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Ambiente

Giancarlo Moioli, 15 Agosto, 2021

Incendi e lacrime di coccodrillo

Dobbiamo avere il coraggio di dire le cose come stanno: l’abbandono, voluto, della campagna, la burocrazia e il business dell’antincendio sono le cause principali dei roghi. Non si vuole fare prevenzione, non si vogliono contrastare le cause dell'abbandono dei pascoli e del presidio umano del territorio che si ritira sempre di più di fonte all'avanzata del bosco e di una fauna selvatica incontrollata. Spariscono i sentieri che consentivano interventi da terra sui piccoli focolai (a costi irrisori rispetto ai canadair), sparisce quel mosaico di aree a copertura erbacea e boschiva che creava delle fasce taglia fuoco. La "rinaturalizzazione" che ha portato le superfici boscate a superare quelle agricole (con la stupida esultanza degli ambientalisti) comporta fenomeni di degrado, con le boscaglie che si estendono ma sono più vulnerabili a incendi catastrofici. Ma siamo in Italia dove, in assenza di cultura rurale e di vera cultura ambientale, non si fa distinzione tra il piccolo incendio boschivo che corre sul terreno e quello che avvolge le chiome, dove non si vuol capire che la migliore prevenzione è l'uso agropastorale, dove – dopo l'incendio – il verde da salotto propone le piantumazioni artificiali con essenze alloctone, premessa sicura di ancor più gravi disastri. 

Da pensionato, attivo sette giorni su sette, lavorando di braccia e gambe la campagna, la mia testa continua a pensare, a riflettere, a osservare, a meditare su quanto accade in giro. Più di 40 anni passati in un ente [comunità montana] dove ho sempre combattuto la burocrazia, dove ho rinunciato felicemente alla cosiddetta "carriera" per fare, proporre – spesso contro corrente – ciò che la mia coscienza e l’esperienza che ho gradualmente acquisito mi proponevano, ritengo siano stati spesi bene. Gli ultimi tre anni, passati da operaio agricolo mi hanno insegnato che: "1. lavorerai col sudore della tua fronte".

Ebbene, la campagna va amata, custodita, coltivata, ma se siamo dei cattivi custodi, come sta succedendo con l’abbandono di tutte le attività di coltivazione e manutenzione del territorio, coliamo, letteralmente, a picco, come il Titanic, dove si continuava a ballare e suonare, mentre sprofondava nell’oceano. Scienziati, esperti, climatologi ecc. ci stanno dicendo da decenni che è urgentissimo riprendere in mano la coltivazione di tutto il territorio, la gestione forestale oculata, l’utilizzo proficuo delle biomasse, ma tutto va, continuamente in fiumi di parole, di promesse e di risultati che vanno nella direzione opposta.

Un contadino analfabeta, classe 1935, ancora sette giorni su sette a lavorare nella stalla a fianco del frutteto didattico che ho realizzato, mi disse tanti, tanti anni fa "Moioli, vedrai che arriverà un giorno in cui saranno più quelli che mangiano di quelli che lavorano ". Quanto grano mangiamo proveniente da paesi, esempio extra UE? Ne importiamo per il consumo italiano per nove mesi all’ anno, siamo autosufficienti per tre mesi. Poi ci lamentiamo perché contiene il glifosato? Pota, questo è il prezzo.

Ci lamentiamo perché le stoppie dei nostri campi mietuti, soprattutto al centro sud vengono date alle fiamme e poi vanno ad intaccare il territorio circostante? Questo è il risultato!

Ho visto fiorire sempre di più dispositivi AIB (anti-incendi-boschivi) cosiddetti DPI (dispositivi di protezione individuale, sempre più costosi, addirittura con la scadenza come i farmaci (le tute in tessuto poliarammidico e chi più ne ha ne metta). Ho visto moltiplicarsi i corsi di formazione: corsi su corsi: di primo livello, di secondo, di terzo, di Dos (Direttore operazioni di spegnimento), dove si propinano idee e propositi sicuramente interessanti ma poi…"i bale i va be fina i endes e mesa, dopo ga el la farina  per fa la polenta" (le balle vanno bene sino alle undici e mezza, dopo ci vuole la farine per fare la polenta).



