(13/02/2022) - Politica e società -
Le modifiche alla costituzione, definitivamente approvate dal parlamento, introducono
l'ambiente e gli animali tra i valori costituzionali. A parte il pericolo di anteporre
l'ambiente (di per sé un concetto dai contorni ambigui) ai valori di libertà e di
dignità umana, nessuno si può nascondere che questi "ritocchi" verranno a dar manforte
a iniziative legislative e interpretazioni giuridiche che incentiveranno i progetti
di rewilding e di cancellazione delle attività rurali tradizionali. Almeno adesso
sappiamo che, nel mondo politico, nessuno (o quasi) è disposto a schierarsi dalla parte
dei rurali contro la dittatura animal-ambientalista.
La notizia è che il parlamento
ha definitivamente approvato le modifiche in senso "ambientalista"
della costituzione, un fatto che sancisce l'egemonia incontrastata di
un pensiero unico che si è affermato sull'onda del movimento gretino
(creato in laboratorio senza alcuna traccia di spontaneità
sociale). Il significato politico (pericoloso) di questa "mini
riforma" che tocca due articoli del testo costituzionale non sta
nelle parole inserite, alla lettera condivisibili (tranne l'anteporre
il valore dell'ambiente alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana), ma nelle inevitabili implicazioni politiche. A sua volta da
valutare nel contesto ideologico, culturale, sociale attuale.
I cambiamenti
Art.
9. La Repubblica promuove lo
sviluppo della cultura e la ricerca
scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e
artistico della Nazione.Tutela
l’ambiente, la biodiversità e gli
ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge
dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.
Art. 41. L’iniziativa
economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con
l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente,
alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i
programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica
e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini
sociali e ambientali
In
Brasile e altrove la deforestazione prosegue
imperterrita. E' più facile per l'ambientalismo main stream cantare
vittoria distruggendo le attività tradizionali in Europa come nel resto
del mondo in nome di animali che
non sono più a rischio di estinzione (mentre lo sono le comunità rurali
scacciate in vari modi dalle loro sedi.
Il contesto
C'è un comune sentire che, giustamente, riconosce l'urgenza di
tutelare gli ecosistemi, le risorse della biodiversità (della quale, va
sempre ricordato, è parte integrante - Convenzione
sulla biodiversità (Rio de Janeiro, 1992) -
l'agrobiodiversità, costituita da razze e popolazione di animali
domestici e varietà di piante coltivate). Ma quale sensibilità per gli
ecosistemi e la biodiversità c'è nel capitalismo delle multnazionali
che hanno promosso la deforestazione in Sud America ed estremo oriente
per lucrare profitti sul business della soia e dell'olio di
palma? Per questi stessi interessi, clima e ambiente sono
diventuti oggi strumenti per far digerire ai perdenti della
"transizione", ovvero a tutte le forme di piccola attività economica
(agricoltura, commercio, artigianato, turismo, servizi), le conseguenze
della vittoriosa lotta di classe condotta dalle élite. Per far digerire
una complessiva perdita di benessere, tutele, diritti.
Negli anni Settanta lo 0,01% più ricco della popolazione negli Usa
deteneva il 2% della ricchezza, nel 2013 questa percentuale era salita
all'11%. Oggi si dovrebbe guardare di più alla quota di ricchezza dei
super ricchi, dei miliardari, quelli che attraverso una ragnatela di
Fondazioni, Ong, lobby, attività alla luce del sole e mascherate,
mantenimento a libro paga di giornalisti e politici, hanno il potere di
influenzare l"agenda politica". La narrativa ambientalista
insiste sui "sacrifici" in nome del pianeta, delle future
generazioni. I profitti di big pharma e big tech però continuano
a crescere, il loro potere anche (gli stati sono diventati i loro
zerbini) e nulla indica che anche la "transizione ecologica", come la
pandemia, non siano gestite con questa finalità. Solo chi non vuole
guardare alla realtà non si accorge che sono in gioco la
redistribuzione della ricchezza e del potere e, come necessario corollario (l'oppio del popolo non
sempre basta), la crescita dei meccanismi di
controllo e sorveglianza che svuotano le belle parole della
costituzione e rendono grottesche le formalità "a tutela della
privacy".
