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3
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Moreno Zanetta e Lorena Pirozzini (032481087)
|
(11.04.09) Storia di un alpeggio di famiglia, oggetto di tenace attaccamento,
ma decisamente 'duro'. Ci vogliono 4 ore di salita a
piedi dal parcheggio e 2 dal 'mezzo alpeggio'
(m 1400).
'Adesso non
ci passa più nemmeno il mulo'
di Michele Corti
Amedeo
Pirozzini, padre della signora Lorena, aveva acquistato
l'Alpe Lago nel 1973. Il signor Pirozzini aveva fatto
costruire una 'strada' (sentiero) per raggiungere più
comodamente l'alpe e aveva realizzato il solido fabbricato
che vediamo nella foto sotto e che svolge tutt'oggi
degnamente la sua funzione. Dal 1973 l'alpe è stato
inininterrottamente caricato dalla famiglia Pirozzini.
Ad Amedeo è succeduta la figlia, affiancata dal
marito Moreno Zanetta.
Foto 1. L'Alpe
Lago in Valle Anzasca
(Foto tratta da : D. Barbaglia,
R. Cresta, C. Conti Alpi, alpigiani e formaggi dal Mottarone alla Formazza,
Alberti libraio editore, Verbania, 2009). Casera con cucina e cantina e alloggio
+ stalla.
L'alpeggio,
come la maggior parte di quelli ossolani, era utilizato
da diverse famiglie che avavano ciascuna la propria
baita. Il nucleo delle vecchie baite (tutte 'andate
giù) è tutt'ora visibile presso il Rifugio-bivacco del
Cai. Il nuovo rifugio, intitolato ad Amedeo è stato
realizzato nel 2008 ma, sin dagli anni '70, il Pirozzini
aveva messo a disposizione degli escursionisti una baita.
Foto 2. L'Alpe
Lago in Valle Anzasca
(Foto tratta da : D. Barbaglia,
R. Cresta, C. Conti Alpi, alpigiani e formaggi dal Mottarone alla Formazza,
Alberti libraio editore, Verbania, 2009). Sulla destra il fabbricato della foto
precedente, in basso a sinistra il bivacco CAI e il
nucleo di baite diroccate.
Raggiungere
l'Alpe non è agevole. Si fa ricorso all'elicottero solo
per portare su il materiale all'inizio della stagione.
Per il resto tutto a piedi. Nel tempo il sentiero, causa
la difficoltà di manutenzione, si è fatto anche più
stretto. 'Una volta passava il mulo carico' racconta
Lorena, 'adesso in alcuni punti non ce la farebbe più,
senza carico, ma imbastato no, sotto c'è la roccia'.
In ogni caso grazie al carico dell'alpe il sentiero
è rimasto sino ad oggi transitabile. Questo non è l'unico
servizio che Lorena e Moreno prestano agli escursionisti
che transitano lungo la GTA (Grande travesrata delle
Alpi), un cui ramo passa proprio di qui. 'Il rifugio
è incustodido e volte non c'è da mangiare, così vengono
affamati da noi e gli facciamo qualcosa da mangiare,
anche una pasta ... ma non ci interessa fare l'agriturismo).
Una ospitalità 'come una volta, insomma' che rinnova
l'antico legame tra frequentazione della montana e vita
ruralpina. Peccato che i servizi resi a favore del turismo
e del mantenimento del paesaggio e dei sentieri non
siano dovutemente riconosciuti. Anzi. 'Grazie' ai controlli
satellitari la superficie di pascolo dichiarata dai
nostri caricatori ai fini dell'ottenimento dei contributi
per il pascolo è stata contestata e i contributi revocati.
Come si può intravedere dalla foto sopra vi è un
rado lariceto no discosto dal fabbricato d'alpe, tutt'ora
utilizzato dagli animali per il pascolo. Ma per dimostrarlo
il caricatore deve far fare eseguire a sue spese
dei rilievi fotografici da parte di un tecnico. E pensare
che sui pascoli si perpetrano truffe in grande stile!
Foto 3. La
salita all'Alpe Lago della piccola mandria di Moreno
Zanetta lungo la 'traversa' realizzata da Amedeo Pirozzini
(foto di qualche anno fa dell'archivio di famiglia dei
caricatori)
Ma
torniamo alla scansione della vita dei nostri amici
e delle loro bestie. La monticazione avviene ai primi
di luglio e si sta a Lago sino ai primi di settembre,
prima, però si fa il 'mezzo alpeggio' all'Alpe Camino,
a 1400 m. Qui si arriva 'quando la bambina finisce la
scuola' e si sta sino a fine settembre. Le capre, una
cinquantina del tipo 'Alpina comune' si trattengono
più a lungo (in autonomia). Poi, sempre autonomamente
sia abbassano per la 'castagnata'. A differenza delle
mucche le capre scendono in fondovalle dove c'è la stalla
e l'abitazione (loc. Molini a 435 m) solo per i
parti. Per il resto trascorrono l'inverno e la primavera ai
Patelli (oltre 600 m).
