Home

Mi presento

Attualità

Alpeggi

Ruralismo

Osterie

Foto

Lin k

 

Ruralpini  

  sono una soluzione?

Inforegioni/Sagre? Sì, se autentiche

  

 

    

 

Condividi l'articolo su Facebook

 

Gruppo Facebook

Sagre: valorizziamo quelle autentiche

 

Attualità

Eventi

Commenti

Forum

Index inforegioni

Archivio inforegioni


 

 

Articoli correlati

 

(24.08.10) Fine estate. Ovunque si preparano tavolate e pseudo sagre selvagge Il fenomeno, stigmatizzato nei giorni scorsi anche sulle prime pagine dei quotidiani e sui TG nazionali. Si rischia di 'sputtanare' le sagre autentiche. Che sono una risorsa di cultura e identità e un'occasione preziosa di promozione del cibo e della gastronomia territoriali. Urge una regolamentazione da parte delle regioni e maggiore selettività nelle sponsorizzazioni pubbliche.   leggi tutto

 

(23.07.09) Sagra o fast food alla salamella congelata?   Le sagre si sono moltiplicate. E' una buona cosa favorire la socializzazione, fare uscire la gente di casa, riscoprire la ritualità del mangiare insieme, consentire l'autofinanziamento delle associazioni di volontariato. Troppo spesso, però, la sagra diventa un fast food, dove con pochi euro si mangia e si beve (senza socializzare).  Si consumano cibi e bevande industriali, magari congelati, e si promuove la cultura nefasta per la salute e l'ambiente del consumo quantitativo di carne (tanta e cattiva). Senza contare le montagne di plastica e avanzi. La sagra autentica, invece, deve promuovere la cultura del cibo locale genuino e della ruralità anche in collaborazione con la ristorazione legata al territorio. Non facendogli concorrenza sleale. I ristoratori di Brescia e Bergamo a proposito ....  leggi tutto  

 

 

Materiali

 

M. Corti, Riti del fieno e del latte. Alpi inizio XXI secolo ù

(saggio sul significato socioantropologico del revival delle sagre in contesto alpino)

 

 

 

 

(26.09.10) Il Manifesto della sagra autentica, presentato a Montecatini il 24 settembre, contiene alcuni principi che consentono di mettere in modo un processo di riconoscimento e valorizzazione di queste importanti espressioni di cultura locale

 

 

Sagre autentiche: presentato il Manifesto

 

Lo scorso anno si era costituito un gruppo di lavoro sulle sagre coordinato da Davide Paolini.  Il gruppo, attraverso un dibattito serrato, è riuscito a trovare un accordo stilando un documento in 7 punti che traccia una linea di discrimine tra la sagra autentica e le tante 'tarocche'. (Il testo completo si trova in fondo a questo articolo)

 

di Michele Corti

 

 

Inizio autunno,  tempo di sagre

 

Le sagre e le 'feste' che si richiamano al cibo e a valori di convivialità continuano a proliferare. Ce ne rendiamo maggiormente conto proprio in questo periodo dell'anno, nel passaggio tra l'estate e l'autunno che vede il 'picco' di questi eventi.  Il perché le sagre si concentrino tra settembre e ottobre è facilmente intuibile: c'è la voglia di restare ancora all'aperto, al sole, di stare insieme in allegria, di  prolungare la stagione turistica. Esorcizzando l'inverno incipiente. Oggi, come secoli e millenni fa, il ciclo delle stagioni influenza ancora le attività umane, le relazioni sociali, l'economia. L'agroalimentare, nonostante le 'colture protette' e l'importazione di prodotti dall'altro emisfero è ancora largamente condizionata dalla stagionalità e così il turismo.

