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La Storia di due caprai, di una scrofa innamorata e di un gatto coraggioso

Una storia in controtendenza: qualche volta gli alpeggi rinascono

(Aggiornamento)

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(11.04.10)   La storia della capretta Sbirulina è in realtà la storia di un 'neo-insediamento' di due giovani che vogliono far rivivere una frazione 'presepizzata' . Che incontrano non poche difficoltà, ma che ricevono anche significative forma di aiuto.

 

La capretta che 'fa' il cagnolino (storia di un 'neo-insediamemento' agricolo)

 

testo e foto di Michele Corti

 

Forse qualcuno si ricorda del gatto coraggioso che si crede un cane pastore (storia di due caprai ...). Adesso è la volta di Sbirulina, una caprettina nata prematura e allevata in casa con due 'genitori' umani e due affettuose cagnotte (una 'pastora' e una Rotweiller) come 'sorelle maggiori'.  Abbiamo incontrato Sbirulina a Ielmala, una frazioncina a 658 m nel comune di Calasca Castiglione non facilmente accessibile (lo sterrato di accesso a circolazione regolamentata si arresta a qualche centinaio di metri dalle case). Ielmala (da mulier mala?) si trova sul versante a mezzodì (una volta popolatissimo)  nella Valle Anzasca, una valle incassata di 30 km che conduce a Macugnaga, sotto il Monte Rosa. Qui, da qualche anno, non abita più nessuno in modo permanente; l'ultima era una vecchina con la sua mucca. Nel 2008 Paolo Cassani ha deciso di stabilirsi qui con la compagna Silvia. E così adesso a Ielmala vi è una famiglia stabile (di cui Sbirulina fa parte a pieno titolo) e ... 30 capre.

Foto 1. Sbirulina, sulla soglia di casa, scuta curiosa i 'movimenti' dei suoi padroni che non perde mai di vista trotterellando e saltellando loro dietro (quando non viene presa in braccio)

 

Nel 2009 Paolo ha deciso di prendere le capre e di impostare un'attività agricola a tempo pieno. Lo scorso anno le capre erano solo 4, ma con un po' di acquisti e di regali, il gregge è già arrivato a 30 capi (più Sbirulina e la altre nuove leve). Nonostante il numero di capre ormai da allevamento  'professionale' Paolo maniene delle cure amorevoli per ogni capretto e per essere certo che tutti abbiano latte a sufficienza li allatta con la bottiglia. Non sorprende che invece di abbandonare alla sua sorte una caprettina prematura (nata con un peso di 1,5 kg) l'abbia adottata, portata in casa al calduccio. Sbirulina aveva una gemellina che non ce l'ha fatta. Lei, però, ora è vispa e felice. Però il legame con i genitori adottivi umani ha determinato un forte 'inprinting' (il comportamento etologico per cui un cucciolo se allevato dall'inizio da un'altra specie identifica nei membri di questa i genitori e i simili). Sbirulina segue Paolo e Silvia come una cagnolina e in casa è provvista di una sua particolare 'cuccia' (foto sotto).

 Foto 2. La 'cuccia' di Sbirulina        

 

Oltre che con i genitori umani adottivi Sbirulina ha sviluppato una grande famigliarità con i cani, ovvero le due cagnotte di casa che l'hanno anch'esse adottata senza problemi (nella foto sopra si scorge la zampa della Rotweiller). Come tutti i cani 'viziati' Sbirulina preferisce il divano alla cuccia e appena può, con un balzo, ci salta sopra (e ci sta benone come dimostra la foto sotto).

 

Foto 3. ... ma il divano è più comodo (infatti Sbirulina ha un'aria serena e soddisfatta)   

 

Oggi siamo abituati ad umanizzare i pet (cani e gatti) e ci si può 'scandalizzare' di maiali, capre e pecore che vivono 'in famiglia' (anche se la moda si sta diffondendo). In realtà è la modernità che ha creato un abisso tra animali 'da reddito' (ovvero da sfruttare come 'cose) e animali 'da compagnia' (da vezzeggiare sino all'abbigliamento griffato e alle linee di cosmetici per 'amici a quattro zampe').