La modesta sede
centrale del WWF a Washington. Non sono meno faraoniche quelle europee.
Ma va osservato che ci sono organizzazioni ambientaliste
(nordamericane) ancora più ricche e potenti del WWF. Che hanno un peso
economico da multinazionali.
Unanimismo
preoccupante
Solo sei gli astenuti e un contrario. Dietro questa (quasi) unanimità
(onore al coraggio dei dissidenti), ci sono due elementi altrettanto
preoccupanti: o chi ha dato voto favorevole è così ingenuo da non
comprendere le implicazioni politiche e giuridiche delle modifiche e si
è espresso, fermandosi alla lettera, alle "belle parole" o si è piegato
al conformismo o, peggio ancora, ha avuto timore, come singolo
parlamentare o come gruppi, di essere additato come "nemico
dell'ambiente" e di subire minacce, ritorsioni, emarginazione.
Che il senso politico e le conseguenze pratiche delle modifiche
introdotte fossero ben presenti ai parlamentari lo dimostra la
precedente posizione della Lega, che era pronta ad attivare, su queste
stesse modifiche, la macchina degli emendamenti di Calderoli e, ora,
disciplinatamente allineata. Al di là della contingenza politica (il
governo Draghi), non si possono non rilevare le implicazioni
strategiche: l'assenza di opposizione non è solo una conseguenza di
equilibri politico-governativi-parlamentari, è assenza di opposizione
tout court, come si è visto con la quasi assenza di contrasto (anche
nella società) nei confronti delle misure vessatorie introdotte" per il
Covid", misure che non trovano corrisponsenza negli altri paesi o che
sono state altrove introdotte in forme molto meno discriminatorie e da
essi già revocate.
I pericoli
Già oggi la "costituzione materiale" (azioni concrete degli apparati pubblici, normative,
interpretazione della legge) i
valori del "conservazionismo" sono anteposti, grazie alla forza delle
lobby e all'ignavia delle istituzioni, a quelli economici legati
all'attività rurale, alla sicurezza, alla difesa della proprietà,
alla stessa libertà economica. Cosa succederà con una costituzione formale
che fornirà l'appiglio al potere reale per far valere interessi e visioni
animal-ambientaliste sulle piccole attività economiche?
Oggi nessuno fa valere la rilevanza
costituzionale della tutela del paesaggio (art. 9), contraddetta
spudoratamente da politiche e da normative faunistiche e forestali che
favoriscono la proliferazione della fauna selvatica e l'abbandono del
paesaggio coltivato. Eppure la tutela specifica del paesaggio rurale
tradizionale è stata oggetto
del decreto n. 17070 del 19 novembre 2012, che ha istituito
l'Osservatorio Nazionale del Paesaggio rurale, delle pratiche
agricole
e conoscenze tradizionali (ONPR), ha contestualmente previsto,
all'articolo 4, l'istituzione del "Registro nazionale dei paesaggi
rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze
tradizionali". Verrebbe anche da dire che l'edilizia rurale, tutelata
dalla legge 24 dicembre 2003, n. 378, recante «Disposizioni per la
tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale» è attualmente
massacrata dall'ammplicazione dell'Imu sui fabbricati ex rurali che
porta i proprietari a scoperchiare i fabbricati stessi per non pagare.