Le sagre riflettono  tutt'oggi la dimensione ciclica del tempo, assolutamente prevalente nella vita delle società pre-industriali ma oggi quasi del tutto  oscurata dalla dimensione lineare del tempo stesso, nella tensione parossistica al progresso tecnologico e nell'esasperata ansia di futuro che distrugge il presente.  Le sagre ci richiamano  al valore della stagionalità  attraverso il nesso tra determinati tempi (e luoghi) e determinati cibi, aiutandoci a trovare punti di contatto con l'esperienza di lunga durata delle innumerevoli generazioni che ci hanno preceduto ( e che hanno conferito al 'territorio' l'impronta che ancor oggi possiede ma che rischia di svanire nei processi di deteritorializzazione che moltiplicano i 'non luoghi'). Le sagre sono nna medicina salutare. Sono pedagogiche (senza annoiare, ma divertendo). Quelle vere, beninteso.

 

Le sagre nascono da esigenze rituali legate al ciclo agrario e alla necessità di rafforzare il legame comunitario

 

E' difficile rendersi conto di quanto la scansione delle stagioni rappresentasse un aspetto decisivo per la vita delle generazioni passate. Le feste e i riti agrari - da cui sono derivate le sagre - sono nati con le prime culture agricole;  esprimevano il ciclo della morte e della rinascita della vegetazione, delle semine e dei raccolti. Ma dai raccolti, dall'accumulazione di scorte alimentari per l'inverno derivava la possibilità di sopravvivenza stessa. Prima della fine dell'annata agraria gli ultimi raccolti erano  occasione di importanti celebrazioni di cui le 'feste del ringraziamento' della Coldiretti  rappresentano una pallida eco.  Le feste avevano però oltre ai significati di propiziazione e esorcismo di carestie, malattie, fame anche quello di rafforzamento dei legami comunitari, tanto più necessari di fronte alle avversità e alle minacce alla precaria esistenza delle comunità.  Momenti cruciali quindi.

 

La sagra ridotta a folklore nell'era industriale

 

Per qualcuno la sagra oggi è una mera espressione folklorica, di strapaese o, al più, di generici valori di convivialità e 'localismo'. Chi la pensa in questo modo non si preoccupa più di tanto del fatto che l'inflazione delle sagre tarocche rischia di creare una pericolosa confusione tra eventi di ben diverso significato e valore. Non ritiene neppure necessario e urgente porre una netta discriminazione tra sagre autentiche, sagre palesemente tarocche e sagre comnque povere di valori autentici. Noi, invece, la pensiamo diversamente.

Il punto di vista che considera la sagra un'espressione 'paesana' non tiene conto della traiettoria storica. Se è vero che la fine della società rurale e l'avvento della società industriale hanno determinato la  folklorizzazione della sagra, la sua trasformazione in un rito svuotato di significati e quindi degradato a fatto di generica socialità o peggio 'ricreativo', è anche vero da 10-20 anni in qua siamo usciti dalla società industriale.

I processi di modernizzazione e globalizzazione portati all'estremo inducono - come ormai ampiamente riconosciuto - delle tendenze che recuperano la dimensione territoriale, le identità storiche. Nella dialettica tra locale e globale, micro e macro si riaprono spazi vitali per circuiti economici fortemente radicati nel territorio, vitali perché fanno tesoro delle peculiari risorse ambientali e del capitale sociale. Perché competono su altri piani che non siano la 'produttività industriale', le 'economie di scala' ecc.

 

La sagra oggi recupera contenuti importanti

 

La sagra, espressione di valori specifici, distintivi - legati al cibo ma anche alla cultura - non è (o non è più) folklore, non è (o non è più) una celebrazione fine a sè stessa. Nel nuovo contesto 'post-moderno' è una celebrazione che rappresenta anche uno stimolo, una sfida, una palestra per alleanze, per nuove iniziative (es. strade dei sapori, ecomusei sul tema delle produzioni agroalimentari). Riprende molti dei contenuti del passato trasposti nella realtà del terzo millennio.

La ricerca di coesione della comunità contadina, rafforzata dall'esaltazione del senso di appartenenza e di identificazione simbolica, si riattualizza  oggi  nell'altrettanto necessaria ricerca di coesione all'interno delle, e tra, diverse categorie economiche, nonché tra queste e le altre componenti della comunità (associazioni culturali, scuola).

