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Rewilding

Michele Corti, 14 dicembre, 2021

Una nuova calamità faunistica in vista: il castoro

Quelli avvistati sulle Alpi (nel 2018 a Tarvisio e nel 2020 in val Pusteria) potrebbero venire spontaneamente dall'Austria (dove sono stati reintrodotti 40 anni fa) ma i due nuclei sinora censiti in Toscana e Umbria sono, come tutti gli zoologi, biologi, naturalisti, conservazionisti sani di mente concordano nel dire, frutto di lanci illegali. Per cui potrebbero essere eliminati anche sulla base del regime di super protezione (analogo a quello del lupo) di cui gode il più grande, dannosissimo, roditore europeo. Dalla Svizzera alla Baviera, dall'Olanda all'Austria e in Gran Bretagna, la crescita esponenziale delle colonie e dei danni ha indotto ad applicare la deroga al prelievo e ad avviare dei controlli. Ma sappiamo come potrebbe finire in Italia. Una volta arrivato nella pianura padana (dove era di casa ma "solo" mezzo millenio fa) potrebbe provocare danni inimmaginabili all'agricoltura e all'assetto idraulico di territori fragili (sotto il livello del letto dei fiumi). Già gli animal-ambientalisti sognano il ritorno di grandi paludi "riconquistate" alla Natura e con l'uomo costretto ad andarsene.


Lo sfondo. Storie e fondati sospetti di lanci illegali per favorire la reintroduzione delle specie "tanto amate" dagli animal-ambientalisti

La diffusione dei grandi carnivori non è avvenuta sempre spontaneamente anche se, spesso, la loro mobilità è riuscita a rendere verosimile e a "coprire" le operazioni di immissione illegale.  Secondo le Linee guida dell'INFS (confluito nell'ISPRA) la lince non è specie autoctona presente in epoca storica sugli appennini. Quindi nelle sue "Linee guida per l'immissione di specie faunistiche" (Quaderni di conservazione della natura n. 27, 2007) e non sussistono le condizioni per un ripopolamento.  Nello stesso Quaderno si osservava che l'apparizione di nuclei di linci in Trentino (dove sono poi riapparese negli ultimi anni) e sull'Appennino (Abruzzo) era "quasi certamente" illegale (notare la pudicizia un po' ipocrita di quel "quasi" che ha del paradossale riferito all'Abruzzo considerato che si ribadiva, nella stessa sede, che la lince non è autoctona). Di recente i linciomani hanno lanciato le loro beniamine in Toscana. Osservata da diversi cacciatori (ma a loro non si concede credito perché "brutti e cattivi") la lince è stata avvistata nell'ottobre di quest'anno da degli escursionisti (ai quali si può credere).


Quanto allo sciacallo dorato, è di pochi giorni fa la notizia dell'apparizione in Toscana, avvistato dalle fototrappole di un'area protetta. Ne danno entusiasti la notizia Natural oasis e altre sigle che svolgono attività e studi nell'area suddetta. A pensar male si fa peccato ma ... gallina che canta ha fatto l'uovo suggeriva il buon senso rurale di un tempo.  Quanto al lupo la sua mobilità, fin troppo messa in evidenza da alcuni studidi telemetria che parevano essere fatti apposta per "calmare le acque" e tacitare i troppi sospetti (e a volte qualcosa di più) su un ritorno non proprio spontaneo della specie, vi sono almeno due situazioni che lasciano aperta la possibilità del lancio illegale. Una è quella del Mercantour, il parco francese al confine con l'Italia dove il lupo apparve in modo molto sospetto dopo l'annuncio il 14 aprile 1993 (preceduto da una "secretazione" di sei mesi con intimazione ministeriale a un giornalista di tacere). L'inchiesta parlamentare francese concluse che non si può escludere nessuna delle ipotesi: ritorno spontaneo o lancio illegale. In realtà vi sarebbero informazioni che riconducono alla volontà del parco stesso di controllare l'eccessivo numero di mufloni, l'introduzione illegale del lupo. In ogni caso l'inchiesta parlamentare francese ha messo in evidenza che le apparizioni precedenti di lupi allo stato selvatico riscontrate in Francia (conslusesi senza diffusione della specie)  erano ricondursi a lanci di soggetti detenuti presso parchi del lupo (con varietà lupine esotiche). In Italia la storia di Giulietta e Slavc, il lupo che avrebbe percorso più di 1000 km per incontrare l'amata e fondare una colonia di lupi nella Lessinia veronese (poi espansasi nel Veneto), è accolta con estremo scetticismo e sarcasmo dalla popolazione che ritiene che Slavc sia arrivato su quattro ruote.


