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Ruralpini torna ad
occuparsi
di
Lagorai
Il Parco poteva servire 30-40 anni
fa, quando c'erano grandi
progetti speculativi da
bloccare. Ma oggi il Parco rischia
solo di stravolgere l'identità di
quest'area del Trentino dove il
paesaggio e la cultura della malga
hanno maggiormente conservato
l'equilibrio tra attività
tradizionali silvo-pastorali ed
ecosistema. Un equilibrio minacciato
da politiche zootecniche e casearie
provinciali che vanno in ben altra
direzione e che potrebbe essere
definitivamente distrutto da un Parco
che sancisce l'identificazione Lagorai
= 'area selvaggia', da
sfruttare con nuove forme di
consumismo più o meno mascherate di
verde.
Riprendiamo il tema pubblicando una
lettera di Laura Zanetti (foto
sotto), battagliera presidente
dell'Associazione Malghesi e Pastori
del Lagorai ed una delle più convinte
promotrici del movimento
Ruralpino
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(26.07.10)
Lagorai significa malghe. No al
Parco
Amamont (l'associazione
transfrontaliera degli amici degli
alpeggi e della montagna) è andata nel
Lagorai. Nella malga più autentica
della regione più autentica del
Trentino. Da Oswald Tonner,
malghese-simbolo dell'ecologia
contadina contrapposta alle ideologie
della wilderness. Un'occasione per
sostenere la biodiversità dei pascoli
e dei formaggi, per dire no alle
'bustine' di fermenti selezionati più
o meno 'autoctoni', al degrado delle
malghe storiche ridotte a pascoli di
manze, ai progetti di trasformare le
malghe abbandonate in 'palestre' per i
giochi di sopravvivenza nella
wilderness.
leggi
tutto
|
(28.09.10) Chiuse la malghe, dopo
una stagione non facile è tempo di
riflessioni. Si torna a parlare di
Parco e Laura Zanetti, che tanto
impegno che dedicato alla tutela
di queste montagne e delle loro
malghe, prende una chiara posizione
contraria
Giù le mani dal
Lagorai
di Laura Zanetti
Presidente
Libera Ass. Malghesi e Pastori del
Lagorai
Ora che le malghe
hanno chiuso i battenti e le mandrie
sono ritornate in paese dopo un’estate
difficilissima per la produzione, per
il fatto che le bovine da latte negli
alpeggi trentini sono animali ormai in
via di estinzione, ho ripreso in mano
tutta la rassegna stampa che riassume
il dibattito sull’utilità o meno di un
futuro Parco del Lagorai: 14 gli
interventi apparsi sull’Adige in un
meno mese, alcuni a firma di
ambientalisti autorevoli come Gino
Tomasi, erede della grande tradizione
naturalistica trentina.
Il dibattito,
inizia il 2 giugno con l’editoriale
dell’arch. Enrico Ferrari di Borgo che
titola inaspettatamente:
"
La Valsugana
merita il Parco del Lagorai
".
Una sorta di
Profumi e Balocchi insomma: la mamma
che avendo trascurato tutta l’infanzia
della sua bambina malata, pensa di
ricompensarla con oggetti
vani.
A Ferrari,
storico co-fondatore di Arte Sella
pongo infatti questa domanda: dov' è
stato,
dov'è
il movimento di
questa biennale trentina d’ Arte
Contemporanea quando,
scopiazzando la Nature Art di
certi luoghi d’ America e del Nord
Europa,
ha fatto della
Natura un mero business artistico di
portata internazionale, prima
che esperienza
educativa e di
impegno civile a sostegno del luogo
che la ospita, definito giustamente da
de Battaglia "valle tra le più
maltrattate del Trentino"? E a
Ferrari, che per 34 anni ha avuto
competenze come architetto alla Tutela
del Paesaggio della Provincia di
Trento,
chiedo se non sia
meglio iniziare a proteggerlo partendo
dalla
sua porta
principale, la Valsugana
appunto.
L’idea di creare
un Parco del Lagorai
poteva avere una sua
ragione
30 - 40
fa
quando era in
progetto la mega diga in val
Calamento, ( annullato dopo il
disastro del Vajont), gli
alberghi-grattacielo con relativi
impianti sciistici a malga Cagnon
negli anni ’70 ( annullati da una
azione firmataria della popolazione di
Telve, senza precedenti), le seconde
case della val Calamento,
Musiera
e val Campelle
degli anni ’60.
