L'associazione RARE
ha sviluppato sin dalla sua costituzione, avvenuta nel
2002, un inpegno particolare per il recupero della razza
'Biunda'
R.A.R.E. è la prima Associazione in Italia che si occupa di tutela, recupero e valorizzazione delle razze-popolazioni autoctone di interesse zootecnico in pericolo di estinzione. Nata nel 2002 senza scopo di lucro, ha carattere culturale, ambientalista e scientifico. Promuove attività educative a tutti i livelli, acquisisce e divulga informazioni sulle razze e sul loro ruolo socio-economico.
Vacca di 22 anni ancora in lattazione
(anno 1980). Ancora oggi la Biunda presenta una fertilità
eccezionale con intervallo parto-concepimento di 70
giorni (ce ne vogliono 150 nelle 'vacche spinte'). Spiegare
alla gente che una vacca-macchina-da latte viene rottamata
a 5 anni di età, che non arriva a tre lattazioni (perché
le patologie indotte dalle condizioni di allevamento
intensivo ne determinano
l'invio precoce al macello) può indurre parecchi consumatori
a 'tifare' per la Biunda (foto Marcello Maimone - Tesi
di laurea Università di Milano, aa 1980/81)
Una immagine che si riferisce ad
una delle ultime edizioni delle Mostra Interprovinciale
della Varzese-Ottonese-Tortonese in Val di Nizza
1980: una Biunda al pascolo.
Le Biunde non disdegnano le foglie di arbisti e si muovono
bene anche su terreni sassosi grazie alla conformazione
del piede (MM)
1980: Due Biunde al pascolo
sul greto del Torrente Staffora (MM)
1980: Una manza Biunda al
pascolo. Si noti oltre al colore chiaro la struttura
che si differenzia nettamente dai tipi da carne (MM)
Dimostrazione di lavoro che
vedi impegnati capi 'Biundi' (Riccardo Fortina)
Immagine storica che dimostra come
le vacche 'Biunde' fossero impiegate anche per l'aratura
|
(17.10.09)
Pavia. Gli allevatori riuniti presso un'azienda di Mezzana Bigli,
sostenuti dall'associazione RARE, decidono di
unificare il nome dell'antica razza bovina dell'appennino
ligure-piemontese-lombardo-emiliano e di costituirsi in
associazione
La
rinascita della 'Biunda'. Gli allevatori decidono 'dal
basso' di adottare il vecchio nome della razza e di
costituire un'associazione indipendente per promuoverla
Il giorno 17 ottobre presso
l'Agriturismo Locanda Erbatici - Azienda Agricola
Dr. Federico Radice Fossati di Mezzana Bigli (Pv) gli
allevatori della razza bovina Varzese-Ottonese-Tortonese
si sono riuniti con l'intenzione di imprimere una svolta
nelle attività di tutela e valorizzazione della razza. L'incontro
è stato promosso per iniziativa spontanea degli stessi
allevatori ed è stato del tutto 'autogestito' dagli
allevatori dal momento che non vi era nessuna
rappresentanza istituzionale o para.istituzionale.
Un primo importante traguardo è stato conseguito decidendo
di comune accordo (e non era scontato ...) di adottare
un nome unico; una condizione indispensabile per 'comunicare'
la razza e promuoverne le produzioni. Sul nome della razza (tecnicamente
andrebbe definita 'popolazione a limitata diffusione)
c'è sempre stata abbastanza confusione. In passato,
quando la popolazione contava decine di migliaia di
capi, la distinzione in diversi ceppi aveva certamente
un senso. L'Ottonese della Val Trebbia (Piacenza), per
esempio, era certamente più influenzata dalla
Reggiana (di colore rosso) rispetto alla Bionda Tortonese.
Da quando la razza è entrata in crisi, però, lo scambio
tra i capi presenti nelle diverse provincie è divenuto
un imperativo necessario. L'uso delle dosi di seme
congelato di 20 tori (raccolto negli anni '80 nell'ambito
del progetto di recupero della razza) ha ulteriormente
contribuito a rimescolare le carte e a definire l'attuale
popolazione 'unificata'.
Tutti d'accordo sulla 'Biunda'
La definizione di 'Biunda' risponde
anche all'esigenza di rimarcare uno dei tratti
distintivi della razza: il mantello color formentino.
