Conoscere
gli alpeggi: formaggi (2)
La lavorazione del latte in alpeggio (Lombardia)
(schede didattiche-etnografiche)
di
Michele Corti
1. Formaggio, burro e altri latticini
Il latte che si utilizza in alpeggio può essere di vacca, di capra o misto (prevalentemente vaccino con aggiunta di una quota di latte caprino). Un tempo era utilizzato anche il latte di pecora, ma se ne èperso l’uso a causa dell’orientamento dell’allevamento ovino verso la produzione di carne; in alcune regioni alpine (Alpi Marittime, il latte di pecora èancora usato in alpeggio sia da solo che misto a latte vaccino e /o caprino). Con il latte si produce il formaggio che è il prodotto della coagulazione –mediante acidificazione naturale e l’aggiunta del caglio –del latte intero o scremato (parzialmente o meno). Oltre al formaggio in alpeggio si producono altri latticini: il burro (butéer), che si ricava dalla crema di latte (lo strato ricco di grasso che affiora naturalmente quando si lascia sostare il latte) e la ricotta (mascàrpa/maschèrpa/poina/puina) che si ricava dal siero di latte (la componente liquida contenente ancora una quota di proteine e di grasso che si separa dal coagulo quando si produce il formaggio). Dal punto di vista dei sistemi di trattamento, conservazione e lavorazione del latte vi èmolta differenza tra quelli che prevedono la produzione di butto e quelli dove si produce esclusivamente formaggio grasso. Nel primo caso sono necessarie strutture ed attrezzature per conservare il latte al fresco (da una notte a due giorni) per poter separare la crema, nel secondo caso si utilizza subito il latte “intero”ossia senza scrematura.

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Foto 1 -Per la mungitura è ancora utilizzata la sègia di legno (Michele Corti)
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Foto 2 -Brentélin alluminio ( a sinistra), sedèl di varia foggia in zinco e in alluminio, bidoni in plastica e in alluninioa scolare (Michele Corti)
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2. I materiali : un istruttivo museo del tempo
Gli attrezzi per il trasporto e la lavorazione del latte (ad eccezione delle caldaie di rame) erano un tempo tutti realizzati in legno e costruiti dai contadini stessi o da artigiani del villaggio. In montagna l’uso del legno èsopravvissuto più a lungo mentre nelle zone pedemontane e in collina nel ‘900 si diffuse abbastanza presto l’uso di materiali in rame, la lamiera di zinco e poi, ancor piùin alluminio, materiale leggero. Oggi l’alluminio èstato in parte soppiantato dall’acciaio inox o dalla plastica, ma sugli alpeggi -non èinfrequente trovare ancora attrezzi in rame e in legno accanto a quelli in acciaio inoxe plastica: un museo del tempo dove le esigenze di funzionalità hanno selezionato alcune novità, ma hanno lasciato spazio anche all’uso del legno. Quest’ultimo, che –a causa della sua porosità-per parecchi anni è stato osteggiato in nome dell’igienicità delle produzioni, oggi non solo èammesso per la lavorazione dei prodotti tradizionali, ma viene rivalutato. Se ben puliti i materiali in legno possono trasferire al latte fresco una microflora casearia utile facilitando la lavorazione e la qualitàdel prodotto finale. D’altra parte si èvisto che sulle superfici di materiali in apparenza facilmente lavabili possono restare aderenti pellicole di microrganismi potenzialmente dannosi.

