Quelli avvistati sulle Alpi (nel 2018 a
Tarvisio e nel 2020 in val Pusteria) potrebbero venire spontaneamente
dall'Austria (dove sono stati reintrodotti 40 anni fa) ma i due nuclei
sinora censiti in Toscana e Umbria sono, come tutti gli zoologi,
biologi, naturalisti, conservazionisti sani di mente concordano nel
dire, frutto di lanci illegali. Per cui potrebbero essere eliminati
anche sulla base del regime di super protezione (analogo a quello del
lupo) di cui gode il più grande, dannosissimo, roditore europeo. Dalla
Svizzera alla Baviera, dall'Olanda all'Austria e in Gran Bretagna, la
crescita esponenziale delle colonie e dei danni ha indotto ad applicare
la deroga al prelievo e ad avviare dei controlli. Ma sappiamo come
potrebbe finire in Italia. Una volta arrivato nella pianura padana
(dove era di casa ma "solo" mezzo millenio fa) potrebbe provocare danni
inimmaginabili all'agricoltura e all'assetto idraulico di territori
fragili (sotto il livello del letto dei fiumi). Già gli
animal-ambientalisti sognano il ritorno di grandi paludi
"riconquistate" alla Natura e con l'uomo costretto ad andarsene.
Lo sfondo. Storie e fondati sospetti di
lanci illegali per favorire la reintroduzione delle specie "tanto
amate" dagli animal-ambientalisti
La diffusione dei grandi carnivori
non è avvenuta sempre spontaneamente anche se, spesso, la loro mobilità
è riuscita a rendere verosimile e a "coprire" le operazioni di
immissione illegale. Secondo le Linee guida dell'INFS (confluito
nell'ISPRA) la lince non è specie autoctona presente in epoca storica
sugli appennini. Quindi nelle sue "Linee guida per l'immissione di
specie faunistiche" (Quaderni di conservazione della natura n. 27,
2007) e non sussistono le condizioni per un ripopolamento. Nello
stesso Quaderno si osservava che l'apparizione di nuclei di linci in
Trentino (dove sono poi riapparese negli ultimi anni) e sull'Appennino
(Abruzzo) era "quasi certamente" illegale (notare la pudicizia un po'
ipocrita di quel "quasi" che ha del paradossale riferito all'Abruzzo
considerato che si ribadiva, nella stessa sede, che la lince non è
autoctona). Di recente i linciomani hanno lanciato le loro beniamine in
Toscana. Osservata da diversi cacciatori (ma a loro non si concede
credito perché "brutti e cattivi") la lince è stata avvistata
nell'ottobre di quest'anno da degli escursionisti (ai quali si può
credere).
Quanto allo sciacallo dorato, è di pochi giorni fa la notizia
dell'apparizione in Toscana, avvistato dalle fototrappole di un'area
protetta. Ne danno entusiasti la notizia Natural oasis e altre sigle
che svolgono attività e studi nell'area suddetta. A pensar male si fa
peccato ma ... gallina che canta ha fatto l'uovo suggeriva il buon
senso rurale di un tempo. Quanto al lupo la sua mobilità, fin
troppo messa in evidenza da alcuni studidi telemetria che parevano
essere fatti apposta per "calmare le acque" e tacitare i troppi
sospetti (e a volte qualcosa di più) su un ritorno non proprio
spontaneo della specie, vi sono almeno due situazioni che lasciano
aperta la possibilità del lancio illegale. Una è quella del Mercantour,
il parco francese al confine con l'Italia dove il lupo apparve in modo
molto sospetto dopo l'annuncio il 14 aprile 1993 (preceduto da una
"secretazione" di sei mesi con intimazione ministeriale a un
giornalista di tacere). L'inchiesta parlamentare francese concluse che
non si può escludere nessuna delle ipotesi: ritorno spontaneo o lancio
illegale. In realtà vi sarebbero informazioni che riconducono alla
volontà del parco stesso di controllare l'eccessivo numero di mufloni,
l'introduzione illegale del lupo. In ogni caso l'inchiesta parlamentare
francese ha messo in evidenza che le apparizioni precedenti di lupi
allo stato selvatico riscontrate in Francia (conslusesi senza
diffusione della specie) erano ricondursi a lanci di soggetti
detenuti presso parchi del lupo (con varietà lupine esotiche). In
Italia la storia di Giulietta e Slavc, il lupo che avrebbe percorso più
di 1000 km per incontrare l'amata e fondare una colonia di lupi nella
Lessinia veronese (poi espansasi nel Veneto), è accolta con estremo
scetticismo e sarcasmo dalla popolazione che ritiene che Slavc sia
arrivato su quattro ruote.
