Sabato 20 marzo, dalle 9 alle 15
Giardini Largo Marinai d’Italia,
Palazzina Liberty – Milano. Nell'ambito
del Mercato della Terra,
la Condotta Slow Food delle 'Valli Orobiche' racconterà il suo territorio attraverso la presentazione dello 'stracchino all’antica'
prossimo Presidio Slow Food.
Mercoledì 24 marzo
a Cernusco sul Naviglio (tangenziale Est) (MI) nell'ambito di 'Formaggi
di montagna: incontro con gli autori' alle
ore 20,30 presso la Biblioteca comunale, via Cavour
51 (Parco Villa Greppi) (entrata Via Fatebenefratelli)
serata
su 'La
civiltà degli stracchini: la matrice alpina del caseificio
lombardo'
con
Marco Faustinoni (produttore artigianale della Val Brembana),
Lorenzo Berledis (fiduciario condotta Slow Food Valli
Orobiche), Oliviero Manzoni (micro-affinatore) che presentano:
Stacchino all'antica (prossimo Presidio Slow Food), Stachitunt,
Salva.
Con proiezione audiovisivi
e degustazione guidata da Marco Imperiali, maestro assaggiatore Onaf .
Introduce:
Michele Corti, ruralista ed esperto di sistemi zoocaseari
alpini (ingresso libero)
Organizzata da Rievoca - prodotti
di montagma, P.zza Gavazzi 2, Cernusco s/N in collaborazione
con SLOW FOOD VALLI OROBICHE e AMAMONT
gradita
prenotazione al 3478360718
|
(18.03.10) La
'civiltà' degli stracchini è espressione
di una tradizione lombarda profondamente radicata. Sta
tornando alla luce dope decenni di industrializzazione
casearia
Due
appuntamenti con lo stracchino storico
(e un
presidio Slow Food 'orobico' in vista)
di
Michele Corti
A
Milano e a Cernusco s/N due appuntamenti sul tema dello
stracchino quadro e, più in generale, della 'civiltà
degli stracchini' che unisce la pianura e la montagna
lombarda. Va spiegato al consumatore che prima del 'Certosino'
e dello 'Stracchino di nonno Nanni' c'è stata una lunga
storia di stracchini e che vi sono artigiani, piccoli
produttori che continuano - con difficoltà - a perpetuarla.
Sono
maturi i tempi per la riscoperta dei formaggi storici?
I segnali non mancano. In Sicilia le attività
del Corfilac (Consorzio Ricerca Filiera Lattiero-Casearia di Ragusa)
dedicate ai formaggi storici siciliani hanno parecchio
contribuito a far maturale la consapevolezza della natura
di bene storico-culturale dei formaggi. In Lombardia
ci pensano i 'ribelli del Bitto' a ricordare che un
formaggio storico come il Bitto non può essere confuso
e subordinato a una DOP standardizzata e 'modernizzata'.
In Lombardia, però, c'è un altro formaggio, meglio un
altra 'famiglia' di formaggi che rappresentano la colonna
del caseificio regionale: gli stracchini. Un tempo in
Lombardia non si diceva che gli stracchini sono un tipo
di formaggi; erano tanto importanti che si diceva che
con il latte si ottiene il formaggio, il burro e ...
gli stracchini. (In appendice all'articolo trovate
un approfondimento storico, STORIA)
Il Taleggio
nasce tardi
Per
secoli gli stracchini, formaggi di fabbricazione relativamente
semplice hanno rappresentato un cavallo di battaglia
della produzione casearia della montagna lombarda (specie
della fascia prealpina) ma la loro produzione era diffusa
anche in pianura dove, durante l'inverno scendevano
moltissimi allevatori-casari dalle montagne per alimentare
le loro vacche con le abbondanti scorte di fieno accumulate
delle cascine.
Per
secoli si è parlato solo di stracchini quadri (antenati
di Taleggio, Crescenza e Quartirolo) e di stracchini
tondi detti già da secoli 'stracchini ad uso di Gorgonzola'
e, in tempi recenti 'Gorgonzola'.
