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(24.08.10)
Fine estate. Ovunque si
preparano tavolate e pseudo sagre
selvagge
Il fenomeno, stigmatizzato nei giorni
scorsi anche sulle prime pagine dei
quotidiani e sui TG nazionali. Si
rischia di 'sputtanare' le sagre
autentiche. Che sono una risorsa di
cultura e identità e un'occasione
preziosa di promozione del cibo e
della gastronomia territoriali. Urge
una regolamentazione da parte delle
regioni e maggiore selettività nelle
sponsorizzazioni
pubbliche.
leggi
tutto
(23.07.09) Sagra o fast food alla
salamella
congelata?
Le
sagre si sono moltiplicate. E' una
buona cosa favorire la
socializzazione, fare uscire la gente
di casa, riscoprire la ritualità del
mangiare insieme, consentire
l'autofinanziamento delle associazioni
di volontariato. Troppo spesso, però,
la sagra diventa un fast food, dove
con pochi euro si mangia e si beve
(senza socializzare). Si
consumano cibi e bevande
industriali, magari congelati, e si
promuove la cultura nefasta per la
salute e l'ambiente del consumo
quantitativo di carne (tanta e
cattiva). Senza contare le montagne di
plastica e avanzi. La sagra
autentica, invece, deve promuovere la
cultura del cibo locale genuino e
della ruralità anche in collaborazione
con la ristorazione legata al
territorio. Non facendogli concorrenza
sleale. I ristoratori di Brescia
e Bergamo a proposito
....
leggi
tutto
Materiali
M. Corti, Riti del fieno e del latte.
Alpi inizio XXI
secolo
ù
(saggio sul significato
socioantropologico del revival delle
sagre in contesto
alpino)
|
(26.09.10)
Il Manifesto della sagra autentica,
presentato a Montecatini il 24
settembre, contiene alcuni principi
che consentono di mettere in modo un
processo di riconoscimento e
valorizzazione di queste importanti
espressioni di cultura
locale
Sagre autentiche: presentato il
Manifesto
Lo scorso anno si era costituito un
gruppo di lavoro sulle sagre
coordinato da Davide Paolini. Il
gruppo, attraverso un dibattito
serrato, è riuscito a trovare un
accordo stilando un documento
in 7 punti che traccia una
linea di discrimine tra la sagra
autentica e le tante 'tarocche'. (Il
testo completo si trova in fondo a
questo articolo)
di Michele Corti
Inizio autunno, tempo di
sagre
Le sagre e le 'feste' che si
richiamano al cibo e a valori di
convivialità continuano a proliferare.
Ce ne rendiamo maggiormente
conto proprio in questo periodo
dell'anno, nel passaggio tra l'estate
e l'autunno che vede il
'picco' di questi eventi.
Il perché le sagre si
concentrino tra settembre e ottobre è
facilmente intuibile: c'è
la voglia di restare ancora
all'aperto, al sole, di stare insieme
in allegria, di prolungare la
stagione turistica. Esorcizzando
l'inverno incipiente. Oggi, come
secoli e millenni fa, il ciclo delle
stagioni influenza ancora le attività
umane, le relazioni sociali,
l'economia. L'agroalimentare,
nonostante le 'colture protette' e
l'importazione di prodotti dall'altro
emisfero è ancora largamente
condizionata dalla stagionalità e così
il turismo.
Le sagre riflettono tutt'oggi la
dimensione ciclica del tempo,
assolutamente prevalente nella vita
delle società pre-industriali
ma oggi quasi del tutto
oscurata dalla dimensione
lineare del tempo stesso,
nella tensione parossistica
al progresso tecnologico e
nell'esasperata ansia di futuro che
distrugge il presente. Le sagre
ci richiamano al valore della
stagionalità attraverso il
nesso tra determinati tempi (e luoghi)
e determinati cibi, aiutandoci a
trovare punti di contatto con
l'esperienza di lunga durata delle
innumerevoli generazioni che ci hanno
preceduto ( e che hanno conferito al
'territorio' l'impronta che ancor oggi
possiede ma che rischia di
svanire nei processi di
deteritorializzazione che moltiplicano
i 'non luoghi'). Le sagre sono nna
medicina salutare. Sono pedagogiche
(senza annoiare, ma divertendo).
