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(13.03.10) Sulle colline bresciane arrivano le pecore a mantenere il paesaggio e la biodiversità

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(19.05.10) La via contadina e pastorale all'ecologismo non comporta spese, non alimenta pletorici sistemi di  'tavoli', 'gruppi di lavoro', 'commissioni', consulenze, studi e ricerche a go go e quindi non piace a chi intende l'ambientalismo come una rendita parassitaria

 

La pecora e l'orchidea

(la vera 'economia verde' sostenibile è quella dei pastori, dei contadini, dei tagliaboschi non degli ambientalisti)  

 

di Michele Corti

 

La crisi delle finanze pubbliche pone drammaticamente il problema dell'ambiente come 'voce di spesa'. Ma i sistemi contadini, pastorali e forestali che utilizzano risorse, energie, materie veramente rinnovabili, che producono manutenzione ambientale 'gratis' si devono confrontare con una serie di difficoltà. Danno fastidio sia ai sistemi industriali che all'ambientalismo consumistico ed 'estetico' inteso come riparazione simbolica di quello che l'industrialismo distrugge

 

Come annunciato lo scorso marzo (vedi il link qui a fianco) ha preso avvio il progetto pilota di riqualificazione di boschi degradati e di mantenimento di prati e pascoli nel Parco delle colline bresciane. Il Parco in questione è ben diverso dai parchi nazionali e regionali. La gestione rimane in capo agli enti locali (tecnicamente è un PLIS, parco locale di interesse sovracomunale); non arrivano direttori e comitati scientifici calati sul territorio e collegati alle lobby ambientaliste. La differenza di impostazione si vede. Il PLIS produce miglioramenti ambientali concreti, non chiacchere (forse anche perché è gestito da agronomi e non da architetti e naturalisti).

Nell'ambito del progetto sono previsti interventi per il mantenimento delle superfici a copertura erbacea. Buona parte degli 'interventi' sono affidato al pascolo  di ovicaprini. Questi ultimi hanno anche il compito di pascolare i ricacci delle ceppaie di Robinia e di agevolare (di conserva con interventi di risemina e piantumazioni) la trasformazione delle boscaglie in (bei) boschi e  prati. Il tutto con l'obiettivo di migliorare la biodiversità con particolare attenzione a specie e comunità di piante ed insetti di elevato significato naturalistico.

 

 Pascolo naturalistico? Nei parchi europei si fa da decenni

 

Che il pascolo sia incompatibile con una gestione attenta ai valori naturalistici è ciò che ritengono, in perfetta malafede, certi ambientalisti che teorizzano il 'ritorno alla natura', la non gestione di boschi e spazi naturali. Per loro nel bosco non si può nè tagliare il legname nè pascolare. E, dato che  le leggi assurde frutto del forestal-ambientalismo dei decenni passati definiscono 'bosco' un terreno coperto per il 20% da cespugli, è facile immaginare che fine faremmo se ascoltassimo i verdi.

Ma la maggiore biodiversità non si ha nei boschi ma nei prati e pascoli secchi e semi-secchi, ambienti dove da millanni lo sfalcio e il pascolamento hanno determinato la presenza di una grande varietà di specie erbacee (spesso originarie dalle steppe euroasiatiche) che sono diventate spontanee.

La sovrapposizione di influenze antropiche e di diversi influssi climatici fa si che certi ambienti di prati semiaridi delle Alpi meridionali presentino una straordinaria varietà di flora con la presenza di numerosi endemismi (piante esclusive di determinati ambiti geografici spesso ristretti).

Nei paesi dell'Europa centro-settentrionale la cultura autenticamente ambientalista è di lunga data, radicata nel profondo sentire popolare e non è condizionata dai pregiudizi della cultura 'alta' italiana caratterizzata dal distacco per le dimensioni concrete del vivere e dalla predilezione per gli aspetti aulici e letterari nonché dal profondo  disprezzo per la ruralità. Lì pertanto non esiste la frattura incolmabile che c'è in Italia tra un mitico 'naturale' e un prosaico 'rurale' e la caccia e il pastoralismo convivono con meno problemi con le gestioni delle aree protette. Anzi il pascolo 'naturalistico' è attuato come forma normale di gestione di biotopi ricchi di diversità. Con criteri ovviamente diversi dal pascolo finalizzato alla produzione zootecnica e basta.

