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Cibo territoriale

Michele Corti, 11 Luglio, 2021

Elogio del piccolo negozio

La chiusura dei piccoli negozi rappresenta un impoverimento sociale. Oggi che i buoi sono scappati, e che anche le aree montane sono zeppe di ipermercati (nei fondovalle o al loro sbocco), servono soluzioni per ripensare il loro ruolo. Molto può fare la politica (sburocratizzazione, defiscalizzazione) ma molto possono fare anche i piccoli imprenditori del commercio e le reti di produttori agricoli, le piccole attività di trasformazione alimentare, i consumatori. Un negozio di paese non può essere solo una bottega di eccellenze alimentari, né può pensare di sopravvivere vendendo solo prodotti della grande industria alimentare senza legame con il territorio. L'esempio di piccolo negozio che presentiamo fornisce un "servizio sociale" (prodotti di largo consumo indispensabili) e, al tempo stesso, selezioni di prodotti di qualità, sia a km 0 che di produttori artigianali italiani. In più, sfruttando al massimo gli spazi del retrobottega, è anche laboratorio di preparazioni alimentari, enoteca, cantina di stagionatura di formaggi e insaccati. Un modello interessante, che si inserisce in reti locali agroalimentari e turistiche, che supera il negozio tradizionale ma senza cadere in modelli di snobismo alimentare. 


"Retrobottega" Campovico (SO), Via Giuseppe Mazzini, 6, 23017 - tel. 333 893 8168   Facebook


Quest'anno, all'inizio di marzo, avevamo già parlato di piccoli negozi di montagna (vai a vedere qui). La realtà di cui si parlava in quell'articolo, quella dell'ultima bottega di Castelmagno, paese in cima alla Valgrana in provincia di Cuneo a oltre mille metri di quota, è ben diversa da quella del negozio "Retrobottega" di Campovico, frazione della cittadina di Morbegno,  a 300 m di altezza. Eppure  il "Retrobottega" non  è assimilabile al "negozio di vicinato" di città.  Intanto tra la frazione (comune indipendente sino al 1938) e la città vi è di mezzo il fiume Adda.  Unisce Campovico a Morbegno un pittoresco ponte (ponte di Ganda) a schiena d'asino (ve ne è anche uno moderno ma a valle, più lontano da Campovico). L'Adda con le sue piene e insabbiamenti provocò la decadenza di Campovico ma va detto che l'importanza di Morbegno emerse solo dopo la fine del medioevo quando la sponda retica (detta Costiera dei Cèch) perse nel suo insieme importanza e Traona perse il ruolo di capoluogo. Un tempo (non molto lontano) tra gli abitanti delle due sponde dell'Adda (i Cèch a Nord del fiume, i Maròch a Sud) non correva buon sangue (ad essere eufemistici). Difficile quindi pensare Campovico come un semplice quartiere in quanto mantiene la sua indentità di paese anche se la gente si sposta ovviamente nella vicinissima cittadina per il lavoro e ... gli acquisti.



Alla precedente gestione del negozio di alimentari di Campovico, il classico negozietto di paese in attesa di morte naturale, il colpo di grazie lo diede l'apertura del faraonico ipermercato Iperal di Morbegno alla fine del 2014. L'agonia è continuata sino al 2018. Per inciso è bene precisare che la Valtellina è l'area lombarda con la maggior densità di ipermercati, un record già detenuto prima dell'apertura del nuovo punto vendita di Morbegno. Di qui una falcidia di negozi con conseguenze sociali devastanti dato il ruolo, a parole riconosciuto anche dai politici, di punto di riferimento sociale dei negozi di paese, un ruolo imprescindibile, come quello delle scuole, per assicurare la vitalità dei paesi di montagna. Il negozio di Campovico ha però conosciuto una seconda vita grazie al protagonista di questa storia: Albino Mazzolini. A questo punto, però, è necessario fare un salto indietro agli anni '50 del secolo scorso quando il nonno di Albino, un "americano", era rientrato dall'Argentina dove aveva fatto fortuna. Il nonno oltre a costruire il moderno fabbricato che venne poi affittato alla coop di consumo del paese, intraprese diversere iniziative a favore del paese consentendo anche ad alcuni giovani di intraprendere gli studi. Quando, nel 2018, il vecchio gestore manifestò la volontà di smettere, Albino, poco più che trentenne, era arrivato al capolinea di una precedente esperienza lavorativa, grazie all'aiuto della famiglia, tutt'oggi proprietaria dei muri e dell'opera del padre falegname decise di buttarsi in una impresa piccola ma pur sempre impegnativa e, ciò che conta, tutta sua mettendo a frutto le precedenti esperienze: quella di collaborazione in qualità di cuoco con Gino Cattaneo, il patron del noto locale La Brace (Forcola) e quella, più in chiaroscuro (per via del rapporto con il principale), presso il Centro del Bitto storico (ora dello Storico ribelle) di Gerola alta. 