Il
nome 'Taleggio' si afferma lentamente. Nei primi decenni
del '900 si iniza a parlare di 'stracchino di Taleggio'
come di un prodotto di pregio. Sino ad allora per 'nobilitare'
un prodotto apprezzato ma per certi versi 'umile' lo
si chiamava Stracchino di Milano. Ma è stato solo parallelamente
con il lento affermarsi della produzione industriale
(il primo stabilimento della Galbani a Melzo è del 1900)
che si è affermato il nome 'Taleggio' consacrato dalla
Dop. Prima c'era l'esigenza di sfruttare il prestigio
della città. Poi quando gli stracchini sono divenuti
industriali si è affermata l'esigenza di rifarsi all'immagine
della montagna (il Taleggio che sa di montagna ... è
lo slogan di una nota azienda, anch'essa oggi del gruppo
francese Lactalis). Per la verità una parte della produzione
è tutt'oggi stagionata in Valsassina e Val Taleggio. E, una parte della parte, in grotte naturali.
Che sappia o meno di montagna per chi ha ricordi di transumanza, e per i piccoli allevatori
che operano nelle valli, il 'Taleggio' non esiste,
vi sono sempre e solo strachin/strachì
quader e tunt.
...
e oggi rinasce (a fatica) lo stracchino 'all'antica'
Quella
dello stracchino quadro tradizionale in
realtà è una rinascita difficile. Pur con non poche
contraddizioni è andata meglio allo Strachitunt e
al Salva (un 'quadro' maxi). Ma concentriamoci sul quadro
'all'antica', vero capostipite della famiglia.
Nell'elenco dei PAT
(prodotti agroalimentari tradizionali) della Regione
Lombardia troviamo due stracchini 'tradizionali' riferiti
a delle aree limitate rispettivamente delle provincie
di Bergamo e Lecco e poi due altri stracchini 'tradizionali'
riferiti (secondo il solito vizio di estendere a tutto
un territorio 'politico' i prodotti pseudotradizionali)
a queste intere provicie. Ecco l'elenco: Stracchino
Bronzone (Comuni limitrofi al Monte Bronzone, BG), Stracchino
della Valsassina (Valsassina - LC), Stracchino orobico
(Bergamo e provincia), Stracchino tipico (Provincia
di Lecco). L'unico prodotto decollato è lo Stracchino
del Monte Bronzone. Gli altri a causa dell'areale troppo
vasto e disperso rimangono nomi sulla carta. Inoltre
si confonde prodotto artigianale con quello di piccoli
e medi caseifici che operano con modalità necessariamente
diverse.
Oltre
a questi quattro si sono avanzate proposte di 'lancio'
dello Strachin quader della Valsassina (cui è
stato anche dedicato un articolo sulla rivista di Slow
Food) e dello Stracchino
della Valtaleggio (bocciata dal Consorzio Taleggio).
Ora la condotta Slow Food della Valli Orobiche ha preso
la menemerita iniziativa di avviare un Presidio dello Stracchino
all'antica (o tradizionale) delle valli Orobiche.
Speriamo
che sia la volta buona.
E'
bene precisare che, a parte il ginepraio delle denominazioni,
i tentativi sinora effettuati al fine di rendere
visibile e valorizzare la produzione degli autentici
stracchini
artigianali si sono scontrati contro una produzione
molto limitata e dispersa, divisa tra produzioni d'alpeggio
e 'di casa', tra ptoduzioni la cui stagionatura viene
gestita dai piccoli produttori e produzioni cedute a
stagionatori (sia pure piccoli e medi).
Come
si fa in Valsassina
La
descrizione della tecnologia di seguito riportata si
basa su nostre indagini effettuate negli scorsi anni
in Valsassina.
Il
latte si utilizza è appena munto
e non non viene mai riscaldato. Oviamente si tratta
di latte crudo e non vengono aggiunti fermenti selezionati. Il caglio utilizzato è sempre
liquido, titolo 1:10.000 ed utilizzato in quantità piuttosto
variabili, da 20 ml ai 40 ml ogni 50 litri di latte.
La
fase della rottura della cagliata è quella che più differenzia
i singoli produttori. Mentre nei caseifici, sia pure
piccoli, si opera molto rapidamente (3 minuti) usando
il solo spino e si
riduce la cagliata a piccole dimensioni, di circa mezza nocciola, i
produttori che lavorano il latte delle proprie mucche utilizzano inizialmente
una lama, con la quale compiono una decina di tagli
verticali a raggiera, per poi utilizzare la spanaröla
o basla (un piattino di rame senza
manico, vedi le foto sotto), con la quale proseguono ad una lenta
e delicata rottura prima rivoltando delicatamente le
fette, poi rompendo gradualmente a dimensioni più piccole
sino dimensione di una nocciola e anche più. Differenze
che contano.
