Materiali
via
dal vento
(portale
sugli impatti dei parchi eolici)
i
ruggiti del leone veneziano: quattro giganti eolici
sulla via priula
(comunicato
di Legambiente valtellina del 31.03.2010)
Parere
negativo Parco Orobie bergamasche
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(25.03.10) Difendiamo il Passo di San Marco dallo scempio eolico:
appello per organizzare l'opposizione
leggi l'appello
(23.12.09) No al 'Parco eolico' al Passo di San Marco: 1a puntata:
gli ornitologi contro le maxi pale leggi tutto
Gli
alpeggi del Bitto patrimonio dell'umanità (PDF)
Simulazione
dell'impatto delle pale sul versante bergamasco (Valel
Brembana News)
L'antico
tracciato della Via Piùla presso il Passo di
San Marco
L'oro
degli alpeggi in stagionatura nel Centro del Bitto a
Gerola alta
|
(01.04.10) Mentre
dalla Sardegna arrivano buone notizie sul fronte di
progetti che avrebbero deturpato spiagge e mare del
Golfo di Cagliari giungono anche segnali di una
prossima mobilitazione contro il primo impianto eolico
in Lombardia
Stop
definitivo alle pale nel Golfo di Cagliari. Intanto
si rafforza l'opposizione alle maxi pale al Passo di
San Marco sulle Alpi Orobie lombarde
di Michele Corti
Presa di posizione
contraria alle pale di Lega ambiente Valtellina che evoca 'il ruggito del lion
veneziano contro i giganti eolici'. Riportiamo anche il parere negativo
del Parco delle Orobie bergamasche. Intanto la Pro Loco di Albaredo per
San Marco, orientata contro il progetto, si riunisce il 6 per decidere il
da farsi. E a fine mese la strada verrà sgomberata dalla neve per la posa di
una targa a Papa Giovanni e ci sarà la possibilità per valtellinesi e
bergamaschi di incontrarsi sul posto.
Simulazione
dell'impatto delle pale sul versante valtellinese (Gianpiero
Mazzoni)
Buone notizie dalla
Sardegna. Qui la mobilitazione trasversale delle forze politiche
locali contro il 'colonialismo energetico continentale' è forte e crescente e
nel Golfo di Cagliari la società Trevi Energy ha annunciato qualche giorno
fa di riununciare definitivamente al progetto dopo le denunce per no averlo
inoltrato alla Capitaneria di Porto. Dai golfi della Sardegna (e di altre
regioni costiere italiane) le mire dei 'signori del vento' si stanno
allargando ai Passi alpini. Sono i passi, infatti, dove nell'Italia del Nord
c'è un po' d vento, tanto da giustificare la installazione delle centrali.
Fermare lo scempio al
Passo di San Marco - che come ricorda Legambiente è legato oltre all'impatto
delle pale stesse alla necessità di realizzare strade di servizio a ciascuna
pala che serviranno poi per la manutenzione - è importante non solo per
salvare un passo che, in sè, ha un grande valore simbolico, storico,
turistico, ma anche per evitare che le mani dei 'signori del vento' si
allunghino su altri passi della Lombardia e delle Alpi tutte.
Il ruggito del lion
e il no di Legambiente
Nel comunicato di
Legambiente si evoca il Lion, quello che sta a guardia del Passo. Nell'effigie
scolpita nella pietra al Passo è lion de paxe (con l'evangelario aperto) come
si conviene a chi è lì a tutelare i traffici commerciali, ma, si sa, in
caso di necessità el lion oltre a ruggire chiude l'evangelario, lo
custodisce sotto la zampa e sfodera la spada. Il Lion si
aggiunge ad altri potenti 'protettori' che, come abbiamo
ricordato nell'articolo precedente, sono pronti a schierarsi contro le pale: l'Homo
selvadego, nume tutelare di alpeggi e casari (con al sua clava), e le
smisurate corna dei caproni della locale razza Orobica di Valgerola. Ma vediamo
cosa dice Legambiente (link al comunicato integrale nella colonna a fianco).