Il pascolo naturalistico si attua con carichi elevati di animali per periodi molto limitati o mediante sistemi estensivi (animali 'bradi' su ampie superfici). In Italia sono pochi gli esempi di uso del pascolo 'mirato' a finalità naturalistica. Uno dei pochi esempi è quello del Parco regionale del Monte Barro (LC) (non tutti i Parchi sono ottusi!) dove gli asini sono stati 'arruolati' per salvare gli endemismi presenti. Il M.te Barro non è stato coperto dalla calotta glaciale durante le ultime glaciazioni e lì hanno trovato rifugio diverse specie che sulle Alpi sono quasi ovunque scomparse. Ma dopo 10.000 anni questa flora rischiava di sparire per via dell'abbandono delle pratiche agropastorali. Arbusti e piante erbacee di alta taglia (ombrellifere come Laserpitium, graminacee come Brachipodium, Molinia). Una testimonianza preziosa, un patrimonio di biodiversità salvato da quegli asini stupidi e umili che l'ambientalismo arrogante destina volentieri a pasto per orsi (vedi le vicende venete di queste settimane). Ma al di là di aree specifiche come il M.te Barro sono parecchi gli ambiti dove la biodiversità sta declinando a seguito dell'abbandono del pascolo e dello sfalcio.

 

Per fortuna ci sono i greggi transumanti

 

E' una vera fortuna che i pastori transumanti, eredi di una tradizione che ha quasi un millennio, tengano duro e nonostante le difficoltà (divieti di pascolo imposti dalla maggior parte dei Parchi e da altri enti, traffico, burocrazia) proseguano ogni anno a fare la spola tra la pianura del Po e le Alpi. Un tempo le tappe del percorso erano più numerose ora, sempre più spesso, si parte in camion dalla pianura e si arriva direttamente sugli alpeggi. Ma in diversi casi i pastori si fermano per una tappa intermedia nella zona prealpina e possono svolgere un'opera preziosa anche in ambiti sub-urbani. E' quello che sta accadendo sulle colline di Brescia.

 Pecore al pascolo a Collebeato negli immediati dintorni di Brescia (foto M.Corti)

 

I pastori chiedono solo aree di pascolo e sono ben disponibili a pascolare anche superfici al margine del bosco o il sottobosco stesso purché non vi siano 'grane' con il Corpo Forestale, Guardie ecologiche ecc. Nel progetto del Parco delle colline il pascolo in aree classificate boscate (con la precisazione che per la burocrazia è 'bosco' anche un prato con quattro cespugli) è stato reso sempre legale anche per le capre richiedendo le debite autorizzazioni motivate dalla trasformazione temporanea o permanente del bosco (o pseudo tale) in superfici prative.

 

Il furgone dei pastori presso una cava dismessa dove le pecore trascorrono la notte. Sullo sfondo l'area urbana bresciana (foto M.Corti)

 

'Non sarete matti a far pascolare le pecore?'

 

I prati asciutti oggetto del programma si rivelano ricchi di specie di interesse naturalsitico. Spesso l'attenzione degli appassionati si concentra sulle orchidee anche se spesso queste appartengono a specie molto comuni e per i botanici non sono certo tra le specie più interessanti e rare. La grande bellezza delle orchidee spinge però molti cultori dilettanti o meno ad andare a 'caccia' di orchidee scovando specie rare o i non infrequenti ibridi tra le specie già descritte.

 

 

 

  Una delle tante orchidee spontanee dei prati asciutti delle colline di Brescia (foto M.Corti)

 

La scorsa settimana mentre ero impegnato con colleghi agronomi e forestali collaboratori del PLIS a svolgere dei rilievi finalizzati al monitoraggio dell'impatto del pascolamento sulla vegetazione (ai fini della valutazione dell'effetto sulla biodiversità) ci siamo imbattuti in un appassionato 'cacciatore' di orchidee che, saputo che di lì a pochi giorni sarebbero passate le pecore, ha innescato un battibecco durato un'oretta. Gli argomenti del nostro contraddittore erano del tipo 'sono piante protette le pecore non devono mangiarle', 'il Parco è stato istituito per proteggere la flora rara e voi la distruggete'. Argomenti molto poco tecnici che non tenevano conto che di lì a pochi giorni molte orchidee sarebbero già sfiorite prima del passaggio delle pecore e che il danno da pascolamento è dato dal ripetuto calpestamento che può danneggiare il bulbo non dal mangiare il fiore. Inutile poi cercare di spiegare che la maggior parte delle specie presenti sono tipiche dell'orlo boschivo o del prato aperto e che senza il pascolo il bosco avrebbe 'cancellato' l'habitat delle orchidee o almeno di buona parte di esse. Inutile spiegare che tutto il progetto prevede un accurato monitoraggio da parte dell'Università e che si era già instaurata una collaborazione anche con il GIROS (vedi immagine sotto) al fine di coinvolgere anche gli appassionati e gli studiosi di orchidee nel progetto .

