Incuranti di quello che succede nel mondo, i nostri politici
continuano ad assecondare il consumo di suolo, la trasformazione della
terra che produce cibo in terra che produce - in modo assolutamente poco
efficiente ma molto redditizio (per gli speculatori) - un po' di energia
elettrica. A che prezzi? Elevati per il consumatore di energia, per
l'ambiente, il paesaggio, l'agricoltura vera che produce cibo sano per
le persone. Perché tanto accanimento con le notizie che parlano di
grano accaparrato dalla Cima, di scorte di grano per due mesi, di riduzione dei raccolti per mancanza di
concimi chimici azotati a causa del balzo del prezzo del gas (anche
prima dell'aggravamento della situazione in Ucraina)? Un po' perché c'è
un disegno strategico che mira a usare la terra per fare altro che il
cibo e comunque a farla passare nelle mani del capitalismo finanziario,
un po' perché nei business dei super incentivi pubblici ci sono
dietro spesso società opache che riconducono agli stessi politici e ai loro
amici. Intanto si loda la proiduzione di cibo senza terra: le vertical
farm ("sostenibili" solo per chi le vede come un business di moda, per
il Sole24 Ore e Confagricoltura), gli insetti, le alghe, la carne
artificiale, le uova senza galline, il falso latte ecc. Tutto pur di staccare il legame tra la
terra e il cibo, tutto per togliere autonomia alimentare alle nazioni,
ai territori, alle famiglie, alle comunità. Tutto per averle in pugno.
Tutto per creare una vita artificale, controllabile, programmabile, manipolabile
a piacimento da parte di chi ha il potere economico e scientifico.
E mentre il consumo di suolo, per cementificazioni logistica,
"bioenergie" aumenta, aumenta anche la superficie agricola persa per il
rimboschimento, per la wilderness, con la fauna nociva che prolifera
senza controllo e mette in ginocchio sempre più aziende. Una tenaglia
che si sta serrando. Una tenaglia ben congegnata, frutto della stessa
volontà.
Incuranti delle nuvole nere che minacciano i mercati agricoli, degli
scenari di penuria e di pesanti speculazioni che si fanno più concreti, governo
e magistratura, con una serie di provvedimenti, dimostrano di voler
assecondare la tendenza a ridurre la produzione di cibo, a destinare la
terra ad altri scopi. Tanto il cibo lo si può fare senza terra,
vogliono farci credere. Ma è una menzogna. Che sia una follia economica ed ecologica è
palese, ma per gli interessi della finanza à smart usare la terra per
produrre energia elettrica con rese inferiori al (20%) per produrre
insalatina al buio delle vertical farm con luce artificiale. Far crescere
cellule staminali in brode di ormoni. La terra è
un sistema produttivo che sfrutta in modo efficiente l'energia solare
con la fotosintesi ma anche con il "lavoro" di funghi, batteri,
microfauna che decompongono, riciclano, fissano l'azoto;
che favoriscono l'assorbimento di elementi minerali del substrato. Lavoro
"gratis". Non piace al capitalismo finanziario che vuole sostituire i
fattori naturali, che non si riesce a mercificare, con quelli
artificiali, che producono profitto. Coltivare la terra significa
rinnovarne la fertilità e amministrarla. Produrre cibo per gli animali -
ancor più per gli uomini - impone un minimo di rispetto per i residui potenzialmente dannosi alla salute. Tali limiti non valgono per
le coltivazioni energetiche. La terra diventa un supporto meccanico,
inzuppata di pesticidi e concimi chimici. E allora, tanto vale l'idroponico (dicono loro), come se milioni, miliardi
di persone potrebbero vivere con quello che cresce nei grattacieli.
Chi incassa i super incentivi
per le "rinnovabili" può permettersi anche i rincari del 200% dei concimi, chi
produce cibo in modo pulito no. E così la moneta cattiva scaccia la moneta buona
Fotovoltaico a terra. Ma non era stato bloccato?
La barbarie del fotovoltaico a terra si è rimessa in moto.
