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Inforegioni/ WWF e boschi: non tocchiamoli

 

  

 

 

 

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Boschi: tra l'incudine delle 'filiere energetiche' e il

martello della 'non gestione'

 

Va denunciato il rischio di una nuova forma di colonialismo energetico e di sfruttamento intensivo delle risorse ma non per questo si deve paralizzare ogni forma economica di utilizzazione boschiva come vorrebbe il WWF che auspica che tutto vada lasciato 'alla natura' e che tutto il legname sia lasciato a marcire

 

Approvato, lo scorso 15 febbraio, il nuovo Regolamento forestale per la gestione e la promozione economica delle foreste, entrerà in vigore il 1° settembre 2010 ha scatenato reazioni opposte. Da una parte gli entusiasti sostenitori di una nuova economia delle filiere energetiche.  In prima fila, come d'obbligo, il presidente dell'IPLA (Istituto per le Piante da Legno e l'Ambiente) nonché presidente dell'UNCEM Piemonte che in un comunicato ha sostenuto che:

 

'… ci sono finalmente le condizioni per avviare un percorso virtuoso che potrebbe creare nelle nostre montagne un indotto economico stimato attorno ai 200 milioni di euro con una ricaduta occupazionale di 5-7 mila addetti, assicurando, nel contempo, un’energia da fonti rinnovabili e tutta di origine locale, una gestione forestale sostenibile, uno sviluppo economico e una qualità di vita a vantaggio della popolazione residente'

 

La repentina 'riscoperta' della funzione economica del bosco dopo decenni di 'pensiero unico' allineato al paradigma del bosco con funzioni prevalentemente protettive e naturalistiche potrebbe apparire sospetta. Lo scorso anno a Chiavenna (SO) si era tenuto (20 febbraio) un convegno UNCEM dal titolo: 'Tra stato e mercato c'è la montagna'. Era stato lo stesso Enrico Borghi, presidente nazionale UNCEM, ma anche 'testa d'uovo' e sostenitore di visioni tecnocratiche ad avanzare l'idea di un nuovo tipo di sfruttamento della 'risorsa montagna' basato non già sulla cementificazione selvaggia e gli impianti sciistici ma sulla 'green enonomy'.

Per evitare malintesi, e affinché nessuno possa pensare a cose del tipo 'agricoltura biologica' o 'turismo sostenibile', Borghi non lasciava spazio alla fantasia e concretizzava in modo sin troppo chiaro cosa lui e l'UNCEM intendano per 'green economy' montana: 'cicli integrati dei rifiuti', 'gestione di biomasse', 'impianti idroelettrici', 'trading di crediti di carbonio'.  

 

La proposta gestionale del WWF: guai togliere alcunché dai boschi, la legna deve poter marcire in pace

 

Sulla sponda opposta si pone il WWF che ha sferrato una campagna di inedita durezza contro la Bresso (presidente della giunta regionale piemontese)  accusata di volere la distruzione dei boschi, di essere come Attila. Minacciandola di negarle il voto alle imminenti regionali.

Nel clima pre-elettorale la cosa ha avuto una notevole eco ed è stata ripresa con enfasi da Beppe Grillo (uno che di boschi se ne intende ... ). Grillo si è 'documentato' sul pamphlet diffuso il 1° marzo dal WWF Piemonte  'Il grande inganno del progetto energetico da biomasse forestali della Regione Piemonte: sperpero di denaro pubblico ed enorme danno ambientale'. A parte il titolo il tenore 'scientifico' dei contenuti emerge da un grafico che all'inizio del libello mette in evidenza come le foreste italiane siano in via di sparizione. Il 'trucco' consiste nel rapportare le superfici boscate al numero di abitanti tra 1861 e 1998. I bosci sono tutt'altro che in calo. Lo stesso studio citato dal WWF ci ricorda che nel secolo scorso le superfici boscate sono raddoppiate. In ogni caso i titoli dei capitoli del pamphlet sono i seguenti: 'una truffa economica ai danni della collettività'; 'una truffa ai danni dei proprietari'; 'un prelievo non sostenibile'; 'un enorme danno ambientale' e, per concludere, ...  'meglio sarebbe non gestire' visto che 'lo sfruttamento forestale che si profila è immorale'.

