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Materiali
La
lobby degli OGM
Il
6 ottobre superato il milione di firme
Per un futuro libero da OGM! La Commissione europea ha da poco autorizzato la coltivazione di un OGM in Europa, per la prima volta da 12 anni, ignorando le preoccupazioni dell'opinione pubblica. Firma la petizione, promossa da Greenpeace, Avaaz e Friends of the Earth, per chiedere una moratoria sull'introduzione degli OGM in Europa. Con un milione di firme i cittadini europei possono presentare una richiesta ufficiale alla Commissione europea. Firma anche tu www.greenpeace.org/GEpetition
|
(16.10.10)
La decisione della Commissione europea di dare il
via libera alla coltivazione della patata amflora
e all'importanzione di diverse varietà di mais
GM trova forte opposizione da parte delle regioni e
degli stati europei e dei cittadini
Il
punto sugli OGM (organismi transgenici)
Il
sostegno degli eurocrati e delle agenzie tecnoburocratiche
agli OGM non piega la resistenza europea al transgenico mentre
dall'altra parte dell'oceano la Monsanto vede calare
i profitti e vengono a galla i pericoli causati
dagli OGM per la salute, l'ambiente e la stessa agricoltura
Negli ultimi mesi il
tema OGM ha subito una drammatica accelerazione. Ai primi di marzo la
Commissione europea, nell'incapacità del Consiglio dei ministri dell'agricoltura
di assumere una decisione, ha autorizzato la coltivazione della patata GM Amflora che contiene geni di resistenza ad antibiotici
importanti per la salute umana. Ciò grazie al parere 'tecnico' dell'Efsa, l'agenzia europea per la
sicurezza alimentare con sede a Parma, ma in barba alla direttiva 2011/18
sul rilascio di OGM nell'ambiente che proibisce espressamente l'autorizzazione
per OGM contenenti geni di resistenza ad antibiotici utilizzati in medicina
umana. Il gioco combinato di Efsa e Commissione, organismi largamente
permeabili all'influenza delle lobby non può che sortire esiti favorevoli agli
interessi delle multinazionali del biotech. Basta pensare che il consiglio di
amministrazione dell'Efsa è presieduto dalla
Prof.ssa ungherese Banati, che è membro del consiglio di amministrazione
dell’International Life Sciences Institute (ILSI) la lobby che raggruppa
a livello mondiale le multinazionali del settore.
Non dimentichiamoci che l'Efsa è l'ente ha stilato un rapporto
che garantisce che non esiste alcun pericolo di passaggio di materiale
transgenico nei prodotti di animali alimentatri con OGM (ci torneremo più
avanti dimostrando quanto le tranquillizzanti asserzioni dell'Efsa siano
smentite da un numero crescente di lavori scientifici). La Commissione a marzo,
oltre al via libera per la coltivazione dell'Amflora, ha autorizzato l'importazione
di una serie di mais transgenici cosiddetti 'stacked
genes', ovvero sviluppati per una resistenza combinata agli insetti e
all’erbicida: i mais 1507x59122 e 59122x1507xNK603 rispettivamente di Dow
Chemical e Dupont, MON 88017 x MON 810 di Monsanto insieme al MON89034xNK603 e,
infine, già che c'era ha rinnovato l'autorizzazione per il mais Bt11xGA21 di
Syngenta. Abbastanza per suscitare la reazione di quella larga parte
dell'opinione pubblica europea, ma anche delle regioni e degli stessi stati
membri della sempre più centralistica Unione.
Tra le reazioni segnaliamo la petizione ( www.greenpeace.org/GEpetitio)di Greenpeace tendente a chiedere alla Commissione
europea una moratoria sugli OGM. La petizione ha superato (il 6 di ottobre) il
milione di firma e potrà essere presentata ufficialmente. Intanto si estende il
fronte delle regioni libere da OGM. Alla conferenza 'Per un'Europa
libera da OGM' tenutasi a Brussels e Ghento il 16-18
settembre il ministro dell'ambiente della regione di Brussels ha annunciato che
la regione dove ha sede la capitale dell'eurocrazia e delle lobby degli OGM
(CropLife vedi La lobby degli OGM )si è dichiarata anch'essa 'libera da OGM'.