Il Leone di San Marco potrebbe ruggire rumorosamente all’idea di vedere quattro torrioni svettare sul passo. Il cigno di Legambiente storce invece il becco: l’associazione è sì favorevole agli impianti eolici, ma qualche no andrà pur lanciato.
Il
no del Parco delle Orobie bergamasche
Lo
scorso autunno in occsione della 2a conferenza dei servizi
il Parco delle Orobie bergamasche ebbe modo di esprimere
un secco parere contrario al progetto (link
al comunicato integrale nella colonna a fianco).
Da
quanto riassunto, considerata anche l’assenza di
soluzioni alternative di minor impatto, si evince
l’incompatibilità del progetto di parco eolico
con i vincoli vigenti e le azioni programmate nell’area
del Passo San Marco dallo scrivente Parco. Per questo
motivo, per quanto di competenza, si esprime PARERE
NEGATIVO alla realizzazione del progetto 'Piccolo Parco
Eolico' in località Passo San Marco – Comuni
di Albaredo per San Marco e Bema (SO), confermando il
precedente parere espresso in data 10 aprile 2008, ns.
prot. 504.
Ne
seguirono reazioni un po' stizzite dei politici valtellinesi
che invitarono nell'occasione il Parco bergamasco a
'non interferire'. E' bene precisare che il Parco sorgerebbe
sul territorio di due comuni valtellinesi: Albaredo
per San Marco e Bema. Quando il progetto è decollato
era sindaco di Albaredo Patrizio del Nero (attualmente
presidente del consiglio provinciale, assessore al bilancio
del comune di Albaredo, persidente dell'assemblea dei
comuni della Comunità Montana di Morbegno nonché
direttore del Multiconsorzio delle Dop valtellinesi);
sindaco di Bema era Silvano Passamonti (attualmente
presidente della Comunità Montana indagato per
'grave turbativa d'asta' in relazione a vicende di appalti
- 5 mil. di € - riguardani la frana di Bema). L'opposizione
bergamasca ha fatto spostare dal confine le installazioni
rispetto al progetto originario. Il Parco bergamasco
infatti fece chiaramente prseente che
...
l’eventuale sconfinamento, in particolari condizioni,
dell’Aerogeneratore n. IV nel territorio del Parco ad
avviso dello scrivente implica la necessità di
Autorizzazione Paesaggistica da parte del Parco Orobie
Bergamasche.
Le
nostre ragioni del NO. Per un Parco degli alpeggi storici
del Bitto
Pur
condividendo tutte le preoccupazioni espresse dal Parco
delle Orobie, Legambiente, Cai ecc. vi sono a nostro
avviso anche altre motivazioni sinora non adeguatamente
espresse. Il Passo di San Marco è tuttora interessato
dall'attività di diversi alpeggi su entrambi
i versanti. Questi alpeggi sono parte integrante della
'civiltà del Bitto' e della epopea dei malghesi
transumanti (cfr. M. Corti, C. Ruffoni, Il
formaggio Val del Bitt. La storia, gli uomini, gli alpeggi).
La storia della Via Priula, realizzata dal podestà
di Bergano Alvise Priuli nel 1592, è anche la
storia delle secolari transumanze (iniziate nel XV secolo
e intensificatesi tra XVI e XVII secolo) tra la Bassa
Lombardia e i pascoli delle Orobie, transumanze che
non interessavano solo gli alpeggi brembani ma si spingevano
oltre nelle Valli del Bitto. Quest'area è al
centro della zona storica del produzione del Bitto e
sono già state avanzate delle proposte per realizzare
il Parco
degli alpeggi storici del Bitto
o Parco
dei calec'.
Ma Parco eolico e Parco degli alpeggi fanno a pugni
e le pale potrebbero compromettere la realizzazione
di un Parco unico al mondo legato ad un formaggio, ai
suoi pascoli, alle sue tecniche. Con un flusso interssante
di turismo sostenibile.
