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Inforegioni/Parco Lagorai: dure polemiche

   

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(28.09.10) Giù le mani dal Lagorai (TN) Il Parco non serve, anzi è un'insidia di Laura Zanetti 

leggi la lettera

 


 

Tutte le lettere

 

Sul sito Ecce terra tutte le numerose lettere che hanno caratterizzato la discussione sul Parco del Lagorali

 


 

 

(03.10.10) Si inasprisce la polemica sul Parco dei Lagorai. Laura Zanetti replica allo sprezzante intervento con cui l'arch. Ferrari liquidava l'opposizione al Parco come operazione nostalgica di chi non pensa alla 'creazione di posti di lavoro'

 

La pretesa 'oasi ambientale'

da rendere 'appetibile' al business verde

 

 

L'ideologia e la prassi delle grandi aree protette appare frutto di visioni anacronistiche. Perseverare su questa linea significa fornire alibi per il sacco del territorio 'non protetto', per creare nuovi centri di potere e di spesa, per consolidare l'idea pericolosa che l' 'ambiente' sia qualcosa a sè rispetto alla dimensione complessiva delle attività umane, quando non un'industria.

 

 

Non è necessario sovrapporre il Parco alle istituzioni già esistenti sul territorio per stimolare il rilancio di attività sostenibili e una gestione dei flussi turistici nel quadro del tessuto economico locale e di una sua rivitalizzazione.

Negli anni '70-'89 c'è stato un boom di Parchi. La motivazione era legata all'urgente necessità di salvaguardare aree di territorio non ancora compromesse da fenomeni di urbanizzazione e industrializzazione che allora apparivano inarrestabili.

Di acqua sotto i ponti ne è scorsa parecchia. La civiltà industriale, almeno quella che allora stava toccando l'apice, non esiste più. Le politiche di tutela degli ecosistemi oggi parlano linguaggi diversi (un po' più 'olistici' per fortuna) da quelli delle 'aree protette', fortilizi della vita selvaggia da difendere palmo a palmo. Santuari di una natura che si rischia di concepire come imbalsamabile, suscettibile di essere messa sotto una 'campana di vetro'. Con il rischio di isterilire le stesse attività antropiche tradizionali (mentre altrove si continua a favorire l'agricoltura industriale). Di qui l'accusa di 'ipocrisia sociale' mossa dai ruralisti.

Oggi si  mette l'accento sulle reti, sui corridoi ecologici, sulla rinaturalizzazione degli stessi ambiti urbanizzati. Non sono più una priorità i Parchi (già sin troppo estesi e fonte di pesanti spese 'generali' e di automantenimento che in epoca di crisi appaiono sempre meno giustificabili ). Però c'è chi non rinuncia a proporne di nuovi. Proposte tardive che non possono apparire sospette. E segno di scarsa fantasia e capacità innovativa.

 

 

Parco Lagorai fuori tempo massimo

 

Oggi appare difficilmente comprensibile un progetto che parte dal valore di presunta 'oasi ambientale' (citiamo l'arc. Ferrari) prescindendo dalla centralità delle attività tradizionali che hanno plasmato il territorio. Puntando sull'astratto presunto, millantato valore di 'wilderness' si  apre la porta a  speculazioni e iniziative (queste si concrete) calate dall'alto, che rischiano di non creare 'sviluppo endogeno' e che rappresentano uno specchietto per le allodole con la promessa di 'sviluppo' e 'nuova occupazione' (e il corollario della messa alla gogna dei 'nostalgici' che osano contraddire queste scelte di 'sviluppo'. Non serve una nuova istituzione. Servono le idee e la capacità di tradurle in progetti finanziabili. I soggetti per attivare questi processi non devono essere inventati. E se proprio vogliamo inventarci una 'etichetta' perché non giocare con un po' di fantasia e scrutare cosa c'è di nuovo nel mondo. Dove, forse, sono più innovativi (e forse più originali e quindi 'appetibili ai flussi turistici') i 'Parchi rurali a tema' che le trite e ritrite 'Aree naturali protette'.

Il Lagorai è stato preservato senza 'Parchi naturali' sino ad oggi, sventando le tante minacce che ne hanno messo in discussione la sua natura di parco rurale delle malge (de facto) grazie alle iniziative spontanee di chi si ha attribuito un valore all'identità di un territorio, nei suoi valori culturali, nella propria storia e cultura.

Quei valori che i tecnocrati  dimostrano di disprezzare irridendo ai 'venditori di cartoline', dimenticando che l'economia della malga era un'economia aperta e vitale (e che in un mondo che cambia velocemente e radicalmente può 'rischiare' di tornere ad esserlo). Dimenticano i tecnocrati che il valore e la specificità del Lagorai non consiste in montagne, boschi e rocce (ce ne sono tante di belle montagne nel mondo!) ma nella forma di civilizzazione che ha saputo adattarsi a questo ambiente e plasmarlo in una relazione biunivoca originale.