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Foto 3 -lette filtrato attraverso un cul, sostenuto da un telaio tradizionale in legnoinrame del tipo a pentola panciuta e raccolto in ramine di alluminio (Angela Panighetti)
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Foto 4 –Il latte viene filtrato direttamente nella caldaia (culdéra) per la produzione del Bitto, il cul è in alluminio e solo leggermente panciuto. Lungo telaio (trèta) di supporto (Paolo Canale)
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Foto 5 –Sul fondo del cul alcuni rametti di abete rosso (pèsc) fungono da filtro (Angela Panighetti)
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Foto 6 –Ramine con latte in sosta (il raffreddamento èrealizzato favorendo la circolazione d’aria attraverso numerose aperture sui muri perimetrali della casera (Michele Corti)
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3. Trasporto e sosta del latte e del siero
I secchi per la mungitura e il trasporto del latte a breve distanza erano di varia foggia; a volte erano usati anche dei mastelletti. Per lo spostamento a più lunga distanza si usavano il bilanciere e il brentèl [vedi trasporti].
L’uso di recipienti di legno è oggi limitato ai secchiper la raccolta del latte durante la mungitura(anch’essi divenuti rari) e per quella del siero durante lo “spurgo”della pasta di formaggio(vedi oltre). L’uso dei bidoni di metallo per iltrasporto e delle“conche”di rame o altrirecipienti in metallo per la sosta del latte ai fini dell’affioramento della panna(vedi oltre) ha invecetrasformato in arnesi da museo vari tipi di mastelletti.
Secchi e mastelli di legno erano invariabilmente costituiti da doghe tenute insieme da cerchi anch’essi di legno (in tempi piùrecenti da cerchi di metallo). Le parlate locali tendono a distinguere indicandoli con termini diversi i secchi di legno e quelli di metallo (e plastica) ségiuu/segiòm/segiót/ségia/sèjia= secchi di legno per raccogliere il latte sidèl/sedèl/sedèla/sidèla= secchio in metallo.
4. Filtratura
Il latte come prima cosa deve essere filtrato dalle impurità solide che possono essere finite nei secchi e devono essere rimosse il piùpresto possibile per non contaminarlo (con frammenti di sterco, terra o altro sudiciume contenenti microorganismi anticaseari in grado di provocare gravi difetti al formaggio e di compromettere le sue qualitàigieniche. La filtrazione avviene mediante l’uso di grossi imbuti appoggiati su telaietti posti di traverso al recipiente dove si raccolglieil latte (la caldaia per la produzione del formaggio se si produce burro, altrimenti nei recipienti per l’affioramento della panna). Anche per la filtratura un tempo si usavano arnesi di legno di varia foggia. Prima dell’avvento della plastica ha avuto larga diffusione il rame (affiancato da alluminio ). I “coli”sono di forma tronco-conica, ma piùspesso panciuti . Per piccole qunatitàdi latte si usa l’imbuto da cucina (pedriöö).
L’uso della reticella filtrante è piuttosto recente in montagna dove si utilizzavano materiali vegetali (foglie, rametti di abete, felci, ortiche) o della tela fine per trattenere le impurità solide del latte. Un tempo i coli in legno erano spesso costituiti da un pezzo unico a cassettina che si appoggiava sui recipentidove si raccolgievail latte filtrato. Con l’introduzione dei coli in metallo si sono introdotti ovunque i telai di supporto. La filtraturaavviene sia appoggiando il “colo”sulle bacinelle piatte e larghe dove avviene l’affioramento della crema, sia direttamente nella caldaia utilizzata per la produzione del formaggio quando si lavora latte intero. cul/cól/coléir = “colo” sc-calét/trèta/coléra = telaio porta colino.

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Foto 7 –Vari attrezzi (in legno, rame e plastica) usati anche per attingere la crema Michele Corti)
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5. La produzione del burro
5.1 – L’Affioramento naturale
Per produrre il burro artigianalmente è necessario versare il latte in recipienti bassi e larghi che vengono collocati in un luogo freddo, il tutto per facilitare l’affioramento in superficie dei globuli di grasso e poter separare la crema (pànera, la flúrr in alta Valtellina) dalla quale si ricava poi il burro (butéer/ bütéer). Normalmente, invece, le industrie producono il burro per centrifugazione del latte (in questo modo la crema non subisce quella maturazione ad opera della flora microbica che la arricchisce di aromi). Il latte riposa negli appositi recipienti per un tempo variabile. Dove si vuol produrre formaggio semigrasso si screma per una notte il latte della mungitura serale e lo si unisce a quello intero della successiva munta mattutina. Quando si desiderava ottenere molto burro si lasciava il latte a sostare anche per un giorno e mezzo o due. Ne derivava un formaggio magrissimo che assumeva un colore verdognolo e che era utilizzato solo per l auto cosumo contadino. Anche per la sosta del latte ai fini dell’affioramento della cremasi usavano recipienti di legno (li pazìda, in alta Valtellina, mastèle altrove). Successivamente sono state usate (e lo sono ancor oggi) bacinelle in alluminio, lamiera zincata o rame;di norma tali recipienti sono circolari. Se l’aria èsufficientemente fredda e si devono lavorare grosse quantitàdi latte a volte anche in alpeggio si utilizzano vaschette rettangolari capaci di 1-2 hl sostenute su cavalletti. Dove le bacinelle devono essere immersenell’acqua fredda di fonte si utilizza spesso un piccolo fabbricato appositamente costruitoin corrispondenza della sorgente (casèl del lac’, cassina del lèc’), in altri casi si sfruttano cavità naturali ricavate tra grandi massi di antiche frane dove soffiano correnti fredde,in altri casi ancora, dove le sorgenti difettano in primavera si accumulava la neve nelle nevére/giazére-costruzioni particolari a pozzo moltodiffuse in Valle Intelvi [vedi fabbricati].ramina/cónga= bacinella in metallo per l’affioramento della crema del latte.
4.2 -Spannatura(a mano)
La crema viene asportata con uno strumento manuale che, anche inquesto caso, era di legno, l’attrezzo più semplice è una specie di scodella piatta e rotonda di legno di acero senza manico (bàsla). Un altrotipo, semprein legno, con ilbordoposteriorerialzatoe quello anteriore basso e sottile per meglio attingere la crema è provvisto dimanico che termina invariabilmente a ricciolo. Questo tipo è ancor oggi in uso. Analoghi arnesi costituiti da un piattimo molto sottile e provvisti di manico sono stati in seguito realizzati in rame, zinco e alluminio. Di recente si è diffusol’uso della schiumarola da cucina bucherellata che viene utilizzata anche per attingere la ricotta.
bàsla/cóp/ spanadùu/ spanaröla/ cazüu/cazìn= spannatoiain legno
spanaröla= spannatoia in metallo
cápsula/ salvigèra= schiumarola da cucina bucherellata

