(10.06.10) L'Alpe Pedena
nelle Valli del Bitto - di proprietà dell'
Istituto diocesano per il sostentamento del clero - è
stata aggiudicata ad una strana 'cordata'
istituzionale che l'ha soffiata ad un malghese intenzionato
a caricarla sul serio.
Gli alpeggi vanno dati a chi
ha le bestie non
alle istituzioni e 'paraistituzioni'
testo
e foto di Michele Corti
La
vicenda dell'Alpe Pedena si iscrive in quella più
ampia della 'guerra del Bitto' che vede le istituzioni
locali (fortemente influenzate da ben precisi
ambienti politico-industriali) coalizzate contro i produttori
'ribelli' del Bitto
L'Alpe
Pedena è una di quelle storiche del Bitto. Non
è certo un alpe 'facile' come si può desumere
dalla foto sotto. La casera, il 'piede' è facilmente
accessibile dalla strada che sale al Passo di San Marco
, ma non altrettanto le altre stazioni. I pascoli, inoltre,
sono piuttosto ripidi e sassosi e, negli ultimi anni,
l'incespugliamento è proceduto a ritmo sostenuto.
Ma l'erba era considerata di grande qualità.
I
pascoli dell'Alpe Pedena (giugno 2010, foto M. Corti)
Da
qualche anno l'alpeggio era affittato ad un pastore
(Emanuele Manzoni) che vi caricava circa 300 pecore
Bergamasche. Nelle immagini qui sotto vediamo le pecore
all'opera al margine degli arbusteti. La loro presenza
ha indubbiamente contribuito al mantenimento dei pascoli.
Nel 2008, però, il contratto d'affitto del pastore
era scaduto e l'Istituto diocesano per il sostentamente
del clero non l'ha rinnovato.
I
pascoli dell'Alpe Pedena. Si nota il forte incespugliamento
(estate 2007, foto M. Corti)
Pecore
al pascolo sotto la vigile custodia del pastore all'Alpe
Pedena (estate 2007, foto M. Corti)
Un
malghese di Talamona si fa avanti
Per
poter caricare l'Alpe nel 2009 si era fatto avanti Mario
Ciaponi di Talamona. Da qualche anno Mario aveva abbandonato
l'attività di allevatore e aveva fatto l'operaio.
Da giovane, però, aveva trascorso numerosi stagioni
all'Alpe Pedena caricata dal padre. La 'malattia' del
malghese (ovvero la passione per animali e alpeggi),
però, non l'aveva mai abbandonato e, con i figli
ormai cresciuti che manifestavano il loro interesse
per l'attività d'alpeggio, Mario si era fatto
avanti con largo anticipo rispetto alla scadenza
del contratto per cercare di ottenere l'affitto
dell'alpe. Va precisato che, prima di passare
nel 'calderone' dell'Istituto diocesano per il sostentamento
del clero, l'Alpe Pedena rappresentava un beneficio
coadiutorale della parrocchia di Talamona. Mario
era quindi andato dal parroco che lo aveva rassicurato
. Però le cose hanno preso una piega diversa.
Le mani sull'Alpe Pedena le hanno volute mettere
le 'istituzioni'. Le 'istituzioni' come è noto
sono ben strani malghesi, non hanno vacche, ma dispongono
dei soldi (degli altri) e del 'potere').
I
fabbricati recentemente ristrutturati dell'Alpe Pedena (giugno
2010, foto M. Corti)
La
cordata istituzionale e 'paraistituzionale' che ha avanzato
la sua offerta (alla Diocesi di Como per l'affitto di
Pedena è composta da: Parco delle Orobie Valtellinesi,
Comune di Albaredo, Latteria Sociale Valtellina, Consorzio
tutela Valtellina Casera e Bitto. Il Consorzio e la
Latteria Sociale sono enti privati ma il Consorzio,
in forza dei riconoscimenti pubblici per l'esercizio
delle sue funzioni, ha uno status 'parapubblico'. Fa
parte di quell'area 'grigia' sospesa tra pubblico e
privato. Una situazione comune in Italia consente
generosi finanziamenti assicurati (ed è alla
base di consistenti sprechi di denaro pubblico). Le
coop sono imprese ma nella costituzione non scritta
italiana hanno anch'esse uno status privilegiato 'parastatale' che
- al di là delle generose esenzioni fiscali -
si traduce in lauti finanziamenti. In
un recente passato era comune anche lo scandaloso ripianamento
dei debiti causati dalle amministrazioni 'allegre' e
dalle mangerie (in Valtellina vedi la lunga e non edificante
storia del Colavev). Fatto sta che questi soggetti hanno
presentato un'offerta economicamente superiore (sai
che sforzo ...) a quella del malghese. Spiazzandolo.