Per
l'intera operazione di rottura si impiegano circa 10 minuti.
Successivamente la cagliata viene lasciata
in caldaia per pochi minuti e subito estratta e riposta
all'interno di panni di tela (che impediscono bruschi
raffreddamenti), in numero pari alle forme
che si vogliono ottenere. Questi teli, contenenti la
cagliata, vengono riposti in secchi e da questi nuovamente
in caldaia, spurgando progressivamente il siero ad
ogni passaggio ed eseguendo una
sosta nel siero per
una durata complessiva di circa 10-15 minuti. Un procedimento
laborioso che non può essere applicato su una scala
di produzione poco più che minimale (i caseifici - compresi
quelli 'artigianali' - dopo pochi minuti
di sosta, estraggono la cagliata dalla caldaia e la
collocano direttamente negli stampi senza fare uso dei
teli).
A
questo punto la cagliata viene posta anche nella lavorazione
tradizionale negli
stampi forati (ancora avvolta dai teli) e la forma verrà rigirata dopo 2
-3 ore a seconda della consistenza. Gli stampi sono
quadrati, di acciaio, plastica o legno.
In
definitiva la lavorazione artigianale viene eseguita
con maggior cura e maggior impiego di tempo, seguendo
lo schema tradizionale, tramandato di padre in
figlio e rimasto probabilmente immutato.
I
formaggi così posti nello stampo vi restano per
10 ore circa per poi passare alla fase della stufatura
(permanenza in un locale a temperatura di 18°C).
Durante la stufatura lo stracchino continua lo spurgo
per un tempo variabile dalle 24 alle 48 ore. Al termine
della fase di spurgo, quando lo stracchino ha prodotto
una leggera patina biancastra riconoscibile al tatto,
si procede alla salatura a secco, effettuata una volta a settimana
per quattro settimane, su entrambi i lati e sullo scalzo.
Le salature sono intervallate da spugnature con acqua e sale
con il fine di limitare l'insorgenza di muffe. Non
si tratta, però di interventi finalizzati ad ottenere
la 'crosta lavata' (patina color salmone), trattamento
che oltre a inibire lo sviluppo di muffe indesiderate
'forza' una particolare maturazione arricchendo di gusto
un formaggio che ne sarebbe altrimenti povero. Al
contrario lo stracchino tradizionale stagionato
si presenta coome un formaggio con un crosta piuttosto
spessa e coperta di muffe naturali (in prevalenza grigie).
Le
differenze
Dal
punto di vista esteriore lo stracchino tradizionale
presenta uno scalzo mediamente più basso del Taleggio
(4-5 cm contro 5-6). Molto diversa la pasta che nello
stracchino tradizionale è molto diversa tra centro e
sottocrosta. A centro è tendente ad una consistenza
gessata mentre il sottocrosta è fondente. La crosta
è più spessa, più irregolare e presenta uno sviluppo
di muffe Le differenze più sostanziali sono però quelle
legate alla composizione della microflora casearia.
Ottenuto da latte crudo e lavorato a bassa temperatura
lo stracchino artigianale presenta un contenuto molto
elevato di batteri lattici (più cocchi che bacilli)
e forte presenza di microflora enterococcica ed eterofermentante
(responsabile di svariate attività fermentative con
produzione di aromi differenziati). Questa differenza
si manifesta all'esame sensoriale. I risultati di un
test del consumatore condotto su quasi 150 intervistati
ha messo in evidenza come il Taleggio industriale si
caratterizza per dolcezza e tenerezza, caratteristiche
piacevoli ma 'banali' ma è anche percepito come tendenzialmente
gommoso. Lo stracchino artigianale si contraddistingue
per l'aromaticità. E' poi giudicato un po' più gessato
e salato. La piacevolezza complessiva deriva dal criterio
soggettivo di valutazione di queste caratteristiche.
Di certo il palato in grado di apprezzare l'intensitàe
le sfumature di aroma propenderà per il prodotto tradizionale.
