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Inforegioni/'Centro della capra' in Val Maira

 

  

 

 

 

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 (14.02.10) Selezionato il progetto per un 'centro della capra' alla Borgata Podio/Lo Puy (San Damiano Macra, CN)  leggi tutto

 

Az.Agrituristica Lo Puy 
Borgata Podio 3/a - 12029 -
 

S. Damiano Macra (CN) telefono : (+39) 0171 900032 - 339 3155848
lopuy@email.it

 

 

(24.05.10) A In Val Maira, intorno ad un'azienda di capre da latte si sta sviluppando il progetto di un centro del pastoralismo e della capra

 

Una borgata di montagna rivive

e si candida come punto di riferimento tecnico-culturale

per l'allevamento caprino e il pastoralismo

 

di Michele Corti

Avevamo già parlato (vedi articolo correlato a fianco) dell'Azienda famigliare Lo Puy di Giorgio e Marta Alifredi (e figli) che prende il nome dell'omonima borgata di San Damiano Macra. Una borgata che era ormai del tutto abbandonata ma che, dopo l'insediamento degli Alifredi, ha ripreso a vivere. Qualche casa è stata sistemata da gente che viene per il week-end, una famiglia francese con bambini risiede ormai qui buona parte dell'anno. Nonostante i segni di queste presenze (gli infissi sistemati, i fiori alle finestre, le auto parcheggiate) la borgata mantiene un aspetto di paese 'fantasma'.

Colpisce la grande chiesa (vedi foto sopra) che, all'estremità dell'abitato, domina la valle da posizione altamente panoramica. La sproporzione tra la dimensione delle chiese e la consistenza demografica di tanti paesini di montagna provoca un groppo alla gola. Forse lascia indifferenti i tecnocrati che - quando sono illuminati e non si limitano a ignorare la montagna - pensano in termini di 'ritirata ordinata' dalle terre alte, di pianificazione dell' abbandono prima che sia troppo tardi e le comunità implodano. Non si sa se questi ragionamenti siano dettati da considerazioni sulla socialità e la qualità della vita delle persone che vivono in montagna o dal mero e freddo calcolo dei costi pro capite elevati  che la pubblica amministrazione deve sostenere per assicurare un minimo di servizi ai 'lassù gli ultimi'.

Il fatto è che non si vuole pensare in termini di autosostenibilità. Si pensa alla montagna (quella 'marginale',  non quella delle grandi stazioni turistiche) come una voce di spesa. Certo se la popolazione è scarsa e i km quadrati tanti il costo delle infrastrutture pesa. Tanta superficie tante opere di difesa del suolo, tanta viabilità forestale ecc. ecc. Il costo per gli allacciamenti alle reti tecnologiche (elettricità, acqua potabile, metano, telefono, interet) aumenta. Non si pensa, non si guarda più alla 'terra', campi,  boschi,  pascoli, ai prati come risorse. Il legname arriva da paesi lontani, la carne, il latte, la lana idem o, al massimo, dalle fabbriche di carne e di latte della pianura. Produrre in montagna è 'antieconomico' e così quelle che sono state ricchezze preziose per millenni diventano 'palle al piede'.

Così tecnocrati, 'verdi', speculatori rinnovando blocchi storici già collaudati, si alleano sostenendo che la montagna deve tornare alla wilderness. I loro assunti, però, sono fallaci. La 'razionalità' delle economie globali è 'drogata' come sappiamo dal fatto che pesanti voci di costo biologico, sociale, ambientale vengono semplicemente ignorate. Per fortuna ci sono esperienze che ribaltano tutto ciò e dimostrano che la montagna può essere 'rimessa a frutto', tornare 'edule'.

 

 La stalla in legno dell'Azienda Lo Puy (foto M. Corti)

La rarefazione della presenza antropica fa sì che forme di economia che in passato erano state 'compresse' possano tornare ad avere spazio. La capra è stata perseguitata in una fase storica in cui il legname era la principale fonte di energia e gli abitanti della montagna si erano spinti a coltivare ogni fazzoletto di terra, a trasformare a pascolo quanto più bosco possibile.

Alle capre erano concessi magri pascoli coperti di spine ed erano 'sorvegliate speciali' sotto l'occhio di pastori che - se sgarravano - pagavano di tasca loro le multe. Oggi campi, terrazzamenti, prati sono invasi dalla boscaglia e le capre hanno ampie superfici a loro disposizione. Senza causare danni, anzi contribuendo alla pulizia e al miglioramento dei boschi. Il ruolo dell'allevamento caprino nel far rivivere la montagna è una realtà su tutte le Alpi.

