei media, l'egemonia ideologico-culturale contano ovviamente di più del feticcio costituzionale. 

Oggi gli interessi diffusi della piccola attività economica, del mondo  rurale, strutturalmente incapaci di pesare sul piano politico sono sottorappresentati. Vero è che l'urbanizzazione e la rurbanizzazione (la trasformazione delle aree ex rurali in territori senza attività agricole a carattere residenziale) hanno considerevolmente ridotto il peso della componente sociale rurale ma vero anche che vi sono pur sempre milioni di cittadini (senza peso politico)  che resistono in montagna e nelle aree interne, nei paesi dell'Appennino e nelle borgate alpine. Vero è che c'è anche un neoruralismo che non è fatto solo da rural-chic che scappano dalla città per vivere connessi a internet senza neppure l'orto ma anche da giovani e meno giovani che credono nei valori rurali e cercano, scontrandosi contro situazioni e  regole che sono fatte apposta per scoraggiarli, di avviare attività agrosilvopastorali. Queste realtà, ma anche quelle più tradizionali, tramite  gruppi di acquisto, circuiti informali sono collegati a reti urbane. Nelle stesse metropoli c'è una componente post-ambientalista che ha compreso che l'ambientalismo main stream è una componente di un sistema che non ha realmente a cuore i valori ecologici. A fronte dell'assenza di espressioni organizzate del mondo rurale, del vuoto di rappresentanza sociale, la crescita di un soggetto politico-sociale-culturale (le distinzioni tra questi piani sono espressione e funzionali all'egemonia urbana)  potrebbe, per la sola presenza nell'arena pubblica, determinare qualche effetto positivo.

La Transumanza, un elemento del patrimonio immateriale Unesco

Un aggiornamento a senso unico

Si commenta che l'inserimento in costituzione dell'ambiente e degli animali è un doveroso adeguamento a convenzioni internazionali e agli orientamenti dell'Unione europea. Per fare digerire a qualche parlamentare perplesso il fatto che, nel limitare l'attività economica, si debba tener conto più dell'ambiente che della sicurezza, della libertà, della dignità umane, si è introdotto ex novo un valore "umano": la salute. In realtà se si pensa a come la "salute" sia stata usata nell'emergenza pandemica per comprimere la libertà viene da pensare che anteporre ambiente e salute a libertà e dignità umana  possa nascondere brutte intenzioni. A evitare, per esempio, che qualcuno possa svegliarsi e chiedere conto delle violazioni dei diritti fondamentali attuate a colpi di dpcm. Quindi non preoccupazione per la salute ma, più che altro, via libera a nuove future restrizioni della libertà e della dignità umana a colpi di "emergenze sanitarie" (vere o presunte) all'arbitrio del governo. In materia di "aggiornamenti" perché, visto che si è messo mano non solo all'ambiente, non introdurre una visione più attuale del patrimonio culturale rispetto a quella ferma al riconoscimento del "paesaggio" (inteso spesso ancora in senso estetizzante) e del patrimonio storico-monumentale, secondo una concezione che considera "emergenze" ciò che è stato prodotto dalle istituzioni e dai ceti dominanti e tralascia il patrimonio diffuso. Perché non inserire il patrimonio culturale immateriale laddove di parla solo di paesaggio e monumenti?


La cucina messicana è patrimonio immateriale Unesco (come quella francese)

La
Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (Parigi 2003). Essa fornisce la seguente definizione.  Per “patrimonio culturale immateriale” s’intendono le pratiche, rappresentazioni, espressioni, sapere e capacità, come pure gli strumenti, artefatti, oggetti, e spazi culturali associati, che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi anche i singoli individui, riconoscono come parte integrante del loro patrimonio culturale. Ciò che rileva, in particolare, non è la singola manifestazione culturale in sé, ma il sapere e la conoscenza che vengono trasmessi di generazione in generazione e ricreati dalle comunità ed i gruppi in risposta al loro ambiente, all’interazione con la natura e alla loro storia. Il patrimonio immateriale garantisce un senso di identità e continuità ed incoraggia il rispetto per la diversità culturale, la creatività umana, lo sviluppo sostenibile, oltre ché il rispetto reciproco tra le comunità stesse ed i soggetti coinvolti.
Come si vede parliamo di qualcosa di nuovo rispetto agli schemi stereotipati e invecchiati di "cultura". Qualcosa che, in Italia, dove le culture  libresche, accademiche, formali, "classiche", elitarie, urbane, la Cultura, è sempre stata anteposta a quelle rurali e popolari, l'èlite che controlla il mondo della cultura (cammuffatasi di sinistrismo come il lupo coperto dalla pelle di pecora) fa fatica a digerire.
Perché non c'è stato questo "aggiornamento"? Perché qualcuno nel parlamento non pensa di chiederlo? Così, almeno, si smaschererebbero le forze che vogliono  distruggere con ogni mezzo la cultura e la vita rurali.

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