La costruzione di filiere locali - non solo agroalimentari ma anche turistico-culturali -  presuppone la fiducia reciproca tra i vari portatori di interessi economici e non. L'eterogeneità di soggetti, però, può aiutare il raggiungimento di forme di collaborazione, stimolando nuove idee, nuove alleanze. E' il recupero di relazioni orizzontali che riconnettono quei segmenti di comunità che l'era industriale aveva slegato tra loro creando per ciascuno un referente esterno: la burocrazia, le  organizzazioni nazionali, l'industria.

Il passaggio dalla vendita di commodities agricole a prezzo di mercato internazionale alla trasformazione artigianale e alla commercializzazione diretta di prodotti 'individualizzati' è diventato condizione di sopravvivenza per molti sistemi agricoli. Esso implica il ritorno ad una dimensione di relazioni personali, di collaborazioni, di sinergie. E' un ritorno al passato necessario per affrontare il futuro. E' la realtà post-industriale.

I prodotti ben caratterizzati in termini di origine poi sono ambasciatori del territorio ma a sua volta l'appeal del territorio si riverbera sui prodotti.  E' un gioco a somma positiva dove, se si superano le ataviche diffidenze e gelosie, la collaborazione può dare frutti concreti distribuiti tra i vari attori. Dinamica economica e dinamica di comunità d'altra parte si rafforzano reciprocamente: il senso di appartenenza e di identità rinnovato favorisce la fiducia e la disposizione a collaborare ad obiettivi comuni. Costruendo capitale sociale. Ecco perché la sagra è inscindibilmente un fatto e un valore economico, sociale e culturale. Un valore che va interpretato anche nella dialettica tra la comunità e la realtà esterna, le comunità vicine, il turista-consumatore. Un valore legato alla funzione di 'vetrina', di (auto)rappresentazione verso l'esterno, della comunità, dei suoi operatori economici, delle sue realtà aggregative.

Certo che in questa visione la sagra è un volano, deve stimolare altre iniziative, valorizzare prodotti e territorio molto al di là del periodo della sagra (che il Manifesto della sagra autentica stabilsce non possa superare la settimana).

 

Lo stato dell'arte: passi avanti enormi in solo un anno

 

Per i soggetti che tradizionalmente hanno gestito le sagre, attraversando il deserto della fase industriale, non è facile cogliere tutte queste nuove valenze. La dimensione 'paesana' di autofinanziamento delle pro loco e delle altre associazioni locali ha avuto in anni passati un peso prevalente. Ma oggi il contesto è radicalmente cambiato. Incalzano le pseudo sagre speculative, dove il cibo e la convivialità è un pretesto per scroccare finanziamenti pubblici e sfuggire alle normative previdenziali, igienico-sanitarie, assicurative, fiscali.

Lo stesso 'format', lo stesso prodotto-pretesto (se industriale o 'tipico' non importa) sono utilizzati per 'vendere' a sprovveduti amministratori pubblici la stessa pseudo sagra preconfezionata in diverse regioni. E' necessario quindi fare un salto di qualità.

Ecco perché le pro loco hanno accettato di confrontarsi con le altre categorie: i produttori agroalimentari e la ristorazione artigianale di qualità. Le sagre con la loro esperienza possono favorire lo sviluppo di occasioni dove gli attori del cibo sono coprotagonisti insieme alle associazioni. Un fatto di crescita anche per le pro loco e le associazioni di volontariato che recuperano un ruolo attivo di promozione del territorio operando in stretta cooperazione con importanti categorie economiche locali. Il Manifesto delle sagre autentiche recepisce questa lunga marcia di avvicinamento tra pro loco e associazioni da una parte e mondo della ristorazione e dlela produzione agroalimentare dall'altro. Solo un anno fa a Montecatini, sempre in occasione del Festival dei territori, nella tavola rotonda sulle sagre le posizioni erano lontanissime. Allora il rappresenmtante dell'Unipli (pro loco) sosteneva che le sagre rispondevano all'esigenza sociale di offrire ristorazione a basso costo alle famiglie colpite dalla crisi.