In Italia l'estate è stata movimentata dalla semina illegale di mais OGM in
qual di Vivaro (PN) da parte dei pasdaran pro OGM di Agrifutura (definiti da
Zaia 'pseudoagricoltori') e dalla successiva distruzione della coltivazione ai
primi di agosto. Ques'ultima è stata salutata dallo stesso presidente del
Veneto ed ex-ministro dell'agricoltura Zaia come un ' ripristino della
legalità'. Nella riunione degli Assessori all’Agricoltura del 30 settembre
2010 le regioni hanno unanimemente manifestato la loro intenzione di chiedere
al Governo l’adozione di misure di salvaguardia e si sono ben guardate da
adottare le Linee di guida sulla coesistenza tra coltivaioni convenzionali e
OGM (di loro
competenza come riconosciuto dalla Corte Costituzionale). Non ha senso parlare
di coesistenza quando non si vogliono gli OGM (visto che la stessa Corte ha
riconosciuto che la 'coesistenza' è una facoltà e non un obbligo).
Regioni compatte (o quasi) contro
gli OGM
Più ci si sposta ai livelli
'centrali' del potere e più i decisori sono sensibili agli interessi delle
lobby del biotech, più si scende verso il territorio, con la sua specificità, i
suoi sistemi rurali, le sue risorse agroalimentari e più i rappresentanti
politici dello stesso sono sensibili alla causa della 'libertà da OGM'. Tanto
che più che le differenze di schieramento politico conta come i politici si
collocano sull'asse del rapporto centro-regioni (lo dimostra la tendenza di
esponenti del PDL e del PD sia nel fronte pro OGM che anti OGM).
Gli OGM rappresentano un
terreno di verifica importante delle enunciazioni su democrazia, sussidiarietà,
federalismo, rispetto delle identità e degli interessi regionali. E' in gioco
una delle libertà fondamentali, quella di non diver subire il ricatto del 'o
mangi questa minestra o salti dalla finesta' che i padroni mondiali del
cibo (sostenuti dai tanti loro accoliti) vorrebbero imporre.
Il tutto dovrebbe
divenire materia di riflessone per certi pseudoverdi italiani che, a
differenza dei Grünen, restano ostinatamente attaccati al
centralismo giacobinino.
L'orientamento delle regioni
italiane è stato confermato lo scorso 7 ottobre dai Presidenti delle Regioni
con la sola astensione del nostro presidente Formigoni che, questa volta, non
ha fatto fare bella figura alla Lombardia. La posizione di Formigoni va letta
alla luce della presenza a Milano del Cedam (Centro di informazione
sulle biotecnologie) finanziato dalla lobby mondiale CropLife ma anche
dal ruolo nella ricerca biotecnologica (con chiara presa di posizione pro OGM)
di docenti e ricercatori di Comunione e Liberazione operanti sia nell'ambito
dell'Università Cattolica del Sacro Cuore che dell'Università Statale e del
Parco tecnologico padano. E' curioso
(o penoso, questione di punti di vista) vedere come in nome della scienza
(?) esponenti di CL si trovino a braccetto con gli ultralaicisti alla
Veronesi, con i 'neogalileiani' autoinvestiti dalla funzione di nuovo clero. Va
detto che Veronesi e c. nel loro proclamato ateismo, materialismo, scientismo
appaiono comunque intellettualmente più onesti dei cattolici pro OGM.
Ora la richiesta di richiesta della
'clausola di salvaguardia' è stata presentata quale proposta di risoluzione in
Commissione agricoltura alla Camera dei deputati dall'on Susanna Cenni del Pd .