Nella ormai famosa "Casera" dei "ribelli del bitto", Albino ha avuto comunque la possibilità di farsi una notevole esperienza di "formaggiaio", continuando ad esercitare la sua passione per la cucina ma anche imparando a conoscere i produttori d'alpeggio, i loro problemi, le gioie e i dolori della stagionatura di un formaggio molto importante. Albino è un giovane intelligente ma anche con i piedi per terra, capace di affrontare le difficoltà con tenacia ma anche lucidità (constatato di persona collaborando con lui).  Nella società Valli del Bitto era ben più che un dipendente ed aveva assunto un ruolo importante. Di fronte ai contrasti con il principale, ciò che sarebbe stato superabile per un semplice dipendente divenne di impossibile composizione e lui decise di prendere la sua strada. Una scelta difficile nel contesto della falcidia dei piccoli negozi. Ma aveva le idee chiare su come interpretare il "piccolo negozio".


Il "Retrobottega" racchiude in un piccolo negozio due realtà, due funzioni. Da una parte fornisce un servizio sociale da "negozio di vicinato", dall'altra è una bottega di prodotti di alta qualità, in larga misura a km 0, altri selezionati tra produttori italiani non certo di massa. Le due realtà convivono nello stesso spazio, ma sono facilmente individuabili. Sugli scaffali del "mini market" di vicinato ci sono i prodotti di "prima necessità", compresi quei prodotti confezionati (preparati con materie prime "globali", variamente riassemblate, e molti additivi)  che l'industria alimentare ha imposto come "necessari" all'interno del modello di consumo. Un modello che ha eliminato i prodotti sfusi, le preparazioni casalinghe a base delle semplici materie prime della massaia rurale. D'altra parte se un negozio di vicinato non offrisse, oltre alla carta igienica e ai detersivi, anche la Barilla e la Nutella farebbe sentire "deprivati" i suoi avventori. Gli anziani trovano qui un antidodo allo "spaesamento" cantato da Van de Sfroos (vedi qui il nostro articolo del 2020 su "Gli spaesati", versione originaria del 2018). Trovano la bilancia per la pesa degli sfusi che vedevano da giovani quando qui era coop di consumo.


Per alcuni prodotti, che non sono di larghissimo consumo, il "Retrobottega" non offre la versione industriale. La birra è solo artigianale. L'anziana che frequanta il negozio (perché non ha l'auto per andare all'ipermercato) non beve birra, gli altri, se vogliono quella industriale possono acquistarla altrove (anche perché è un prodotto che si conserva a lungo). Invece per molti prodotti di largo consumo, come la pasta, c'è la Barilla e quella di grani antichi e di piccoli pastifici.    


