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             Cibo territoriale


Valsugana: vocazione bio

Il riscatto della Valsugana passa per la valorizzazione
 delle risorse agricole in chiave bio




di Laura Zanetti


(29.05.19)  C’è un luogo nella Valsugana trentina che porta il nome Novaledo.

Posizionato tra Levico Terme e Roncegno Terme, è considerato da sempre zona agricola di grande pregio.Va ricordato che fu il contadino Saverio Giongo a salvarlo da un devastante insediamento edilizio, nel 2007. Dopo aver studiato a fondo il Piano Urbanistico Provinciale, Saverio produce un dossier che costringerà il Consiglio Comunale di Novaledo ad abbandonare l’idea di quel riarmo edilizio  e porre a tutela i suoi ortali e campagne secolari.


Saverio Giongo è il papà di Roberta, 32 anni: un diploma di geometra, una specializzazione in edilizia sostenibile. Il lavoro in uno studio di ingegneri per qualche anno, poi la svolta di vita.  Roberta all'inizio dell'intervista mi racconta:

Mi rendevo sempre più conto che stare davanti ad un computer tutto il giorno non era il mio stile di vita. È il periodo della forte crisi delle fragolaie fuori suolo, sulle quali i miei genitori, ambedue contadini,  avevano investito tanto.

Lascio quindi lo studio e decido di prendere in mano l’azienda agricola di famiglia. E inizio togliendo le fragolaie, sostituendole con tutte le verdure possibili. L’amore per le verdure mi è stato trasmesso fin da piccola dalla nonna Adelina Froner, originaria della Val dei Mocheni.Mi metto così in formazione, studio, sperimento, convinta che il primo a beneficiare di un’agricoltura  senza chimica, in termini di salute, è il contadino stesso e che il contadino con il suo lavoro cosciente, è corresponsabile della salute collettiva.


LZ: inizi da subito con l’idea di curare la terra e i suoi prodotti con i metodi dell’agricoltura biologica?

RG: si, sono partita da subito con la riconversione che durerà 3 anni su un terreno agricolo di nostra proprietà. A Novaledo, a 550 m di altitudine, coltivo pomodori, peperoni, melanzane, insalate e radicchi, cipolle ( tante ), legumi, rape, cavoli  e cavolfiori, zucche e zucchine, uva fraga, mele e mirtilli.


LZ: mi parlavi di ben 4.000 m2 coltivati a mirtillo...

RG: il mirtillo è davvero un’altra passione. Vieni ti faccio conoscere le varietà. Molte sono già in fiore e pullulano di api: questo è il Patriot, ottimo per  infusioni con grappa, questo è il Diuk, mirtillo grande e precoce come il Siberiano, molto buono che matura presto e non ha quindi nessun problema con la Drosofila. 

Ecco il Barkely, dolcissimo, che piace molto ai bambini. E il Brigitte, una varietà tardiva.Infine coltivo pure questa bacca, l’ Aronia melanocarpa, ricchissima di vit. C.


LZ: poi ci sono le coltivazioni a 1100 m di altitudine...

RG: abbiamo un terreno a Vetriolo, molto adatto alla coltivazione del cavolo cappuccio da crauti, che è il nostro prodotto primario. Poi fagiolini e pastinaca, un tipo di carota bianca profumatissima, ritrovata in Romania, ma che era conosciuta anche da noi in passato.

Lassù faccio anche sperimentazioni interessanti con la collaborazione del Settore Agricoltura della Provincia di Trento: come la coltivazione della Cicerbita alpina, chiamata anche radicchio dell’orso, tipica pianta protetta della val Rendena.


LZ: non vedo fragolaie nei tuoi campi. Le hai abbandonate definitivamente?

RG:  in montagna ho piantato una specie antica francese la Mara de Bois, fragola che abbia ancora il sapore vero della fragola di bosco.


LZ: la vostra azienda è anche conosciuta per la produzione della zucca castagna...