Foto 4. La
mucca che arrancava in terza posizione nella foto precedente
è ancora in stalla. Ha quattordici anni. 'Spia' della
sua 'anzianità' l'orecchino metallico 'antenato' delle
moderne marche auricolari di plastica che deturpano
i nostri animali (espressione tipica dell' accanimento
euroburocratico non contrastato dai politici)(foto M.
Corti)
Tutta
la vita della piccola azienda è ritmata dalle stagioni,
come un tempo. La monta è rigorosamente naturale e stagionale
(parti autunno-invernali)(sotto la foto del nuovo torello
appena entrato in servizio).
La
stallona della foto sotto è stata costruita da Amedeo
Pirozzini. Moreno, che si occupa delle mucche lasciando
la cura delle predilette capre alla moglie Lorena, spiega
che il suocero era anche commerciante e trattava anche
il fieno. Così poteva procurarselo a costi contenuti.
Ora le cose stanno diversamente. Nel fondovalle stretto
e incassato di prati non ve ne sono e con i costi del
fieno (16 €/q.le) non se ne parla di foraggiare una
mandria mumerosa. Così delle 12 mucche la maggior parte
in inverno sono a 'pensione'. Un tempo era una
pratica diffusa su tutte le Alpi (da qualceh parte
queste vacche 'a pensione' erano chiamate 'civerne).
mentre in estate i piccoli allevatori affidavano
le vacche a qualcuno che le portasse in alpeggio al
posto loro; in inverno chi ne aveva un certo numero
doveva affidarle a piccolissimi allevatori che le alimentavano
e utilizzavano il poco latte prodotto per farsi un po'
di burro e formaggette.
Foto 5. Lo
stallone realizzato da Amedeo Pirozzini e ora in larga
misura inutilizzato (foto M. Corti)
Per
Lorena e Moreno l'alpeggio è una necessità e una
passione. Data la conformazione della valle e la scarsa
produzione foraggera è giocoforza, come in quasi tutta
l'Ossola, puntare ancora oggi ad una stagione d'alpeggio
lunga, anticipata e posticipata dal 'mezzo alpeggio'.
Così la norma è quella di praticare il pascolo in montagna
da maggio a fine settembre-inizio ottobre. Anche le
capre rappresentano una 'necessità' in questa realtà.
A differenza delle mucche devono essere ricoverate per
un periodo molto breve e per il resto 'trovano da sole
da mangiare'. Non si tratta di 'allevamento brado',
però. Le capre di Lorena sono multe regolarmente anche
in alpeggio. E' un sistema tradizionale che prevede
la presenza in montagna delle capre non custodite solo
nel periodo autunnale. Un sistema che verrebbe messo
in crisi dalla presenza del lupo che, per ora, si è
fatto vivo solo nella vicina Svizzera (dove è tenuto
a bada da un'applicazione meno animalista e antiruralista
della 'convenzione di Berna').
Foto 6. Moreno
usa solo la fecondazione naturale. In alpeggio, però,
i tori - a parte la consanguineità - possono diventare
pericolosi con l'età e li cambia frequentemente. Ecco
il torello dell'ultima generazione (foto M. Corti)
Al
di là del prezzo del fieno è anche la qualità di quello
che si riesce a trovare a lasciare perplesso Moreno
che mostra le rotoballe 'che vengono da Pavia' per dire
che è fieno magro, poco sostanzioso, dal quale no si
ottiene un buon latte. Il latte, infatti, in inverno,
è utilizzato per i vitelli. 'Giù il formaggio non viene
buono' sentenziano d'accordo moglie e marito che ci
tengono a far sapere che 'per noi è importante l'alpeggio'.
Il discorso torna sempre sul 'tipo di animale'.
Foto 8. Altre
solide mucche (foto M. Corti)'
A
noi servono vacche capaci di salire in mezzo alla roccia'.
Animali solidi. Con occhio clinico addocchio nella foto
che mi passano (quela pubblicata qui) una Frisona rossa.
'Sì è vero, ma l'abbiamo tolta l'anno dopo'. Deve essere
una tortura per una Frisona arrancare sul sentierino
tagliato nella costa, salire i gradini intagliati nella
roccia, stare attenta a non mettere un piede in fallo.
Ma anche per le moderne Brown ... non è poi diverso.
E pensare che le mucche adatte alla montagna c'erano
già (vedi la foto sotto che ha oltre un secolo).
Foto 9. Luzia,
vacca della Federazione svizzera dei sindacati d'allevamento
(foto da: La Rezia Agricola, 1907)
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