 

Di seguito pubblichiamo la lettera a L'Adige di Laura Zanetti in risposta a quella ( in fondo alla pagina) con cui l'arch. Ferrari replicava alle critiche avanzate alla proposta di istituzione del Parco del Lagorai da parte della medesima Zanetti (vai alla prima lettera della Zanetti)

 


 

Egr arch. Ferrari

Se il quotidiano L’Adige concederà al questo mio scritto un intero box, le mie argomentazioni probabilmente Le giungeranno in modo più organico e la sua prossima risposta, potrà essere forse diversa, meno emotiva, lontana da attacchi sul piano strettamente personale che non Le fanno onore.

Ma partiamo dal titolo che è comunque diffamatorio di una categoria, quella dei kromeri, da cui orgogliosamente provengo, in quanto categoria plurilingue, aperta al mondo, che ha creato confronto, benessere e fornito una eccezionale longevità a coloro che la praticavano, altro che diossina e metalli pesanti!

Certo non è più tempo nè di Kromeri, né di Perteganti, né di tornare al -buon tempo che fù- ma nemmeno  quello di pensare ad un Lagorai, formato -industria verde-,  a meno che questa sia riferita  al suo secondo paesaggio, che è poi la Valsugana. In tal caso mi trova perfettamente d’accordo, in quanto assieme a forme di agricoltura salubri, ad una più efficiente ricettività alberghiera che sappia privilegiare e valorizzare  le storiche strutture per soggiorno, alla soluzione dei problemi derivanti da un traffico insostenibile, si vada verso un processo di riconversione di tutte quelle forme di industria pesante, comunque incompatibili con un territorio a vocazione agricola, che da Borgo a Grigno, hanno eletto la Valsugana a cloaca del Trentino.

Sul tavolo del sindaco Dalledonne mi risulta, ci sia più di un progetto di - industria verde- a partire dalla filiera del legno. Mettiamoci quindi tutti attorno ad un tavolo, senza però alcun ordine da Palazzo.

Le regioni che Lei cita a modello, è vero, hanno saputo creare forme interessanti di turismo culturale, ma solo perché, sostenendo quelle infinità di piccole economie rurali, hanno saputo rivalutare la memoria propria del luogo, contestualizzando le diverse specificità anche a livello legislativo, ridando vita a una lebensraum, spazio vissuto e vivibile da contrapporre alle apparenti attività del ghetto turistico. Temi questi, sostenuti instancabilmente e inascoltatamente in provincia trentina, dall’antropologo Duccio Canestrini, dagli economisti Pietro Nervi e Giorgio Daidola

La Svizzera ad esempio, che ben conosco e frequento assiduamente, in quanto sono membro del direttivo di Amamont, l’Associazione transfrontaliera che studia i sistemi agricoli di tutto il meridiano alpino,  ha fatto propria la sostenibilità, semplicemente perché, a differenza del Trentino, non ha mai archiviato, quel ricco alfabeto di  economie identitarie che l’avevano forgiata. La Val Poschiavo, nei Grigioni, così paesaggisticamente simile alla Valsugana, ne è un perfetto esempio.

I patti territoriali del Tesino poi, come già avevo avuto modo di scrivere nel 2002 per l’anno Internazionale della Montagna, e il progetto Parco del Lagorai ora, potranno quindi essere una conquista, solo se gli obbiettivi stabiliti saranno compatibili con l’alterità del luogo, se ad essi verrà applicato quell’agire scientifico del - prendere tempo -, verificando le veridicità prima di monetizzare, senza più quel vecchio difetto giacobino che -tutto venga deciso in città-. Perché, è bene ripeterlo, senza alpicoltura, e le microeconomie ad essa collegate, anche il Lagorai, parafrasando Bätzing, perderà anzitutto la sua stabilità ecologica, la sua forza di attrazione turistica. Il villaggio Paterno, se Lei ricorda, era stato clamorosamente bocciato dall’autorevole ateneo veneziano, in quanto modello di turismo assolutamente superato.

I parchi, Lei scrive, hanno portato benessere, ma anche sperpero e molto, molto potere. In alcune regioni come la Liguria, oggi, giorno in cui Le rispondo, pure un terremoto giudiziario per la cattiva gestione del  Parco delle 5 Terre. Sulla disoccupazione,  la nostra provincia è ferma ad un 3-4%, la metà di quella nazionale, e non sarà certo il Lagorai alto, per diversi mesi coperto di neve, a risolvere il problema occupazionale in valle.  Emigrare non è poi un’esperienza così negativa. Le posso assicurare che la scelta di andarsene liberi nel mondo, come è stato nella mia esperienza di vita e in quella dei miei figli  è  assai stimolante, apre a conoscenze e ci svincola da quella  limitazione che è stare attaccato alla gonnella dei genitori  o alla sedia di un ufficio provinciale per una intera vita.