InOssola, a un primo arrivo di lupi dalle Alpi occidentali nel 2003
non era corrisposto l'insediamento di branchi ... sino al 2018. I primi
lupi in dispersione sono stati vittime del controllo fai da te e di
incidenti. Poi, a un certo punto, le cose cambiano e, uno dopo l'altro,
appaiono i branchi 1, 2, 3, 4). All'inizio del 2019 viene ripetutamente
avvistata una coppia di lupi a Ornavasso. Il sindaco sceriffo dei lupi,
che aveva messo una taglia in occasione del riprovamento di una
carcassa vittima di colpi di arma da fuoco, li ha battezzati Orna e
Vasso, commovente. Il fatto è che i due sono stati visti troppe volte,
troppo vicini alle strade e alle case per non indurre in
sospetto. Quest'anno , a un organo di informazione dell'Ossola è
arrivata una lettera anonima piuttosto circostanziata.
Il posto e persino i personaggi del "lancio" sarebbero
identificabili.
Una lettera anonima non prova nulla. Certo che se l'autore si facesse
coraggio renderebbe un aiuto alla causa dei tanti allevatori ossolani
che hanno già cominciato a vendere i loro animali, vittime di
predazioni che, per una serie di motivi, restano "sommerse", non
denunciate.
Il castoro: l'ossessione per una
reintroduzione
Nel caso del castoro nessuno sostiene che le reitroduzioni siano
state spontanee. Quindi, almeno per questa specie, una delle più
"gettonate" dalla lobby in tutta Europa, le operazioni illegali sono
certe. E perché non potrebbe esserlo allora anche per la lince, il
lupo, lo sciacallo, l'orso? Si obietterà che il castoro è più
"maneggevole". D'accordo, ma, come sappiamo, zelanti conservazionisti
monitorano piuttosto attivamente i territori alla ricerca delle specie
predilette (chi ha trovato il primo castoro? operatori del "progetto lince") e i fototrappolatori sono sempre più numerosi; vi è poi
tutta una rete di aree protette, di centri di recupero fauna, di
oasi a presidio del territorio.
Per non parlare dei forestali. Dobbiamo credere che tutti costoro
non vedano, non sentano, non parlino? Ma vediamo cosa dice la Società italiana di Teriologia (la
teriologia è la branca della zoologia che studia i mammiferi). Non più
tardi del 18 novembre scorso, il direttivo della società ha emanato un position
paper a commento della scoperta nel marzo 2012 della presenza in
quattro aree tra Toscana e Umbria di due nuclei di castori. La
posizione è frutto di un workshop ed è condivisa con ISPRA. Intanto va
rilevato come le indagini abbiano messo in luce come queste presenze,
con almeno un evento riproduttivo, datino al 2019. Dal 2019 al 2021
nessuno di è accorto della presenza di una specie che lascia segni così
evidenti e univoci (tronchi abbattuti, dighe, tane, scortecciamenti)?
Ci dobbiamo credere? O c'è una rete di omertà che, in questo come altri
casi, copre i lanci illegali? Il documento nelle conclusioni
sostiene come I castori eurasiatici
presenti in Italia centrale siano verosimilmente frutto di immissioni
illegali,
in quanto non pianificate secondo le procedure adottate a livello
nazionale e internazionale e
previste dalla normativa vigente, e prive di qualsiasi autorizzazione
rilasciata dalle autorità
competenti. Esso auspica poi Una
attenta valutazione della fattibilità della reintroduzione sia
oltremodo imprescindibile per il
castoro eurasiatico, in relazione alla sua capacità di produrre
alterazioni negli ecosistemi, con
un’interazione di benefici e impatti negativi sull’ambiente e le
attività umane il cui risultato è
strettamente dipendente dalle condizioni locali. Infine,
rivolgendosi alla regioni chiede che Nelle
aree dove è accertata la presenza di
castori dovrà essere definito al più presto un piano per la rimozione
degli animali.