Tra i prodotti artigianali di qualità la pasticceria con materie prime locali (farine, uova fresche, burro), gelati, confetture di verdura, birra artigianale, farine, olio sono spesso prodotti da mini-imprese artigianali di giovani che operano nelle frazioni vicine nel raggio di pochissimi km.   Come Enrico Raschetti che, dopo aver appreso l'arte della pasticceria da noti maestri ha messo in piedi la sua attività, l'unica commerciale esistente nella frazione a Dasco (82 abitanti).  Altro fornitore è la Marlady di Cercino (paesino di versante della Costiera dei Cèch) che produce confetture di verdure (adatte per abbinamenti con i formaggi).  Il cuore del negozio è però il retrobottega (di qui il nome). Albino ha sacrificato lo spazio di magazzino per realizzare un laboratorio dove cucina ("mi dedico in particolare alle cotture sotto vuoto"), offrendo piatti pronti e, in talune circostanze veri e propri menù (in tempo di Covid  consegnati a domicilio). Un servizio impegnativo ma che è servito a conquistarsi clienti.



Il "Retrobottega" si definisce: "Alimentari, Gastronomia, Enoteca". In piccolo, dati gli spazi, un programma completo che comprende anche la preparazione di bresole e slinzeghe partendo da carne di fassona piemontese (una competenza acquisita dopo l'apertura del negozio). Il banco dei formaggi di Albino è di tutto rispetto. Lo spazio per i formaggi più noti nella canua (la cantina) è molto ridotto e la maggior parte dei prodotti sono a km 0, come è giunto in una zona di vere eccellenze casearie. Oltre al bitto (non marchiato dop e indicato semplicemente come "storico") di diversi alpeggi, per l'appunto "storici", ci sono vari formaggi grassi di pre-alpeggio e di latteria e gli stracchini (freschi e stagionati). Prodotti artigianalissimi, questi ultimi, legati alla tradizione della val Tartano (i produttori, oggi stanziati oltre Adda, vengono da quella valle orobica che, per cultura, tradizioni e cognomi è più bergamasca che valtellinese pur trovandosi a Nord del crinale).

Se andate al "Retrobottega" non venite via senza la mascherpa d'alpeggio che Albino acquista fresca dai produttori e, in piccoli numeri, stagiona. La mascherpa d'alpeggio stagionata (prodotta con aggiunta di latte di capra) è quasi introvabile ma chi la conosce sa che con le "ricotte" non ha ben poco a che fare. Per chi non la conosce vale la pena ricordare che non è (molto) salata come le ricotte del Sud Italia. Non c'è da meravigliarsi che in questo negozio "di vicinato" vengono a rifornirsi, dalla vicina cittadina di Morbegno, gli amanti delle cose buone.

Per il giovane titolare questa è una soddisfazione considerando che a Morbegno c'è quel monumento che si chiama "Ciapponi", un negozio di alimentari storico che è tra i migliori 50 negozi al mondo (in Lombardia insieme a Peck). Ed ora qualche indicazione pratica. Se provenite da Sondrio seguire la direzione Morbegno al bivio (rotatoria) che immette nella galleria della nuova superstrada. Quindi svoltare in direzione Paniga (si svolta a sinistra e si sottopassa la vecchia statale). Se venite da Lecco uscite dalla superstrada prima di Morbegno (seguire l'indicazione Morbegno). A un semaforo entrati in città svoltare a sinistra seguendo l'indicazione "Costiera dei Cèch", poi superato il ponte svoltare a destra sino a Campovico.

Infine due parole sulla "Costiera". Un pezzo di Valtellina scarsamente considerata dal punto di vista turistico, ma ricca di storia e ancora caratterizzata da una dimensione rurale viva. Ne abbiamo parlato qualche anno fa qui su Ruralpini (vai a vedere) a proposito di una lenta e non facile "rinascita vitivinicola". Scrivevamo: "Il riconoscimento delle 'Terrazze dei cèch' quale sistema agroalimentare storico, formatore di paesaggio, legame sociale, cultura e identità non è fondato solo sul passato" ed elencavamo le iniziative dei viticoltori per passione. Oggi, iniziative come "Retrobottega" e le nuove piccole attività di trasformazione alimentare della zona incentivano a scoprire la sponda retica della bassa Valtellina (lasciando che il turismo massificato passi oltre nelle gallerie della superstrada).