Tutto il ragionamento è condotto come se, in forza delle nuove normative, si dovesse procedere per forza al prelievo massimo potenziale su tutta la superficie boscata regionale. Ipotesi fuori dalla realtà.

Ci pare utile, però, per coloro che ancora dubitano che l'obbiettivo del WWF (e simili) è la montagna deserta (con soli abitanti l'orso e il lupo), riportare le 'perle' del capitolo 'Meglio sarebbe non gestire'.

 

Poiché una tonnellata di legno fresco corrisponde a 0,91 tonnellate di CO2 assorbite, se ci astenessimo dal prelievo previsto di 2,2 milioni di tonnellate di legname all’anno e lasciassimo in pace i boschi, a costo zero potremmo conseguire l’obiettivo di stoccare ogni anno, nei boschi piemontesi, un quantitativo di CO2 pari a circa 2 milioni tonnellate. In relazione agli accordi internazionali vigenti, certificare tale assorbimento permette di ridurre i costi legati al superamento delle emissioni di CO2 consentite: si tratta di centinaia di milioni di euro che vanno a beneficio di tutti i cittadini, mentre produrre energia elettrica dai boschi è un affare solo per pochi. E se utilizzassimo gli attuali incentivi pubblici volti a favorire l’utilizzo delle biomasse forestali per corrispondere ai proprietari il doppio del valore del legname affinché non lo taglino, ma lo lascino nei boschi, faremmo felici moltissime persone, del bene all'ambiente e risparmieremmo ancora dei soldi.

 

Come se la CO2 restasse fissata per sempre!  Non c'è molecola di C (carbonio= che prima o poi torni in atmosfera, solo che se lo fa a seguito di marcescenza non abbiamo materiale da costruzione, combustibile, isolante e dobbiamo utilizzare per tutti questi usi materiali ed energie alternative che, per molto tempo ancora, significano uso prevalente di energia fossile = immissione netta in atmosfera (a differenza di quella rinnovabile). Ma andiamo avanti

 

I boschi 'abbandonati', a costo zero per il contribuente, svolgono inoltre molti altri positivi effetti ambientali. La necromassa legnosa, lasciata finalmente libera di accumularsi al suolo dopo gli intensi sfruttamenti del passato, protegge dall’erosione e rigenera il suolo, arricchendolo di materia organica e nutrienti che favoriscono la crescita degli alberi. Trattiene, inoltre, una gran quantità di umidità al suolo, fattore essenziale per la salute ecologica delle foreste in tempi di riscaldamento climatico.

 

Ancora una volta gli amici ambientalisti fanno finta di vivere nel mondo delle fiabe. I boschi avanzano da decenni e loro fanno credere che stanno sparendo, e fanno anche credere che ci sia un problema di carenza di accumulo di necromassa al suolo quando invece come sanno tutti quelli che frequentano la montagna vi sono problemi di eccesso di auccumulo. Un po' per le proibizioni di asportarla, un po' perché non c'è più nessuno che si piglia la briga di farlo tranne qualche benemerito ruralpino che raccoglie la foglia del bosco per fare il letto alle sue bestie e che, in attesa di togliere il disturbo e di lasciare la montagna all'orso e al lupo, farebbe forse meglio secondo gli ambientalisti a far venire gli autotreni di paglia da centinaia di chilometri di distanza sottraendo per lo più matetria lignocellulosica a terreni agricoli intensamente sfruttati e poveri di humus con la conseguenza di incentivare il consumo di concimi chimici. Ma andiamo avanti

 

I boschi 'abbandonati' possono non piacere esteticamente, ma sono in grado di rinnovarsi naturalmente, espandersi ed ospitare ricche comunità biologiche, seppur con tempi lunghi, lontani dalle logiche dei selvicoltori. Oltre un terzo di tutte le specie viventi nelle foreste temperate risultano associate alle fasi di invecchiamento e decadimento del legno.

 

Ma non è questione di piacere estetico. I boschi che 'avanzano' come auspica il WWF, inghiottono tutto quello che rimane di 'umanizzato' sul territorio. Il bosco 'abbandonato' inestricabile, monotono, privo di luce impedisce ogni funzione. Non solo non è habitat per l'uomo (boscaiolo, pastore, raccoglitore di funghi, escursionista) ma nemmeno per molti animali (e qui fanno finta di non sapere che è la varietà dell'habitat, l'alternanza di bosto, praterie, cespuglieti che favorisce la biodiversità.

