Coltivare la nostra
terra. Incontri pratici e teorici di orticoltura e frutticoltura
a Songavazzo (Bg)
Venerdì 9 aprile - ore 20,30 -
Sala Riunioni 'G.M.Benzoni' Impianto e potatura delle principali piante
da frutto
Sabato 10 aprile - ore 9 - Frutteto Negroni (per Falecchio). Prove di potatura e innesto delle principali piante da
frutto (Prof. Giovanni Rigo)
Venerdì 16 aprile
- ore 20,30 - Sala Riunioni 'G.M.Benzoni'. Preparazione del terreno per le principali colture da orto
Sabato 17 aprile - ore 9 -
azienda 'Orto felice'
dimostrazioni
pratiche di coltivazione dell'orto (Prof. Fabio
Paganini)
Venerdì 23 aprile - ore
20,30 - Sala Riunioni 'G.M.Benzoni'. Coltivazione dell'orto seguendo criteri biologici
Sabato 24 aprile - ore 9 -
azienda 'Orto felice'
dimostrazioni pratiche di coltivazione dell'orto biologico (Dott. Marco Zonca)
il
corso è gratuito ed aperto a tutti - organizzato da Comune di Songavazzo e
Unione
Comuni Presolana
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(08.04.10) C'è
un forte ritorno di interesse per l'orticoltura e la
frutticultura rurali come occasioni di autoproduzione
e di differenziazione per le piccole aziende agricole
Dal
bellunese alle valli bergamasche la primavera porta
nuove iniziative di ritorno alla terra
di Michele Corti
Mentre la frutticultura
intensiva superspecializzata punta al mercato globale,
utilizzando pochissime varietà e non rinunciando
alla 'tossicodipendenza' (da pesticidi), si diffondono
le iniziative per diffondere e conservare le vecchie
varietà, aiutare la gente a riappropriarsi delle
conoscenze su come coltivare, potare ecc. Il tutto
nella prospettiva della condivisione dei saperi e della
cooperazione tra aziende agricole, autoproduttori, consumatori.
Venerdì
9 a Songavazzo (Valle Seriana, BG) ha preso il via il
ciclo di incontri sul tema 'Coltivare la nostra terra'.
Si tratta di un corso gratuito e aperto a tutti
che mira alla riappropriazione, da parte di chi vive
in montagna, di quelle tecniche di orticoltura e frutticultura
che un tempo erano patrimonio comune (saperi impliciti).
Il corso propone dimostrazioni pratiche e, per la parte
dedicata all'orto, punta alla diffusione del metodo
di coltivazione bio.
Scenario
delle dimostrazioni di orticoltura bio sarà l'azienda
'Orto Felice', un esempio di 'ritorno alla terra' che
coincide in un 'tornare indietro' ma nel valorizzare
quanto di buono la tradizione ha trasmesso e che può
essere valorizzato alla luce di esigenze e sensibilità
attuali. In Valle Seriana come in molte altre realtà
alpine lo sviluppo di attività industriali e
artigianali, oltre che dei servizi e turistiche
(queste ultime limitate ad alcuni comuni) ha letteralmente
'prosciugato' di risorse umane il settore agricolo.
Il risultato è che qui, come altrove, la 'popolazione
agricola' arriva a malapena al 2% di quella attiva.
Un dato che contrasta con la vastità del territorio,
con la presenza di significative risorse non solo
di boschi, pascoli, prati, ma anche di terreni pianeggianti
adatti ai seminativi, all'orticoltura di pieno campo
alla frutticoltura.