In realtà la storia di Sbirulina è una storia quasi 'normale'. Chi ha le capre sa quale legame personale si possa instaurare con loro e chi conosce la vita ruralpina di ieri sa che c'era la 'cavra/crava de cà', chiamata per nome, docile, che allattava i bambini e mangiava gli avanzi di cucina.

 

Tre le capre donate come 'dote d'avviamento' dagli amici torinesi di Paolo  figura una pattuglia di 'esotiche' Chevre du Rove, esotiche  perché pur venendo dalla Provenza (e sconfinando spesso nel Cuneese sull'onda degli scambi tra pastori transumanti) sono capre di ceppo mediterraneo-africano per tanti versi lontane dalle 'cugine' alpine-europee. A parte queste considerazioni etnografiche è bello constatate che oggi, incontro a chi fa la scella del 'nuovo contadino' si creino reti di solidarietà. Non molti anni fa gli amici avrebbero dato del pazzo a Paolo, altro che regalargli le capre ...

Foto 4. Tra le compagne più grandi di Sbirulina vi è un gruppetto di Chevre du Rove. Vengono dalla Provenza e sono state regalate a Paolo da amici di Torino per aiutarlo a 'mettere su' l'allevamento.

Anche se Paolo è nato ed è vissuto a Torino (dove aveva un 'posto fisso') il suo si può definire un 'ritorno alla terra' perché non solo la famiglia è di qui ma lui stesso da bambino ha rascorso qui le sue vacanze, quando oltre ai nonni c'erano anche altri contadini e il villaggio, ancorché in via di spopolamento. era ancora vivo.  La casa dove Paolo e Silvia abitano è della famiglia e continuano (per le vacanze) a venire anche i genitori. La famiglia Cassani è proprietaria di terreni (i fazzoletti di terra dell'agricoltura contadina alpina) e di baite in varie località a quote più elevate. Per Silvia, vissuta a Roma e laurata in legge, l'impatto è stato ovviamente più forte. Ma è fiduciosa.

 

Foto 5. Ciò che rimane della vecchia scritta ottocentesca con il nome della frazione sostituita da una targa recente.

 

L'appartenenza di Paolo ad una famiglia nativa ha certo agevolato il suo insediamento; non solo per via delle proprietà ma anche per altre forme di solidarietà tradizionale attive entro il solo gruppo di parentela (e qui è inevitabile fare un po' di antropologia...). Paolo riferisce che un anziano parente gli ha promesso di trasmettergli le ricette del 'violino' di capra (e altre) gelosamente custodite e che possono passare solo a qualcuno che apprtiene alla discendenza. Al di là della cerchia parentale anche altri anziani abitanti hanno concretamente manifestato il loro compiacimento per la scelta di Paolo con vari regali. Il mondo chiuso e roso dall'invidia del passato pare schiudersi a nuove forme di apertura. Di fronte alla prospettiva della totale implosione e sparizione di ogni traccia di quella vita rurale del passato che vedeva queste frazioni ormai deserte piene di vita (dura ma non certo priva di occasioni di socialità, vedi la presenza della chiesa, del forno comune, del lavatoio pubblico ...) c'è chi non si lascia scappare l'occasione di un gesto di generosità teso a far rivivere un po' di quel mondo.

La presepizzazione di Ielmala (come vedremo oltre) non agevola il percorso di Paolo e Silvia tesi a far rivivere il villaggio, ma forse l'attenzione per le cose del passato - anche solo in termini di rievocazione-  ha certo contribuito a determinare quella disponibilità a dare una mano a un 'nuovo contadino' da parte dei vecchi abitanti (da non confondere) con i 'villeggianti'. Il vecchio forno di Ielmala, inserito nel percorso culturale-tematico della Via del pane, non è solo il monumento di sè stesso ma, come testimonia la fuligine, è ancora utilzzato una volta l'anno per una panificazione collettiva rituale.  Un modo per mantenere e ricreare legami. Per interrogarsi sul cosa fare per mantenere, assegnandoli nuove funzioni, un patrimonio di passata antropizzazione, frutto di tante fatiche