Ho quindi capito che dovevo mettere sempre più in agenda la prevenzione. E via con la sperimentazione del pascolamento ovino ed equino, con polemiche, lamentele e strascichi. Con il rischio di denunce perché invadevo col bestiame proprietà private, la minaccia di essere denunciato. Al che rispondevo: "beh caro signore, quando brucia il suo pezzo le metto in conto il costo dei volontari, dei mezzi, in proporzione delle attrezzature utilizzate, chiederò alla regione di esporle il conto dei mezzi aerei ecc.". A quel punto se ne andavano dall’ufficio con la coda in mezzo alle gambe.

Eh sì, ora tutti, anche sui social, predicano che ci vuole di nuovo il bestiame a pascolare, a consumare la biomassa, a prevenire. Ma dove andiamo a prendere gli allevatori e il bestiame se quei pochi che restano li stiamo massacrando con incontenibili razzie di lupi, cinghiali, e altre specie selvatiche che si vogliono lasciare espandere senza limite pensando che siamo nella foresta amazzonica? Ah beh, quella, la distruggiamo, per farci la soia, OGM, da importare per allevamenti sempre più grandi e intensivi responsabili di inquinamenti e di emissioni di grandi quantità di gas serra.

L’altro giorno ho contato quanti morti sul lavoro ci sono stati dall’inizio dell’anno: 626.  E questo nonostante costosissimi piani per la sicurezza, funzionari dell’ispettorato che ti massacrano o vengono a insegnarti le ovvierà. Quando ho fatto l’operaio agricolo Il medico competente, profumatamente pagato dal mio datore di lavoro, mi disse: "Moioli metta il berretto in testa d'estate a lavorare, altrimenti rischia il colpo di calore"… ci voleva lui per saperlo...

Oggi, con le mie nipotine, ieri con le mie figlie, in precedenza con tutti gli operai forestali che dirigevo e poi con tutti i volontari che avevo al mio fianco nelle uscite sugli incendi boschivi, ho sempre messo davanti la sicurezza sul campo, spiegando lì, sul posto, cosa c'è da fare, cosa c'è di pericoloso. Poi, chi ha imparato, semplicemente, lo fa con i nuovi.

Ma ci vuole tanto per capirlo? Ci vuole la testa, non la carta, non i protocolli da seguire, che diventano paralizzanti quando la prevenzione è tutta affidata a regole macchinose. Ad una delle ultime riunioni (poi sono stato rimosso dalle funzioni di responsabile anti incendi boschivi) a Milano, nella faraonica sede di palazzo Lombardia, ho osato dire – ancora una volta – che, in certe condizioni, ripeto in certe condizioni: "Gli incendi si spengono più efficacemente la notte che il giorno, dove poi te li ritrovi ingigantiti ". Mi fischiano ancora le orecchie dall’urlo del dr. Tomasetti, dirigente regionale del Corpo forestale dello stato, "Moioooliiiiiiii meglio che bruci tutto il mondo che un volontario rischi la pelle anche di notte". Bona, andate avanti così.

Un responsabile ex CFS, ora carabiniere, che non vede l’ora di andare in pensione (era un bravissimo tecnico forestale prima che lo facessero trasformare in un puntuale redattore di verbali e denunce, di indagini scientifiche sulle cause degli incendi, di meticolose ricerche del corpo del reato che… ingolfano le procure), mi dice, "cosa vuoi fare Moioli se ti mettono a fianco giovani colleghi che non sanno distinguere un olmo da un carpino, e se c'è da fare un pezzo a piedi sono in crisi?".

I risultati di riforme su riforme sono sotto gli occhi di tutti.


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