Alla fine degli
anni ‘80 Franco de
Battaglia
che nel suo libro
"Lagorai", edito da Zanichelli, dedica
un intero capitolo sulla non necessità
di un Parco scriverà infatti: " per
essere salvato, il Lagorai ha bisogno
di tre regole: niente strade, niente
rifugi , nessun albergo in
quota!".
De Battaglia,
profondo conoscitore di queste
montagne, al pari di Gino
Tomasi,
che già nel ’65
aveva individuato in questi monti le
condizioni ideali ove istituire un
Parco, rimarrà inascoltato perché
un’iniqua legge provinciale
permetterà
il dirottamento
di fondi da fini zootecnici a fini
turistici, così che non poche malghe
si trasformeranno in agritur o, e qui
sta il paradosso, in 'case di cultura'
per la montagna. Per non
parlare
dei
patti
territoriali del Tesino gestiti dalle
S.P.A dei ricchi locali, voluti dal
presidente Dellai e controfirmati
anche dalla verde Berasi, contro la
forte
opposizione
del compianto ex
assessore all’Ambiente
Micheli.
Parafrasando de
Battaglia, per salvare il Lagorai
oggi, servono tre regole: il sostegno
concreto della piccola zootecnia di
paese che è funzionale alla zootecnia
di montagna, la riqualifica dei prati
a pascolo, sia in paese che in
montagna, una legge chiara
che
blocchi possibili
riarmi edilizi in quota e le culture
intensive di fragole in prossimità di
prati e pascoli.
Punto.
Perché, ed è bene
ribadirlo con fermezza: non ci potrà
mai essere conservazione di un
ambiente se si perdono le culture che
lo hanno forgiato, non ci potrà mai
essere
turismo culturale
se non si saprà rivalutare la memoria
del luogo.
Non potrà esserci
tutela di un ecosistema
labirintico, quindi non
omologabile, che
fa dei Lagorai
una tra le
montagne più decompresse del Trentino,
senza le sane pratiche d' alpeggio: la
cura costante del pascolo e del
benessere animale, mungitura,
caseificazione, stagionatura in
loco.
Se invece le
attuali politiche zootecniche
continueranno a privilegiare le grandi
stalle di fondovalle dove la bovina da
latte è costretta a rimanervi 12 mesi
all’anno, gli alpeggi saranno
destinati a mandrie di manze asciutte,
lasciate il più delle volte
incustodite.
La cotica di
malga, impiega secoli a formarsi.
La
sua solidità,
garantita da un utilizzo efficiente
del pascolamento, è fondamentale per
l’assetto idrogeologico del territorio
e l’esperienza insegna che un pascolo
utilizzato da sole manze, e quindi
incustodito, nel giro di pochi anni è
praticamente divelto.
Per chi conosce
profondamente
il Lagorai, il
Progetto-Parco, ora come ora, più che
una tutela, rappresenta una ulteriore
insidia in quanto richiederà la
creazione di infrastrutture (penso
alla follia di allargare percorsi e
creare tettoie nei luoghi della prima
guerra mondiale ), di malghe
trasformate in
agritur
senza
vacche, dei Suoni del
Lagorai anziché la musica della
natura. Di tutto quel cartaceo che
inevitabilmente porterà ad una
eccessiva antropizzazione. Di
scellerate 'industrie verdi', marchi e
marketing
che tanto
piacciono all'assessore
Mellarini
e "che
potenzieranno il progetto Paterno,
baite ovunque, strade
libere
fino al Lago di
Erdemolo" come dalle parole
dell’ambientalista Luigi
Casanova.
Tra tutti, suo
l’intervento, assieme a quello della
consigliere regionale Penasa, più
efficace,
in
quanto:
"
il Lagorai
risulta essere l’unico vero parco
naturale della
Provincia,
pur non essendo
guidato da nessun ente".
Nei miei lunghi
sessant’anni vissuti pienamente dentro
questa montagna, ho potuto
conoscere le molte sue trasformazioni,
le sue fragilità, ma anche le
infinite potenzialità, difese dai suoi
abitanti forti dei diritti di uso
civico, da terrificanti dighe,
grattacieli, agritur senza animali,
metanodotti e possibili, future
gallerie. Auguriamoci anche da questa
ultima insidia, in quanto ennesima
lobby della Pat, chiamata
Parco.
Telve 24
settembre
2010
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