La risoluzione invita il Governo a:
- procedere con l'esercizio della clausola di
salvaguardia sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente
modificati al fine di vietare la coltivazione del mais 'Mon 810' e della patata
“Amflora”;
- rappresentare anche
in occasione delle riunioni in sede comunitaria la posizione unanime delle
Regioni e delle Province autonome di assoluta contrarieta' rispetto alla
autorizzazione della coltivazione degli organismi geneticamente modificati sul
territorio nazionale.
Va chiarito che la
clausaola di salvaguardia è già stata chiesta da Austria, Ungheria, Francia, Grecia, Germania e Lussemburgo e che
essa è prevista dall'art. 23 della sopracitata direttiva 2001/18.
Bruxelles Contro l'invocazione della clausola di salvaguardia Bruxelles non
chiderà più, come avvenuto in passato, la sua disapplicazione come in
passato (lo ha chiarito lo stesso Barroso, il commissario europeo).
Barroso non è diventato
meno centralista e tecnocratico ma si rende conto realisticamente che la
Commissione incontra crescenti difficoltà ad imporsi agli stati su questo tema
come dimostra il fallimento del tentativo imporre alle
riottose Austria e Ungheria di mettere fine ai divieti nazionali contro
gli OGM. Un tentativo di imposizione che ha visto una maggioranza
qualificata degli stati stoppare la Commissione in un sussulto di dignità per
la sovranità sempre più espropriata dall'eurocrazia senza volto di Bruxelles
(che poi un volto ce l'ha: quello delle potenti lobby).
La Ue va quindi verso il
riconoscimento di una Europa spaccata sugli sugli OGM. Una parte dell'Europa
sarà OGM ma chi vuole restare free (come l'Austria che su questo ha sempre
manifestato una coerenza e convinzione particolari) non sarà obbligato a cedere
in nome dei sacri principi della libertà di mercato. Quindi anche se un OGM è
autorizzato d'ora in poi uno stato può vietarne la coltivazione (di fatto
oltre al mais Mon 810 vi è solo la patata di cui sopra). Resta il fatto che uno
stato membro non può però opporsi all'importazione di OGM in base al
dogma del libero scambio (principio che nasconde la ben più prosaica realtà
di subordinazione agli Usa).
La difesa dell'interesse dei
sistemi agricoli nazionali in punto di OGM è ora riconosciuta da Bruxelles
Quanto alle motivazioni che sono necessarie per invocare la 'salvaguardia'
va precisato che sono ritenute valide anche quelle di carattere economico e
sociale. E l'agricoltura italiana non fa fatica a dimostrare come, data la sua
struttura, le sue risorse peculiare, le sue vocazioni, ha tutto da perdere da
una 'omogeneizzazione' dei sistemi agricoli implicita nell'adozione degli
OGM 'tarati' per rafforzare la competitività dei sistemi d'oltreoceano (molto
produttivi in termini di profitto per unità di superficie ma anche molto
inquinanti e distruttori della biodiversità e delle strutture sociali rurali).
Gli OGM portano alla esasperazione delle monocolture
intensive ad alti input di concimazioni azotate che aumentano sì le produzioni
ma fanno scadere la qualità e nessuna attenzione per la fertilità del terreno.
In questa logica di globalizzazione non c' è spazio ovviamente per le varietà
locali che raggiungono rese inferiori ma sono bene adattate a determinati
ambienti dove si sono 'coevolute' e dove possono comunque fornire buone rese mantenendo
delle peculiarità qualitative e riducendo l'input di pesticidi, fertilizzanti
chimici, acqua di irrigazione, energia per le lavorazioni del terreno. Nel
gioco degli OGM solo alcune 'nicchie' dell'agricoltura italiana possono trarre
giovamento; il grosso dei sistemi agricoli verrebbe posto in condizioni di
competizione più sfavorevoli. Vedremo cosa faranno il
governo e Galan (che a differenza di Zaia è molto più possibilista sugli OGM).
