(16.06.09)
Filere
corte. A Sondrio, Como e Lecco alcune esperienze d'avanguardia
ormai consolidate consentono di fare il punto sulle
"filere corte". Avviata un'indagine dell'Università
di Milano
di
Michele Corti
A
Como nel 2004 partono i distributori automatici
di latte crudo. A Sondrio nel 2004 parte Slow Cooking,
associazione di chef-imprenditori e produttori agricoli
sinora unica nel suo genere (nel menù viene in indicato
il produttore che fornisce le materie prime). A Lecco
nel 2005 partono i "mercati degli agricoltori"
(a Osnago).
Un'area
all'avanguardia in Italia nelle SFSC (short food
supply chains) ovvero "filiere corte".
Un'area di grande interesse perché qui il grande e precoce
sviluppo di industria e turismo ha da da molto
tempo relegato l'agricoltura (un'agricoltura collinare
e montana) a settore secondario, costringendo le
aziende a cercare soluzioni innovative e ad allontanarsi
dai paradigmi produttivisti per cercare motivi di vitalità
o, semplicemente, di sopravvivenza nella 'multifunzionalità'.
Le
debolezze strutturali delle aziende - considerate in
passato svantaggi incolmabili - fanno si che qui, rispetto
alle aree di agricoltura 'competitiva' della pianura
lombarda, vi sia ancora una realtà di piccole
aziende (fino a ieri considerate 'marginali'). Una debolezza
che oggi significa anche nuove opportunità (differenziazione
di prodotti, qualità, 'artigianalità', vicinanza al
consumatore).
C'è,
inoltre, un inaspettato ambito di 'ruralità profonda',
ricco di tradizioni (metodi di produzioni, tradizioni
di trasformazione alimentare). Basta allontanarsi di
pochi km (a volte di poche centinaia di m) dalle riviere
lariane dei Grand Hotel e delle metallurgie per
trovare (non solo nell'alto Lario occidentale, ma anche
nelle valli più a nord del lecchese) pratiche
'di livello etnografico' che gli studiosi ritenevano
sopravvivere solo nelle zone più 'arretrate' dell'Italia
meridionale (letame distribuito con l'asino, slitte
trainate da cavalli, grande uso del gerlo ecc.).
Poi
c'è la realtà dei 'rifugiati dalla metropoli' che hanno
creato nuove piccole aziende agricole (capre, bio, piccoli
frutti), quella di chi ha voluto investire
importanti capitali in una risorta viticoltura (vedi
Montevecchia e Perego nelle colline del Parco di Montevecchia
e della Valle del Curone), c'è la pesca professionale,
che non vuole sparire e si affida anche alla gastronomia
innovativa oltre alle tradizionali preparazioni
del pesce conservato. Non vanno poi dimenticati
gli alpeggi (presenti in tutte e tre le provincie) con
il zincarlin, la semuda, la mascherpa stagionata,
il Bitto e gli analoghi formaggi lariani, il 'ritorno
della capra' e alla grande tradizione di formaggini
di latte caprino. Vecchie tradizioni come la patata
di Annone. C'è infine una zootecnia che punta al
biologico, alla trasformazione diretta, al latte crudo
in vendita diretta.
Tutti
questi fermenti si incontrano con le esigenze 'metropolitane'
di un consumatore con elevato reddito che vive in un'area
fortemente urbanizzata e industrializzata e hanno consentito
l'avvio di precoci esperienze di filiera corta. Dopo
5 anni dall'avvio di queste ultime possiamo dire
che c'è stata una buona disseminazione: i mercati contadini
sono sbarcati a Como e stanno arrivando in Valtellina,
Slow Cooking, nata in Valtellina, si è allargata nel
lecchese nel 2008, i distributori 'bancolat' da
Como si sono diffusi a Lecco e poi in provincia
di Sondrio. E' quindi possibile fare un bilancio e trarre
qualche considerazione sulle prospettive e il significato
di questi 'circuiti brevi' con valore anche per la più
ampia realtà regionale e nazionale.
Un
approfondimento necessario cui mira l'indagine sulle
filiere corte agro-alimentari delle tre provincie avviata
in questi giorni dal DIPSA (Dipartimento per la protezione
dei sistemi agro alimenatre ed urbano e epr la valorizzazioen
della biodiversità) dell'Università di Milano. Proteggere
le filiere agroalimentari legate al territorio e l'agribiodiversità
significa innanzitutto conoscerle ed individuare quali
sono le loro prospettive e punti di debolezza.
Non
è un panorama solo 'rose e fiori' infatti. La diffusione
della distribuzione del latte crudo da parte del produttore
ha incontrato la forte ostilità del sistema agroindustriale
(cone le note vicende delle circolari del sottosegretario
Martini del dicembre 2008). La vendita del latte crudo
ha subito di conseguenza una battura d'arresto. Anche
i 'mercati contadini' non sono esenti da critiche
e attacchi. Si tratta di piccole filere, è evidente, ma che
mettono in discussione i fondamenti di un sistema
di produzione e consumo alimentari 'globalizzato' e
ben poco sostenibile. Dietro un innocente 'bancolat'
o un 'mercatino contadino' o il partenariato tra chef
e contadini ci sono grossi temi sociali e
politici.
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