Un'immagine
di pochi giorni fa: l'incontro a distanza ravvicinatissima di una
ragazza a spasso con i due cani e un lupo
Cosa potrà avvenire con il riconoscimento costituzionale della
tutela di un "ambiente" dall'ambigua definizione tra i valori più
importanti? Non è difficile prevedere che gli altri valori, non supportati da potenti
lobby e dal favore di media, accademie, magistratura, faranno la fine
dei vasi di coccio. Già oggi
(avviene solo in Italia) la tutela di un animale-idolo: il lupo,
simbolo di un ambientalismo che guarda molto alle bandiere (e al
proprio potere e influenza) e poco alla reale conservazione degli
ecosistemi e della biodiversità, viene anteposta al diritto a difendere
la proprietà, al diritto alla sicurezza. I lupi entrano impunemente nei
centri abitati, si avvicinano a distanze di pochi metri dalle persone,
aggrediscono le persone che difendono i propri cani, sbranano animali
da reddito e d'affezione nei giardini e nei cortili e nessuno
interviene (come invece succede nei paesi vicini). Come si può sperare
che questa aggressione al mondo rurale, questa prepotenza possa cessare quando ambiente e animali diventano
"valori
di rilevo costituzionale", per di più raddoppiato se selvatici e "simboli della biodiversità"?
Il problema è che l'egemonia
politico-culturale delle lobby animal-ambientaliste fa sì che, dove si
scrive: "ambiente, animali, biodiversità", si legge: + lupi, + aree
protette, + vincoli e limitazioni alle attività tradizionali, +
promozione dell'abbandono del territorio attraverso la riproposizione
di norme forestali anacronistiche e di altrettanto anacronistiche norme
di "tutela della fauna", che rischiano, ora, di essere sottratte a ogni
considerazione di razionale gestione faunistica per divenire, ancora di
più, tabù inviolabili.
l'on. Berlato, una voce isolata nel
mondo della politica
Per un'iniziativa politico-sociale
autonoma
Resta il fatto che, a contrastare l'egemonia (ma si potrebbe anche
dire la dittatura), animal-ambientalista, a difendere il mondo rurale
(e le piccole attività economiche in generale) non c'è quasi nessuno. Tra le pochissime voci dissidenti che hanno
commentato la modifica della costituzione si registra quella di
Berlato, l'europarlamentare veneto di FdI: Possibile che chi ci dovrebbe
rappresentare non capisca la pericolosità di queste proposte di
innovazione costituzionale e non preveda le
inevitabili conseguenze
che ricadrebbero su tutte le attività portatrici della Cultura rurale
nell’immediato se dovessero essere approvate queste pericolose
modifiche costituzionali? C'è da sperare che tra le file di
FdI, della Lega e forse anche di altri gruppi vi siano politici che, in
altre circostanze, potrebbero farsi interpreti del mondo agricolo,
venatorio, rurale ma questa vicenda deve indurre a non contare molto
sulla politica tradizionale che dimostra di essere soggetta a
ondeggiamenti, condizionamenti, ricatti fortissi, tali da far
rimangiare in pochi anni, in pochi mesi, quelle che sembravano
posizioni granitiche. Se la "costituzione di carta" fornisce oggi
pericolosi strumenti al sistema per schiacciare ancora di più il mondo
rurale, le possibilità di recupero sono oggi sul versante della
"costituzione materiale", quella non scritta ma che conta infinitamente
più di quella di carta (un documento, peraltro, che contiene un
profluvio di bei principi, belle parole, belle intenzioni che ogni
cittadino italiano può constatare per lo più rimaste... sulla carta). I
rapporti di forza tra i gruppi sociali, il controllo dei media,
l'egemonia ideologico-culturale contano ovviamente di più del feticcio
costituzionale.
Oggi gli interessi diffusi della piccola attività economica, del
mondo rurale, strutturalmente incapaci di pesare sul piano
politico sono sottorappresentati. Vero è che l'urbanizzazione e la
rurbanizzazione (la trasformazione delle aree ex rurali in territori
senza attività agricole a carattere residenziale) hanno
considerevolmente ridotto il peso della componente sociale rurale ma
vero anche che vi sono pur sempre milioni di cittadini (senza peso
politico) che resistono in montagna e nelle aree interne, nei
paesi dell'Appennino e nelle borgate alpine. Vero è che c'è anche un
neoruralismo che non è fatto solo da rural-chic che scappano dalla
città per vivere connessi a internet senza neppure l'orto ma anche da
giovani e meno giovani che credono nei valori rurali e cercano,
scontrandosi contro situazioni e regole che sono fatte apposta
per scoraggiarli, di avviare attività agrosilvopastorali. Queste
realtà, ma anche quelle più tradizionali, tramite gruppi di
acquisto, circuiti informali sono collegati a reti urbane. Nelle
stesse metropoli c'è una componente post-ambientalista che ha compreso
che l'ambientalismo main stream è una componente di un sistema che non
ha realmente a cuore i valori ecologici. A fronte dell'assenza di espressioni
organizzate del mondo rurale, del vuoto di rappresentanza sociale, la
crescita di un soggetto politico-sociale-culturale (le distinzioni tra
questi piani sono espressione e funzionali all'egemonia urbana)
potrebbe, per la sola presenza nell'arena pubblica, determinare qualche
effetto positivo.