Monsanto: profitti e azioni in calo
Tra i mais GM autorizzati
all'importazione dalla Commissione europea figurano mais con più geni inseriti
per conferire sia la resistenza agli erbicidi che 'difese' contro gli insetti.
Ma negli Usa come vanno gli OGM ancora più avanzati? Male si direbbe. SmartStax
il costoso mais OGM di seconda generazione con 8 geni modificati ha dimostrato
di non spingere in su le produzioni rispetto al meno costoso mais a 3 geni
modificati. Di conseguenza la Monsanto multinazionale leader del settore OGM ha
dovuto abbassare i prezzi. Così come li ha dovuti abbassare per la soia Roundup
Ready II (che costava oltre il 20% in più della 'normale' soia OGM). Intanto le
vendite di quest'ultima (Roundup Ready) sono crollate a causa della
commercializzazione di un prodotto analogo 'generico' di fabbricazione cinese.
La conseguenza è che i profitti sono calati e il valore delle azioni tra
l'inizio dell'anno e la fine di settembre 2010 è calato del 42%.
Non sono però solo le difficoltà
commerciali a impensierire il colosso del biotech quanto lo scetticismo
crescente dei farmer e degli investitori. Il Roundup Ready funziona sempre
meno. Sono sempre più le specie di malerbe che resistono al Glifosate e si può
ritenere che l'uso indiscriminato di mais GM pensati per resistere a diversi
tipi di avversità (anche quando non costituiscono un problema agronomico) possa
moltiplicare i rischi di induzione di forme di resistenza negli insetti e
nelle malerbe che si vuole combattere. Il quadro della non brillante
congiuntura attraversata dalla Monsanto è completato dalle indagini del
Dipartimento della Giustizia per sospette violazioni delle norme antitrust.
Filiere OGM free. Folklore?
Se la crescita degli
OGM in America è stata inferiore nel 2010 alle previsioni in Europa le
superfici coltivate a OGM sono persino diminuite. La marcia non è così
irresistibile come gli adepti della religione del progresso tecnoscientifico
sostengono ('non si può fermare la scienza e il progresso'; ma è scienza o
metafisica?). Andiamo avanti. Mentre nel mondo si registrano già alcuni flop
(alcune varietà OGM di pomodori e riso) la gamma di prodotti GM resta, per
fortuna, limitata sostanzialmente a quattro coltivazioni: mais, soia, cotone e
colza e le mirabolanti proprietà degli OGM limitate a resistenza agli erbicidi
e agli insetti. La Monsanto annuncia di lavorare sulla resistenza alla siccità.
Ma per ora le 'novità si limitano a inserire più fattori di resistenza tra
quelli già collaudati nella stessa varietà. Si capisce quindi che di fronte
allo stallo i capitali d'avventura guardino con meno interesse al biotech
rispetto a qualche anno fa.
Ma non è finita.
Alcune grandi catene europee (francesi e tedesche) della GDO si sono impegnate
recentemente a restare OGM free e ad organizzare filiere di approvvigionamento
di alimenti per il bestiame OGM free. Parliamo di giganti del calibro dii
Carrefour non del mercatino estivo a km zero (come vorrebbero far credere i
fautori degli OGM).
L' impegno delle
catene della GDO dovrebbe estendersi a maggior ragione a marchi che si fregiano
di garanzie di qualità come la DOP e dovrebbe interessare l'Italia che
sbandiera (forse troppo) la sua vocazione per l'eccellenza alimentare.
Purtroppo l'impegno a liberarsi degli OGM assunto da alcune filiere tra le più
prestigiose (una tra tutte il Parmigiano Reggiano) è stato sinora
disatteso. Anche in questo caso, però, in assenza della concretizzazione
degli impegni di Consorzio e delle istituzioni (a partire dalla Regione
Emilia-Romagna) ci pensano i privati a portare avanti la linea NO OGM. Segno
che il mitico 'mercato' vede anche una convenienza nell'agricoltura OGM free.