Quelle vere, beninteso.
Le sagre nascono da esigenze
rituali legate al ciclo agrario e alla
necessità di rafforzare il legame
comunitario
E' difficile rendersi conto di
quanto la scansione delle
stagioni rappresentasse un
aspetto decisivo per la vita delle
generazioni passate. Le feste e i riti
agrari - da cui sono derivate le sagre
- sono nati con le prime culture
agricole; esprimevano il ciclo
della morte e della rinascita della
vegetazione, delle semine e dei
raccolti. Ma dai raccolti,
dall'accumulazione di scorte
alimentari per l'inverno derivava la
possibilità di sopravvivenza stessa.
Prima della fine dell'annata agraria
gli ultimi raccolti erano
occasione di importanti
celebrazioni di cui le 'feste del
ringraziamento' della Coldiretti
rappresentano una
pallida eco. Le feste
avevano però oltre ai significati di
propiziazione e esorcismo di carestie,
malattie, fame anche quello di
rafforzamento dei legami comunitari,
tanto più necessari di fronte alle
avversità e alle minacce alla precaria
esistenza delle comunità.
Momenti cruciali
quindi.
La sagra ridotta a folklore
nell'era industriale
Per qualcuno la sagra oggi è una mera
espressione folklorica, di
strapaese o, al più, di generici
valori di convivialità e
'localismo'. Chi la pensa in
questo modo non si preoccupa più
di tanto del fatto
che l'inflazione delle sagre
tarocche rischia di creare una
pericolosa confusione tra eventi di
ben diverso significato e valore.
Non ritiene
neppure necessario e
urgente porre una netta
discriminazione tra sagre autentiche,
sagre palesemente tarocche e sagre
comnque povere di valori autentici.
Noi, invece, la pensiamo
diversamente.
Il punto di vista che considera
la sagra un'espressione 'paesana' non
tiene conto della traiettoria storica.
Se è vero che la fine della società
rurale e l'avvento della società
industriale hanno determinato la
folklorizzazione della sagra, la
sua trasformazione in un rito svuotato
di significati e quindi degradato a
fatto di generica socialità o peggio
'ricreativo', è anche vero da 10-20
anni in qua siamo usciti dalla società
industriale.
I processi di modernizzazione e
globalizzazione portati all'estremo
inducono - come ormai ampiamente
riconosciuto - delle tendenze che
recuperano la dimensione territoriale,
le identità storiche. Nella dialettica
tra locale e globale, micro e macro si
riaprono spazi vitali per circuiti
economici fortemente radicati nel
territorio, vitali perché fanno
tesoro delle peculiari risorse
ambientali e del capitale sociale.
Perché competono su altri piani che
non siano la 'produttività
industriale', le 'economie di scala'
ecc.
La sagra oggi recupera contenuti
importanti
La sagra, espressione di valori
specifici, distintivi - legati al cibo
ma anche alla cultura - non è (o non è
più) folklore, non è (o non è
più) una celebrazione fine a sè
stessa. Nel nuovo contesto
'post-moderno' è una celebrazione che
rappresenta anche uno stimolo, una
sfida, una palestra per alleanze,
per nuove iniziative (es. strade dei
sapori, ecomusei sul tema delle
produzioni agroalimentari). Riprende
molti dei contenuti del passato
trasposti nella realtà del terzo
millennio.
La ricerca di coesione della
comunità contadina, rafforzata
dall'esaltazione del senso di
appartenenza e di identificazione
simbolica, si riattualizza oggi
nell'altrettanto necessaria
ricerca di coesione all'interno delle,
e tra, diverse categorie
economiche, nonché tra queste e
le altre componenti della comunità
(associazioni culturali,
scuola).
La costruzione di filiere locali - non
solo agroalimentari ma anche
turistico-culturali - presuppone
la fiducia reciproca tra i vari
portatori di interessi economici e
non. L'eterogeneità di soggetti, però,
può aiutare il raggiungimento di forme
di collaborazione, stimolando nuove
idee, nuove alleanze. E' il recupero
di relazioni orizzontali che
riconnettono quei segmenti di comunità
che l'era industriale aveva slegato
tra loro creando per ciascuno un
referente esterno: la burocrazia, le
organizzazioni nazionali,
l'industria.