Coltivare
la terra
Come
è possibile 'gestire' tutto questo con un numero
di addetti 'professionali' così esiguo? Come
è possibile valorizzare queste risorse che, oltretutto,
se non 'coltivate', diventano un 'costo', un 'consumo
improduttivo' (ricordiamoci che per il montanaro il
'coltivare' ha anche il senso di 'accudire' oltre
che far fruttare ed è applicato anche ai boschi
e persino agli animali). E' 'sostenibile' una realtà
montana dove solo il 2% delle popolazione attiva
risulta impegnata nel settore agriforestale? No
di sicuro. Le cose sono ancora più gravi se consideriamo che
le poche aziende 'professionali' si sono spesso lasciate trascinare
sulla strada della 'specializzazione', delle 'economie
di scala', delle 'stallone', di una ingiustificata super-meccanizzazione
(che premia solo l'industria e chi vende). Quando un'azienda
utilizza grandi quantità di mangimi, latte in
polvere per i vitelli ecc., agli effetti del 'coltivare
la terra' è quasi come se non ci fosse. Sulla
terra, oltretutto, riversa grandi quantità di
liquami (con tutti i residui di antibiotici, disinfettanti,
medicinali, metalli pesanti del caso) e quindi
non aiuta certo a conservarla.
Di
qui il messaggio 'Coltiviamo la nostra terra'.
Un messaggio che si rivolge a soggetti 'nuovi' e 'vecchi'
(non solo e non tanto in senso anagrafico). A chi 'resiste
in quota', ai contadini in pensione o con un'altra
attività, senza partita iva, senza iscrizione
al registro delle imprese agricole, che non hanno titolo
per i contributi, ma ai quali va in larga misura il
merito della pulizia dei boschi, dello sfalcio dei prati,
dell'allevamento di un po' di bestiame (utile, tra l'altro,
per consentire il carico degl alpeggi specie da qualdo
le stalle 'moderne' preferiscono lasciare anche
in estate a casa gli animali a consumare insilati e
mangimi). Sono loro che spesso continuano a coltivare
i campicelli di patate, di cavolfiori, rape, che curano
piccoli frutteti e sanno potare e innestare. Vi sono
poi i 'nuovi contadini', giovani che mettono in piedi
attività piccole ma indirizzate a mercati
nuovi (ortofrutta bio, formaggi di capra). L'imprenditorialità
di questi giovani non sta nelle dimensione, nel numero
di cavalli della trattrice, nel numero di poste della
sala di mungitura, ma nell'attenzione alla qualità,
al consumatore. Chi non lo capisce è fermo a
paradigmi vetero-industrialisti, al proto-marketing,
alla difesa dei (propri) interessi consolidati e accreditati
presso la burocrazia.
L'
'Orto felice', cui si accennava sopra, è
una piccola azienda di Felice Zamboni, un giovane che
era impiegato nel settore 'trainante' in zona: l'edilizia.
Che fornisce occupazione, ma che ha anche riempito
Songazazzo di seconde case 'economiche' (oltre l'80%
delle abitazioni totali) e stravolto il centro
storico con ristrutturazioni improprie. Felice, però
non coincide con lo stereotipo del giovane muratore
cottimista bergamasco che spende i suoi (buoni) guadagni
in SUV e discoteche. Il lavoro serviva a mantenersi
la sua passione: i viaggi in medio-oriente. Poi la scelta,
che coniuga lavoro con valori e passione: il ritorno
alla terra con l'orticoltura bio.
Socializzazione,
condivisione, solidarietà
A
differenza delle aziende 'professionali', 'superspecializzate'
le aziende dei 'nuovi contadini' (contadini ma, a loro
modo, imprenditori) non sono realtà isolate dal
contesto sociale. Le aziende 'rurali' non solo vendono
in loco, nei circuiti brevi, ma forniscono anche
servizi. Si va per imparare, per raccogliersi i
prodotti che poi si portano a casa (ecco che i confini
tra produzione e consumo si stemperano ...), per scambiare
saperi e sementi. I 'nuovi contadini' possono anche
fornire servizi di coltivazione (preparazione terreno
per coltivazioni di pieno campo, potature, innesti)
a chi vuole riprendere a coltivare, magari creando dei
gruppi di co-produzione o gruppi rurali di produzione,
autoproduzione e consumo.
E'
questa l'esperienza che sta sviluppandosi in un'altra
zona delle nostre Alpi. Ci spostiamo per parlare di
questo nel feltrino, dove le campagne contro la
nocività, l'introduzione della melicoltura
industriale introdotta da 'piantatori' trentini e altoatesini
(che si sono comprati i terreni) hanno fatto rinascere
un interesse attivo per il 'coltiviamo la nostra terra'.