Si è introdotta la destinzione capziosa tra impianti che coprono completamente
la superficie del suolo e che
prevede l'installazione dei pannelli su pali d'acciaio alti diversi
metri che intercettano la luce del sole ma permettono al contempo di
coltivare il suolo. Così spuntano impianti fotovoltaici con i piccoli
frutti (quelli che usano i finti agriturismi per avere ore di lavoro
sulla carta e ottenere la complementarietà) ma anche con le vigne (al
Nord dove la radiazione è nettamente inferiore). E noi, trogloditi, che pensavamo che la qualità delle uve fosse
incompatibile con l'ombreggiamento, che pensavamo che i tendoni fossero
buoni solo per l'uva da tavola pugliese (irradiata abbondantemente
dalla radiazione solare), che le pergole siano adatte per vini leggeri. Chi gestisce gli impianti fotovoltaici sa
bene come l'ombra riduca la produzione perché la luce riflessa non è
come la radiazione diretta. Lo sa perché conta i soldi in meno che incassa.
I contadini lo sanno da sempre e, se
piantavano alberi sui bordi dei campi, lo facevano solo per estremo bisogno
di legname sapendo bene quanta resa si perdesse.
Un impianto fotovoltaico con il
pretesto della vigna, oltretutto bio.
Il TAR della Puglia, annullando
il diniego della Regione a un impianto, con la sentenza n. 248
dell'11.02.2022 ha aperto la strada a nuovi impianti.
Progetti di impianti fotovoltaici a
terra stanno rispuntando come funghi. Nella pianura padovana, per
esempio, su un terreno abbandonato di 40 ha, che era destinato a "Banca
della terra" a favore di giovani agricoltori, imcombe un progetto
fotovoltaico a terra. La legge regionale, che dovrebbe tutelare i terreni
agricoli, ed è in discusisone al consiglio regionale veneto, riguarda comunque solo le "produzioni agroalimentari di
qualità, i paesaggi di pregio, le opere di interesse storico
artistico". Sono sli stessi (limitati) oggetti di tutela che, in base alle norme quadro
nazionali, variamente recepite dalle regioni, avrebbero dovuto
tutelare dagli scempi delle centrali a biomasse. Si sa come è andata a finire.
Nessuna speranza di un indirizzo che imponga uno stop al consumo di
suolo e, soprattutto, alla riduzione delle superfici coltivate per
l'alimentazione umana, che sia cementificazione o fotovoltaico a terra. Pare che si voglia
distruggere con ogni mezzo la sovranità alimentare.
La nuova corsa alle "rinnovabili" ha
per protagonista anche il biogas. Con un emendamento molto apprezzato
dal CIB, la potente lobby del biogas (potente quasi quanto quella del lupo, non
per nulla sono complementari), nel decreto "Milleproroghe" sono finiti
anche i super incentivi per il biogas, un viatico per realizzare
nuovi impianti. E' triste vedere le organizzazioni agricole che, per
"protestare contro l'aumento dei prezzi" (e della forbice tra quello
che si paga e quello che si vende), hanno inscenato manifestaioni molto
soft e molto poco partecipate ("non vogliamo disturbare il
manovratore!" pare volessero dire). Vedasi l'inutile manifestazione di Confagricoltura a
Cremona, davanti a una Fiera senza eventi, vedi i capannelli della
Coldiretti in varie provincie. Alle OOPPAA interessa molto di più
ottenere incentivi per le agrospeculazioni che danneggiano la
generalità della categoria agricola e salvano dal triste destino
generale solo pochi privilegiati. Forse (a pensare male si fa peccato ...) quelli più legati alle organizzazioni
e alla politica per intenderci (o dei prestanome dietro cui si
nascondono opache aggregazioni affaristiche, alle quali non sono
estranei i paladini di queste "soluzioni green").
Biomasse nocive alla salute
Il governo Draghi e il
parlamento hanno fatto diversi regali ai biomassisti: non solo la
proroga dei super incentivi, che fa ripartire la progettazione e
costruzione di centrali, ma anche i finanzimenti della conversione da
biogas a biometano (che quanto meno evita la combustione sul posto
della miscela di biogas, che contenedo metano in variabile proporzione
è più inquinante del metano puro), lo sblocco del contingentamento
degli incentivi per gli impianti approvati nel 2021. Il quadro è
terrificante. nella sola provincia di Cremona, quella record in Italia
con 200 centrali a biogas, sono progettate ben 57 nuove centrali (11
approvate). L'unica buona notizia viene dall'ATS Padana (ex ASL) di
Cremona e Mantova che, notizia di questi giorni, ha opposto diniego
all'autorizzazione di un impianto a Sergnano, dove esiste uno
stoccaggio di gas naturale e una centrale a biogas da 1 MW (999 kW).