 

 Foto 6. la chiesa che serviva anche ad altre piccole frazioni

 

 Foto 7. Il forno collettivo. Uno dei focus della vita comunitaria di Ielmala

 

Dicevamo dell'ambivalenza della 'presepizzazione'. Oggi Ielmala e la sottostante frazione di Crotto (raggiunta dala strada asfaltata) sono sottoposte a vincolo paesaggistico e sno considerate aree residenziali sature. Vincoli che rispondono alla finalità di evitare ristrutturazioni improprie, aumenti di volumetrie e, in definitiva, speculazioni e distruzione di grandi. L'altro lato della medaglia è che per ogni intervento è necessaria la DIA (e i costi lievitano). Inoltre la classificazione 'residenziale' delle frazioni rende difficile la 'convivenza' con l'attività zootecnica (il dramma della 'puzza' che offende il delicato olfatto di coloro che sino a ieri. 'Facevano la festa, la tavolata, con un mucchio di letame fresco a fianco e tutte le mosce, a me che avevo e ho tutt'oggi le bestie dava fastidio'. Parole dell'unica vicina di casa (una cugina) di Paolo e Silvia che abita (anch'ella unica) alla frazione di sotto (Crotto). Vi sono problemi per la concimaia, per le distanze della recinzione dalle proprietà vicine. E' nella breve 'stagione' di vacanza durante la quale gli 'oriundi' (inclusi alcuni sardi originari di qua) ritornano al paese che nascono questi problemi. D'altra parte osservano Paolo e Silvia se ci spostiamo con le capre ai nuclei più in altro siano saremmo del tutto senza strada. La morale è sconfortante: dove arriva la strada la 'residenza' scaccia l'agricoltura. dove non arriva la strada i costi di ristrutturazione si moltiplicano (senza parlare delle difficoltà di accesso). In più mentre da una parte il 'rurale' diviene 'residenziale' quelli che erano i terreni coltivati sino a pochi anni fa diventano implacabilmente 'bosco' (per sta volta non entriamo nella nota polemica). Compresi dei prati non piccoli di Paolo a Drocala (a 900 m) dove le capre potrebbero - in teoria - essere 'sanzionate' nonostante siano ancora prati e nonostante che Paolo faccia il pascolo 'guidato'.

 

Foto 8. Alcune delle case di Ielmala (viste da Crotto)

 

Qualche vantaggio della 'residenzialità' però c'è. In cambio dell'ICI incassata il comune eroga dei servizi. Paolo ci scherza su: 'Quanto all'illuminazione pubblica non possiamo lamentarci, siamo due persone e ci sono 7 fanali pubblici'. A merito del comune va anche dato atto che a Paolo, per un affitto simbolico di 50 €, sono stati concessi 40 ha di pascolo comunale. 'Siamo in tre allevatori dice Paolo e il comune ci darebbe tutta la montagna'. Grazie al pascolo in affitto, ai piccoli terreni e fabbricati di proprietà Paolo ha potuto registrarsi come impresa agricola. Un passo decisivo. Adesso, però, dovrà rimboccarsi le maniche, imparare a trasfrormare il latte, sistemare dei locali per il caseificio. Al Crotto Paolo dispone di un fabbricato cadente che vorrebbe ristrutturare per utilizzarlo come stalla e caseificio. Sempre a Crotto vi è la splendida casa contadina del tempo che fu della foto sotto. Il sogno di Paolo e Sivia è di acquisirla e, pian piano, di ristrutturarla e di farne la propria abitazione adibendola anche a B&B o agriturismo. Parecchia lotta con la burocrazia in vista, tanto lavoro e non poche spese in vista (l'aiuto delle famiglie è ovviamente indispensabile). Ma l'entusiasmo è tanto. E Silvia pensa oltre a dare una mano in azienda anche di poter svolgere un'attività professionale legata ai suoi studi di legge.

 

Foto 9. Una splendida dimora contadina a Crotto. E' ormai pericolante ma Paolo e Sivia vorrebbere acquistarla e ristrutturarla per utilizzarla come abitazione e agriturismo

 

 

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

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