(11.06.10) La Valstrona, nel VCO, è una classica 'valle da capre'. Legate
in passato all'economia di sussistenza oggi possono
tornare a rappresentare una risorsa nell'ambito della
riscoperta turistica delle valli del VCO. Resoconto
di una visita ad una piccola Alpe di Campello Monti
'A
Forno c'erano 500 capre e a Luzzogno lo stesso'
foto e testo di Michele Corti
(con debiti nei confronti di Sandro Marchesa)
Considerate
sinonimo di un'economia 'povera' le capre oggi
possono tornare ad essere una risorsa proprio nel contesto
di quelle valli 'da capre' che sono rimaste escluse
dal turismo 'di massa'. La premessa è un'economia fortemente
integrata sul piano locale fatta di locande, B&B,
zootecnia e pastoralismo 'tradizionali' orientati
alla trasformazione in latticini di qualità. Prodotti in
grado di mantenere un'impronta specifica, il segno del
carattere del territorio, dei pascoli, degli uomini.
Già
oggi valli come la Valstrona sono frequentate da un turista
che sa indirizzarsi fuori dalle correnti 'di massa'.
Si tratta per ora di turisti per lo più stranieri
(svizzeri, francesi, germanici, olandesi) che praticano
trekking, canoeing, biking. Il mercato di prossimità
(con l'enorme bacino dell'area del nord-ovest milanese
e del varesotto) è meno 'evoluto' in materia di 'turismi
sostenibili' e si ferma sui laghi, oppure si infila
nelle valli più celebrate. Ma non disperiamo. Prima
o poi anche i 'nostri' turisti 'milanesi' impareranno
ad appezzare le 'loro' valli.
Tipica
valle insubrica aspra, incassata, rocciosa, la Valstrona
ha costretto i suoi abitanti a cercare nell'emigrazione,
nell'artigianato del legno (giocattoli) e nelle
miniere l'integrazione ad un'agricoltura 'povera'. Era
un'economia di sussistenza basata sulle capre,
le castagne e l'orticoltura (in assenza di campi e di
grandi pascoli da bovini). Era comunque un modello ecologico
efficientissimo che consentiva un'elevata densità demografica
(e quindi in un certo senso non era 'povera'). Oggi
di caprai e di capre ne rimangono pochi ma entrambi
di buona razza. E la tradizione della trasformazione
del latte caprino nei tipici furmagit at crava
si rinnova.
Foto 1
- L'abitato di Campello Monti visto dall'Alpe Sass
dal Mür, il villaggio - raggiungibile con strada
asfaltata - rappresenta il centro abitato più elevato
della Valle. Fa parte di quell'insieme di colonie walser
stabilite a Sud del Monte Rosa che questi 'abitanti
delle terre alte' trasformarono nel XIII secolo
da alpeggi in insediamenti permanenti.
Foto
2 - Le acque dello Strona all'Alpe Sass dal
Mür. Si tratta di acque 'pregiate' anche se le trote
fario devono essere 'seminate' ogni anno. Un po' più
a valle i canoisti si lanciano nella discesa dello Strona.
Il
problema - che è poi il motivo della mia visita
- è che nonostante la presenza in Valle di diversi alpeggiatori
con capre e vacche da latte nessuno è 'a norma' con
la DIA (ex-autorizzazione sanitaria).
Due
personaggi che caricano in Valstrona ve li ho fatti
già conoscere La
Storia di due caprai, di una scrofa innamorata e di
un gatto
coraggioso Si
tratta del Gianni di Bracchio e del Daniele di Arola
due caprai tutti di un pezzo che si spostano
a piedi col gregge da una valle all'altra. Vivono come
in un'altra dimesnione ma non sono affatto 'emarginati'.
Qualcuno li invidia.
Spero
di poterli andare a trovare all'Alpe Balma durante questa
stagione d'alpeggio. Parò, per questa volta, mi sono
accontentato di un alpe che si raggiunge in pochi minuti
di agevole sentiero da Campello Monti (vedi la dida
della Fig. 1). Si tratta dell'Alpe Sass dal Mür.
Qui carica Giuseppe Milesi (nelle foto sotto) con
7 capre Alpine comuni e 4 vacche (3 Brown e una Red
Holstein).
Foto
3 (a sinistra) - Giuseppe Milesi. Foto 4 (a
destra) - Giuseppe con il veterinario 'ruralpino' Sandro
Marchesa, originario della valle, che mi ha fatto
da guida e a cui sono debitore per molte delle info
sulla realtà locale che ho riportato in questo
fotoracconto. Come si può vedere l'alpe è dotata di
un fabbricato moderno con la stalla al livello inferiore.
Giuseppe
ci racconta con dovizia di particolari di come produce
i furmagin at crava, una specialità 'storica'
della Valstrona. Purtroppo, in assenza delle autorizzazioni
da parte dell'ASL, la produzione è limitata - come
per gli altri produttori della zona - all'autoconsumo.
