Durante
il servizio militare il mio meridionalismo ideologico
si scontrò con una realtà alla quale non ero preparato:
ufficiali, sottufficiali, "firme" erano
in gran parte provenienti dalle regioni del meridione
d'Italia e l'impronta sull'organizzazione ... si
vedeva. la differenza di mentalità era forte e la
sensazione di un esercito "colonizzato"
dai meridionali (ma poi, riflettendoci, valeva lo
stesso per gli apparati pubblici a tutti i livelli)
mise in moto un processo di completa revisione di
tutti i dogmi imposti dal credo di sinistra.
Era iniziata la fase protoautonomista o, se preferite,
protoleghista. Nei primi anni '80, pur in un sostanziale
disinteresse per la politica le letture si orientarono
verso i temi delle minoranze etniche e linguistiche
(le "lingue tagliate", le "nazioni
senza stato").
Non
ci volle molto a concludere che la Rai "de
Roma", gli insegnanti meridionali, i prefetti
"borbonici" (un termine che mi insegnò
un anziano montanaro proprio tra la fine degli anni
'79 e l'inizio degli anni '80 ) rappresentavano
una forma di oppressione etnica. Noi lombardi che
(insieme ai veneti) paghiamo la maggior parte delle
tasse a "Roma ladrona" dovevamo anche
vedere sbeffeggiata e calpestata qualsiasi nostra
specifica espressione culturale. Bisognava ribellarsi.
Nel 1985 con queste premesse trascorro un anno in
Scozia con una borsa di ricerca del British Council.
Di fronte a tanto orgoglio per la propria nazione
da parte degli scozzesi, di fronte alla loro puntigliosa
ricerca di distinzione di ogni forma di espressione
sociale da quelle inglesi (nello sport, nella cultura,
in ogni aspetto della vita civile) non potevo che
provare una profonda vergogna in quanto lombardo.
Dalla rabbia in certe notti non potevo dormire e
sognavo la "liberazione nazionale" (perchè
Scozzesi, Catalani, Baschi, Corsi sì e noi no?). La
nostra lingua e la nostra cultura sono proprio spazzatura,
la nostra operosità è buona solo per il dileggio?
Ma Milano non è stata in alcuni secoli una delle
capitali dell'Europa e Petrarca e Leonardo
non erano al soldo dei Duchi, della Vipera?
La
lingua lombarda è diversa dal toscano-italiano almeno
quanto il catalano dal castigliano e poi... le radici
celtiche e longobarde dove le mettiamo? Mi
sentivo proprio il "paga e taci somaro
lombardo" della prima propaganda leghista.
Nel 1987 la "scoperta" dell'esistenza
di un minuscolo gruppo politico denominato "Lega
Lombarda" rappresentò una folgorazione e mi
iscrissi quasi subito (1987). Nel 1989 venni proiettato
inaspettatamente nel consiglio comunale di una città
della "cintura rossa": S. Donato Milanese.
Nessuno avrebbe poturo scommettere allora che la
Lega ce l'avrebbe fatta, ma quel 2 o poco più
per cento di voti in una "fortezza rossa" erano
l'annuccio della tempesta che si preparava contro
il sistema partitocratico. Ma lì, per intanto, ero
solo a sfidare un'ostilità profonda.Nella militanza
PCI c'erano ancora atteggiamenti da "trinariciuti"
e, nella seduta di inaugurazione, il mio intervento
sulla "difesa della cultura lombarda"
venne accolto da boati da parte del pubblico dei
"rossi". Ero ancora un ragazo timido ma
queste reazioni invece che incutermi timore mi incitavano
a far valere le mie ragioni, mi sentivo molto simile
a quegli "eroi delle nazioni senza stato"
che ammiravo. In quanto "razzista" il
mio posto era all'estrema destra (avrei voluto
essere al centro, a sinistra dei DC, ma niente da
fare). Alla mia sinistra c'era il consigliere (unico
anch'esso) dell' MSI-DN: Ignazio La Russa. In realtà
la Lega e i leghisti erano oggetto di un odio, di
un disprezzo, di una discriminazione dai connotati
razzistici che oggi si fa fatica a credere. Anni
più tardi ho capito che l'atteggiamento degli intellettuali
"progressisti" si iscriveva con perfetta
continuità nella linea della "satira del villano"
e dell'odio per il "bifolco".
Ancora diversi anni dopo, quando nel 1993 venne eletto
sindacoMarco Formentini, alcuni militanti leghisti
che transitavano dal centro sociale Leoncavallo
per fare propaganda furono tirati fuori dalle auto
e sprangati. Dopo qualche tempo Umberto Gay, capogruppo
di Rifondazione, in una intervista al Corriere
commentava "i leghisti sono nemici
politici" e all'intervistatore che incalzava
"E questo ammette l'uso della violenza?"
rispose "Dello scontro si" e alla controdomanda
"Verbale, speriamo?" il nostro comunista
replicava "No, fisico. L'hanno fatto anche
i partigiani. Purchè sia per difendere
le proprie idee" "Distinguiamo tra forza
e violenza. A volte è necessario esercitare la forza:
la sinistra rappresenta le classi meno tutelate
e a volte deve farsi sentire anche andando contro
le regole". Questi sono i concetti di democrazia
e legalità dei compagni. Se queste apologie
di reato le avesse fatte un leghista è molto probabile
che le toghe non avrebbero lasciato la cosa
in silenzio, ma in Italia la legge non è uguale
per tutti.
Il missino La
Russa e i comunisti della maggioranza di San
Donato erano peraltro
in sintonia quando si doveva dare addosso al "leghista".
Devo dare atto ai democristiani di un comportamento
molto diverso. Di fronte ad un potere municipale
comunista che durava dal 1948 e che - localmente
- è crollato solo nel ... 2008, la DC locale - almeno
lì - faceva
una opposizione molto dignitosa e si notava anche
la volontà di cercare di capire il leghismo. Ma
la storia era destinata a correre veloce.
>>continua>>
|