 

 

Tutta la faccenda mi ha portato a due considerazioni:

1) il 'talebano' delle orchidee accusa le pecore-unni di distruggere la flora preziosa ma non gli sfiorava il cervello che la pecora produce carne senza uso di pesticidi, senza la soia OGM coltivata disboscando le foreste e le savane sudamericane, che il poco gasolio che si utilizza è quello del furgone fuoristrada e dei trasporti (in larga misura effettuati ancora sulle zampe), che - last but not least - la pecora è libera all'aperto 365 giorni dell'anno o quasi;

2) i 'conservazionisti' arroganti che impongono i loro programmi sulla reintroduzione dell'orso e del lupo o il ritorno alla 'foresta vergine' coinvolgono i pastoralisti, i contadini, i ruralisti, nei loro progetti? Giammai! Loro sanno tutto, il pastore 'ha perso la cultura della convivenza con i selvatici'. Loro si occupano di cose 'nobili' ed 'elevate' non si abbassano a collaborare con chi si occupa di argomenti plebei come le pecore.

L'approccio di questa gente (a Milan i ghe dìis baüscia) è quello saccente delle campagne di (dis)informazione. Fatte per 'convincere' il popolo bue che i suoi sono solo 'pregiudizi dettati dall'ignoranza' e di suadente persuasione (brain washing?) con i bimbi delle elementari invitati a disegnare l'orso con il fumetto che dice 'sono vegetariano non avere paura'.  Campagne che vengono attuate perché previsto dalle normative.  Mica perché lo farebbero spontaneamente. La scienza si abbassa alla plebe con disdegno.

Invece noi si va a coinvolgere le associazioni a far partecipe la comunità di un progetto senza che nessuno obblighi a farlo. Forse i fessi siamo noi. Tanto fessi che per sviluppare relazioni positive anche con i 'talebani' che inveiscono contro la pecora che osa mangiare l'orchidea si va a recintare il 'giardinetto delle orchidee' (foto sotto).

 

 

 Le orchidee 'protette' dal recinto per evitare il 'brucamento' da parte delle pecore (foto M.Corti)

 

Ma dentro il recinto nel frattempo (è passata una settimana) le orchidee sono sfiorite (le uniche tra quelle che tappezzavano quell'angoletto tra bosco e prato sono quelle ritratte nella foto sotto dove si distinguono con chiarezza le foglie dell'Artemisia suffruticosa che 'abbraccia' le orchidee e sta invadendo i prati non più pascolati e sfalciati soffocando tutto e aprendo la strada all'insediamento di arbusti più grandi.  (Le piante suffrutici sono piante perenni che possiedono solo la parte basale legnosa, in quanto, i rigetti annuali restano erbacei e disseccano per ampio tratto o interamente al sopravvenire della stagione favorevole).

 

Le orchidee 'protette' dal recinto per evitare il 'brucamento' da parte delle pecore (foto M.Corti)

 

Per fortuna i motivi di consolazione non mancano. E' un piacere girare sui terreni 'puliti' dalle pecore dove, sino ad una certa altezza la vegetazione è stata in parte rimossa e dove un eventuale incendio farebbe molto meno danni limitandosi a percorrere il terreno a livello del suolo senza possibilità di 'ghermire' le chiome degli arbusti più alti e degli alberelli. Le osservazioni 'scientifiche' arriveranno con calma. Intanto è incontestabile che laddove l'arbusteto e lo strato erbaceo sono diradati si possono avvistare i funghi. Un piccolo 'servizio' che si aggiunge a quelli sulla transitabilità di stradine e sentieri, sulla migliore disponibilità trofica (di cibo) per lepri e uccelli ecc. ecc.

 

Dopo la pulizia delle pecore che hanno brucato l'erba e il Prunus spinoso sono ben visibili delle belle Mazze di tamburo (ottime impanate!) ma le ho lasciate lì, la cappella si deve ancora aprire del tutto (foto M.Corti)

 

 

 

 

 

 

 

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