RG:  è il nostro orgoglio. 7000 m2 coltivati solo con questo tipo di zucca tutta commestibile. E la scorza sa proprio di castagne.


LZ: come vi siete organizzati con la commercializzazione?

RG: ho aperto da subito un punto vendita sulla strada provinciale della Valsugana al km 108, nel Comune  di Levico Terme. Da giugno a dicembre vendiamo il 75% del prodotto, il rimanente ai ristoranti della zona. Non solo prodotto fresco, ma anche i trasformati: succo e composta di mirtillo e uva fraga, crauti, sciroppi  di sambuco, melissa e monarda, succo di mela. Come dolcificante utilizzo lo zucchero d’uva bio siciliano.


LZ: ed ora veniamo al cuore del tipo di agricoltura che hai scelto: i trattamenti con metodo organico...

RG: fondamentale è partire bene con il terreno; quindi buona concimazione, a primavera, con letame maturo non prodotto in stalla industriale, a cui aggiungo il frascame triturato (che accelera la maturazione del letame stesso ) e i microorganismi effettivi che acquisto alla EMbio di Brunico. Sono quei batteri presenti nel primo strato del sottobosco ceduo che vanno a potenziare l’effetto del letame, lavorando in sinergia. Tu vedessi nella terra fecondata quanti lombrichi, che sono appunto sinonimo di vita!


LZ: e quei  teli che vedo distesi tra una coltivazione e l’altra di verdure, sono proprio necessari?

RG:  servono per contenere le malerbe e l’umidità del terreno. È un composto ricavato dal mais, totalmente biodegradabile. La ditta produttrice è la Filnova.


LZ: il cavolo cappuccio è l’altra vostra “ forza vegetale “. Come lo trattate?

RG: per le cavolaie utilizzo il Bacillus turingensis varietà Kustaki. Cerco di evitare l’uso del Piretro che essendo un insetticida a largo spettro va ad eliminare anche gli insetti utili. Lo utilizzo solo in caso di pesanti infestazioni e solo nelle ore notturne quando le api sono a riposo.


LZ: parliamo di mirtilli?

RG: con i mirtilli sono in riconversione. L’unico trattamento che faccio a inizio stagione è il rame ( poco) e l’olio minerale Ufo Biogard contro i cancri rameali e le cocciniglie. La drosofila, che è il moscerino della frutta, la contrasto con un prodotto omeodinamico. I miei mirtilli sono bio a tutti gli effetti!


LZ:  e la cura della zucca è complessa?

RG: le zucche possono soffrire dell’oidio ed essere attaccate dai pidocchi. Per questo utilizzo, con un solo trattamento, due ottimi prodotti organici: l’Ampelomyces quisqualis per l’oidio e il Neem, insetticida di origine botanica, per i pidocchi.


LZ: e poi c’è il meleto...

RG: si, 4000 m2 coltivati a meleti : 50% varietà antiche e autoctone e 50%  specie nuove e resistenti, rigorosamente bio: per il verme della mela utilizzo un Biovirus che va ad annientarlo, mentre per la ticchiolatura delle varietà antiche, uso  il bicarbonato di potassio. È perfetto come antifungino. Il bicarbonato infatti è fortemente alcalino. Spruzzato con l’atomizzatore cambia il pH della pianta intera che non verrà attaccata dalle malattie fungine, che prediligono un pH acido.


LZ: quindi terreno ben preparato, nessuna concimazione inorganica che con gli azoti chimici porta squilibrio a semina e a crescita dei vegetali. Cosa ancora?

RG: si, terreno vivo, cure organiche al bisogno, ma sono importantissime anche le rotazioni delle colture. Devono essere fatte ogni tre anni, cambiando specie. E nel ciclo triennale, un anno deve essere dedicato alle leguminose:  trifoglio o veccia o erba Spagna. O semplicemente piantando fagioli.


LZ:   nella tua azienda ho visto un ortale di erbe officinali e un bel pollaio...