Il passaggio dalla vendita di
commodities agricole a prezzo
di mercato internazionale alla
trasformazione artigianale e alla
commercializzazione diretta di
prodotti 'individualizzati' è
diventato condizione di sopravvivenza
per molti sistemi agricoli. Esso
implica il ritorno ad una dimensione
di relazioni personali, di
collaborazioni, di sinergie. E' un
ritorno al passato necessario per
affrontare il futuro. E' la realtà
post-industriale.
I prodotti ben caratterizzati in
termini di origine poi sono
ambasciatori del territorio ma a sua
volta l'appeal del territorio
si riverbera sui prodotti. E' un
gioco a somma positiva dove, se si
superano le ataviche diffidenze e
gelosie, la collaborazione può dare
frutti concreti distribuiti tra i vari
attori. Dinamica economica e dinamica
di comunità d'altra parte si
rafforzano reciprocamente: il senso di
appartenenza e di identità rinnovato
favorisce la fiducia e la disposizione
a collaborare ad obiettivi comuni.
Costruendo capitale sociale. Ecco
perché la sagra è inscindibilmente un
fatto e un valore economico, sociale e
culturale. Un valore che va
interpretato anche nella dialettica
tra la comunità e la realtà esterna,
le comunità vicine, il
turista-consumatore. Un valore legato
alla funzione di 'vetrina', di
(auto)rappresentazione verso
l'esterno, della comunità, dei suoi
operatori economici, delle sue realtà
aggregative.
Certo che in questa visione la sagra è
un volano, deve stimolare altre
iniziative, valorizzare prodotti e
territorio molto al di là del periodo
della sagra (che il Manifesto
della sagra autentica stabilsce non
possa superare la
settimana).
Lo stato dell'arte: passi avanti
enormi in solo un
anno
Per i soggetti che tradizionalmente
hanno gestito le sagre, attraversando
il deserto della fase industriale, non
è facile cogliere tutte queste nuove
valenze. La dimensione 'paesana' di
autofinanziamento delle pro loco e
delle altre associazioni locali ha
avuto in anni passati un peso
prevalente. Ma oggi il contesto è
radicalmente cambiato. Incalzano le
pseudo sagre speculative, dove il
cibo e la convivialità è un pretesto
per scroccare finanziamenti pubblici e
sfuggire alle normative previdenziali,
igienico-sanitarie, assicurative,
fiscali.
Lo stesso 'format', lo stesso
prodotto-pretesto (se industriale o
'tipico' non importa) sono utilizzati
per 'vendere' a sprovveduti
amministratori pubblici la stessa
pseudo sagra preconfezionata in
diverse regioni. E' necessario quindi
fare un salto di
qualità.
Ecco perché le pro loco hanno
accettato di confrontarsi con le altre
categorie: i produttori agroalimentari
e la ristorazione artigianale di
qualità. Le sagre con la loro
esperienza possono favorire lo
sviluppo di occasioni dove gli attori
del cibo sono coprotagonisti insieme
alle associazioni. Un fatto di
crescita anche per le pro loco e le
associazioni di volontariato che
recuperano un ruolo attivo di
promozione del territorio operando in
stretta cooperazione con importanti
categorie economiche locali. Il
Manifesto delle sagre
autentiche recepisce questa lunga
marcia di avvicinamento tra pro loco e
associazioni da una parte e mondo
della ristorazione e dlela produzione
agroalimentare dall'altro. Solo un
anno fa a Montecatini,
sempre in occasione del Festival
dei territori, nella tavola
rotonda sulle sagre le posizioni erano
lontanissime. Allora il
rappresenmtante dell'Unipli (pro loco)
sosteneva che le sagre rispondevano
all'esigenza sociale di offrire
ristorazione a basso costo alle
famiglie colpite dalla
crisi.