La Transumanza, un elemento del patrimonio
immateriale Unesco
Un aggiornamento a senso unico
Si commenta che l'inserimento
in costituzione dell'ambiente e degli animali è un doveroso adeguamento
a convenzioni internazionali e agli orientamenti dell'Unione europea.
Per fare digerire a qualche parlamentare perplesso il fatto che, nel
limitare l'attività economica, si debba tener conto più dell'ambiente
che della sicurezza, della libertà, della dignità umane, si è
introdotto ex novo un valore "umano": la salute. In realtà se si pensa a come la
"salute" sia stata usata nell'emergenza pandemica per comprimere la
libertà viene da pensare che anteporre ambiente e salute a libertà e
dignità umana possa nascondere brutte intenzioni. A evitare, per esempio, che
qualcuno possa svegliarsi e chiedere conto delle violazioni dei diritti fondamentali
attuate a colpi di dpcm. Quindi non preoccupazione per la salute ma, più che
altro, via libera a nuove future restrizioni della libertà e della dignità umana
a colpi di "emergenze sanitarie" (vere o presunte) all'arbitrio del governo.
In materia di
"aggiornamenti" perché, visto che si è messo mano non solo all'ambiente,
non introdurre una visione più attuale
del patrimonio culturale rispetto a quella ferma al riconoscimento del
"paesaggio" (inteso spesso ancora in senso estetizzante) e del
patrimonio storico-monumentale, secondo una concezione che considera
"emergenze" ciò che è stato prodotto dalle istituzioni e dai ceti
dominanti e tralascia il patrimonio diffuso. Perché non inserire
il patrimonio culturale immateriale laddove di parla solo di paesaggio e
monumenti?
La
cucina messicana è patrimonio immateriale Unesco (come quella francese)
La Convenzione
per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (Parigi 2003). Essa fornisce la
seguente definizione. Per
“patrimonio culturale immateriale” s’intendono le pratiche,
rappresentazioni, espressioni, sapere e capacità, come pure gli
strumenti, artefatti, oggetti, e spazi culturali associati, che le
comunità, i gruppi e, in alcuni casi anche i singoli individui,
riconoscono come parte integrante del loro patrimonio culturale. Ciò
che rileva, in particolare, non è la singola manifestazione culturale
in sé, ma il sapere e la conoscenza che vengono trasmessi di
generazione in generazione e ricreati dalle comunità ed i gruppi in
risposta al loro ambiente, all’interazione con la natura e alla loro
storia. Il patrimonio immateriale garantisce un senso di identità e
continuità ed incoraggia il rispetto per la diversità culturale, la
creatività umana, lo sviluppo sostenibile, oltre ché il rispetto
reciproco tra le comunità stesse ed i soggetti coinvolti.
Come si vede parliamo di
qualcosa di nuovo rispetto agli schemi stereotipati e invecchiati di
"cultura". Qualcosa che, in Italia, dove le culture libresche,
accademiche, formali, "classiche", elitarie, urbane, la Cultura, è
sempre stata anteposta a quelle rurali e popolari, l'èlite che
controlla il mondo della cultura (cammuffatasi di sinistrismo come il
lupo coperto dalla pelle di pecora) fa fatica a digerire.
Perché non c'è stato questo
"aggiornamento"? Perché qualcuno nel parlamento non pensa di chiederlo?
Così, almeno, si smaschererebbero le forze che vogliono
distruggere con ogni mezzo la cultura e la vita rurali.