RG:   il merito è di mia madre Patrizia. Fu lei 14 anni fa a iniziare questo tipo di  coltivazioni. Io continuo e le trasformo. Preparo tisane, sciroppi e i sali aromatici da utilizzare in cucina. Il pollaio l’ho progettato e costruito interamente con le mie mani, ospita 25 galline visitate di tanto in tanto dalla volpe!

Anche il pollaio è importante per sviluppare il mio lavoro di didattica  che svolgo da 7 anni con le scuole e con i genitori della valle. Con gli scolari cuciniamo delle fantastiche frittate con le uova raccolte nei nidi e le erbette ufficinali!


LZ:  i prodotti per le cure organiche dove le puoi reperire?

RG:  ho coinvolto in questo l’Azienda Agraria Trentina di Borgo Valsugana. E da loro ora trovo praticamente tutto.


LZ: 12 anni di vita contadina, la riconversione da agricoltura convenzionale ad agricoltura biologica della vostra terra che da’ lavoro e reddito  ad una famiglia intera, compreso Alberto, il tuo compagno, e a cinque operai stagionali. Ti ritieni soddisfatta ?

RG: si sono molto soddisfatta. Certo, è un lavoro faticoso che richiede passione, ma che mi ha reso felice. Amo molto la mia campagna. E in questo percorso sono grata a papà che l’ha salvata e a Ruggero Tomaselli, il primo contadino biologico-biodinamico della Valsugana trentina con azienda agricola a Spera. Ruggero mi ha trasmesso il valore etico nella cura della nostra terra che in Valsugana è particolarmente fertile, mi ha seguita con la sua esperienza di pioniere della Bioagricoltura, iniziata  nel 1984, a trovare la soluzione giusta ad ogni problema. Poi devo riconoscere che il Settore Agricoltura della Provincia di Trento da tempo sta promuovendo questo tipo di agricoltura con serietà.


LZ:  Roberta come vedi il futuro agricolo del Trentino? C’è una speranza che la provincia più verde d’Italia diventi, nel tempo, totalmente Bio?

RG:  il nostro settore è sempre più in aumento. Sono convinta che questo tipo di agricoltura sarà il futuro della nostra provincia. Innanzitutto per il mantenimento del territorio, per un buon reddito economico che è poi la sfida dei piccoli contadini contro il mercato globale, e, non ultimo, per la salute del cibo. 

L’agricoltura biologica è sempre più un’ esigenza di mercato ed il Trentino ha un territorio che per questa esigenza è perfetto!





Azienda agricola ai Masi, San Desiderio 11,  Novaledo di Valsugana, TRENTINO 


AZIENDA AGRICOLA AI MASI - Novaledo - Agricoltura biologica https://www.agricolturabiologicaonline.eu Cell: 366 2644044


Cibo territoriale: articoli sul tema 


Km 0: fumo e poco arrosto
(11.11.18) In via di approvazione al Senato le norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta L'impressione è che, con i ferrei vincoli delle regole europee, si legiferi tanto per accogliere, nominalisticamente, delle istanze "trendy" capaci di creare consenso
Il buon vino si fa nella terra
(29.08.18)  Nelle colline dei pesticidi a Conegliano c'è anche chi produce Prosecco
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(28.06.17) Teglio è la capitale italiana del grano saraceno, un ruolo conquistato in forza della mai cessata coltivazione, rafforzato dal legame con un piatto famoso
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Il pan gialt da Nöa al traguardo De.co

(22.11.16) Dopo anni di sperimentazione l'antico pane di mistura di Nova milanese è diventato una realtà. Quest'anno viene ottenuto a partire anche da segale coltivata a Nova e la Deco è al traguardo. Un risultato importante nelle condizioni della Brianza sud-occidentale cementificata, frutto dell'impegno e del lavoro di anni dell'Ecomuseo e del convinto sostegno al progetto da parte dell'amministrazione comunale 