Un prodotto di
origine animale è OGM free solo se ottenuto da animali alimenatti senza OGM
E così uno dei marchi
commerciali più importanti della filiera del Parmigiano Reggiano ha ottenuto una certificazione di filiera controllata,
che attesta la sua qualità esclusiva di “prodotto con latte ottenuto da
alimentazione NON OGM”. Con l'etichetta NON OGM in bella vista gli
altri Parmigiani Reggiani non possono che essere identificati dal consumatore
come OGM.
Anche se la maggior parte degli addetti ai lavori e l'Efsa
(rapporto del 2007) si ostinano a negarlo i prodotti derivati da
animali alimentati con piante GM recano traccia di DNA transgenico e di ‘nuove’
proteine codificate da questi OGM. Diversi lavori scientifici recenti lo
confermano. Tra questi uno molto recente (pubblicato lo scorso agosto): Tudisco R., Mastellone V., Cutrignelli
M. I., Lombardi P., Bovera F., Mirabella N., Piccolo G., Calabrò S., Avallone
L., Infascelli F., (2010). Fate of
transgenic DNA and evaluation of metabolic effects in goats fed genetically
modified soybean and in their offsprings, Animal, 4, 1662 -1671. Un aspetto
interessante, e in un certo qual modo inquietante, di questo studio è che mette
per la prima volta in evidenza come il materiale transgenico possa entrare in
una catena alimentare. Negli organi (fegato, rene, cuore e muscolo) dei
capretti svezzati con il latte delle capre trattate (raccolto in contenitori
sterili in condizioni asettiche) sono stati rinvenuti piccoli frammenti di DNA
transgenico. Va precisato, ai fini dell’esclusione verosimile di contaminazioni
di origine ambientale, che i capretti erano mantenuti in un locale separato in
gabbie individuali. In questa ricerca è
stato anche messo in evidenza come frammenti del gene CP4 EPSPS non solo erano
individuabili nel latte delle capre trattate ma anche nel loro sangue.
Inquinamento
e riduzione di biodiversità in sudamerica per soddisfare l'ingordigia dei
sistemi zootecnici intensivi europei
Non meno inquietanti
le risultanze, pubblicate sempre ad agosto, di uno studio sperimentale sui danni
embriologici subiti da organismi vertebrati in conseguenza dell'esposizione a
basse concentrazioni dell'erbicida glifosate (il cui uso è molto
cresciuto in relazione alla disponibilità di OGM Roundup ready
resistenti al glifosate stesso): Paganelli,
A., Gnazzo, V., Acosta, H., López, S.L., Carrasco, A.E. (2010). Glyphosate-based herbicides produce teratogenic effects on vertebrates
by impairing retinoic acid signalling. Chem. Res. Toxicol., August 9. http://pubs.acs.org/doi/abs/10.1021/tx1001749
A settembre, sempre in materia di glifosate, è stata
pubblicata una rassegna sui preoccupanti impatti ambientali, agronomici e
medici dell'impiego di questo pesticida: Antoniou, M., Brack, P., Carrasco, A.,
Fagan, J., Abib, M, Kageyama, P, Leifert, C, R.O., Nodari, Pengue, W. (2010). A summary of scientific
evidence showing hat genetically modified (GM) soy and the glyphosate herbicide
it is engineered to tolerate are unsustainable from the point of view of
farming, the environment, rural communities, animal and human health, and
economies. GLS Gemeinschaftsbank eG and RGE
Gentechnik-frei, September 2010, Vienna http://www.gmwatch.org/files/GMsoy_Sust_Respons_FULL_ENG_v10.pdf
Va anche precisato
che agli studi di laboratorio su animali corrispondono osservazioni
epidemiologiche che indicherebbeo nell'uomo un aumento di incidenza di danni
embrionali nelle aree dell'Argentina dove si fa più largo uso di glifosate e
che coincidono con quelle di monocoltura della soia.
