(29.01.09)
La storia surreale del Butiro di Malga
In
Trentino la Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai,
http://www.associazione-malghesilagorai.it/
è dall'inizio componente della Rete Ruralpina); è guidata da Laura
Zanetti e dal malghese Oswald Tonner si batte da anni per avere
riconoscimenti per i suoi prodotti: Butiro di malga originale del
Lagorai, Formaggio di malga originale del Lagorai.
I
malghesi dell'Associazione formano una comunità del cibo che corrisponde
al 100% con la filosofia Slow Food; eppure i Presidi Trentini
di Slow Food sono fatti con i grossi caseifici comprensoriali
o direttamente con il Concast-Trentingrana (consorzio dei caseifici).
L'operazione Presidi dei formaggi di malga fatti in caseificio (con
latte trasportato dalle malghe con le autocisterne) e quella del
Presidio del Botìro di malga fatto si con la crema di una malga del
Vanoi, ma al Caseificio Comprensoriale di Fiera di Primiero, sono state
presentate come operazioni per "salvare il salvabile".
Ma in Trentino non vi sono malghe dove tutt'ora si fa burro
e formaggio sul posto, come una volta. Come la mettiamo?
Il tanto
decantato Presidio del Botìro di malga del Primiero ,posto sugli
scudi e sotto i riflettori della macchina promozionale trentina,
non è un prodotto "salvato dall'estinzione". Nelle
vicine malghe del Lagorai il Butiro non si è mai smesso di farlo.
Su queste ultime lo si fa sul posto, in modo tradizionale, con attrezzi di legno,
come una volta (vedasi le immagini). Non si è mai estinto!
Certo che le "istituzioni" (Concast, Provincia, Servizi
veterinari, Servizio agricoltura) lo vorrebbero "estinguere"
negando autorizzazioni alla vendita, il riconoscomento quale
"Prodotto tradizionale", ma loro resistono. Sono dei "rompiballe"
perché una settimana si e l'altra pure dicono la loro sui problemi
della zootecnia e del settore lattiero-caseario provinciale e vanno
"controcorrente". Ma se queste considerazioni politiche
- che pur non giustificano le discriminazioni - sono comprensibili,
meno comprensibile è la posizione di Slow Food.
Ci
auguriamo pertanto che la Chiocciola, in coerenza con la politica
di difesa dei prodotti contadini, apra il Presidio del Botiro alle
malghe del Lagorai.
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Commenti ruralisti
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riportiamo
di seguito la nota sulla vicenda della
redazione
del sito trentino Ecce Terra
http://www.ecceterra.org/docum.php?id=1666
22.01.09
Mentre al Botìro del Primiero si aprono le
porte di enti pubblici e Slow Food, al burro (o botìro) e al formaggio
di malga del Lagorai (prodotti sullo stesso gruppo di montagne del primierotto)
si sono più volte chiuse in faccia, in questi anni, le porte delle istituzioni
che - di fatto - delegano al Concast ogni decisione in materia di
tipicità casearia, riconoscimenti ecc. È una situazione non nuova in Trentino in
cui, magari, qualcuno potrebbe intravvedere un conflitto di interessi. Fa un certo effetto vedere ora il pelo sullo
stomaco di certi ambienti e personaggi che innalzano peana per il Botìro del
Primiero. Fatto sì con crema di latte di malga, ma prodotto nel Caseificio
comprensoriale di Primiero.
È la stessa storia degli altri strani presidi
Slow Food-Concast: formaggi chiamati “di malga” ma che, onestà
vorrebbe, si chiamassero più correttamente "formaggi di latte di malga". Una
differenza non da poco perché con i formaggi di latte di malga il latte viene
trasportato in cisterne e, dopo la "raccolta", finisce mescolato ad altro latte
nei caseifici industriali, o semi-industriali che dir si voglia.Il valore del formaggio di malga, lo stesso
dicasi per la poina e il botìro, sta nel fatto che è di quella particolare
malga, che ne rispecchia le caratteristiche dei pascoli, come il particolare e
ben delimitato terreno per un vino di gran cru. Se la malga diviene solo un posto dove si munge
il latte, si apre la strada all’involuzione della malga stessa: poco personale e
poco qualificato, nessuna possibilità di fornire ai turisti il prodotto della
malga e di illustrare loro come nasce il formaggio (si può sempre fare la
caserata apposta per i turisti, come in certi agritur, ma è una finzione). Dove
va a finire la "cultura della malga"? Nei musei dove parecchi vorrebbero finisse
tutta la cultura contadina.
Con il marchio Slow Food si
vuole fornire un'immagine "autentica" a qualcosa che non lo è o lo è solo in
parte. Un gioco che vale fintanto che qualcuno grida "il re è nudo". Il marchio
Slow Food si compra (così come per fare un Presidio si paga) ma se, di
questo passo, invece di rappresentare uno strumento in difesa dei produttori
più piccoli e deboli diventa uno strumento per discriminarli ulteriormente, il
capitale rappresentato dal marchio dei Presidi verrà dilapidato e sarà un'altra
arma spuntata nella giungla di sigle, marchi e tante trovate che dovevano
difendere i prodotti tradizionali ma che, invece, strumentalizzano a favore di
qualcosa di diverso. Tra le incongruenze di questa vicenda va
ricordato che la Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai è
gemellata con l'Associazione produttori Valli del Bitto/Presidio Slow
Food. Ma, in Valtellina, Slow Food difende i piccoli produttori
tradizionali nei confronti del Consorzio di tutela e delle Coop, mentre in
Trentino sta dall'altra parte della barricata. Ci auguriamo che non sia solo per
soldi e che ci sia spazio per ripensamenti.
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