Dal latte si possono ricavare formaggi di pregio, specie se l'alimentazione è basata -  come a Lo Puy - largamente sul pascolo e se, nel caseificio aziendale, non difettano creatività, passione, voglia di interpretare la tradizione casearia locale. Giorgio Alifredi con il latte di capra fa miracoli. Nel senso che ha saputo creare e re-inventare una gamma straordinaria di prodotti (inimmaginabile il 'castelmagno' di capra). Se poi per alcune lavorazioni si mescola il latte di mucca allora le possibilità di ampliano ulteriormente. Il tutto con 50 capre e 2 mucche Jersey (foto sotto). Alla faccia di chi ottusamente si ostina a pensare che 'imprenditorialità' significhi numeri, enormi strutture prefabbricate in cemento armato, mega-trattrici, maxi carri unifeed ecc.

 Una delle due Jersey dell'Azienda Lo Puy (foto M. Corti)

Ma il bello dell'esperienza di Lo Puy è che Giorgio e Marta non vogliono tenere tutto questo solo per sè. Sono consapevoli che l'azienda di montagna del futuro non può essere un nucluo chiuso in sé stesso dove una rottura famigliare o scelte diverse dei figli possono far saltare tutto il lavoro di decenni. In passato le borgate rurali come Lo Puy erano collettività di autoproduzione in cui individualismo e comunitarismo si bilanciavano (e dove la possibilità di 'morte' di un'azienda non esisteva perché le risorse venivano redistribuite nelle reti vicinali-parentali). Oggi interpretare questo senso di comunità implica legami non così strettamente localizzati. L'azienda di montagna 'aperta' è al centro di reti in cui le figure dei 'consumatori'/ 'clienti'/ 'visitatori'/ 'amici'/ 'collaboratori'/ 'colleghi'/ 'partner' tendono, a volte, a sfumare e a sovrapporsi.

Posto che l'esperienza della rivitalizzazione di borgate abbandonate con aziende delo stesso tipo è riproducibile n volte nelle vallate cuneensi, piemontesi, alpine perché non agevolare il percorso dei 'nuovi contadini' (previa verifica di una seria vocazione e requisiti indispensabili)?. Giorgio e Marta pensano quindi di 'socializzare' la loro esperienza consapevoli di quanti ostacoli tecnici, ma - soprattutto - burocratici possano affossare l'entusiasmo dei giovani meglio disposti ed attrezzati. Pensano anche che tutte le esperienze che vanno al di là del puro fatto economico e individuale meritano visibilità.

Da qui l'idea, sostenuta dall'amico Luca Battaglini dell'Università di Torino, di un 'Centro della capra'. Il Centro vuole porsi come riferimento per i neo allevatori con funzione di Scuola pratica di pastoralismo con corsi pratici e tirocini. Affrontando le tematiche del pascolo, delle tecniche di allevamento, della caseificazione. E' un modo di colmare una grave lacuna perché tutti i paesi alpini hanno 'scuole di pastori' tranne l'Italia (che simili 'banalità' le snobba dal basso della sua supponente cultura urbanocentrica). Ma il Centro si pone anche come centro culturale e politico-culturale, punto di riferimento per gli allevatori dove elaborare collettivamente istanze, proposte, proteste, sollecitazioni nei confronti delle amministrazioni che - nel bene e nel male - condizionano la vita l'attività dei piccoli allevamenti, dei piccoli caseifici. Dove raccogliere anche documentazione e informazioni sulla eraltà del pastoralismo e dell'allevamento della capra nel passato e all'oggi. Progetti ambiziosi. Ma chi li caldeggia ha le idee chiare.

Aspetto qualificante del progetto il recupero di un edificio di pregio architettonico posto nel cuore della borgata. Nelle foto sotto ho ritratto alcuni aspetti del fabbricato. Di notevole interesse i particolari delle aperture (foto a dx). Notare le monofore con archivolto monolitico e le spalle realizzate con pietra di diverso colore. Testimonianze dell'origine medioevale dell'edificio. Se tutto va bene (i progetti sono stati momentaneamenti bloccati dall'accoglimento da parte delal Regione di alcun ricorsi degli esclusi dalla graduatoria) questa testimonianza del passato sarà fatta rivivere; verranno realizzati locali per le attività didattiche e di documentazione e i partecipanti alle attività del Centro potranno avere a disposizione una foresteria.

Il fabbricato che verrà recuperato per le attività del Centro sul pastoralismo e l'allevamento caprino (foto M. Corti)

 

 

 

 

 

 

 

 

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