I
fabbricati recentemente ristrutturati dell'Alpe Pedena (giugno
2010, foto M. Corti)
'Di
sicuro l'ente pubblico l'alpeggio me lo paga'
Il
Ciaponi assistito dal segretario di zona della Coldiretti
agli amministratori curiali fece presente l'inopportunità
di affidare l'affitto a enti pubblici che, inevitabilmente,
avrebbero dovuto ricorrere a forme di subaffitto o ad
altri rapporti anomali poco consoni ad una buona gestione
dei pascoli.
Ma
l'amministratore dell'Istituto diocesano aveva tagliato
corto 'di sicuro l'alpeggio l'ente pubblico me
lo paga'. E' il classico doppio volto curiale. Da una
parte si esibisce sollecitazione sociale e pastorale,
dall'altra si applica la logica del freddo tornaconto
economico. E pensare che proprio sul settimanale della
Diocesi di Como nel 2008 era apparso un articolo sugli
'alpeggi
da amare e tutelare'.
Mario
aveva sentito dai 'vecchi' che i malghesi del paese
avevano diritto di precedenza rispetto ad altri aspiranti
all'affitto dell'alpe. Peccato che l'arciprete questa
'carta' non l'ha più trovata. Alla fine l'ha
spuntata la 'cordata'.
Cosa
ne vogliono fare le 'istituzioni' dell'Alpe Pedena?
Nel
2009 l'Alpe Pedena è stata concessa dai nuovi
affittuati all'azienda 'Mucca Pazza' di Civo.
Peccato che questa azienda dispone già di un
alpe (Alpe Vicima) nella limitrofa Val Tartano e
che la 'malga' abbia 'mangiato' il pascolo di Pedena
per soli 15 giorni. Per il resto della stagione
d'alpeggio la casera è stata occupata da un dipendente
extracomunitario dell'azienda con 4-5 vacche. I
titolari della 'Mucca Pazza' erano propensi a lasciar
perdere (dicevano che non ce la facevano) e così
gli 'enti' hanno pensato di rivolgersi ai caricatori
della confinante Alpe Lago di propriatà del Comune
di Albaredo e affittata all'azienda Ivo Mazzoni di Albaredo.
Sembrava cosa fatta e domenica 6 giugno il Mazzoni si
era recato alla casera per un'ispezione sulle condizioni
dei locali. Poi il dietro-front. Lunedì 7 giugno
al Mazzoni viene detto che l'erba di Pedena non la deve
più mangiare.
La
casera dell'Alpe Lago ( foto M. Corti)
Pare
che, in qualche modo, l'erba sarà mangiata dalla
'Mucca Pazza'. Sulla serietà di far pascolare
un alpe a caricatori che hanno già un'altra alpe non
c'è bisogno di aggiungere ulteriori parole. Peccato
che Mario Ciaponi resti sempre senza alpeggio e che
ci siano anche piccoli allevatori dello stesso comune
di Albaredo senza pascolo (vedi Oreste Petrelli).
Il
precedente dell'Alpe Culino
Che
le 'istituzioni' non siano soggetti idonei per caricare
gli alpeggi era chiaro in partenza. L'esperienza di
uno dei partner della cordata (la Latteria Sociale Valtellina)
è illuminante. La coop ha avuto in affitto
l'Alpe Culino dall'ERSAF (ente regionale) dal 2003
al 2008. In questo periodo i pascoli di questo alpeggio
delle Valli del Bitto hanno subito un evidente degrado
dal momento che il personale responsabile dalla
conduzione dell'alpe ha cercato di sfruttarli nel
modo più 'comodo', pascolando le aree più
facilmente utilizzabili con un sistema mobile di mungitura
e somministrando mangime alle vacche. Le violazioni
del capitolato d'alpeggio son state diverse, in alcuni
casi sanzionate anche con penali. Ma quando non c'è
un privato che paga di tasca sua ... Peccato che la
Curia di Como abbia commesso lo stesso errore dell'ERSAF.
Pedena
non è caduta in mano ai 'ribelli'
Intanto,
però, le 'istituzioni' un obiettivo l'hanno conseguito.
Nella 'guerra del Bitto' la 'conquista' anche di un
solo alpeggio è giudicata importante da entrambi
i fronti. Guarda caso nella 'cordata' che ha preso in
affitto Pedena ci sono i soggetti più accaniti
nel combattere i produttori 'ribelli dell'Associazione
Produttori Valli del Bitto. Mario Ciaponi, da malghese
'storico' non aveva nascosto la sua vicinanza ai 'ribelli'.
L'avergli impedito di 'consegnare' Pedena ai 'sovversivi
del gusto' per le 'istituzioni' è un risultato
importante. Chissenefrega se il pascolo non è
'mangiato'.
La
casera dell'Alpe Culino con i giovani larici cresciuti
fin presso le baite ( foto M. Corti)
Come
si presentava la stessa area di pascolo in passato quando
caricava Ezio Piganzoli ( foto M. Corti)
Invasione
di giovani abeti rossi sui pascoli dell'Alpe Culino (
foto M. Corti)
Invasione
di felce (Pteridiun aquilinum) sui pascoli dell'Alpe
Culino ( foto M. Corti)
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