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L'assessore
Hans Berger della PAB durante l'intervento il 14 mattina al convegno
SoZooAlp. Ha poi presieduto nel pomeriggio l'incontro
degli assessori all'agricoltura delle regioni alpine.
Nel pomeriggio l'assessore ha presieduto l'incontro
di rappresentanti politici agricoli di regioni
alpine di Italia, Austria e Germania ed ha così
sintetizzato lo spirito che anima queste regioni: "Partiamo da una convinzione comune: che l'Ue debba sostenere l'agricoltura contadina e non quella industriale"
La
SoZooAlp è stata fondata a Cavalese nel 1999.
Raccoglie esperti e operatori del settore zootecnico ma
anche di quello foraggero e caseario di tutto l'Arco
Alpino ed è aperta a partecipazioni e contributi
anche di altri settori accomunati dall'interesse per la conservazione di una montagna alpina ricca di espressioni produttive e culturali, oltre che di valori ambientali.
Ha organizzato sinora 6 convegni di cui sono stati
pubblicati gli atti (full-text di tutti i lavori scaricabili
in formato pdf dal sito dell'associazione)
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(17.10.10) Nel
convegno della SoZooAlp (Società per lo studio
e la valorizzazione dei sistemi zootecnici alpini) svoltosi a Bolzano del 13-14 ottobre
si sono discussi diversi aspetti tecnico-economici ed
ecologici che fanno da sfondo alle prospettive della
nuova PAC dopo il 2013 e alla fine delle quote latte
Per
la zootecnia alpina 'ritorno
al futuro'
Aziende di piccole dimensioni
che valorizzano e curano capillarmente il territorio
e assolvendo primarie funzioni sociali, prodotti di
qualità sganciati da logiche industriali e produttivistiche,
animali adatti alla montagna. Queste le condizioni perché
la richiesta di una continuazione mirata del
sostegno finanziario all'agricoltura di montagna risulti
legittima e credibile e perché il sostegno stesso
risulti efficace
di Michele Corti
I rappesentanti delle
regioni Alto Adige, Trentino, Friuli-Venezia Giulia, Valle
d'Aosta , Baviera e Baden-Württemberg, Land Tirolo, Salisburgo e Vorarlberg
si sono riuniti a Bolzano il 14 ottobre al fine di elaborare
una linea comune a supporto di un'efficacia azione di
lobbying nel confronti del commissario europea all'agricoltura,
il rumeno Ciolos. In gioco vi sono gli interessi
dell'agricoltura alpina in un delicato passaggio costituito
dalla revisione della PAC (con le nuove regole che entreranno
in vigore dopo il 2013) e la fine delle quote latte
(nel 2015). A novembre verrà presentata una prima
bozza della riforma della PAC e non si può stare
alla fienestra.
Unite nei confronti di Bruxelles
Le regioni riunitesi a Bolzano il 14 ottobre pare
abbiano idee chiare e convergenti. Gli obiettivi su cui puntano sono: mantenimento dell’indennità compensativa, contributi
mirati per l'adozione di buone pratiche agricole finalizzate alla tutela del
clima e dell’ambiente, semplificazione delle procedure a fronte di una
degenerazione burocratica. L'assessore Hans Berger ha così sintetizzato la posizione emersa della
riunione del gruppo delle regioni alpine
"Partiamo da una convinzione comune: che l'Ue debba
sostenere l'agricoltura contadina e non quella industriale".
Convergenza tra indicazioni tecnico-scientifiche e orientamenti
politici
Non si può non registrare una significativa sintonia tra le
asserzioni di Berger e dei suoi colleghi e le indicazioni emerse nel
convegno organizzato dalla SoZooAlp nello stesso giorno, sempre a Bolzano, sul
tema "Zootecnia e montagna: quali strategie per il futuro?".
Il Convegno, dove sono intervenuti anche lo stesso assessore
Berger e quello friulano Claudio Violino che ha presa una posizione netta
contro gli OGM paradigma di un'agricoltura che va nella direzione opposta a
quella auspicabile per la montagna alpina ma non solo.
Al convegno sono intervenuti anche i dirigenti dei settori
agricoltura di: Alto Adige, Trento, Friuli, Lombardia, Piemonte e Valle
d'Aosta. Il giorno precedente si era svolta la sessione scientifica
in cui sono state presentate ben 17 comunicazioni 'libere' in materia di
sistemi zootecnici alpini. E' interessante sottolineare che la sintonia con le indicazioni
politiche di cui sopra non è emersa solo nell'ambito del convegno del 14 ma
anche delle comunicazioni non programmate del giorno precedente.