Una soia coltivata
principalmente per alimentare polli, maiali, vacche, vitelloni ecc. europei
nel contesto di un sistema produttivistico che punta sulle massime rese per
animale, per ettaro di superficie agraria, per metro quadro di stalla. Milioni
di ettari di campi di mais e di soia che l'Europa fa coltivare 'per mandato'
oltreoceano. Milioni di ettari la cui mancanza porterebbe l'Europa alla fame? Nemmeno
per sogno. Riducendo la produzione di uova, carne, latte entro il limite del
fabbisogno nutrizionale del mezzo miliardo di umani europei la terra in
Europa basterebbe a sfamare tutti. Veronesi, molto ascoltato quando dice che il
nucleare non è un rischio, che gli inceneritori non inquinano, che gli OGM sono
sicuri (anzi dovrebbero essere chiamati Organismi Geneticamente Migliorati),
dovrebbe essere ascoltato anche quando dice che, oltre al fumo, va tolta (o
quantomeno molto ridimensionata) la carne. Ascoltando Veronesi su questo punto
il problema angoscioso della soia OGM di importazione si risolverebbe da solo.
E' ovvio che se si
insiste a ingozzare il povero consumatore europeo con 2 quintali di latte equivalente e
con un quintale di carni (sommate le bovine, suine, avicunicole, ecc) le
superfici agricole non bastano e serve la soia americana. Ma ascoltando
Veronesi (e la stessa Piramide alimentare che sintetizza le
raccomandazioni per l'italiano 'medio' dell'INRAN (istituto nazionale per la
ricerca sugli alimenti) si può anche fare a meno della soia tornando a
rotazioni che includono le leguminose foraggere 'autoctone', recuperando i
pascoli lasciati incolti, sviluppando la ricerca su materie 'neglette' a favore
delle biotecnologie, 'spingendo' meno la produzione per capo e garantendo un
minimo di benessere agli animali (a tutto vantaggio anche in questo modo della
salubrità e qualità dei prodotti). Basterebbe una Politica agricola comune, ma
anche una sua applicazione a livello regionale, più coerente con gli
sbandierati obiettivi di sostenibilità ma ancora egemonizzata dal
paradigma produttivista.
E i media?
Il riflesso delle vicende che hanno
avuto protagonisti gli OGM è arrivato sui media. Vale per i media ciò che
dicevamo a proposito dei centri di potere centralisti. Legati ad interessi
finanziari e industriali i media sono in qualche modo legati agli interessi che
sostengono gli OGM. Il Corriere e gli altri giornali padronali danno grande
spazio ai santoni 'scientifici' del verbo OGM che difendono imperturbabili la
'causa' pateticamente attaccati (oltre che a presumibili concreti vantaggi
personali e di gruppo) alle ideologie 'umanistiche' di progresso del XVI-XIX
secolo. Ideologie che oggi, nel XXI, si sono ribaltate in oscurantismo del
clero 'scientifico' che fa valere spesso quel 'principio di autorità'
contestato da Galileo. Il mondo scientifico è uno degli ultimi ad essere
toccato dalla post-modernità e dalla sua capacità di auto-riflessione e non ha
ancora imparato ad applicare a sè stesso i principi di osservazione critica che
ha applicato da 5 secoli alla realtà 'oggettiva'. Che resta quella di Cartesio
e Bacone, una realtà fatta di un assemblaggio meccanico di materia inerte che
lo scienziato è chiamato a 'smontare' con il metodo analitico e poi, una volta
individuati i meccanismi, a sfruttarli per dominare una natura che è puro
oggetto. La natura così concepita è priva di un suo principio, di un senso di
per sè, può essere violata, smontata, riassemblata. E' imperfetta e
perfettibile. Ma oggi, con il grande spazio sottratto dalle attività
umane agli ecosistemi, con la loro capacità di modificare il clima, di far
sparire velocemente molte forme di vita e di esaurire risorse che parevano
illimitate o quasi, può un'ideologia della modernità
tecnoscientifica alquanto vecchiotta (ha mezzo millennio), legittimare e
guidare l'uso di strumenti che influsicono così in esteso e così in profondo
nei sistemi viventi? Bacone osservava, l'industria del XVIII-XIX secolo guidata
(a distanza) dalla scienza scalfiva. Oggi la tecnoscienza ha ben altra potenza.