Qualche dato sul castoro
Il castoro, indicato
anticamente "bivera", rappresenta il roditore più grande della fauna
europea (20-30 kg di peso vivo) e il secondo per dimensioni al
mondo. Molto ben adattato alla vita acquatica (anche se non
come la lontra). Molto longevo, vive sino a vent'anni. La coppia resta
unita per tutta la vita. I denti incisivi superiori continuano a
crescere
per tutta la vita (e l'animale deve rodere legno in continuo). E' un
erbivoro in grado di utizzare parti
vegetali molto fibrose (cortecce). In analogia con il coniglio,
ma in forma più sviluppata, il castoro, grazie a un enrme sviluppo
dell'intestino cieco e alla flora microbica in esso contenuta, è in
grado di utilizzare la cellulosa. Metre gli acidi grassi derivati dalel
fermentazioni sono utilizzati passando attraverso la parete
intestinale, la componente proteica (proteina microbica) viene assunta
ingerendo le particolari deiezioni provenienti dal cieco. Questa
caratteristica digestiva consente al castoro di soppravvivere in
inverno. Durante la stagione vegetativa si nutre delle foglie degli
alberi abbattendoli con l'effcienza di una motosega (non è in
grado di arrampicarsi sugli alberi). Una volta defogliati, i rami sono
utilizzati per la costruzione delle dighe con la finalità di creare un
ambiente acquatico favorevole. La
tana dei castori è semisommersa, costruita con rami e fango. In essa il
castoro trascorre molto tempo e costituisce delle riserve di cibo.
Allagando tutto lo spazio intorno, l'animale ricerca condizioni di
sicurezza. Sulla terra si muove in modo relativamente lento e potrebbe
essere una preda del lupo, in acqua è molto agile. Si sposta su terra a
una velocità massima di 7 km h e quando si sposta alla ricerca di nuove
aree da colonizzare copre 4.5 km al giorno. Con queste caratteristiche è
ovvio che l'apparire a centinaia di km dalle aree dove è insediato
(Austria) è materialmente impossibile.
A parte l'assurdità di spostarsi dalle Alpi dove non vi sono
ancora solo pochissimi individui, un animale che attraversa le strade
alla velocità di un uomo corre un rischio enorme di essere stirato
dagli autoveicoli. E di attraversamenti stradali da Tarvisio (o la la
Pusteria) alla Toscana ve ne sono un bel po'. Di fatto, quindi, il castoro
resta sempre vicino all'acqua ma, a differenza della maggior parte
delle specie non si adatta all'habitat, lo crea. In questo modo
influisce in modo pesantissimo sulle attività umane, un fatto che
diventa critico e fa sorgere forti conflitti in tutte quelle aree dove
il reticolo idrografico e le esigenze di regimazione idraulca sono
complesse. Dall'alto medioevo
in poi, in forza della riduzione degli spazi incolti, dei boschi, delle
paludi, il castoro ha visto ridursi considerevolmente i suoi habitat.
In Francia, alle foci del Rodano si è mantenuto sino al XIX secolo, in
alcune zone della Svizzera sino all'inizio dello stesso secolo, ma in
Italia, dove era presente soprattutto in Lombardia e Veneto, il
prosciugamento delle "valli" ha determinato la scomparsa della specie.
Le ultime ridotte sono state le paludi del ferrarese. L'estinzione in
area deltizia padana risale al XVI, al massimo al XVII secolo. In
Europa il castoro eurasiatico (che non si ibrida con quello americano
per una significativa differenza nel numero di cromosomi), si era
estinto prima della fine del XIX secolo. La specie era
sopravvissuta con soli 300 esemplari al di là degli Urali. Ai primi del
Novecento, in tutta l'Eurasia, vi erano 1200 castori. All'inizio
del XXI secolo, il castoro, in forza di reintroduzioni e di una
crescita vorticosa aveva superato in Europa il milione di
esemplari. C'è da chiedersi perché il castoro sia scomparso? La
narrazione ambiental-animalista ha sempre battuto il chiodo delle
pellicce, della carne ricercata (bianca e delicata era richiesta nel
medioevo per le esigenze di rispetto del precetto del magro), castoreum
(la secrezione di ghiandole perienali, contenebte feromoni, utilizzata
per la macratura del territorio). Ma è proprio così? E' stata l'avidità
dei cacciatori di pellicce a far estinguere il castoro? In realtà, e il
caso "nostrano" delle aree del delta padano lo mette bene in evidenza,
con le bonifiche (che una volta realizzate richiedono il mantenimento
di una rete di opere idrauliche), il castoro diventava incompatibile
con il territorio. In tempi recenti la smania di "rinaturalizzazione"
ha spinto a sottovalutare questi aspetti.