Una
traiettoria di intensificazione che porta all'insostenibilità
o un drastico aggiustamento in direzione di aziende
di dimensioni ridotte e di animali a duplice attitudine?
Gli
esempi non sono pochi. Si può partire dalle valutazioni sul
benessere animale (Battini
M., Andreoli E., Mattiello S. Il
benessere della bovina da latte nei sistemi zootecnici
alpini: confronto tra differenti tipologie di stabulazione).
Esse indicano come, in presenza di razze idonee alla
montagna (a duplice attitudine) e di condizioni di stabulazione
fissa soddisfacienti un sistema alpeggio-stabulazione
fissa invernale può risultare in termini di benessere
della bovina da latte superiore sotto molti aspetti
al sistema 'moderno' della stabulazione libera, specie in
presenza di numeri elevati di bovine dove l'animale
(che è degradato a 'numero' per l'appunto non
può essere oggetto di un adeguato monitoraggio
preventivo di stati patologici, stress e sofferenza).
In tema di razze Menta dell'ANAPRI (Piasentier
E., Menta G., Degano L. Passato, presente e futuro
della Pezzata Rossa Italiana sull'arco alpino) ha
rivendicato per la sua organizzazione e per gli allevatori
il successo della Pezzata Rossa che risulta ovunque in
espansione ,soprattutto in ambito montano. Un successo
legato alla duplice attitudine, alla maggiore rusticità,
alla qualità del latte. Le 'doti' della PR si
spiegano anche con la sua bassa consanguineità
(è una razza che conta molti ceppi e che
non ha nel suo complesso praticato una rigida selezione
per l'aumento della produzione del latte). Una condizione
che, specie in condizioni di allevamento estensivo detrmina
una migliore fitness e
la rende più adatta di razze come la Frisona e la
Bruna (Brown Swiss) ormai caratterizzate da
elevati coefficienti di consanguineità che, almeno
nel caso della Bruna - con il 6% di t.c. - si stanno avvicinando
pericolosamente a quella che è ritenuta una soglia
limite oltre la quale la vitalità della razza
risulta compromessa (dati riferiti alla popolazione
Usa dalla quale l'attuale Bruna italiana deriva).
Lo
stretto legame tra sostenibilità ambientale e
indirizzi zootecnici è stato messo in evidenza
dalla comunicazione che riferiva i risultati del
monitoraggio di un gruppo di 50 aziende zootecniche
valtellinesi che conferiscono il latte alla più
grande struttura lattiero-casearia della provincia di
Sondrio, la Latteria Sociale di Delebio (Guerci
M., Penati C., Sandrucci A., Tamburini A. Cambiamenti
in atto dei sistemi produttivi in un campione di aziende
zootecniche valtellinesi). I dati presentati sono
preoccupanti in quanto indicano come le aziende del
campione, specie le più grosse che arrivano ad
allevare centinaia di Frisone, stiano percorrendo una
traiettoria di concentrazione (aumento di dimensione
delle aziende sia in termini di capi di bestiame che
di superfici) e superintensificazione che le porta ad
aumentare le produzioni (aziendali e per vacca)
e a reagire all'aumento dei costi dell'approvvigionamento
dei mangimi estendendo la superficie coltivata a mais
ceroso . Un riorientamento in senso intensivo del sistema
foraggero e zootecnico che comporta conseguenze deleterie
in termini di bilanci ecologici dal momento che implica
un maggior impiego di concimi chimici azotati e un aumento
dell'utilizzo di nuclei proteici per l'alimentazione.
La conseguenza è che si arriva a carichi di bestiame
per ettaro di superficie assurdi (6-9 UBA/ha) e a surplus
di azoto per ettaro di 600 kg, valori che non si registano
neppure nelle aree a maggiore intensità zootecnica
olandesi o padane. Sono dati che impongono una revisione
alle politiche e all'applicazione delle norme di tutela
ambientale. Il fondovalle della Bassa Valtellina e della
Bassa Valchiavenna perfettamente pianeggiante non è
assoggettato alle norme della 'direttiva nitrati' che
sono applicate per vaste aree omogenee di pianura. Di
più queste aziende 'di montagna' (in quanto ricadenti
nella delimitazione Istat di fatto recepita dalla zonizzazione
regionale) hanno titolo per presentare le domande per
l'indennità compensativa che, a fronte dei prati
stabili coltivati e del bestiame asciutto alpeggiato,
comportano un importo elevato di contribuzione.