Non si tratta solo di una preoccupazione formale od
estetica. L'utilizzo di riproduttori di razza Rossa
Reggiana prima e di razza Limousine poi aveva segnato
la perdità di identità della razza, una identità che
ora si cerca di recuperare prestando attenzione (anche
se non esclusivamente) al mantello 'chiaro'. Proprio
per questa esigenza non è stato ritenuto opportuno utilizzare
la denominazione 'Montana', che pure rappresenta una
di quelle 'storiche'. Va osservato, tra l'altro, che
nell'elenco delle razze italiane a rischio di estinzione
stilato dalla Fao figura, a fianco della Varzese-Ottonese
una 'Montana' ... ma è sempre la stessa razza. A completare
l'elenco delle denominazioni tuttora citate vanno segnalate quelle di 'Cabellotta' e di 'delle Quattro
Provincie'. Decisamente troppo nomi per una sola popolazione.
Non si può quindi che essere d'accordo
con gli allevatori che, una volta tanto, hanno
deciso da sè come debbano essere chiamati i loro
animali (di solito lo fanno i 'tecnici' a tavolino).
Va anche sottolineato come l'utilizzo della dizione
locale (dialettale) rafforza ancora di più il legame
con la realtà territoriale. Una fortuna che, in questo
caso, non vi siano differenze tra le varie espressioni piemontesi, emiliane, liguri e
lombarde.
Superata la fase di emergenza
si pensa ai prodotti
Una volta d'accordo sul nome si è
convenuto di varare l'Associazione. L'Associazione si
occuperà non solo di allevamento e di indirizzi per
la conservazione della razza ma anche di valorizzazione
dei prodotti. Oggi la fase di emergenza è superata e
la popolazione è in netta crescita ed è giusto ed opportuno
pensare ad un nuovo ruolo economico per la razza. Ciò
sarebbe stato impossibile solo pochi anni fa quando
la razza lottava per una sopravvivenza su cui pochi
avrebbero scommesso.
Un po' di storia
Per capire la travagliata storia
della 'Biunda' negli ultimi 50 anni è necessario ripercorrerne
le tappe principali. All'inizio degli anni '60
la razza contava ancora decine di migliaia di capi.
Nella sola provincia di Pavia nel 1958 ne erano censiti
16.850 in migliaia di aziende (nella maggior parte dei
casi erano posseduti 2-3 capi). La 'Biunda' era una vacca
multifunzionale, utilissima nel quadro dell'economia
di sussistenza della montagna. Forniva lavoro. I buoi
erano molto apprezzati e venivano 'esportati' in pianura.
In montagna, però, si utilizza la vacca. Era la vacca
ad essere aggiogata per i lavori dei campi e, soprattutto,
per i trasporti (tipici quelli con le lese - slitte
- per le operazioni di esbosco). La stessa vacca
forniva il latte che - soddisfatti i fabbisogni
dei vitelli - era utilizzato per produrre formaggette
(spesso in unione con latte caprino e ovino) e un po'
di burro. La carne era - nell'economia tradizionale
- un prodotto secondario, sia pure importante per garantire
degli introiti in moneta. La 'Biunda' era allevata prevalentemente
al pascolo. La conformazione del piede e degli arti,
la mole ridotta le consentivano di utilizzare anche
pascoli difficili, la sua rusticità di cibarsi anche
di arbusti (vedi foto del 1980 a fianco).
Vecchie vacche e vecchi contadini
Con il crollo della civiltà contadina
la 'Biunda' ha conosciuto un lento declino. Nelle condizioni
della montagna appenninica le microaziende contadine
non avevano molte possibilità di convertirsi a colture
o allevamenti specializzati. Per parecchi anni la 'Biunda'
è sopravvissuta a sè stessa, vacche molto anziane (vedi
la foto di una vacca di 22 anni in produzione tra quelle
qui a fianco) continuavano a vivere in simbiosi con
altrettanto anziani padroni finchè ... entrambi morivano.
Nel 1965 la legge sulla riproduzione animale (che vietava
l'uso di tori non autorizzati ed iscritti ai Libri Genealogici)
pose una prima ipoteca sul futuro della razza. Come
per altre razze l'attaccamento dei contadini alle loro
vacche bypassò in parte questo vincolo e si continuarono
(almeno in parte) ad usare i tori 'Biundi'. Negli
anni '70 ci si cominciò a preoccupare della situazione
di grave pericolo di molte razze locali e venne varato
un 'Piano finalizzato' del CNR (Difesa delle risorse
genetiche delle popolazioni animali'. Nel 1979
venne avviato un censimento in provincia di Pavia. Vennero
individuati 600 capi, di cui 243 con spiccate caratteristiche
della razza. Tra questi capi 'più caratteristici' le
bovine con più di 10 anni rappresentavano il 30-40%
del totale! Nonostante la 'scrematura' l'indagine biometrica
mise in evidenza che l'altezza media al garrese era
cresciuta notevolmente rispetto alle vecchie misurazioni
del 1961. Da 115 cm si era passati a 135. L'influsso
della Reggiana era evidente, non solo nell'aumento della
taglia ma anche nell'aumento della colorazione del mantello.