Infine la informo che risiedo formalmente a Telve buona parte dell’anno, quindi sono a tutti gli effetti cittadina valsuganotta non solo per nascita o cultura. Non ho mai amato, almeno nella sua accezione biblica, alcun Eden, ma se così fosse, sceglierei come tale, una Valsugana ripulita dal suo degrado.

Telve  29.09.2010


Perché sì al Parco del Lagorai

Chi rimpiange la Valsugana dei «cromeri»?

di Enrico Ferrari

 (da: l'Adige del 29 settembre 2010, pag. 52)

Grazie alla signora Laura Zanetti che rispondendo, dopo 4 mesi di meditazione, alla mia proposta (l’Adige del 2 giugno scorso) di risanamento ambientale e di sviluppo turistico della Valsugana mi permette di ribadire le mie tesi. Noto solo che il frutto di quelle lunghe meditazioni arriva in concomitanza con la mia candidatura nel Pd a sostegno di Sandro Dandrea per la Comunità di Valle. Oltre che con il sottoscritto la signora se la prende con Artesella, con Dellai, con Berasi, con il Parco del Lagorai, con i patti territoriali del Tesino, con le Spa dei ricchi locali, coi Suoni del Lagorai (?). Guerra totale. Sapendo di non poterla convincere, rispondo sperando di avere colto il filo logico del suo ragionare.

Primo. La situazione di arretratezza della Valsugana, con problemi sociali (crisi occupazionale, disoccupazione per i giovani, inquinamenti, salute) e urbanistici (viabilità, agricoltura, insediamenti, industrie, turismo) richiede un progetto complessivo di sviluppo. Questo progetto di sviluppo economico e sociale sostenibile non può basarsi che sulle risorse locali disponibili che sono quelle ambientali, dal fiume Brenta alle cime. Chi ha altri progetti altrettanto validi è pregato di esporli. Il benessere di molte valli alpine sudtirolesi, austriache, bavaresi, svizzere deriva infatti principalmente dal turismo, dalla capacità che quelle comunità hanno avuto di creare le condizioni migliori per ospitare i turisti. Il nostro turismo è ora di chi viene un giorno, si prende i funghi, lascia i rifiuti e arrivederci. Ci basta?

Secondo. Ho lasciato la presidenza di Artesella nel 2000, quindi ben 10 anni fa. Avevo partecipato alla sua fondazione con lo scopo di educare alla scoperta e al rispetto della bellezza della Natura e dei nostri beni paesaggistici. Nessun business mai, per quanto mi riguarda, né in Artesella né altrove ma solo volontariato. Della evoluzioneinvoluzione, a seconda dei punti di vista, di Artesella non ho avuto alcun merito o colpa, essendo stato con altri, prima all’opposizione, poi emarginato e infine essendomi dimesso.

Terzo. Poiché ho progettato il paesaggio di due Pup credo di saper avanzare proposte credibili su questi temi.

Quarto. Il progetto della signora Zanetti di rilancio della Valsugana si basa su: «sostegno concreto della piccola zootecnia di paese, la riqualifica dei prati a pascolo, una legge chiara che blocchi possibili riarmi edilizi in quota e le culture intensive di fragole». Lei pensa seriamente che ciò assicurerà il lavoro dei giovani che studiano, eliminerà gli inquinamenti, risolverà i problemi viabilistici e urbanistici, introdurrà un nuovo modello di sviluppo economico e sociale? Auguri.

Quinto. Secondo lei un parco sarebbe «allargare percorsi, creare tettoie, trasformare malghe in agritur, organizzare Suoni del Lagorai». Nessuno ha proposto ciò e comunque lei saprà che esistono diversi tipi di parco: parchi divertimenti tipo Gardaland, parchi archeologici, botanici, scientifici, naturali, marini. Ogni parco ha una propria identità (estensione, confini, norme) decisa solo dalla comunità che ne possiede i territori. Visto però che ovunque i parchi hanno portato benessere e non miseria penso che almeno tentare questa carta per far rinascere la Valsugana non sia una corbelleria. Mi pare molto più irresponsabile restare con le mani in mano, lamentarsi o denigrare, mentre i nostri figli sono disoccupati o debbono emigrare. Certo per lei è comodo starsene a Verona, devastata come tutta l’area padana, e godersi l’Eden trentino del Lagorai. Ma in Valsugana c’è gente che vuole viverci sempre. Le ricordo che un tempo i Tesini sopravvivevano vendendo cartoline in tutta Europa. Non era una vacanza da turisti. Se ora possono essere ripagati, in ritardo e almeno in parte, di tutte quelle fatiche e di tutti quei sacrifici con uno sviluppo turistico sostenibile, incentrato anche su un parco che decideranno solo loro, che dia speranza e futuro ai giovani, ai figli e alle famiglie, vuole lei, signora Zanetti, e vogliono quelli come lei, che riprendano invece a emigrare, vendendo ancora cartoline?

 

 

 

 

 

                 

 

 

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