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Foto 9 –(sopra) L’interno del pistone della penàgiacon il rudèl(Cristina Bianchi)(sopra)
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Foto 10 –Azione di zangolaturacon la penàgia(Cristina Bianchi)(a destra)
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4. 3 -La zangolatura
Il burro èottenuto separando la sostanza grassa della crema dal latticello. In alcuni casi si può produrre un burro si seconda qualitàanche separando il grasso dal siero di latte. La formazione del burro si ottiene nei caseifici artigianali per scuotimento della crema. Il burro si forma per avvicinamento e rottura dei globuli di grasso. Dalla rottura dei globuli fuoriescono trigliceridiliquidi che cementano i globuli rimasti intatti e i trigliceridicristallizzati. Questo processo èfavorito dall’acidificazione naturale della crema (durante il periodo di affioramento) e da una temperatura non molto elevata (12-15°C) alla quale i globuli di grasso più rigidi e fragili ma è rallentata da temperature basse mentre a quelle piùalte l’operazione èpiùveloce ma si perde in resa. Si chiama zangolatural’operazione di sbattimento della crema. E’un’operazione che, in caso di quantitàimportanti di prodotto richiede molta energia. L’attrezzo piùsemplice e antico per sbattere la crema e impastarla ècostituito dalla zangola a pistone. Essa consiste in un recipiente alto e stretto cilindro (in realtà leggermente tronco-conico) di legno (penàgia/ penéglia/ penac’).
La zangola a pistone èformato da doghe (duuf) e alta 50-70 cm. Dentro il cilindro si fa scorrere su e giùun pistone (penagìn) formato da un lungo manico cui, all’estremitàèfissato un disco bucherellato (rudèl). La parte superiore dell’attrezzo èfornita di un coperchio tornito (cuèerc). In funzione della temperatura i tempi per menàa la penàgia possono protrarsi per ore se la temperatura è molto fredda.
In considerazione della fatica necessaria per manovrare la zangola a pistone si è diffusa col tempo per quantità superiori ai 10 litri la zangola rotatoria (che spesso mantiene il nome di quella a pistone. Essa èa forma di botte o di tamburo rotanti su un asse orizzontale sorretto da un cavalletto. La zangola rotatoria èmossa da una manovella o, quelle più grosse, dall’energia idraulica (ottenuta un tempo direttamente mediante l’uso di piccoli mulini con pale di legno ed oggi mediante turbine idroelettrich. In tempi recenti èstata motorizzata dove vi èl’allacciamento alla rete elettrica o dove si usano motogeneratori(a gasolio) anche per altre finalità.
4.4 -Lavaggio e modellazione del burro
Al termine della lavorazione la zangola contiene oltre al burro il latticello (al pén, al lac’dal butéer) che viene allontanato versandolo dalla penàgiao medianteun foro aperto sul fondo della zangola rotatoria. Il latticello èdi solito somministrato a maiali o vitelli ma veniva usato anche per la produzione di formaggio magro (unito al latte) o per la preparazione di formaggini.
Prima di preparare i panetti il burro va accuratamente lavato (per rimuovere l’eccesso di acidità) e impastato a mano (od anche aiutandosi con un’assicella rettangolare munita di manico per spremerlo meglio). Per l’uso casalingo si usavano delle semplici pallottole (balòt), per confezionare i pani di (panetéi/panèi de butéer) da destinare alla vendita, invece si usano tutt’oggi gli sc-tampìndi legno di acero, spesso artisticamente intagliati sul fondo con disegni caratteristici (di solito la mucca, un fiore, soldanella, stella alpina, un paesaggio). Lo stampo viene dapprima immerso in acqua bollente, poi in acqua fredda edimmediatamente riempito di burro; per ricavare il “panetto”si batte con un movimento deciso lo stampo sul tavolo. Vi sono degli sc-tampìn con i bordi incernierati tra loro per consentire di estrarre il panetto senza fatica.

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Foto 11 –Bell’esempio di utilizzo dell’energia idraulica per azionare la zangona(Michele Corti)
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Foto 12 –Quando non si può derivare l’acqua si colloca la zangola sui corsi d’acqua (Michele Corti)
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Foto 14 –Zangola rotatoria azionata a manovella (Michele Corti)
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Foto 15 –Motorizzazione della zangola rotatoria (Michele Corti)
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