I contributi non salvano le razze
In ogni caso per 150 soggetti fu
istituito un premio (con l'impegno a fecondarli con
il riproduttore indicato dai tecnici del progetto).
Furono introdotti anche un premio per ogni nato (maschio
o femmina) da riproduttori autorizzati ed uno per
il mantenimento delle vitelle. L'aspetto più importante
del 'Piano' fu rappresentato dallo stoccaggio del materiale
spermatico di 20 maschi con buone catratteristiche di
razza. Nonostante varie traversie (scongelamenti, perdita
del riferimento tra colore delle paillettes e il nome
del toro) a tutt'oggi si ricorre ancora a quelle dosi di sperma
congelato che si iniziarono a stoccare 30 anni fa. Seguirono
studi biometrici, cariotipici ecc. Il programma, però,
dopo alcuni anni, subì una interruzione di finanziamenti
(che cessarono in Lombardia anche se vi fu una
certa prosecuzione in Emilia). Nel frattempo, a fianco
di vecchi contadini, erano subentrati nuovi allevatori
(compresi alcuni ex-studenti universitari che si erano
occupati della 'Biunda' nelle loro tesi presso la Facoltà
di Agraria di Milano).
Negli anni '80 vi fu sull'Appennino un buono sviluppo
dell'allevamento delle vacche nutrici. Utilizzando il
pascolo e sistemi di stabulazione e alimentazione invernale
'economici' si puntava a migliorare l'approvvigionamento
'nazionale' di vitelli allattati sotto la madre
e venduti (a sei mesi) agli ingrassatori. La razza di
elezione per questa operazione era la francese Limousine.
Alcuni allevatori, però, pensarono di utilizzare come
fattrice la 'Biunda' fecondandola con il toro Limousine
e ottenendo un vitello di incrocio. Si riteneva che in
questo modo potesse sopravvivere una popolazione 'Biunda'
in purezza. Ma con il venir meno dei premi le
fecondazione delle vacche Biunde con il seme congelato
stoccato si fecero sempre più rare. Nel 1991 vennero
istituiti i Registri Anagrafici. Si poneva termine
- almeno sulla carta - alla condizione di 'deroghe'
o di 'monta illegale' che aveva caratterizzato la situzione
delle piccola razze locali dal 1965 in poi. Nel 1992
la Comunità Europea istituiva - nell'ambito delle misure
agroambientali (ex reg. 2078)- i premi per l'allevamento
delle razze 'in via di estinzione'. Ma la situazione
della 'Biunda' si era fatta disperata e queste misure
- a parte il ritardo fisiologico nella loro attuazione
- arrivarono troppo tardi.
La ripresa
Alla fine degli anni '90 i capi
erano ridotti a poche decine. Poi c'è stata la ripresa.
Nel 2006 i capi erano già risaliti a 150 e oggi
sono 280. Ciò è avvenuto grazie ad allevatori
appassionati, consapevoli del significato di mantenere
un patrimonio genetico autoctono, all'attività di promozione
dell'associazione RARE (Razze autoctone a rischio di
estinzione) cui la maggior parte degli stessi allevatori
aderiscono. Un significativo impulso al recupero della
'Biunda' è venuto dalla sua diffusione in provincia di Milano
(con il convinto impegno della Provincia, che ha incentivato
l'ingresso della 'Biunda' in Parchi, Oasi WWF e Fattorie
Didattiche oltre che in aziende agricole 'tradizionali').
Alla ripresa dell'interesse nei confronti della 'Biunda'
hanno contribuito anche le Mostre interprovinciali (siamo
alla sestra edizione), i meeting della razza organizzati
nell'ambito della Fiera delle Capanne di Marcarolo.
Queste iniziative hanno visto il coinvolgimento del
Parco delle Capanne di Marcarolo (Al) dell'APA di Pavia
e di Alessandria e di Rare (che partecipa da due anni
alla Mostra in Val di Nizza). Più che gli interventi
finanziari degli enti (che comunque hanno avuto un loro
peso) hanno contato i fattori culturali e nuovi orientamenti
sociali. La consapevolezza della tutela della biodiversità,
la maggior attenzione ai valori rappresentati dalla
tradizione e dal patrimonio di cultura alimentare e
rurale del territorio, hanno fatto avvicinare nuove domande
e nuove offerte.