Il
modello Alto-Adige è frutto di circostanze particolari
ma indica la strada che non si sarebbe mai dovuta abbandonare
in tutto l'Arco Alpino
Una
situazione, quella della montagna lombarda, che pare
all'opposto di quella della provincia autonoma di Bolzano,
dove la componente di foraggicoltura intensiva (mais
ceroso ed erbai in genere) rimane molto limitata e il
forte grado di utilizzo dei pascoli (oltre il 90%) e
dei prati stabili anche di alta quota garantisce un
autoapprovvigionamento foraggero elevato pari al 75-80%
(contro il 60% della Valtellina ma anche di altre aree
alpine)(Peratoner
G. Stima del bilancio foraggiero per l'Alto Adige).
Va anche registrato che a Bolzano (ma anche a Trento)
da alcuni anni la corsa all'aumento della produzione
per vacca è cessata e le produzioni unitarie
sono in continuo calo. A questa tendenza è accompagnato
un calo della presenza della razza Bruna e un aumento
della Pezzata Rossa (mentre Frisona e Grigia sono stabili).
(Susmel
P.A., Ellmenreich W. Chiaroscuri dell’allevamento
bovino Altoatesino). Vari indicatori relativi
alle aziende zootecniche dell'Alto Adige indicano che
la flessione del numero di aziende è stata
molto contenuta e che il modello portante della zootecnia
bolzanina a sua volta asse si basa su stalle da latte
di 10-15 capi che integrano il reddito con l'agriturismo
(2.000 agritur!) e altre attività integrative.
Gli stessi relatori altoatesino tendono a sottolineare
come la sitazione della loro provincia autonoma rappresenti
il portato di una serie di condizioni del tutto particolari
(autonomia, maso chiuso, forte riconoscimento sociale
del ruolo dell'agricoltura nel dibattito pubblico e
nella cultura locale). Molti elementi, però,
inducono a ritenere che il modello apparentemente 'conservatore'
di Bolzano (illustrato anche da diversi relatori del
convegno del 14 a partire dall'assessore Berger e dal
Andreas Steinwidder che ha trattato di Latte e carne
di qualità per garantire l’utilizzo di prati
e pascoli nelle regioni di montagna) sia il modello
cui tutto l'Arco Alpino dovrà tornare a tendere.
Il
futuro prepare il ritorno al passato?
A
suffragare queste considerazioni che hanno spinto più
di un relatore a parlare di una necessità di
'ritorno al passato' vi sono anche i risultati di uno
studio di Fausto Gusmeroli e altri (Gusmeroli
F., Della Marianna G., Erini S. Effetti di alcune
variabili gestionali sulla qualità sensoriale
del formaggio Bitto). Lo studio ha riguardato
le caratteristiche organolettiche del formaggio Bitto
così come valutate attraverso i punteggi assegnati
dal panel delle giurie di assaggiatori che operano nel
contesto della Mostra del Bitto. Per una caratteristica
(la dolcezza) il prodotto ottenuto dal latte di animale
che ricevevano un'integrazione con mangimi è
risultato inferiore (un dato statisticamente significativo)
a quello ottenuto senza ricorso all'integrazione. Per
altri parametri il risultato non ha raggiunto il livello
di significatività statistica pur risultando
negativo. Anche l'altro aspetto controverso e che riguarda
l'aggiunta del latte di capra (i produttori 'retrogradi'
insistono nel considerarlo indispensabile nella produzione
del Bitto 'storico') mostra come la modalità
'tradizionale' implichi una superiorità qualitativa.
Nel caso dell'aggiunta di capra essa determina un apprezzamentro
superiore per: occhiatura, odore, sapore-aroma. Tre
caratteristiche fondamentali e identificative del prodotto.
Va sottolineato che l'integrazione alimentare con i
mangimi anche in alpeggio è invocata da chi insiste
nell'orientamento produttivistico in nome della necessità
di assicurare alle razze specializzate (Frisona e Brown)
un apporto energetico che il solo pascolo non sarebbe
in grado di assicurare. Alla luce delle considerazioni
sul benessere animale, sulla non sostenibilità
ambientale dei sistemi zootecnico-foraggeri 'spinti'
basati su queste razze, sulla loro consanguineità
e conseguente progressivo aumento dell'incidenza di
morbilità e infertilità verrebbere da
concludere che lo scarso adattamento delle razze 'specializzate'
all'alpeggio ha rappresentato un salutare 'campanello
d'allarme' che avrebbe dovuto allertare chi di dovere
sulla insostenibilità di sistemi zootecnici intensivi
in montagna. Ora gli allarmi arrivano anche dalle stalle
del fondovalle e non ascoltarli diventa una colpa grave.