Una strada interrotta a causa delle
attività dei castori in Russia
Ma, quando le popolazioni di castori assumono consistenza ecco che,
a questo punto iniziano le problematiche. Gli ambientalisti hanno
promosso reintroduzioni, sia legali che legali, in diversi
paesi continentali (sino alla Spagna) e, nel 2009, il
castoro è stato portato anche in Gran Bretagna. In Polonia, nel
2010, quando già i castori ammontavano a 100 mila, essi sono
stati riconosciuti causa di gravi allagamenti tra maggio e giugno
e le autorità di Konin, nella Polonia centrale, hanno
chiesto il prelievo di 150 castori. Il castoro, specie che
ha rischiato l'estinzione, è tutt'ora inserito nell'Allegato II della
direttiva Habitat. Gode dello stesso livello di protezione del lupo. Ma
c'è un elemento in più: tane e dighe sono protette anch'esse. Come il
lupo, il castoro, è in forte espansione e aumento numerico. La lobby
ambiental-animalista, come sappiamo su questo regime di protezione
anacronistico "ci marcia" e spinge verso una crescita delle popolazioni
che genera conflitti sociali sempre più aspri. Il castoro continuerà ad
essere protetto perché è un fattore potente di "rinaturalizzazione", di
messa in crisi delle infrastrutture idrauliche, di promozione del
ritorno delle paludi. Il verde animal-ambientalista che valuta l'uomo
una specie nociva da ridurre e, magari, da estinguere, giubila per
l'affermarsi di una fauna e una flora palustri ma coloro che hanno a
cuore l'uomo, intendono sfamarlo e tenere lontane le zanzare non
possono pensarla nello stesso modo.
Nel caso del castoro, quello che era considerato (quando era
estinto) un "simpatico" animale di cui (un tempo) si celebrava la
laboriosità, l'immagine sta rapidamente modificandosi in quella di un
animale nocivo e divisivo. La lobby si affanna a ripetere che il
castoro promuove la biodiversità e il miglioramento ambientale ma ci
vuole poco a capire che, dove il territorio è antropizzato, prevalgono
gli impatti negativi. Il roditore interviene sui manufatti (argini,
dighe in terra battuta) come sulle sponde naturali dei fiumi. Così
sulle opere di distribuzione dell'acqua di irrigazione e sulle reti di
scolo danneggiando non solo l'agricoltura ma la sicurezza di intere
aree, provocando ostruzioni alle opere di deflusso, svavando gallerie
sino alla base di argini e dighe. Nelle provincie olandesi del Limburgo
e del Gelderland è stata concessa la famosa "deroga" ai prelievi di
specie super protetta in considerazione dei danni economici e dei
rischi per le opere idrauliche. Uno dei costosi interventi che si
richiedono per salvaguardare gli argini in terra è la posa di reti
metalliche (vedi sotto). A Zurndorf, un paese di 2 mila abitanti dell'Austria
nei pressi del Danubio, nel 2016 i danni alla rete idraulica sono
ammontati a 750 mila €, una cifra insostenibile per le esauste casse del
comune e il sindaco ha chiesto i danni agli ambientalisti.
Nello stato federale della Baviera (con la più
alta densità
di castori a livello nazionale tedesco) dal 1 settembre al 15
marzo, in forza di un'ordinanza di applicazione delle deroghe
alla protezione della specie, sono stati autorizzati degli operatori a
operare il prelievo (per lo più con gabbie a scatto). La misura si è
resa necessaria per proteggere impuanti di depurazione, argini a
protezione di inondazioni e - in alcuni casi - anche peschiere, strade
di argine e alzaie. Altri stati federali tedeschi hanno introdotto
misure analoghe. In Svizzera, dove il ripopolamento è stato
avviato sess'antanni fa esistono organizzazioni appositamente
strutturate per "mitigare il conflitto" (le analogie con le strategie
che accompagnano la reintroduzione del lupo sono evidenti). Squadre di
volontari castorofili, coordinati da esperti, intervengono per
rimuovere selettivamente le dighe, per applicare reti di protezione e,
ovviamente, per spiegare che il castoro porta la biodiversità, i danni
sono limitati ecc. La propaganda a favore del castoro è intensa e si
basa su studi di parte ambientalista che riescono a dimostrare ogni
bene sull'ambiente, la biodiversità e a minimizzare gli impatti
negativi.
