Il
principio diTangentopoli fu il "Pio Albergo
Triulzio",già venerabile istituzione assistenziale
per il ricovero degli anziani (nota ai milanesi
coma la Bagìna). Nei secoli era divenuta
un grandissimo proprietario fondiario. Fu gestita
in modo esemplare per secoli. Mia madre mi raccontava
dello zelo con il quale l' "ingegnere"
veniva in cascina a redigere gli inventari (mio
nonno era "fittavolo"). Guai se mancava
una pianta e i canoni erano salati. Allora,
poi, non giravano "bustarelle". Poi l'istituzione
cresciuta grazie alla generosità dei ricchi milanesi
venne municipalizzata, lottizzata. Gestione degli
affitti delle aziende agricole, forniture, assunzioni,
consulenze professionali, tutto alimentava il "giro".
Noi milanesi andiamo molto fieri di queste istituzioni
e ci vantiamo di avere "inventato" il
primo brefotrofio e forse anche il primo ospedale
moderno. Esse dimostrano come l'operosità della
nostra gente, la capacità di creare ricchezza è
anche associata ad uno spiccato senso di responsabilità
sociale. Probabilmente da parte delle élites
che hanno creato queste istiuzioni al di là della
pietas contava un lungimirante senso della
ricerca di stabilità e coesione sociale, ma
queste non sono certo meno apprezzabili che le vuote
e strumentali retoriche sulla "solidarietà".
In quesi tempi i politici bianchi
e rossi per coprire la lottizzazione, il malaffare
(e per cercare di mettere a tacere i "razzisti"
ed "egoisti" della Lega che li accusavano)
si riempivano la bocca di "solidarietà"
(una parola veramente inflazionata).
Ma
torniamo al Pio Albergo. Era un feudo del PSI e
il boss era Mario Chiesa. Fu lui che il pool di
"mani pulite" prese per primo di mira.
Da parte mia non stavo con le mani in mano. Avevo
avuto segnalazioni di "affittopoli" anche
relativamente ad altri enti (la Ca' Granda, l'Ospedale
Maggiore, il più grande latifondista di Lombardia).
Scrissi a Di Pietro ma non successe nulla. Grazie
a nomine politiche nel consiglio di amministrazione
di questi enti si era installata la Coldiretti che
usava questa posizione di potere per tenere in mano
la "base" agricola. Il rapporto tra vertici
della Coldiretti e la "base" mi ha sempre
disgustato. Non dovrebbero essere sindacalisti al
servizio degli agricoltori? Avveniva il contrario,
erano gli agricoltori ad andare con il cappello
in mano all'ufficio di zona o provinciale a chiedere
i "contributi", i "favori".
Tutto veniva fatto calare come un grazioso
regalo del "sindacato". Del resto la Regione
i suoi uffici agricoli periferici li apriva a fianco
dell'Ufficio della Coldiretti (spesso in un immobile
della Federconsorzi). Le domande di finanziamento
non facevano grandi giri e le "graduatorie"
le stilava la Coldiretti, anche perchè dalla fondazione
della Regione fino alla legislatura precedente l'assessore
era sempre stato un esponente della "Bonomiana".
Con "affittopoli" non ricavai molto (mi
beccai una querela) e puntai su cooperativopoli.
Era chiaro il meccanismo con il quale i funzionari
della Coldiretti si pagavano le campagne elettorali
che li portavano in parlamento e a rafforzare il
loro potere di boss politici: fare avere finanziamenti
alle coop con una mano (tanto paga pantalone!) e
riprenderglieli dall'altra. Nel clima di Tangentopoli
anche gli agricoli trovarono il coraggio di parlare.
Era chiaro come alcune voci nei bilanci di alcune
coop (per prestazioni erogate dal sindacato) erano
fittizie. Nei Consigli delle coop (almeno quelle
più strettamente controllate) la Coldiretti metteva
i più sprovveduti, i più docili, qualli
più bisognosi di "favori". Firmavano quello
che gli chiedeva il rag. del sindacato e basta.
Era facile far girare I soldi. Un esposto ben circostanziato
alla Procura su alcune coop del milanese restò lettera
morta. Fecero più clamore interpellanze e campagne
di stampa. Con un gruppo di agricoltori leghisti
(quasi tutti giovani) avevo dato vita alla Associazione
Lombarda Agricoltori, tentativo velleitario di spezzare
il monopolio della "triplice dei campi"
che poteva contare su leggi che limitavano a qualsiasi
ruolo di rappresentanza le "organizzazioni
più rappresentative a livello nazionale". Anche
se l'ALA fosse stata la prima OOPPAA (organizzazione
professionale agricola) in Lombardia la Regione
non l'avrebbe cagata. L'ALA non decollò ma il suo
bollettino "Terra lombarda" ebbe un certo
impatto. Lo stampavo a mie spese (lo stipendio di
consigliere era molto più basso di quello odierno
ma era pur sempre "generoso" rispetto
a quanto guadagna la gente normale, laureati compresi)
e veniva distribuito dai giovani adrenti dell'ALA
sui "mercati" delle principali "piazze"
agricole della Bassa (Lodi, Melegnano, Codogno ...).
Raccontammo. tra altre cose poco gradite alla Coldiretti
- del contributo erogato da una coop lodigiana
all'on Castellotti. In quella fase c'era grande
attenzione ai finanziamenti per le campagne elettorali
Vi fu un gran polverone dal quale emerse che l'interessato
era riuscito a "regolarizzare" il
contributo e quindi non vi erano state violazioni
di legge. Restava il malcostume di un sistema di
controllori-controllati in cui le campagne elettorali
sono finanziate dai fondi "per l'agricoltura".
La Coldiretti mi attaccò violentemente sulle piazze
con volantini del Movimento Giovanile in cui, non
trovando argomenti politici, mi si accusava, io
leghista, di avere vinto il concorso universitario
grazie ai "baroni meridionali". Per
non vedere finire rinviati a giudizio i ragazzi
che avevano solo "eseguito" ordini dall'alto
la Coldiretti diversi anni dopo (i tempi della giustizia
...) dovette chiedermi pubblicamente scusa. Durante
quel periodo di attività para-sindacale parecchi
agricoltori mi riferivano di angherie. Una piccola
coltivatrice che lamentava le prepotenze di
un grossissimo e prepotente agricoltore vicino (che
voleva mettere le mani con metodi spregiudicati
sui suoi campi) mi fece vedere un atto di vendita
dei suoi terreni. Il venditore era il mio bisnonno
in linea paterna Francesco. Francesco nacque latée
ovvero casaro "autonomo" che, come
avveniva da secoli, prendevano in affitto un "casone"
all'interno di una cascina e acquistavano il latte.
La proprietà fondiaria è stata un'esperienza breve
per la mia famiglia (almeno per quanto riguarda
la linea paterna). Alle origini eravamo "bergamini"
ovvero allevatori/casari transumantiche per secoli
hanno praticato l'endogamia all'interno della loro
"tribù" orobica (venivano dalla Valsassina
e dalle valli bergamesche). Dagli antenati ho ereditato un
senso di indipendenza e di orgoglio che
non era comune nel mondo rurale (infatti erano
un po' nomadi).
>>continua>>
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