Ma l'arroganza della scienza riduzionista verso la materia 'inerte' e
'meccanica' è la stessa.
Non sarebbe meglio tornare a idee di armonia tra uomo e
natura prima che l'uomo stesso sia travolto dalla sua hybris di dominio? Pare che pochi siano disposti a sentirci da questo
orecchio (almeno nell'accademia). Sul Corriere della Sera del 10 agosto Di
Vico, commentando i fatti dei campi di mais OGM nel pordenonese, in
un pezzo emblematicamente intitolato: L'ideologia a tavola ,sosteneva che chi è contro gli OGM è contro la ricerca, è irrazionale. Come
lui altri commentatori. Le voci 'dissidenti' sono state poche.
I partecipanti
al convegno tenutosi a Roma il 20 luglio sugli OGM organizzato da Slow Food e
Coldiretti, tra i quali mi onoro di figurare, hanno voluto far rilevare
come il dibattito sul Corrierone fosse risultato molto squilibrato con il
risultato di togliere spessore alle argomentazioni di chi si oppone agli
OGM. Riporto la lettera che il Corriere non si è degnato di pubblicare.
Gentile
Direttore,
il Corriere della Sera ha
ospitato a fine agosto le opinioni di alcuni commentatori in merito alla
problematica degli OGM, traendo spunto dalla recente distruzione in Friuli di
alcuni campi coltivati con sementi ingegnerizzate, ad opera di attivisti
anti-transgenico. I commenti non hanno mancato di stigmatizzare giustamente
l’illegalità dell’azione degli “ambientalisti”, tacendo però l’illegalità di
chi aveva effettuato semine non autorizzate dalla vigente legislazione
(introdurre abusivamente coltivazioni transgeniche di mais può portare, tra
l'altro, alla contaminazione di mais non transgenico, con conseguenze negative
sulla sua possibilità di vendita, specie se tali infrazioni avvengono in modo
diffuso e ripetuto).
Ci sia consentito di focalizzare alcuni aspetti che continuano a passare
sotto silenzio:
1)
la tecnologia transgenica è oggetto di ampio dibattito in seno alla
comunità scientifica. Scienziati del calibro di Richard Lewontin (tra i padri
della moderna biologia), unitamente a tanti altri, hanno mosso critiche
circostanziate cui finora non è stata data risposta. Il fatto che esistano
opinioni discordanti sugli OGM dovrebbe consigliare prudenza, in primo luogo a
chi ha la responsabilità di informare il pubblico. La comunità dei ricercatori
è profondamente divisa al suo interno per motivi squisitamente scientifici.
Asserire il contrario o voler far passare tutti coloro che contestano gli OGM
per pseudo-scienziati od oscurantisti fanatici e
ignoranti costituisce una grave
mistificazione della realtà ed è offensivo per i ricercatori che lavorano
seriamente su questo tema. A meno di non voler
insinuare che esistono scienze e tecnologie meno importanti di altre:
insinuazione che sarebbe (veramente!) un’intollerabile espressione di
antiscientificità.