InOssola, a un primo arrivo di lupi dalle Alpi occidentali nel 2003 non era corrisposto l'insediamento di branchi ... sino al 2018. I primi lupi in dispersione sono stati vittime del controllo fai da te e di incidenti. Poi, a un certo punto, le cose cambiano e, uno dopo l'altro, appaiono i branchi 1, 2, 3, 4). All'inizio del 2019 viene ripetutamente avvistata una coppia di lupi a Ornavasso. Il sindaco sceriffo dei lupi, che aveva messo una taglia in occasione del riprovamento di una carcassa vittima di colpi di arma da fuoco, li ha battezzati Orna e Vasso, commovente. Il fatto è che i due sono stati visti troppe volte, troppo vicini alle strade e alle case per non indurre in sospetto.  Quest'anno , a un organo di informazione dell'Ossola è arrivata una lettera anonima piuttosto circostanziata.

Il posto e persino i personaggi del "lancio" sarebbero identificabili. Una lettera anonima non prova nulla. Certo che se l'autore si facesse coraggio renderebbe un aiuto alla causa dei tanti allevatori ossolani che hanno già cominciato a vendere i loro animali, vittime di predazioni che, per una serie di motivi, restano "sommerse", non denunciate.

Il castoro: l'ossessione per una reintroduzione

Nel caso del castoro nessuno sostiene che le reitroduzioni siano state spontanee. Quindi, almeno per questa specie, una delle più "gettonate" dalla lobby in tutta Europa, le operazioni illegali sono certe. E perché non potrebbe esserlo allora anche per la lince, il lupo, lo sciacallo, l'orso? Si obietterà che il castoro è più "maneggevole". D'accordo, ma, come sappiamo, zelanti conservazionisti monitorano piuttosto attivamente i territori alla ricerca delle specie predilette (chi ha trovato il primo castoro? operatori del "progetto lince") e i fototrappolatori sono sempre più numerosi; vi è poi tutta una rete di aree protette, di centri di recupero fauna, di oasi  a presidio del territorio.


Per non parlare dei forestali. Dobbiamo credere che tutti costoro non vedano, non sentano, non parlino? Ma vediamo cosa dice la Società italiana di Teriologia (la teriologia è la branca della zoologia che studia i mammiferi). Non più tardi del 18 novembre scorso, il direttivo della società ha emanato un position paper a commento della scoperta nel marzo 2012 della presenza in quattro aree tra Toscana e Umbria di due nuclei di castori. La posizione è frutto di un workshop ed è condivisa con ISPRA. Intanto va rilevato come le indagini abbiano messo in luce come queste presenze, con almeno un evento riproduttivo, datino al 2019. Dal 2019 al 2021 nessuno di è accorto della presenza di una specie che lascia segni così evidenti e univoci (tronchi abbattuti, dighe, tane, scortecciamenti)? Ci dobbiamo credere? O c'è una rete di omertà che, in questo come altri casi, copre i lanci illegali?  Il documento nelle conclusioni sostiene come I castori eurasiatici presenti in Italia centrale siano verosimilmente frutto di immissioni illegali, in quanto non pianificate secondo le procedure adottate a livello nazionale e internazionale e previste dalla normativa vigente, e prive di qualsiasi autorizzazione rilasciata dalle autorità competenti. Esso auspica poi Una attenta valutazione della fattibilità della reintroduzione sia oltremodo imprescindibile per il castoro eurasiatico, in relazione alla sua capacità di produrre alterazioni negli ecosistemi, con un’interazione di benefici e impatti negativi sull’ambiente e le attività umane il cui risultato è strettamente dipendente dalle condizioni locali. Infine, rivolgendosi alla regioni chiede che Nelle aree dove è accertata la presenza di castori dovrà essere definito al più presto un piano per la rimozione degli animali.