 

Ora va avviato un processo di riconoscimento delle sagre autentiche

 

Una posizione che non avrebbe portato da nessuna parte. Forse le pro loco si sono accorte che, se non si fosse raggiunto un accordo con la ristorazione e se non si fosse abbracciata una nuova filosofia di 'sagra di qualità', il futuro delle sagre avrebe potuto essere segnato o da una concorrenza spregiudicata di eventi speculativi o da una crisi di credibilità generalizzata. Gli accordi presi e la convergenza su un Manifesto che esprime principi 'alti' e proietta le sagre in una visione strategica di risorsa importante per le micro economie agro-alimentari e il micro-turismo (ma tante, tantissime micro-economie agroalimenatri e tanti micro-turismi aggregati non possono rivaleggiare con le 'grosse' economie?).

Il Manifesto non è che un punto di partenza. Ora si tratta di avviare un processo di riconoscimento normativo delle sagre autentiche finalizzato a distinguerle da tutti gli eventi spuri, speculativi, estemporanei, favorendo la loro promozione (sul piano locale, regionale, nazionale) e riservando ad esse i contributi pubblici troppo spesso sperperati per manifestazioni che non rispondono ad alcuna finalità pubblica.

 


  MANIFESTO DELLA SAGRA AUTENTICA


1. La sagra è parte integrante dell’identità storica di una comunità e di un paese: è da intendersi come connubio perfetto tra l’autenticità gastronomica e le tradizioni del territorio da cui questa proviene. È espressione della cultura materiale del territorio e ha come obiettivo la salvaguardia, la diffusione e la promozione del patrimonio territoriale:
   in essa si intrecciano gastronomia, cultura, tradizione ed economia.  

Perché una sagra si possa definire “tradizionale” deve possedere almeno un passato di legame tra il prodotto e il suo territorio, documentato da tradizione orale e scritta.

Tutte le iniziative culturali previste dalla sagra, infatti, devono riflettere l’obiettivo primario della sagra virtuosa, ovvero esprimere cultura e tradizione.

2. Il cibo, il consumo collettivo e rituale di determinati prodotti carichi di valori simbolici è il motore propulsore della sagra.
 

Il tipo di alimento, il modo di prepararlo e di consumarlo rimandano ad un passato di vita comunitaria e a una cultura alimentare percepita come segno di identità. Per questo la sagra deve somministrare piatti e ricette che abbiano come ingrediente principale il prodotto di cui si fa promotrice.
 

3. La sagra non ha finalità speculativa. Non è uno strumento di business e profitto, ma un veicolo di valorizzazione del territorio e della comunità. In questo modo la sagra diventa un’occasione per la comunità locale (operatori commerciali e non) per riflettere sulle proprie origini e sulle proprie risorse. La sagra deve garantire al meglio la tracciabilità, la divulgazione, la conoscenza dei propri prodotti e la trasparenza fiscale.
 

La sagra va intesa come un’opportunità per il territorio: favorisce il miglioramento dell’immagine della comunità, l’orgoglio di una comunità di riuscire a sostenere un evento, di sviluppare nuove conoscenze e capacità, di stimolare lo spirito di partecipazione, aggregazione, amicizia e appartenenza.
 
E’ uno strumento con cui far conoscere giacimenti dimenticati, ma anche borghi, musei periferici, centri storici, chiese e abbazie.
La sagra può costituire anche uno strumento di ricchezza economica nella misura in cui è in grado di realizzare servizi a favore della comunità locale.
4. La sagra promuove forme di socializzazione e sviluppo collegate alla cultura del cibo locale. Essa risponde al desiderio delle comunità di avere spazi di convivialità e socializzazione. Coinvolge tutto il territorio e le numerose realtà produttive e commerciali locali, nonché i vari operatori del settore enogastronomico, quali produttori, artigiani, cucinieri, ristoratori e baristi. Il benessere e la soddisfazione di tutte le fasce della popolazione, sono essenziali per una sostenibilità nel tempo della manifestazione.