Ora va avviato un processo di
riconoscimento delle sagre
autentiche
Una posizione che non avrebbe portato
da nessuna parte. Forse le pro loco si
sono accorte che, se non si fosse
raggiunto un accordo con la
ristorazione e se non si fosse
abbracciata una nuova filosofia di
'sagra di qualità', il futuro delle
sagre avrebe potuto essere segnato o
da una concorrenza spregiudicata di
eventi speculativi o da una crisi di
credibilità generalizzata. Gli accordi
presi e la convergenza su un
Manifesto che esprime principi
'alti' e proietta le sagre in una
visione strategica di risorsa
importante per le micro economie
agro-alimentari e il micro-turismo (ma
tante, tantissime micro-economie
agroalimenatri e tanti micro-turismi
aggregati non possono rivaleggiare con
le 'grosse' economie?).
Il Manifesto non è che un punto di
partenza. Ora si tratta di avviare un
processo di riconoscimento normativo
delle sagre autentiche finalizzato a
distinguerle da tutti gli eventi
spuri, speculativi, estemporanei,
favorendo la loro promozione (sul
piano locale, regionale, nazionale) e
riservando ad esse i contributi
pubblici troppo spesso sperperati per
manifestazioni che non rispondono ad
alcuna finalità
pubblica.
MANIFESTO DELLA SAGRA
AUTENTICA
1. La sagra è parte integrante
dell’identità storica di una comunità
e di un paese: è da intendersi come
connubio perfetto tra l’autenticità
gastronomica e le tradizioni del
territorio da cui questa proviene. È
espressione della cultura materiale
del territorio e ha come obiettivo la
salvaguardia, la diffusione e la
promozione del patrimonio
territoriale:
in
essa si intrecciano gastronomia,
cultura, tradizione ed
economia.
Perché una sagra si possa definire
“tradizionale” deve possedere almeno
un passato di legame tra il prodotto e
il suo territorio, documentato da
tradizione orale e scritta.
Tutte le iniziative culturali previste
dalla sagra, infatti, devono
riflettere l’obiettivo primario della
sagra virtuosa, ovvero esprimere
cultura e tradizione.
2. Il cibo, il consumo collettivo e
rituale di determinati prodotti
carichi di valori simbolici è il
motore propulsore della
sagra.
Il tipo di alimento, il modo di
prepararlo e di consumarlo rimandano
ad un passato di vita comunitaria e a
una cultura alimentare percepita come
segno di identità. Per questo la sagra
deve somministrare piatti e ricette
che abbiano come ingrediente
principale il prodotto di cui si fa
promotrice.
3. La sagra non ha finalità
speculativa. Non è uno strumento di
business e profitto, ma un veicolo di
valorizzazione del territorio e della
comunità. In questo modo la sagra
diventa un’occasione per la comunità
locale (operatori commerciali e non)
per riflettere sulle proprie origini e
sulle proprie risorse. La sagra deve
garantire al meglio la tracciabilità,
la divulgazione, la conoscenza dei
propri prodotti e la trasparenza
fiscale.
La sagra va intesa come un’opportunità
per il territorio: favorisce il
miglioramento dell’immagine della
comunità, l’orgoglio di una comunità
di riuscire a sostenere un evento, di
sviluppare nuove conoscenze e
capacità, di stimolare lo spirito di
partecipazione, aggregazione, amicizia
e
appartenenza.
E’ uno strumento con cui far conoscere
giacimenti dimenticati, ma anche
borghi, musei periferici, centri
storici, chiese e abbazie.
La sagra può costituire anche uno
strumento di ricchezza economica nella
misura in cui è in grado di realizzare
servizi a favore della comunità
locale.
4. La sagra promuove forme di
socializzazione e sviluppo collegate
alla cultura del cibo locale. Essa
risponde al desiderio delle comunità
di avere spazi di convivialità e
socializzazione. Coinvolge tutto il
territorio e le numerose realtà
produttive e commerciali locali,
nonché i vari operatori del settore
enogastronomico, quali produttori,
artigiani, cucinieri, ristoratori e
baristi. Il benessere e la
soddisfazione di tutte le fasce della
popolazione, sono essenziali per una
sostenibilità nel tempo della
manifestazione.