L'Oglio e la transumanza    
(14.11.16) La transumanza ovina bergamasca tutt'oggi è un fattore connettivo per le quattro provincie della regione lungo quella "autostrada della transumanza" rappresentata dall'asta del fiume Oglio. Inserita nella vivace offerta di turismo enogastronomico del corso del basso Oglio, con le sue osterie, le (buone) piste ciclabili, le osterie, i castelli  e i ristoranti pluristellati può rappresentare una carta in più per consolidare la vocazione turistica di un territorio che rappresenta una delle più belle espressione del volto della pianura lombarda

Cucinare = atto agricolo e sociale
(12.11.16) Il 2017 vede la Lombardia orientale proclamata regione europea della gastronomia. Un'occasione da non sprecare. Magari ripensando anche in chiave critica EXPO. Il focus qui comunque non è il mondo ma una regione con le sue differenze. Occasione per pensare la gastronomia come fatto sociale, culturale, politico. 

Un progetto per far incontrare i territori (cibo e cultura
(08.11.16) Sono già due gli incontri realizzati a Cà Berizzi, a Corna Imagna nell'ambito di un itinerario attraverso le  culture contadine e pastorali e le loro espressioni culinarie

Un sogno si avvera: si torna a mietere in Valseriana 
(22.07.16) Con  il progetto  "Cereali dell'asta del Serio" sostenuto dall'omonima 
associazione diventa realtà il ritorno in valseriana di vari cereali: grano, segale, orzo, farro, mais oltre a grano saraceno e patate.

I magnifici sette (ieri a Gandino)
 (12.01.16) L'incontro di rappresentanti di sette località lombarde con in comune un prodotto agroalimentare ricco di storia, emblema e orgoglio della comunità ma anche stimolo di progettualità locale e veicolo di relazioni. Primo evento pubblico 6 marzo,  festa di San Giuseppe,  sempre a Gandino 

Asparago rosa di Mezzago 
(09.01.16) Mezzago, con l'asparago,  rappresenta un'esperienza trainante nel movimento dei "cibi di comunità". Lanciato come DeCo da Luigi Veronelli è assurto a elemento di  una continuità  dalla società contadina a quella post-industriale è divenuto un riferimento identitario per una comunità che non vuole essere fagogitata dalla conurbazione milanese. 

 Cibi di comunità in rete
(04.12.15) Quali sono le realtà che costituiscono la rete partita dal progetto  "Cibo e identità locale" e quali altre realtà possono candidarsi a partecipare. In attesa che la rete si formalizzi presentiamo alcune indicazioni emerse dalla ricerca e dal volume che ha dato il via a questa iniziativa 

 La nuova frontiera del cibo locale
(03.12.15)  Dopo l'uscita del libro "Cibo e identità locale" , ricerca partecipata con soggetto sei cibi di comunità, in occasione degli incontri di presentazione del libro, ma anchedel tutto spontaneamente, si sono infittite le relazione tra la rete. A Gandino l'11 gennaio si farà il punto di questi sviluppi aprendo una fase nuova di questa storia di ricerca-azione  

Inaugurazione della Biblioteca Costantino Locatelli
(02.07.15) Sabato 4 luglio in comune di  Corna Imagna, a Cà Berizzi (contrada Regorda), si inaugura una biblioteca che vuole essere in senso pieno "biblioteca di montagna" offrendo oltre ai servizi librari quelli di animazione culturale e di accoglienza nello spazio rurale ("bibliosteria"). Questa nuova e innovativa biblioteca è dedicata ad un personaggio che è stato voce e memoria della valle 


(26.05.12)  Il lato buono della Valtellina: Mulino Menaglio a Teglio (So)
L'Antico Mulino Menaglio in frazione San Rocco a Teglio è la chiave di volta del progetto di rilancio della coltura del grano saraceno e dei cerali alpini. Un progetto che ha consentito di recuperare la varietà locale della fagopiracea. Completato il recupero del mulino e del complesso di edifici accessori (pila) - e in fase di ultimamento l'allestimento museale - il mulino sarà inaugurato ufficilmente il 14 giugno.



contatti:  redazione@ruralpini.it

 

 

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