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Ruralpini             Biografia politica: tangentopoli

 

68 e postsessantotto (1969-76)

 

Autonomismo (1981-1989)

 

In Regione (1990-1992)

 

Tangentopoli agricola (1992-1993) f

 

Una battaglia troppo in anticipo sui tempi (1994)

 

I limiti del "potere" (1994-1995)

 

Post-leghismo (1995-2001)

 

Ruralismo (2001- )

Tangentopoli agricola (1992-1993)

 

Il principio diTangentopoli fu il "Pio Albergo Triulzio",già venerabile istituzione assistenziale per il ricovero degli anziani (nota ai milanesi coma la Bagìna). Nei secoli era divenuta un grandissimo proprietario fondiario. Fu gestita in modo esemplare per secoli. Mia madre mi raccontava dello zelo con il quale l' "ingegnere" veniva in cascina a redigere gli inventari (mio nonno era "fittavolo"). Guai se mancava una pianta e i canoni erano salati. Allora, poi, non giravano "bustarelle". Poi l'istituzione cresciuta grazie alla generosità dei ricchi milanesi venne municipalizzata, lottizzata. Gestione degli affitti delle aziende agricole, forniture, assunzioni, consulenze professionali, tutto alimentava il "giro". Noi milanesi andiamo molto fieri di queste istituzioni e ci vantiamo di avere "inventato" il primo brefotrofio e forse anche il primo ospedale moderno. Esse dimostrano come l'operosità della nostra gente, la capacità di creare ricchezza è anche associata ad uno spiccato senso di responsabilità sociale. Probabilmente da parte delle élites che hanno creato queste istiuzioni al di là della pietas contava un lungimirante senso della ricerca di stabilità e coesione sociale, ma queste non sono certo meno apprezzabili che le vuote e strumentali retoriche sulla "solidarietà".  In quesi tempi i politici bianchi e rossi per coprire la lottizzazione, il malaffare (e per cercare di mettere a tacere i "razzisti" ed "egoisti" della Lega che li accusavano) si riempivano la bocca di "solidarietà" (una parola veramente inflazionata).

Ma torniamo al Pio Albergo. Era un feudo del PSI e il boss era Mario Chiesa. Fu lui che il pool di "mani pulite" prese per primo di mira. Da parte mia non stavo con le mani in mano. Avevo avuto segnalazioni di "affittopoli" anche relativamente ad altri enti (la Ca' Granda, l'Ospedale Maggiore, il più grande latifondista di Lombardia). Scrissi a Di Pietro ma non successe nulla. Grazie a nomine politiche nel consiglio di amministrazione di questi enti si era installata la Coldiretti che usava questa posizione di potere per tenere in mano la "base" agricola. Il rapporto tra vertici della Coldiretti e la "base" mi ha sempre disgustato. Non dovrebbero essere sindacalisti al servizio degli agricoltori? Avveniva il contrario, erano gli agricoltori ad andare con il cappello in mano all'ufficio di zona o provinciale a chiedere i "contributi", i "favori". Tutto veniva fatto calare come un grazioso regalo del "sindacato". Del resto la Regione i suoi uffici agricoli periferici li apriva a fianco dell'Ufficio della Coldiretti (spesso in un immobile della Federconsorzi). Le domande di finanziamento non facevano grandi giri e le "graduatorie" le stilava la Coldiretti, anche perchè dalla fondazione della Regione fino alla legislatura precedente l'assessore era sempre stato un esponente della "Bonomiana". Con "affittopoli" non ricavai molto (mi beccai una querela) e puntai su cooperativopoli.

Era chiaro il meccanismo con il quale i funzionari della Coldiretti si pagavano le campagne elettorali che li portavano in parlamento e a rafforzare il loro potere di boss politici: fare avere finanziamenti alle coop con una mano (tanto paga pantalone!) e riprenderglieli dall'altra. Nel clima di Tangentopoli anche gli agricoli trovarono il coraggio di parlare. Era chiaro come alcune voci nei bilanci di alcune coop (per prestazioni erogate dal sindacato) erano fittizie. Nei Consigli delle coop (almeno quelle più strettamente controllate) la Coldiretti metteva i più sprovveduti, i più docili, qualli più bisognosi di "favori". Firmavano quello che gli chiedeva il rag. del sindacato e basta. Era facile far girare I soldi. Un esposto ben circostanziato alla Procura su alcune coop del milanese restò lettera morta. Fecero più clamore interpellanze e campagne di stampa. Con un gruppo di agricoltori leghisti (quasi tutti giovani) avevo dato vita alla Associazione Lombarda Agricoltori, tentativo velleitario di spezzare il monopolio della "triplice dei campi" che poteva contare su leggi che limitavano a qualsiasi ruolo di rappresentanza le "organizzazioni più rappresentative a livello nazionale". Anche se l'ALA fosse stata la prima OOPPAA (organizzazione professionale agricola) in Lombardia la Regione non l'avrebbe cagata. L'ALA non decollò ma il suo bollettino "Terra lombarda" ebbe un certo impatto. Lo stampavo a mie spese (lo stipendio di consigliere era molto più basso di quello odierno ma era pur sempre "generoso" rispetto a quanto guadagna la gente normale, laureati compresi) e veniva distribuito dai giovani adrenti dell'ALA sui "mercati" delle principali "piazze" agricole della Bassa (Lodi, Melegnano, Codogno ...). Raccontammo. tra altre cose poco gradite alla Coldiretti - del contributo erogato da una coop lodigiana all'on Castellotti. In quella fase c'era grande attenzione ai finanziamenti per le campagne elettorali Vi fu un gran polverone dal quale emerse che l'interessato era riuscito a "regolarizzare" il contributo e quindi non vi erano state violazioni di legge. Restava il malcostume di un sistema di controllori-controllati in cui le campagne elettorali sono finanziate dai fondi "per l'agricoltura". La Coldiretti mi attaccò violentemente sulle piazze con volantini del Movimento Giovanile in cui, non trovando argomenti politici, mi si accusava, io leghista, di avere vinto il concorso universitario grazie ai "baroni meridionali". Per non vedere finire rinviati a giudizio i ragazzi che avevano solo "eseguito" ordini dall'alto la Coldiretti diversi anni dopo (i tempi della giustizia ...) dovette chiedermi pubblicamente scusa. Durante quel periodo di attività para-sindacale parecchi agricoltori mi riferivano di angherie. Una piccola coltivatrice che lamentava le prepotenze di un grossissimo e prepotente agricoltore vicino (che voleva mettere le mani con metodi spregiudicati sui suoi campi) mi fece vedere un atto di vendita dei suoi terreni. Il venditore era il mio bisnonno in linea paterna Francesco. Francesco nacque latée ovvero casaro "autonomo" che, come avveniva da secoli, prendevano in affitto un "casone" all'interno di una cascina e acquistavano il latte. La proprietà fondiaria è stata un'esperienza breve per la mia famiglia (almeno per quanto riguarda la linea paterna). Alle origini eravamo "bergamini" ovvero allevatori/casari transumantiche per secoli hanno praticato l'endogamia all'interno della loro "tribù" orobica (venivano dalla Valsassina e dalle valli bergamesche). Dagli antenati ho ereditato un senso di indipendenza e di orgoglio che non era comune nel mondo rurale (infatti erano un po' nomadi).

 

>>continua>>


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