 

Boschi degradati di collina (foto M.Corti)

La deriva speculativa va e può essere fermata con altri strumenti, non 'congelando' le foreste

Il regolamento forestale piemontese bilancia l'eccessivo vincolismo che ha ostacolato (in aggiunta alle condizioni di mercato) l'esercizio di attività economiche di utilizzo delle risorse boschive. Le normative regionali degli scorsi decenni (e la norma quadro statale tutt'ora vigente, che pone parecchi 'paletti' e severi limiti alla paventata deregulation regionale) sono state ispirate da criteri di protezionismo boschivo che potevano essere giustificati molti anni fa quando erano ancora in atto i rimboschimenti e molti terreni recavano le tracce dei denudamenti del passato e dell'ultima guerra. E' anacronistico insistere nel vincolismo esasperato a meno che si convenga con il WWF che i boschi vanno 'dimenticati', lasciati a loro stessi. Ma le persone di buon senso convengono che non è realistico seguire il 'consiglio' del WWF. Le conseguenze in termini di incendi (difficili da controllare in boschi 'selvaggi' e impenetrabili), frane (causate dal peso della stessa della massa arborea in terreni a forte pendenza e superficiali), accumulo di materiali e conseguente 'effetto diga' negli alvei dei corsi d'acqua, della totale assenza di gestione non sono accettabili e comportano costi elevati (altro che pagare per lasciare invecchiare, deperire e marcire i boschi!). Sarebbero i primi quelli del WWF e i loro simpatizzanti a chiedere l'intervento anti-incendio in caso di incendio dei 'loro' boschi selvaggi. E combattere l'incendio ha costi elevati, molto superiori alla prevenzione.

Il regolamento piemontese, che allenta un po' le regole di utilizzo dei boschi, che semplifica le procedure, che amplia in misura contenuta le possibilità di pascolo (salvo continuare anacronistivamente a vietare il pascolo in  bosco delle capre), che applica in modo più ragionevole le sanzioni (in Lombardia il rinnovato regolamento continua a prevedere sanzioni di centinaia di € per il danneggiamento di una singola pianta) va nella direzione di richieste da tempo avanzate da boscaioli e ruralpini in generale.

Da tempo i boscaioli chiedevano per esempio di consentire di estendere le epoche di taglio che riducevano troppo la durata della loro attività riducendo e azzerando l'economicità delle piccole imprese boschive montane.

'Si distruggono i nidi' si lamenta il WWF. In realtà non sono in gioco i nidi o altro. Non vogliono che i boschi siano gestiti, vogliono che avanzino fino a che l'ultimo montanaro sarà cacciato.

La 'speculazione' sulle biomasse a fini energetici si combatte rivedendo le sovvenzioni drogate, decidendo dove localizzare gli impianti e che tipo di impianti di utilizzo delle biomasse vanno incentivati.

L'utilizzo delle biomasse per l'autoproduzione di energia a livello locale integrando con il cippato gli scarti della lavorazione del legno in piccole centrali va incoraggiato, cosi come le piccole centraline aziendali. In realtà il WWF non si oppone solo alle grande centrali, alla 'colonizzazione energetica', si oppone a qualsiasi utilizzo del legname come energia rinnovabile, anche quello della stufa e del caminetto ad alta resa e a basse emissioni. Per loro qualsiasi utilizzo del materiale legnoso come combustibile è inaccettabile per via dell'elevato impatto ambientale:

 

La combustione del legno crea sostanze nocive (ossidi di azoto, polveri sottili, monossido di carbonio, idrocarburi policiclici, nichel, diossina, acido cloridrico, ecc.) in quantità maggiore di altri combustibili ed è un fattore di cui tener conto, ma il danno ambientale connesso all’utilizzo del legname per produrre energia è primariamente in rapporto all'alterazione e distruzione degli ecosistemi forestali.

 

Viene da dire: non volete l'alterazione dei sistemi forestali, volete lasciare i boschi alla 'natura' ma allora perché non lasciamo anche i mari e le pianure  alla natura e non peschiamo più, lasciamo che nelle pianure agricole tornino le paludi e la foresta. Cominciate a dare voi il buon esempio: evitate qualsiasi impronta ecologica, non mangiate più, non vestitevi più, non scaldatevi più. Poi ne riparliamo.

 

 

 

 

 

 

 

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