Tanto più che la 'superiorità' dei sistemi
intensivi è dovuta non solo al mancato computo
del costo delle 'esternalità negative' ma anche
ad una ripartizione iniqua del sostegno pubblico che
in una regione come la Lombardia (ma non solo) ha premiato
le aziende meno virtuose dal punto di vista degli impatti
climatici e del mantenimento del territorio e di valori
sociali. Proprio dalla Lombardia, però, sono
venuti dei segnali di cambiamento, annunciati dal Dr.
Alberto Lugoboni della DG Agricoltura. Lugoboni ha annunciato
che sono in avanzato stato di avanzamento le modifiche
della legislazione forestale regionale che penalizzano
il pascolo caprino e che consentiranno di pascolare
liberamente su tutti i terreni anche conquistati dal
bosco purché figurino ancora a catasto come pascolim,
seminativi, prati. Finalmente ci si accorge che la storia
gira e si può progredire solo prendendo atto
che a volte bisogna tornare indietro.
Fondamentale
ruolo ambientale e sociale della zootecnia alpina (se
è contadina e non 'industriale')
Sono
state le relazioni dell'assessore Berger ma anche qualla
di Johann W eißensteiner Presidente FERBA,
Federazione Europea delle Razze Bovine dell’Arco alpino
a sottolineare anche gli aspetti sociali oltre che ambientali
della capillare struttura zootecnica dell'Alto Adige.
Aspetti sociali che consentono ai servizi pubblici di
risparmiare notevoli risorse grazie alla presenza presso
i masi di molti anziani e disabili che, in presenza
dello sgretolamento del sistema dell'agricoltura contadina
famigliare, sarebbero a carico delle strutture pubbliche.
Dal canto suo Fausto Gusmeroli, che aveva il compito
di trasmettere la riflessione collettiva del consiglio
direttivo della SoZooAlp sulla situazione e il futuro
della zootecnia alpina ha richiamato le pesanti responsabilità
dei sistemi agricoli sui gravi fenomeni ambientali con
i quali l'umanità a confrontarsi: il cambiamento
climatico, la drammatica perdita di specie viventi,
una disponibilità di energia a buon mercato sempre
meno garantita. Gusmeroli ha presentato quello che è
lo scenario che non pochi attenti osservatori prevedono
per il prossimo futuro: una smaterializzazione della
globalizzazione ovvero il mantenimento di reti di scambi
immateriali di informazioni ma una progressiva riduzione
dello scambio di merci da un angolo all'altro del pianeta
(uno scambio che coinvolge pesantemente l'agricoltura)
e una inevitabile riterritorializzazione. L'agricoltura
di montagna che ha sofferto particolarmente in termini
di disattivazione le tendenze 'modernizzatrici' e 'globalizzanti'
degli ultimi decenni ha in ancora in sè delle
risorse che possono consentirle non solo un recupero
di ruolo (non solo economico ma sociale e culturale) ma
anche di costituire un modello per i sistemi attualmente
ancora 'competitivi' ma che una globalizzazione esasperata
potrebbe presto travolgere.
Un
indubbio merito della SoZooAlp
Sono
messaggi forti per un convegno che ha saputo far dialogare
in modo propositivo istanze tecnico-scientifiche e istanze
socio-politiche. Alla SoZooAlp va il merito di aver
individuato come i problemi dei sistemi zootecnici alpini
non sono solo i problemi di un settore economicamente
molto ridimensionato della vita economica e sociale
alpina ma un elemento chiave per la gestione del territorio
e per le economie locali, che vogliono essere o tornare
ad essere autosostenibili, di larga parte delle vallate
alpine autosostenibili. Stefano Bovolenta, riconfermato
presidende della SoZooAlp presentando l'attività dell'associazione
(6 convegni tutti con atti pubblicati e singoli lavori
disponibili sul web) nella carrellata dei temi toccati
ha potuto dimostrare l'attenzione dei soci per un vasto
spettro di problemi di attualità spesso anticipati
da lavori scientifici e riflessioni sviluppare in ambito
SoZooAlp. E' stata molto probabilmente la scelta
iniziale di superare le tradizionali barriere disciplinari
raccogliendo insieme chi vede i problemi dal punto
di vista dell'animale (e alle sue produzioni) e chi
con conferito all'erba. Ciò ha impresso all'associazione
un dinamismo e una capacità poco comuni
in Italia: quella di saper connettere il livello
tecnico-scientifico con quello della politica svolgendo
un ruolo diverso dai soliti sodalizi accademici. E le
giornate di Bolzano ne sono la conferma.
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