2) I problemi derivanti degli OGM riguardano non solo gli effetti
inattesi, che sono stati dimostrati e possono avere ricadute sulla salute e
sull’equilibrio del funzionamento degli ecosistemi e della loro biodiversità,
ma anche alcune gravi
implicazioni economiche e sociali per le agricolture di Paesi come Argentina,
Brasile, India (si pensi tra l’altro al problema dei brevetti, detenuti dalle
multinazionali e al controllo che queste hanno su parti consistenti della
filiera ). Pure l’agroalimentare italiano
sarebbe molto danneggiato dagli OGM. Sono temi complessi che richiedono un
dibattito attento, come quello che si è sviluppato sulle riviste scientifiche,
e che non può risolversi con dichiarazioni propagandistiche ad effetto. I media
del nostro Paese dovrebbero rendere conto delle attente analisi e delle denunce
basate su dati scientifici, molti dei quali sono stati presentati il 20 luglio
scorso a Roma da un gruppo di scienziati italiani, nel convegno organizzato
dalla Coldiretti, da SlowFood e da altre organizzazioni. In pochi ne hanno dato
informazione: non è la prima volta che critiche ben documentate vengono
completamente ignorate da gran parte della stampa.
3)
I fatti non danno ragione ai sostenitori degli OGM. Sono passati circa
quindici anni dall’inizio delle coltivazioni commerciali, ma al momento sul
mercato sono presenti sostanzialmente solo quattro specie modificate (cotone,
soia, mais e colza) e solo per due caratteri (resisteza a insetti e tolleranza
a diserbanti) Il resto (ben poco) ha una
minima diffusione. In molti altri casi (pomodoro Flavr Savr, golden rice, etc…)
si sono registrati fallimenti. L'estensione delle colture commerciali
transgenche in Europa è in calo: segnale assai indicativo. La convenienza
economica dei semi modificati con l'ingegneria genetica è sempre più in
discussione, mentre quasi nessuno diffonde ancora la menzogna del loro impiego
efficace per “combattere la fame nel mondo”. Infine, dare una risposta alle
esigenze della nostra agricoltura ed affrontare i rischi del mercato (oggi
invaso dal made in China) non vuol dire rincorrere questi paesi sulla loro
strada, ma realizzare le condizioni, già individuate dagli studiosi, per
coniugare le esigenze economiche con quelle di tutela della salute e di
sostenibilità ambientale. Non va dimenticato, per altro, che esistono valide
metodiche scientifiche alternative agli OGM. E, infine, tutto ciò andrebbe
inquadrato ricordando la differenza di livello applicativo tra “ricerca” e
“innovazione”.
Se Il Corriere della Sera volesse promuovere un dibattito serio
ed aperto al confronto saremo sempre pronti a chiarire ai lettori le
motivazioni scientifiche delle nostre articolate e puntuali critiche agli OGM.
Mariano
Bizzarri, docente di biochimica, Università La Sapienza di
Roma
Gianluca Brunori, docente di sviluppo rurale,
Laboratorio di studi rurali Sismondi
Marcello Buiatti, docente di genetica,
Università di Firenze
Michele Corti, docente di sistemi zootecnici,
Università di Milano
Roberto Danovaro, docente di ecologia,
Università Politecnica delle Marche
Manuela Giovannetti, Preside Facoltà di Agraria,
Università di Pisa
Livio Giuliani, dirigente ricerca EPR
Federico Infascelli, docente di scienze
zootecniche, Università Federico II di Napoli
Claudio Malagoli, docente di economia,
Università di Scienze Gastronomiche, Pollenzo – Bra
Manuela Malatesta, docente
di Anatomia umana,
Università di Verona
Stefano Masini, docente di diritto Agrario,
Università di Tor Vergata Roma
Paola Migliorini, docente di produzioni vegetali,
Università degli Studi di Scienze Gastronomiche,
Pollenzo - Bra
Carlo Modonesi, docente di zoologia, Università di Parma
Pietro Perrino, dirigente di ricerca, Istituto di
Genetica Vegetale - C.N.R
Giuseppe Rotilio, docente di nutrizione,
Università di Tor Vergata Roma
Gianni Tamino, docente di biologia, Università
di Padova
Simone Vieri, docente di economia e politica agraria,
Università La Sapienza di Roma.
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