Trapiantata in ambito rurale l'esperienza dei GAS diventa
esperienza di rilancio di circuiti di agricoltura contadina
(sia per autoconsumo che per la vendita in circuiti
brevi).
Sabato
10 a Mel (BL), come punto di arrivo di questa prima
tappa del percorso è stato presentato un
'Patto' tra aziende agricole, piccoli
produttori, autoproduttori biologici (o che hanno rinunciato
alla chimica di sintesi), loro associazioni, Gruppi
di Acquisto Solidale, operatori commerciali, cittadini
e associazioni. Il 'patto' è stato promosso dal
gruppo 'Coltivare condividendo' che da tempo
organizza iniziative di formazione, scambio sementi
ecc. (http://coltivarcondividendo.blogspot.com/).
Le aziende che aderiscono al 'patto' e non hanno la certificazione bio dovranno sottoscrivere un disciplinare in cui si impegnano a non usare prodotti chimici di sintesi, E’ previsto di attivare una serie di iniziative di 'certificazione partecipata' o 'di gruppo' (oltre a uno scambio di conoscenze e informazioni) per aiutare soprattutto le aziende di piccole dimensioni e gli auto produttori a veder riconosciuta la lorocoltivazione/produzione.
Tra
chi è sottoscritto il 'patto'
- aziende, piccoli produttori, auto-produttori biologici, biodinamici o che hanno rinunciato alla chimica di sintesi e loro associazioni e gruppi; - Gruppi di Acquisto Solidale, cittadini acquirenti e associazioni; - istituzioni scolastiche e formative, università, centri di ricerca specializzata; - singolarità, associazioni, enti che condividono i punti di questo “Patto” e desiderano partecipare alla loro concretizzazione e affinamento - negozi ed attività commerciali ed artigianali specializzati sui prodotti “biologici e biodinamici”; - erboristerie e librerie specializzate nel settore del biologico; - ristoranti, sagre, feste paesane
che promuovono o garantiscono menù completamente biologici e ottenuti con prodotti locali (magari di aziende che aderiscono al “Patto”)..
Gli aderenti (aziende, piccoli produttori, auto produttori, cittadini) si impegnano
a:
1. produrre in maniera biologica certificata o comunque senza l’utilizzo di sostanze non consentite in agricoltura biologica; 2. sostenere il mercato locale promuovendo i propri prodotti principalmente presso il privato cittadino o gruppi di acquisto ed eventualmente nei settori economici in cui la rivendita sia indirizzata esclusivamente al consumatore finale (rivenditori al dettaglio, ristorazione in genere, mense aziendali..ecc..); 3. sostenere la biodiversità coltivata ed allevata utilizzando varietà vegetali e razze animali locali; 4. tutelare la ricchezza paesaggistica e garantire l’accesso dei cittadini alla campagna 5. chiedere per i loro prodotti un prezzo giusto, che tenga conto delle proprie necessità e di quelle di chi acquista; 6. fornire ai cittadini informazioni (sia teoriche che pratiche) relativamente ai propri metodi di produzione e al “mondo del biologico” e favorendo, possibilmente, l’attività multifunzionale (fattoria didattica, sociale, agrituristica); 7. valutare l’ipotesi di fare degli sconti a chi sosterrà le loro iniziative a favore del biologico
I cittadini si impegnano
a:
8. acquistare prodotti biologici certificati o comunque prodotti senza l’utilizzo di sostanze chimiche non consentite in agricoltura biologica, preferibilmente da aziende che hanno sottoscritto il patto; 9. privilegiare prodotti stagionali e locali; 10. a sostenere la biodiversità coltivata ed allevata privilegiando varietà vegetali e razze animali locali; 11. riconoscere ai produttori un prezzo giusto per i loro prodotti, che tenga conto della professionalità, del tempo e della passione; 12. mettere a disposizione degli altri aderenti al “Patto” loro conoscenze, competenze, saperi
I
sostenitori del patto
Chiunque vuole sostenere le finalità di questo “patto” (Enti, Associazioni, Comitati, singoli cittadini..) si impegna a mettere a disposizione le proprie conoscenze e competenze al fine di conseguire i risultati del “patto” stesso, a divulgarne la conoscenza, i contenuti e le finalità.
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