Il
quale oltretutto è il risultato di sistemi zootecnici
ad alta sostenibilità con impiego prevalente di foraggi
aziendali a volte ottenuti ancora falciando a mano o
con la motofalciatrice prati in forte pendenza. Nelle
aziende dello stracchino tradizionale le vacche non
sono 'spinte', vanno spesso in alpeggio
Lo
schema tecnologico dello stracchino tradizionale
artigianale della Valsassina
LATTE
INTERO CRUDO
i
TRASFERIMENTO
IN CALDAIA
i
AGGIUNTA
DI CAGLIO LIQUIDO (20-40 ml per 100 l di latte) (titolo 1:10.000)
i
COAGULAZIONE
(30-40 minuti)
i
ROTTURA
DELLA CAGLIATA ( 3-10 minuti dimensione di
nocciola)
i
SOSTA
IN CALDAIA (2-5
minuti)
i
ESTRAZIONE
CAGLIATA E DEPOSIZIONE IN SECCHI (con
telie)
i
SOSTA
DELLA CAGLIATA MISTA A SIERO (nei
secchi, avvolta da teli, 10--15 minuti)
i
ESTRAZIONE
DELLA CAGLIATA DAI SECCHI
i
ELIMINAZIONE
DEL SIERO
i
FORMATURA (stampi
quadrati, 20 x 20 x 15 cm)
i
RIVOLTATURA
DELLA FORMA (dopo 2-3 ore)
i
ELIMINAZIONE
DELLE TELE DALLA FORMA
i
STUFATURA (a
18 °C, per 24-48 ore)
i
SALATURA (dopo
2-3 giorni)
i
STAGIONATURA (a
6-10°C da 30 a 60 giorni)
|
I risultati di un test del consumatore
(110 questionari completi e validi).
Lo strachin quader artigianale risulta molto aromatico,
leggermente gessoso e salato, il Taleggio DOP industriale come molto
tenero, molto dolce, e un po' gommoso
da
Davide Frigeri. Lo Strachin quader della
Valsassina: caratterizzazione ed analisi
del contesto alpicolturale e zootecnico
Tesi di laurea aa. 2002/2003 Università
di MIlano rel. Prof. M. Corti
|
APPROFONDIMENTO
LA
STORIA: I frutti del latte: formaggio, burro e ... stracchini
Una
prova dell'importanza degli stracchini nella tradizione
casearia lombarda? L'astronomo francese
Jérôme Lalande oltre
ai meriti accumulati nella sua disciplina è famoso per
aver redatto nel XVIII secolo una guida turistica enciclopedica
dell'Italia (9 Vol.). L'opera fu dal medesimo intrapresa
a seguito del viaggio efefttuato nel 1765-66.
Lalande reputò che l'argomento dei formaggi meritava
un capitolo a sè. Titolato Des fromages d'Italie
tratta in realtà dei soli formaggi lombardi conosciuti
dal Lalande a Pavia, Lodi, Piacenza, Brescia e Bergamo.
Era talmente importante la produzione degli stracchini
che Lalande dopo aver ricordato che:
'Con
la denominazione di nome cacio [in it. nell'originale]
si indicano tutti i tipi di formaggio, ottenuti
da latte vaccino, bufalino o ovino, mediante coaugulazione,
spurgo e pressatura, quest'ultima solo in alcuni
casi. Il più utilizzato è quello vaccino; esso si distingue
in due categorie: formaggio [in it. nell'originale]
e stracchino [in it. nell'originale]' [...] Lo
[...]
stracchino [in it. nell'originale], è ottenuto
da latte non scremato e non subisce alcuna pressatura;
è grasso, delicato e più bianco del formaggio [...].
Dopo
quasi un secolo lo storico Cesare Cantù nella sua Grande
Illustrazione del Lombardo Veneto (. Corona e Caimi,
Milano, 1859, Vol. V, p. 655) riferisce che 'La Camera
di Commercio di Lodi dava nel 1857 il seguente riassunto
dei prodotti di formaggio, burro e ... stracchino'.
Ciò che ci interesse che era invalsa questa ripartizione
dei latticini con il mantenimento della distinzione
tra formaggi e stracchini. A fronte di 36.000 q.li di
formaggio la produzione di stracchioni era di
soli 4.500 q.li. Ma il lodigiano, specie i distretti
di Codogno e Casalpusterlengo era la patria del Lodigiano/Parmigiano.
Le produzioni non erano fornite per distretto ma la
statistica citata ci consente di capire in quale parte
della provincia lodigiana venivano prodotti gli stracchini.