Gli
alpeggi storici del Bitto tutelati dall’Unesco? Gli
alpeggi storici delle Valli del Bitto e della Valbrembana
a cavallo del Passo di San Marco sono indissolubilmente
legati al formaggio Bitto e un sistema in cui la gestione pascoliva, l’organizzazione dello spazio pastorale, la tipologia delle costruzioni rurali, gli attrezzi tradizionali, i saperi tramandati entro la comunità di pratica, costituiscono un tutto unico indissolubilmente legato ai luoghi dove nei secoli tale sistema si è evoluto ed affinato.
Ne
è simbolo il calec',
la capanna casearia senza copertura fissa (si usa un
telone impermeabile) dove si produce il Bitto 'storico',
sono veri e propri 'caseifici nomadi' che si trovano
disseminata sui pascoli. E si possono vedere in funzione
come secoli fa anche
allo stesso Passo di San Marco.
Oltre ad essere sfregiato il ricordo e la testimonianza
materiale della Via Priula verrebbe sfregiato e compromesso
il proposto Parco degli alpepggi storici del Bitto,
un elemento di richiamo mondiale in considerazione dell'eccellenza
del formaggio Bitto 'storico' e della sua storia profondamente
radicata nella tradizione pastorale ma anche così legata
alla 'grande storia'.
Tutto ciò rappresenta un patrimonio unico di grande valore talmente emblematico da divenire oggetto di una ricerca condotta nell’ambito del Forum Unesco University da un gruppo di ricerca del Dipsa-Università di Milano (Dipartimento per la protezione dei sistemi agroalimentari e urbano e la valorizzazione della biodiversità) che coordina un nutrito numero di università partner sparse per il mondo che lavora con l’UNESCO (Heritage Centre, Parigi) per intervenire e vigilare sul patrimonio culturale mondiale.
La ricerca ha lo scopo di applicare ad una realtà alpina i criteri per l’ ‘Individuazione, il riconoscimento e la gestione del patrimonio d’identità culturale generato all’agricoltura (rural heritage) in ogni luogo (vernacular), nell’evoluzione del territorio e della produzione’. L’attività di ricerca è coordinata con le attività previste da Piano triennale dell’Ecomuseo della Valgerola (di Gerola alta)riconosciuto dalla Regione Lombardia nel 2008 e di cui il Centro del Bitto, gestito dall’’Associazione Produttori Valli del Bitto’/ Presidio Slow Food ‘Bitto Valli del Bitto’ è parte integrante. Va sottolineato che il progetto ‘Rural vernacular heritage’ dell’Unesco ha la finalità di individuare ulteriori categorie di beni culturali da tutelare in aggiunta ai siti di interesse culturale o naturalistico (categoria quest’ultima alla quale di recente sono state inserite le Dolomiti). Per la Lombardia dovrebbe essere motivo di orgoglio una realtà come quella del Bitto 'storico' che si candida quale caso pilota di una nuova categoria di beni culturali Unesco. Senza nulla togliere alle Dolomiti ad una montagna ‘monumento naturale’ la Lombardia, nell’ambito alpino, potrebbe affiancare un esempio mondiale di ‘montagna dell’uomo’.
Non
è bastato il monito dei capannoni che pregiudicano
la candidatura Unesco delle terrazze coltivate a vigneto?
Lo scempio
eolico comprometterà ogni progetto di Parco
degli alpeggi del Bitto.
e le speranze di riconoscimento Unesco. E' bene
ricordare che i capannoni dilaganti sul fondovalle valtellinese
non hanno aiutato la candidatura della 'viticoltura
terrazzata' valtellinese quale 'patrimonio Unesco'.
Nel caso del Passo siamo in presenza di un 'salto di
qualità': dopo la devastazione paesistica del
fondovalle, con le costruzioni industriali e commerciali,
ora si sale anche in alta montagna, ancora più
su delle dighe dei bacini idroelettrici. E' una 'industrializzazione
del paesaggio' alpino che distrugge più risorse
di quelle che produce e va respinta perché frutto
di una situazione contingente che non può che
stimolare approcci speculativi di corto respiro di cui
ci si pentirà amaramente.
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