La valorizzazione di un prodotto risulta efficace e con ampie ricadute economiche – durature - a vantaggio degli operatori locali, quando viene considerata in una dimensione collettiva, partecipata e condivisa sul territorio e non quando viene concepita tramite azioni estemporanee e promosse dai singoli soggetti anche se legati alla filiera e alle istituzioni.

La dialettica tra i contesti favorirà naturalmente un intrecciarsi di creatività e tradizione, contribuendo a trasmettere che il folklore non è fossilizzato, ma in continua evoluzione e rielaborazione.
 

Si auspica quindi il coinvolgimento della comunità nelle attività organizzative, invitando gli abitanti a prendere parte a comitati; incentivando aziende locali e amministrazioni al supporto finanziario e tecnico.

5. La sagra deve svolgersi in un periodo limitato di tempo, deve essere legata a cicli di produzione e consumo e non può avere durata superiore ai sette giorni. Deve avere luogo nel territorio di origine del suo prodotto, ricetta o trasformazione tipica, in locali e ambienti idonei per la somministrazione che siano ben inseriti nel contesto paesaggistico, anche valorizzando strutture e ambienti tradizionali.

Può svolgersi in contesto urbanizzato o in ambito rurale. Può anche prevedere eventi centralizzati ed eventi dislocati presso luoghi di produzione, osterie, ristoranti, enoteche e trattorie, creando una sinergia tra tutti gli attori pubblici e privati coinvolti nella sagra.

6. La sagra è organizzata e gestita da associazioni senza scopo di lucro, che in concorso con altri soggetti portatori di interesse a livello territoriale, operano con continuità allo sviluppo e alla promozione della stessa attraverso un comitato.

Gli organizzatori della sagra, perché questa possa definirsi tale, devono monitorare che i compiti relativi alla sicurezza degli ambienti e alle norme igienico sanitarie siano svolti con professionalità e responsabilità, assicurando competenza e preparazione del personale volontario.
 

Devono quindi affidarsi a volontari competenti, che si assumano la responsabilità dei compiti affidati. Gli organizzatori devono inoltre impegnarsi a tutelare i volontari coinvolti a livello assicurativo.

Il personale ha come obiettivo divulgare informazioni e approfondimenti, ma anche educare i visitatori e sensibilizzarli. Deve possedere competenza, ed essere in grado di dare informazioni corrette sul prodotto, raccontare aneddoti sulla sua storia ed esprime il legame sensoriale con la sua terra.
 

Gli eventuali utili debbono essere reinvestiti in attività a favore della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale immateriale.
 

7. La sagra deve rispettare il proprio territorio, facendo attenzione all’impatto ambientale e curando in particolare strutture, uso di detersivi biologici e smaltimento rifiuti.
 

Piatti, bicchieri e posate utilizzate in strutture pubbliche devono essere in materiale riutilizzabile, biodegradabile e di riciclo, o di uso comune e tradizionale sul territorio. Deve essere realizzata la raccolta differenziata. Lo smaltimento di liquidi e gas nocivi deve avvenire secondo le norme di legge. La sagra virtuosa, deve quindi dimostrare di intraprendere un percorso educativo anche in campo ambientale ed ecologico.

 

Montecatini (PT), 24 settembre 2010

 

Davide Paolini (coordinatore)

Edi Sommariva (direttore generale della Fipe)

Claudio Nardocci (presidente Unipli/Pro Loco)

Alberto Lupini (direttore "Italia a Tavola")

Esmeralda Giampaoli (presidente di Fiepet Confesercenti)

Zelinda Ceccarelli (Uff. Promozione Agricola prov. di Arezzo)

Alessio Cavicchi (Università di Macerata)

Michele Corti (Università di Milano,  "Ruralpini")

Loris Cattabriga (Presidente Associazione "Sagre e Dintorni")   

 

 

 

 

 

              

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

Contatore sito


View My Stats
commenti, informazioni? segnalazioni scrivi

Registra il tuo sito nei motori di ricerca

 Creazione/Webmaster Michele Corti