Tra i gestori dei 178 'casoni' (casifici) nel distetto
di Lodi troviamo 86 'bergamini di ventura' e 48 lattaj
(gli altri dai fittavoli, i conduttori capitalisti delle
aziende zootrecniche). Nel distretto di Pandino
(più a Nord risalendo il corso del fiume Adda) su 25
casoni 20 erano condotti da bergamini di ventura, 2
da lattaj. I 'bergamini di ventura' (termine pittoresco
che richiama i 'capitani di ventura' erano mandriani
transumanti (detti anche malghesi, ovvero
proprietari di 'malga' = mandria lattifera) che
scendevano dalli valli orobiche (tutte le bergamasche
più la Valsassina). I bergamini si sistemavano presso
le cascine, compravano il fieno e utilizzavano stalle
e caseificio. La presenza dei bergamini/malghesi era
molto forte non solo nella valle dell'Adda (cremasco
e Martesdana milanese , ma anche in quella del
Ticino (Abbiategrasso, Magenta e una serie di comuni
minori del milanese, ma anche sulla sponda novarese nella Lomellina,
allora piemontese e nel pavese). Dalle valli orobiche,
però i bergamini orobici scendevano anche verso la bassa
bresciana dove si mescolvano con quelli della Valcamonica
(allora bergamasca), Val Trompia e alta Val Caffaro
(Bagolino). Quanto ai lattaj erano nella stragrande
maggioranza dei casi ex-bergamini che avevano scisso
l'attività di allevamento da quella di caseificio mantenendo
la cultura casearia bergamina e relazioni parentali
con i transumanti. In I lattaj erano imprenditori
che acquistavano il latte, vendevano i latticini e pagavano
un affitto al conduttore della cascina; spesso lavoravano
il latte di bergamini. A volte rientravano nel ciclo
della transumanza. Mentre i lattaj col tempo impararono
a fare il grana i bergamini fino alla seconda metà del
XX secolo non si sono staccati dalla lavorazione degli
stracchini. Prevaleva il 'quadro' ma, in funzione
del mercato, potevano anche produrre il 'tondo' (strachin
tunt, in milanese, strachitunt, in bergamasco).
Il 'tondo' era sempre del tipo a 'due paste' (la cagliata
appena ottenuta della mattina mescolata con la cagliata
della sera precedente
La
montagna scendeva al piano... per fare stracchini
La
discesa dei bergamini ha rappresentato un fenomeno imponente
sino alla prima guerra mondiale. Cesare
Cantù nel medesimo volume sopra citato riferisce che
nel 1839 erano usciti dalla bergamasca (che allora comprendeva
anche la Valcamonica) 55.000 bovini e 45.000 ovini.
Le statistiche citate da Cantù indicavano in 45.000
vacche il patrimonio della provincia bergamasca nel
1820. E' certo che o è sovrastimato il primo dato o
è sottostimato il secondo. Resta il fatto, però, che
la montagna si svuotava di bestiame bovino; in alcuni
casi si svuotavano anche i paesi perché costituiti tutti
da allevatori. Così i paesi ad altitudini più elevate dell'alta
Valbrembana. Cantù osserva che 'I mandriani svernando
quasi tutti fuori, fanno cacio nella provincia bergamasca
solo pei quattro mesi estivi e lo vendono generalmente
nel settembre alle fiere e ai mercati della provincia'.
Già Maironi Da Ponte nelle sue 'Osservazioni sul dipartimento
del Serio [nome napoleonico della Provincia di Bergamo]
del 1803 lamentava che la provincia di Bergamo ricca
di bestiame dovesse importare il formaggio. E la causa
era che per 8-9 mesi gli allevatori-caseari bergamaschi
erano altrove: nel Milanese, Novarese, Pavese, Lodigiano,
Cremasco, Bresciana.