Sempre più aziende agricole che operano
in area montana o in area urbana (e che si devono confrontare
con oggettivi svantaggi) hanno compreso che la differenziazione
del prodotto, la filiera corta e l'offerta di servizi
(culturali, educativi, turistici) diventano condizioni
indispensabili di economicità. D'altra parte si
è diffusa la figura del consumatore informato e consapevole.
Oggi la carne di 'Biunda' prodotta negli allevamenti siti
nel Parco Sud milanese è spesso aquistata da GAS (gruppi
di acquisto solidale) disponibili ad acquistare intere
mezzene e a riconoscere un valore aggiunto per una carne
di animali appartenenti ad una razza locale allevati
in condizioni di allevamento e alimentazioni non industrializzate
e 'spinte'.
L'interesse di cittadini e scolaresche
per una razza 'in via di estinzione' è un'altra molla
che consente di stabilire rapporti con i consumatori
aprendo prospettive anche alla produzione casearia di '
Biunda'. La 'Biunda' viene utilizzata nell'ambito di eventi
di 'agricoltura storica' per far rivivere il suo ruolo
di 'motore animale' (e dare una lezione pratica di un'agricoltura
ecologica). Sono occasioni che catalizzano interesse
e simpatia e ulteriori veicoli di promozione della razza
e dei suoi prodotti.
Ostacoli burocratici
Al di là delle buone notizie vanno
ancora registrate delle assurdità burocratiche che ostacolano
la ripresa della razza. L'applicazione delle norme sulla
riproduzione animale - pensate in origine per diffondere
le razze produttive e favorire la 'pulizia etnica' delle
razze locali - sono state adattate solo parzialmente alle
'popolazioni a limitata diffusione' mutuando in gran
parte l'armamentario sviluppatosi da un secolo
a questa parte con i registri delle varie categorie
di bestiame ('allievi', adulti ecc.), le commissioni
tecniche, le punteggiature ecc. A parte i costi
e l'onere organizzativo di questo ambaradan è tutto
l'insieme delle pratiche culturali sviluppatisi intorno
alla 'selezione' che mal si adatta alla gestione delle
piccole razze. Di fatto l'uso dei tori è ostacolato
(sia in monta naturale che artificiale) dalle disposizioni
vigenti (basti pensare che i tori, per poter essere
utilizzati, devono essere valutati da un 'esperto',
ma questo -almeno per ora - non esiste. In razze di
queste dimensioni la gestione dovrebbe essere lasciata
all'autogoverno degli allevatori. Essi hanno necessità
di supporto esterno solo per le analisi genetiche e
la programmazione di accoppiamenti atti a minimizzare
la consanguineità. Quanto agli obiettivi di 'miglioramento'
della razza gli allevatori sono consapevoli che
in questa fase si tratta di puntare in primo luogo all'aumento
dei capi allevati (si punta a raggiungere I 500-600
capi in 3.4 anni). Se 'miglioramento' e 'selezione'
devono esserci devono riguardare il recupero
del 'tipo' tradizionale. Gli allevatori pertanto non
si prefiggono nè l'aumento della taglia nè quello della
produzione di latte (e tantomeno di carne, in contrasto
con il recupero della 'Biunda' a triplice attitudine
e con l'eliminazione di quei soggetti di tipo 'carnoso'
ancora presenti a causa degli strascichi dell'incrocio
con la razza Limousine). Del resto la 'Biunda', quando
è nella prima fase di lattazione, è in grado di produrre
tranquillamente 20 kg di latte (e in un allevamento
multifunzionale va bene così).
Una sfida stimolante
Quanto esposto basta a far comprendere
come la neonata Associazione avrà molte attività da
seguire ma anche molte stimolanti occasioni per far
conoscere e appezzare le vacche 'Biunde'. Una sfida che
potrà essere raccolta perchè all'interno dell'Associazione
convergono diverse componenti: gli allevatori professionali
(di montagna e di pianura), gli allevatori per passione,
i simpatizzanti e sostenitori (privati, associazioni,
enti). Ne deriva un mix di stimoli culturali ma anche
di capacità imprenditoriali che può risultare vincente
una volta fissati con chiarezza gli obiettivi (economici
e non). Non va dimenticato in questo quadro l'importanza
del ruolo di supporto di un'associazione no profit
come Rare e dei diversi enti pubblici che negli anni
hanno dimostrato di credere in modo convinto nella '
Biunda' (non succede spesso).
Nel panorama spesso poco dinamico
delle razze locali la 'Biunda' segna un elemento fortemente
innovativo che speriamo possa provocare un effetto di
'trascinamento'.
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