Dobbiamo avere il
coraggio di dire le cose come stanno: l’abbandono,
voluto, della campagna, la burocrazia e il business dell’antincendio
sono le
cause principali dei roghi. Non si vuole fare prevenzione, non si
vogliono contrastare le cause dell'abbandono dei pascoli e del presidio
umano del territorio che si ritira sempre di più di fonte all'avanzata
del bosco e di una fauna selvatica incontrollata. Spariscono i sentieri
che consentivano interventi da terra sui piccoli focolai (a costi
irrisori rispetto ai canadair), sparisce quel mosaico di aree a
copertura erbacea e boschiva che creava delle fasce taglia fuoco. La
"rinaturalizzazione" che ha portato le superfici boscate a superare
quelle agricole (con la stupida esultanza degli ambientalisti) comporta
fenomeni di degrado, con le boscaglie che si estendono ma sono più
vulnerabili a incendi catastrofici. Ma siamo in Italia dove, in assenza
di cultura rurale e di vera cultura ambientale, non si fa distinzione
tra il piccolo incendio boschivo che corre sul terreno e quello che
avvolge le chiome, dove non si vuol capire che la migliore prevenzione
è l'uso agropastorale, dove – dopo l'incendio – il verde da salotto
propone le piantumazioni artificiali con essenze alloctone, premessa
sicura di ancor più gravi disastri.
Da pensionato, attivo sette giorni su sette,
lavorando di
braccia e gambe la campagna, la mia testa continua a pensare, a
riflettere, a
osservare, a meditare su quanto accade in giro. Più di 40 anni passati
in un
ente [comunità montana] dove ho sempre combattuto la burocrazia, dove
ho
rinunciato felicemente alla cosiddetta "carriera" per fare, proporre
– spesso contro corrente – ciò che la mia coscienza e l’esperienza che
ho
gradualmente acquisito mi proponevano, ritengo siano stati spesi bene.
Gli
ultimi tre anni, passati da operaio agricolo mi hanno insegnato che:
"1. lavorerai
col sudore della tua fronte".
Ebbene, la campagna va amata, custodita,
coltivata, ma se
siamo dei cattivi custodi, come sta succedendo con l’abbandono di tutte
le
attività di coltivazione e manutenzione del territorio, coliamo,
letteralmente,
a picco, come il Titanic, dove si continuava a ballare e suonare,
mentre
sprofondava nell’oceano. Scienziati, esperti, climatologi ecc. ci
stanno
dicendo da decenni che è urgentissimo riprendere in mano la
coltivazione di
tutto il territorio, la gestione forestale oculata, l’utilizzo proficuo
delle biomasse,
ma tutto va, continuamente in fiumi di parole, di promesse e di
risultati che
vanno nella direzione opposta.
Un contadino analfabeta, classe 1935, ancora sette
giorni su
sette a lavorare nella stalla a fianco del frutteto didattico che ho
realizzato, mi disse tanti, tanti anni fa "Moioli, vedrai che arriverà
un
giorno in cui saranno più quelli che mangiano di quelli che lavorano ".
Quanto
grano mangiamo proveniente da paesi, esempio extra UE? Ne importiamo
per il
consumo italiano per nove mesi all’ anno, siamo autosufficienti per tre
mesi.
Poi ci lamentiamo perché contiene il glifosato? Pota, questo è il
prezzo.
Ci lamentiamo perché le stoppie dei nostri campi
mietuti, soprattutto
al centro sud vengono date alle fiamme e poi vanno ad intaccare il
territorio
circostante? Questo è il risultato!
Ho visto fiorire sempre di più dispositivi AIB
(anti-incendi-boschivi) cosiddetti DPI (dispositivi di protezione
individuale, sempre
più costosi, addirittura con la scadenza come i farmaci (le tute in
tessuto
poliarammidico e chi più ne ha ne metta). Ho visto moltiplicarsi i
corsi di
formazione: corsi su corsi: di primo livello, di secondo, di terzo, di
Dos
(Direttore operazioni di spegnimento), dove si propinano idee e
propositi sicuramente
interessanti ma poi…"i bale i va be fina i endes e mesa, dopo ga el
la
farina per fa la polenta" (le
balle vanno bene sino alle undici e mezza, dopo ci vuole la farine per
fare la
polenta).