Nove anni fa (vai
a vedere) sostenevano che,
allora erano 138 le centrali in Provincia di Cremona, le loro emissioni
si erano "mangiate" il miglioramento dell'aria legato alla riduzione di
particolato di fonte veicolare (i vari Euro 3, 4, 5 di auto e,
soprattutto TIR). Oggi l'ATS, azienda regionale,
Qualità dell'aria compromessa
dalle centrali di "energia pulita"
Scrive l'ATS padana, motivando il
diniego: Le
province di Cremona e di Mantova sono, da decenni, territori critici in
relazione alla qualità dell'aria a causa, principalmente, delle
condizioni meteorologiche sfavorevoli alla dispersione degli
inquinanti. Tra gli inquinanti critici di interesse sanitario rivestono
particolare importanza le polveri sottili (Pm10, Pm2,5) a causa dei
lori effetti sulla salute. [...] Per entrambi i territori è tuttora
attuale il sensibile sforamento del numero massimo di superamenti
ammesso dalla normativa per il limite giornaliero delle Pm10 in tutte
le Stazioni del programma di Valutazione. Per
il territorio di Cremona, a ciò si aggiunge il superamento del limite
annuale per il Pm 2,5 in alcune delle stazioni di monitoraggio. Si
precisa, per correttezza, che lo sforamento del numero massimo di
superamenti ammesso dalla normativa (…) per il Pm10 non rappresenta una
criticità univoca della provincia di Cremona o di Mantova ma più in
generale di tutta la Pianura Padana. Alla luce di queste
condizioni, osserva l'ATS, Si
ritiene pertanto che gli impianti di combustione a biomassa in
territori con una qualità dell'aria già compromessa da decenni
dovrebbero essere realizzati solo nel caso in cui siano finalizzati a
soddisfare un bisogno essenziale, quale il riscaldamento domestico.
Questo pronunciamento, come si vede, non riguarda solo Cremona, ma
anche Mantova, dove pure le centrali sono meno numerose. E allora che
senso ha insistere?
Danni all'embiente e
all'agricoltura
Le centrali a biogas non risolvono il
problema dell'eccesso di liquami e della Direttiva nitrati. Producendo
biogas si brucia metano che torna in atmosfera come CO2, con il
corteggio degli inquinanti (ossidi di azoto, biossodo di zolgo, IPA
idrocarburi policiclici aromatici - alcuni cancerogeni -, acico
cloridrico, polveri sottili, composti organici volatili - alcuni
cancerogeni, polveri secondarie - derivate dagli ossidi di azoto). Per
unità di energia energia prodotta una centrale a biogas produce 10
volte emissioni inquinanti di una centrale turbogas. Le vasche di
stoccaggio (problema anche nel caso di produzione di biometano)
emettono composti organici volatili, H2S, CH4,
NH3, N2O,
bioparticolato (spore ecc.). Sono frequenti gli sversamenti di digestato,
maleodorante e con fortissimo potenziale inquinante (BOD) nei corsi d'acqua
superficiali, poi c'è l'inquinamento delle falde a causa di ripetute e
massicce applicazione dei digestati. Ma quello non si vede e, soprattutto, è
impossibile individuare i colpevoli. I lauti incentivi sono concessi in
nome dell' "economia circolare" e della "risoluzione del problema liquami"
e per "motivi ambientali". Intanto va chiarito che, a parte l'azoto che
si perde come ammoniaca o N2O dagli stoccaggi dei digestati, l'azoto
resta. Cambia solo forma: è in forma ammoniacale. Il che significa che
è già mineralizzato e che, se non è rapidamente utilizzato dalle piante
viene lisciviato e finisce nelle acque superficiali e profonde. Quanto
al carbonio, quello della sostanza organica viene convertito in CH4 e
bruciato. Che circolarità è? E' un processo lineare. Quello della
combustione.