Tradizionale
cassettera in legno (Foto Cristina Bianchi)
Le
zone più 'vocate'
Non
bisogna concludere che i bergamini sapessero fare solo
stracchini. In estate, in alpeggio, disponendo di grandi
quantità di latte (più bergamini si associavano per
affittare gli alpeggi e lavoravano il latte a turno)
facevano anche il Bitto (in alta Valbrembana) o
il Bagoss (a Bagolino). Altrove (Val Seriana) prevalevano
le formaggelle. Vi erano però delle zone dove,
anche in alpeggio, i bergamini continuavano a produrre
stracchini. Perché? Lo stracchino è un prodotto
apparentemente 'facile' perché non richiede attrezzature
per scremare il latte (locali freschi, bacinelle di
affioramento) , non richiede riscaldamento perché si
caglia il latte ancora tiepido di mungitura (32°C) (quindi
niente focolare, niente provvista di legna). Lo stracchino
si può fare durante la transumanza. Al mattino si lavorava
il latte e una volta collocata la pasta negli stampi
di legno (una cassetta di legno suddivisa in scomparti
quadrati da apposite assicelle) si partiva. La cassetera
(gli stampi) veniva sistemata sotto il carretto (nella
zimbarda, il 'sottopacchi' che aveva la funzione
dei 'portapacchi' delle automobili e dove i carrettieri
tenevano il fieno per il cavallo). Il siero colava
lungo le strade sterrate. Notare che la transumanza
durava a volte diversi giorni e che, specie in autunno,
ci si fermava anche qualche giorno qua e là a 'mangiare'
i prati impiegando anche 15 giorni (un vero e proprio
semi-nomadismo simile a quello che i pastori ovini praticano
quasi tutto l'anno). Questa facilità di confezionamento
degli stracchini consentiva di produrli anche negli
spostamenti da una cascina di monte all'altra (i bergamini
erano spesso proprietari al paese di più piccole stalle-fienili
che utilizzavano prima e dopo l'alpeggio). Si trattava
di piccoli fabbricati senza una casera. Lo stracchino
si poteva fare lo stesso, anche con poco latte, anche
senza fiamma. Aggiungiamo che in tempi lontani, quando
non esistevano i 'pacchetti igiene' il problema di tenere
al caldo gli stracchini quando in tarda primavera la
temperatura esterna era ancora bassina era risolto col...
calore animale. Oggi non ci può essere neppure un'apertura
che metta in comunicazione locali di lavorazione e stagionatura
e la stalla. In antico il formaggio poteva anche stare
per un po' nella stalla. Ma torniamo al punto.
In Val Taleggio e Valsassina i bergamini continuavano
a produrre 'quadri' (soprattutto) e 'tondi' anche in
alpeggio, perché? Se paragoniamo i prezzi attuali
di Bitto e Bagoss ma anche di altri formaggi con quelli
qttuali degli stracchini dovremmo concludere che erano
matti. Invece erano avveduti. Nell' '800 il prezzo al
kg degli stracchini era di 1,25 L., quello dei
formaggi grassi 1,6; le formaggelle potevano essere
pagate meno degli stracchini della Val Taleggio e Valsassina.
I motivi erano due. I formaggi dell'alta Valbrembana
venivano venduti a Branzi a fine alpeggio e poi stagionati
a Bergamo, quelli della Val di Scalve e Valcamonica
venduti a Bienno e Castione finivano a Rovato (Bs).
In Valsassina e Valtaleggio erano venduti sul
posto in quanto finivano nelle grotte di stagionatura
della Valsassina. Nella foto sotto vediamo due bergamini
della Valsassina (anni '50 del '900) che trasportano
a valle i 'quadri'. La forma quadrata facilitava molto
anche il trasporto che era affidato o a mulattieri (i
camionisti del passato) o era eseguito direttamente
dai bergamini che disponevano di cavalli (necessari
per la transumanza) e potevano gestire quindi anche
la consegna. I bergamini che frequentavano gli alpeggi
taleggini e valsassinesi producendo sempre stracchini
erano certo più specializzati e forse raggiungevano
anche una qualità superiore. Sta di fatto che zone di
'svernamento' tipiche dei bergamini valsassinesi sono
diventate anche zone 'tipiche' di produzione di stracchini
in pianura. Vedi la zona di Abbiategrasso e in genere
Ovest milanese che è diventata la culla del 'moderno'
quartirolo (uno dei 'discendenti' degli stracchini di
una volta). A Magenta e Melzo sorsero i primi depositi
di quelle che diventarono le grandi aziende casearie.
Gli stracchini prodotti dai bergamini taleggini e valsassinesi
venivano acquistati, raccolti e spediti nelle grotte
della Valsassina. Un grande via vai tra montagna e pianura,
vacche che salgono e scendono ma anche formaggi che
'transumano'.
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