Ho quindi capito che dovevo mettere sempre più in
agenda la
prevenzione. E via con la sperimentazione del pascolamento ovino ed
equino, con
polemiche, lamentele e strascichi. Con il rischio di denunce perché
invadevo
col bestiame proprietà private, la minaccia di essere denunciato. Al
che
rispondevo: "beh caro signore, quando brucia il suo pezzo le metto in
conto il costo dei volontari, dei mezzi, in proporzione delle
attrezzature utilizzate,
chiederò alla regione di esporle il conto dei mezzi aerei ecc.". A quel
punto se ne andavano dall’ufficio con la coda in mezzo alle gambe.
Eh sì, ora tutti, anche sui social, predicano che
ci vuole
di nuovo il bestiame a pascolare, a consumare la biomassa, a prevenire.
Ma dove
andiamo a prendere gli allevatori e il bestiame se quei pochi che
restano li
stiamo massacrando con incontenibili razzie di lupi, cinghiali, e altre
specie selvatiche
che si vogliono lasciare espandere senza limite pensando che siamo
nella
foresta amazzonica? Ah beh, quella, la distruggiamo, per farci la soia,
OGM, da
importare per allevamenti sempre più grandi e intensivi responsabili di
inquinamenti e di emissioni di grandi quantità di gas serra.
L’altro giorno ho contato quanti morti sul lavoro
ci sono
stati dall’inizio dell’anno: 626. E
questo nonostante costosissimi piani per la sicurezza, funzionari
dell’ispettorato
che ti massacrano o vengono a insegnarti le ovvierà. Quando ho fatto
l’operaio
agricolo Il medico competente, profumatamente pagato dal mio datore di
lavoro,
mi disse: "Moioli metta il berretto in testa d'estate a lavorare,
altrimenti rischia il colpo di calore"… ci voleva lui per saperlo...
Oggi, con le mie nipotine, ieri con le mie figlie,
in
precedenza con tutti gli operai forestali che dirigevo e poi con tutti
i
volontari che avevo al mio fianco nelle uscite sugli incendi boschivi,
ho
sempre messo davanti la sicurezza sul campo, spiegando lì, sul posto,
cosa c'è da
fare, cosa c'è di pericoloso. Poi, chi ha imparato, semplicemente, lo
fa con i
nuovi.
Ma ci vuole tanto per capirlo? Ci vuole la testa,
non la
carta, non i protocolli da seguire, che diventano paralizzanti quando
la
prevenzione è tutta affidata a regole macchinose. Ad una delle ultime
riunioni
(poi sono stato rimosso dalle funzioni di responsabile anti incendi
boschivi) a
Milano, nella faraonica sede di palazzo Lombardia, ho osato dire –
ancora una
volta – che, in certe condizioni, ripeto in certe condizioni: "Gli
incendi si spengono più efficacemente la notte che il giorno, dove poi
te li
ritrovi ingigantiti ". Mi fischiano ancora le orecchie dall’urlo del
dr.
Tomasetti, dirigente regionale del Corpo forestale dello stato,
"Moioooliiiiiiii
meglio che bruci tutto il mondo che un volontario rischi la pelle anche
di
notte". Bona, andate avanti così.
Un responsabile ex CFS, ora carabiniere, che non
vede l’ora
di andare in pensione (era un bravissimo tecnico forestale prima che lo
facessero trasformare in un puntuale redattore di verbali e denunce, di
indagini
scientifiche sulle cause degli incendi, di meticolose ricerche del
corpo del
reato che… ingolfano le procure), mi dice, "cosa vuoi fare Moioli se ti
mettono a fianco giovani colleghi che non sanno distinguere un olmo da
un
carpino, e se c'è da fare un pezzo a piedi sono in crisi?".
I risultati di riforme su riforme sono sotto gli
occhi di
tutti.