Una delle argomentazioni più utilizzate, per
prevenire le ovvie obiezioni dei pascatori (gli agricoltori non tentano
neppure di convincerli perché l'agricoltura ha tutto da perdere
dall'introduzione dei castori, una specie a più elevato impatto della
nutria), è che la fauna ittica ha tutto da guadagnare. Se, per gli
ambientalisti, i castori creano "paradisi per i pesci" di tutt'altro
avviso non sono soli i pescatori ma anche gli scienziati della pesca.
Come nel caso del lupo, gli esperti dei settori danneggiati, sono
malvisti quando intervengono, sarebbe meglio tacessero. Come i lupisti
sono diventati esperti di protezione dei greggi, così i castoristi sono
diventati esperti di pesca. Ma il prof. Ian
G. Cowx non ci sta. Il professore, docente si sceinze applicate della
pesca e direttore dell'Hull International Fisheries Institute
dell'Università di Hul (città dell'Inghilterra settentrionale su fiume
Humber) ha prodotto nel 2020 uno studio che analizza le idagini
effettuate sull'interazione tra castori, fauna ittica e pesca (Review
of
evidence of interactions between beavers and fish and fisheries in
England and Wales). Le conclusioni di Cowx sono perentorie: Non si devono effettuare ulteriori
reintroduzioni di castori fino a quando non sarà possibile tenere
conto delle presenti raccomandazioni. Una volta che l'attuale defici di
conoscenze sarà colmato e i problemi di gestione risolti, sarà
possibile individuare delle soluzioni che consentano reintroduzioni
controllate dove le loro localizzazioni, modalità, numeri minimizzino i
danni all'ittiofauna, alla pesa e aglia ltri settori economici e
sociali. Tra i tanti effetti negativi dell'introduzione dei
castori sulla fauna ittica il professore inglese mette in evidenza
l'ostacolo alla ridiscesa dei fiumi durante i movimenti migratori,
l'alterazione della velocità delle acque e quindi della composizione
dell'ittiofauna.
E l'agricoltura? Chi è consapevole del problema
nutria deve rendersi conto che un'eventuale insediamento dei castori
comporterebbe nanni ancora più ingenti. Quello che succede ai
campi coltivati nei pèressi dei corsi d'acqua con presenza dei castori
è esemplificvato dalla foto sopra. Siamo in Germania e una mietitrebbia
ha rischiato di cadere nel fiume sottostante. Il terreno ha ceduto
perché interessato dagli svavi dei castori. La voracità delle nutrie e
dei castori è tale da comportare perdita di raccolti. Sempre in
Germania è significativa l'immagine sotto. Il castoro si accontenta )in
inverno) di parti di vegetali lignificati ma quando ha a disposizione
buon cibo fa delle scorpacciate.
La pista interamente coperta di sticchi di mais
della foto sopra rappresenta il percorso tra la riva di un fiume con
presenza del roditore e un campo di mais. I castori portano le piante
vicino al fiume, si mangiamo le spighe e lasciano gli stocchi ad
accumularsi. Il danno alle colture, diretto, è peròlìaspetto meno grave
del problema. Il danno all'agricoltura è principalmente legato al
danneggiamento delle sponde dele rogge e dei fossi per lo scavo delle
gallerie, all'ostruzione delle stesse con le dighe. E se si lasciasse
fare interi territori agricoli si impaluderebbero e altri resterebbero
senz'acqua, altri esposti alle piene. Come il lupo, il castori di
diffonde in ambienti antropizzati, si adatta a condizioni
semi-artificiali . Lo portano non per lasciarlo confinato in ambiti di
"interesse naturalistico" ma per fare danni. Lo scopo degli
animal-ambientalisti è cancellare l'agricoltura. E il castoro,
simpatico animale a perenne rischio di estinzione è uno degli
strumenti.