E'
l'equilibrio tra allevamento e coltivazioni che va ripristinato
Nei concimi organici sia l'azoto che
il carbonio sono incorporati e riciclati in organismi viventi o
accumulati nell'humus che migliora le proprietà del terreno e cede
lentamente l'azoto e altri nutrimenti alle piante, mantiene l'umidità,
facilita l'assimilazione dei nutrimenti da parte delle piante, le protegge dalle patologie. Oggi i
terreni italiani sono maledettamente scarsi di sostanza organica perché
la zootecnia si è concentrata in poche aree con allevamenti di grandi
dimensioni mentre, altrove, si è puntato alle monocolture vegetali (vedi le distese
a perdita d'occhio di uliveti pugliesi, la viticoltura di alcune zone del
veneto e della Toscana). Il problema non è "smaltire" i liquami come fossero rifiuti,
ma riequilibrare il carico di animali e valorizzare la grande ricchezza
dei concimi organici. Ci sono regioni italiane dove la zootecnia è
quasi scomparsa, la sostanza organica nel terreno è meno dell'1% e il
suolo rischia erosione e desertificazione (specie dove il clima è più
caldo). Sono processi attuati sotto al "pressione del mercato". Poi, però,
per sanare (o far finta di sanare) i danni ambientali, lo stato deve sborsare risorse ingenti.
E a intercettarle ci sono i soliti furbi.
Trattare e trasportare il concime organico a grandi
distanze è enormemente costoso e la soluzione agroecologica non può che
consistere in una redistribuzione degli allevamenti, non nell'ulteriore
concentrazione delle mega stalle. Ma c'è anche il danno all'agricoltura. Le centrali a
biogas, per ottenere buone rese, bramate da chi fa i conti sugli incentivi, non
funzionano quasi mai con i soli liquami. Esattamente come avviene con
l'apparato digerente di un ruminante, per avere produzioni "spinte" si
riduce la fibra e si aumenta l'amido. Ecco allora che si utilizzano,
oltre ai liquami, biomasse vegetali, appositamente coltivate (quando non
si usano sottoprodotti dell'industria alimentare umana come crusca,
farina). Così si sottragono terreni per la produzione di alimenti per
il bestiame e per l'alimentazione umana o si fa direttamente
concorrenza a chi produce alimenti per il bestiame e che riciclerebbe
molto meglio certi sottoprodotti. Un assurdo con i prezzi
dell'alimentazione animalie che schizzano in alto. Chi incassa
incentivi per le "rinnovabili" ha comunque interesse a integrare l'alimentazione dei biodigestori
, ha interesse a pagare i sottoprodotti e gli scarti
sottraendoli a filiere virtuose, ha interesse a prendere in affitto
terreni (per poter spargere i digestati e per produre biomasse) sottraendoli (un gioco sin troppo facile) agli agricoltori che
si dibattono in condizioni di costi alle stelle e di prezzi che non
riiescono a stare dietro neppure all'inflazione, spingendo in su il
mercato degli affitti come hanno fatto in questi anni. Ovviamente possono permettersi di pagare di più
anche i contoterzisti.
Falso ambientalismo
A benedire le biomasse e il
fotovoltaico "agricolo" sono gli ambientalisti istituzionali
(Legambiente) che fanno finta di ignorare gli impatti negativi e si
fermano alle parole che imboniscono il popolino urbano: "rinnovabilità", "economia circolare",
"sostenibilità". Sanno bene cosa c'è dietro ma fanno parte della
torta e pensano solo a decantare le lodi di queste biotruffe. Poi si salvano la coscienza pseudoambientalista con la
wilderness e il lupo. Ma non è solo un salvarsi la coscienza a danno
dei rurali, è anche parte del piano. Perché per togliere l'autonomia
alimentare ai popoli, per affermare il monopolio dei miliardari su
tutto, e anche sul cibo, è assolutamente funzionale sottrarre, come
vogliono gli ambientalisti, il 50% delle terre emerse alle attività
umane e farne parchi incontaminati. A proposito, lo sapevate che a
Cremona, in mezzo alle centrali a biogas con la densità maggiore
d'Italia sono arrivati (dove non lo sono) i cari lupetti? La morsa si
sta chiudendo. Sta stritolando l'agricoltura.