La valorizzazione di un prodotto
risulta efficace e con ampie ricadute
economiche – durature - a vantaggio
degli operatori locali, quando viene
considerata in una dimensione
collettiva, partecipata e condivisa
sul territorio e non quando viene
concepita tramite azioni estemporanee
e promosse dai singoli soggetti anche
se legati alla filiera e alle
istituzioni.
La dialettica tra i contesti favorirà
naturalmente un intrecciarsi di
creatività e tradizione, contribuendo
a trasmettere che il folklore non è
fossilizzato, ma in continua
evoluzione e
rielaborazione.
Si auspica quindi il coinvolgimento
della comunità nelle attività
organizzative, invitando gli abitanti
a prendere parte a comitati;
incentivando aziende locali e
amministrazioni al supporto
finanziario e tecnico.
5. La sagra deve svolgersi in un
periodo limitato di tempo, deve essere
legata a cicli di produzione e consumo
e non può avere durata superiore ai
sette giorni. Deve avere luogo nel
territorio di origine del suo
prodotto, ricetta o trasformazione
tipica, in locali e ambienti idonei
per la somministrazione che siano ben
inseriti nel contesto paesaggistico,
anche valorizzando strutture e
ambienti tradizionali.
Può svolgersi in contesto urbanizzato
o in ambito rurale. Può anche
prevedere eventi centralizzati ed
eventi dislocati presso luoghi di
produzione, osterie, ristoranti,
enoteche e trattorie, creando una
sinergia tra tutti gli attori pubblici
e privati coinvolti nella sagra.
6. La sagra è organizzata e gestita da
associazioni senza scopo di lucro, che
in concorso con altri soggetti
portatori di interesse a livello
territoriale, operano con continuità
allo sviluppo e alla promozione della
stessa attraverso un comitato.
Gli organizzatori della sagra, perché
questa possa definirsi tale, devono
monitorare che i compiti relativi alla
sicurezza degli ambienti e alle norme
igienico sanitarie siano svolti con
professionalità e responsabilità,
assicurando competenza e preparazione
del personale
volontario.
Devono quindi affidarsi a volontari
competenti, che si assumano la
responsabilità dei compiti affidati.
Gli organizzatori devono inoltre
impegnarsi a tutelare i volontari
coinvolti a livello assicurativo.
Il personale ha come obiettivo
divulgare informazioni e
approfondimenti, ma anche educare i
visitatori e sensibilizzarli. Deve
possedere competenza, ed essere in
grado di dare informazioni corrette
sul prodotto, raccontare aneddoti
sulla sua storia ed esprime il legame
sensoriale con la sua
terra.
Gli eventuali utili debbono essere
reinvestiti in attività a favore della
tutela e valorizzazione del patrimonio
culturale
immateriale.
7. La sagra deve rispettare il proprio
territorio, facendo attenzione
all’impatto ambientale e curando in
particolare strutture, uso di
detersivi biologici e smaltimento
rifiuti.
Piatti, bicchieri e posate utilizzate
in strutture pubbliche devono essere
in materiale riutilizzabile,
biodegradabile e di riciclo, o di uso
comune e tradizionale sul territorio.
Deve essere realizzata la raccolta
differenziata. Lo smaltimento di
liquidi e gas nocivi deve avvenire
secondo le norme di legge. La sagra
virtuosa, deve quindi dimostrare di
intraprendere un percorso educativo
anche in campo ambientale ed
ecologico.
Montecatini
(PT), 24 settembre
2010
Davide Paolini
(coordinatore)
Edi Sommariva
(direttore generale della
Fipe)
Claudio Nardocci
(presidente Unipli/Pro
Loco)
Alberto Lupini (direttore "Italia a
Tavola")
Esmeralda
Giampaoli (presidente di Fiepet
Confesercenti)
Zelinda
Ceccarelli (Uff. Promozione Agricola
prov. di Arezzo)
Alessio Cavicchi
(Università di Macerata)
Michele Corti
(Università di Milano,
"Ruralpini")
Loris Cattabriga
(Presidente Associazione "Sagre e
Dintorni")
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