Giuseppe utilizza per la lavarazione del latte un locale
che - nonostante la piastrellatura - di certo non possiede
i 'requisti'. Vi è però un locale per il deposito del
latte indipendente, vi sono i servizi igienici e una
bella cantinetta naturale, anch'essa indipendente dal
fabbricato principale. Quello che manca è un locale
da adibire esclusivamente a caseificio con il suo bravo
accesso dall'esterno. Una soluzione in grado di
venire incontro alle richieste di adeguamento
dei veterinari dell'ASL non appare però così difficile.
La maggiorparte delle altre realtà d'alpeggio
del VCO è 'messa peggio'.
Foto
5 - Il locale dove si lavora il latte.
Foto
6 (a destra) la cantina naturale con le forme di formaggio
misto e vaccino e i formaggini di capra negli
stampi allungati.
Foto
7 (a sinistra) - I formaggini fuori dagli stampi.
Foto
8 - Un formaggino già pronto per il consumo .
Nonostante
l'uso di spazi 'semplificati' i formaggini presamici
'dolci' di Giuseppe sono privi di difetti. E sono di
gusto e consistenza molto piacevoli. Dopo aver 'incassato'
gli apprezzamenti per i suoi piccoli 'gioielli' Giuseppe ci
rivela di usare un lattoinnesto autoprodotto. Potrebbe
sembrare un 'aiuto'. In realtà lo è solo per chi sa
prepararlo con cura e utilizzarlo in modo appropriato.
Evidentemente il nostro produttore in tanti anni di
pratica ha ottimizzato i vari parametri di lavorazione
(temperatura, rottura, spurgo) ed è diventato un maestro.
Va precisato che i formaggini vengono prodotti
solo con il latte (di sola capra) del mattino, appena
dopo la mungitura. Un altro particolare che conta. Discorrendo
dei formaggini Giuseppe ci conferma che la lavorazione
da lui seguita (latte crudo cagliato a 35°C, rottura
a nocciola) è quella tipica dell'alta valle. Nella 'bassa
valle' da diversi decenni è invalso l'uso di far bollire
il latte (una 'variante' piuttosto singolare ma che
ci era già stata confermata da 'informatori' attendibili).
Questa 'innovazione' (?) non ha mai, per l'appunto,
risalito l'alta valle ma, in compenso, da
qualche anno Giuseppe ha introdotto un'ulteriore innovazione:
l'uso della salamoia al posto della salatura a secco.
Il
discorso poi scivola sulle capre. Soggetti molto interessanti
(ammetto di essere condizionato da una particolare predilezione personale)e
che, in ogni caso, rappresentano bene l'identità
del ceppo locale. Si tratta di capre con ottimo 'telaio'
e spiccate caratteristiche lattifere. In questo momento
le capre appaiono piuttosto 'patite' per effetto
della 'spinta' dell'erba di pascolo (ricca di proteine
e poco fibrosa). Essa ha fatto aumentare la produzione
di latte ma anche provocato l'emissione di feci
molto molli.
L'ottima
taglia delle capre si rispecchia nel profilo fronto-nasale
leggermente 'camuso' tipico delle capre più grandi.
Giuseppe vanta per le sue capre un'ottima gemellarità
e produzioni di 3,5-4 litri di latte al giorno (in questo
periodo ottimale). Per quello che si può constatare
tutto ciò appare credibile e conferma che i 'vecchi'
ceppi di capre autoctone (da qualcuno, hainoi,
si ostina ancora a definire 'meticce') possedevano
caratteristiche pregevoli. Che valeva la pena valorizzare.
Foto
9 - La testa di una capra vigorosa e di ottima
taglia ma non grossolana.
Foto
10 - L'insieme del piccolo gregge composto da
capre Alpine comuni di buona struttura.
Un
vero peccato che il patrimonio caprino di queste
valli (compresa l'Ossola) sia stato ridimensionato numericamente
e che abbia perso parecchie delle sue caratteristiche
'qualitative'. Parlando del crollo del patrimonio zootecnico
della valle (di pari passo con quello demografico) Giuseppe
ci tiene a precisare che 'a Forno io mi ricordo che
in paese c'erano 30 mucche e 500 capre. A Luzzogno lo
stesso.' In attesa che i problemi burocratici siano
risolti, e che gli ottimi formaggini possano essere
venduti ai turisti, la vita all'alpe continua a scorrere
ranquilla come sempre. A pochi metri dalla stalla le
galline razzolano e poco più in là le quattro mucche
sono tutte intente a riempirsi dell'erba tenera del
pascolo. E' giugno.
Foto
11 - Di giorno le galline sono libere di razzolare
e cercare le ghiotte larve, ma sullo sfondo si intradedono
i sicuri pollai dove sono ricoverate di notte, a scanso
di cattive sorprese.
Foto
10 - Le quattro vacche della piccola alpe pascolano
senza interruzione godendosi l'erba di giugno. L'epoca
in cui l'erba indurirà e prenderà i primi freddi è ancora
lontana.
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