Qualche dato sul castoro

Il castoro, indicato anticamente "bivera", rappresenta il roditore più grande della fauna europea (20-30 kg di peso vivo) e il secondo per dimensioni al mondo.  Molto ben adattato alla vita acquatica (anche se non come la lontra). Molto longevo, vive sino a vent'anni. La coppia resta unita per tutta la vita. I denti incisivi superiori continuano a crescere per tutta la vita (e l'animale deve rodere legno in continuo). E' un erbivoro in grado di utizzare parti vegetali molto fibrose  (cortecce). In analogia con il coniglio, ma in forma più sviluppata, il castoro, grazie a un enrme sviluppo dell'intestino cieco e alla flora microbica in esso contenuta, è in grado di utilizzare la cellulosa. Metre gli acidi grassi derivati dalel fermentazioni sono utilizzati passando attraverso la parete intestinale, la componente proteica (proteina microbica) viene assunta ingerendo le particolari deiezioni provenienti dal cieco. Questa caratteristica digestiva consente al castoro di soppravvivere in inverno. Durante la stagione vegetativa si nutre delle foglie degli alberi  abbattendoli con l'effcienza di una motosega (non è in grado di arrampicarsi sugli alberi). Una volta defogliati, i rami sono utilizzati per la costruzione delle dighe con la finalità di creare un ambiente acquatico favorevole. La tana dei castori è semisommersa, costruita con rami e fango. In essa il castoro trascorre molto tempo e costituisce delle riserve di cibo. Allagando tutto lo spazio intorno, l'animale ricerca condizioni di sicurezza. Sulla terra si muove in modo relativamente lento e potrebbe essere una preda del lupo, in acqua è molto agile. Si sposta su terra a una velocità massima di 7 km h e quando si sposta alla ricerca di nuove aree da colonizzare copre 4.5 km al giorno. Con queste caratteristiche è ovvio che l'apparire a centinaia di km dalle aree dove è insediato (Austria) è materialmente impossibile. 


A parte l'assurdità di spostarsi dalle Alpi  dove non vi sono ancora solo pochissimi individui, un animale che attraversa le strade alla velocità di un uomo corre un rischio enorme di essere stirato dagli autoveicoli. E di attraversamenti stradali da Tarvisio (o la la Pusteria) alla Toscana ve ne sono un bel po'. Di fatto, quindi, il castoro resta sempre vicino all'acqua ma, a differenza della maggior parte delle specie non si adatta all'habitat, lo crea. In questo modo influisce in modo pesantissimo sulle attività umane, un fatto che diventa critico e fa sorgere forti conflitti in tutte quelle aree dove il reticolo idrografico e le esigenze di regimazione idraulca sono complesse. Dall'alto medioevo in poi, in forza della riduzione degli spazi incolti, dei boschi, delle paludi, il castoro ha visto ridursi considerevolmente i suoi habitat. In Francia, alle foci del Rodano si è mantenuto sino al XIX secolo, in alcune zone della Svizzera sino all'inizio dello stesso secolo, ma in Italia, dove era presente soprattutto in Lombardia e Veneto, il prosciugamento delle "valli" ha determinato la scomparsa della specie. Le ultime ridotte sono state le paludi del ferrarese. L'estinzione in area deltizia padana risale al XVI, al massimo al XVII secolo.  In Europa il castoro eurasiatico (che non si ibrida con quello americano per una significativa differenza nel numero di cromosomi), si era estinto prima della fine del XIX secolo.  La specie era sopravvissuta con soli 300 esemplari al di là degli Urali. Ai primi del Novecento, in tutta l'Eurasia,  vi erano 1200 castori. All'inizio del  XXI secolo, il castoro, in forza di reintroduzioni e di una crescita vorticosa  aveva superato in Europa il milione di esemplari. C'è da chiedersi perché il castoro sia scomparso? La narrazione ambiental-animalista ha sempre battuto il chiodo delle pellicce, della carne ricercata (bianca e delicata era richiesta nel medioevo per le esigenze di rispetto del precetto del magro), castoreum (la secrezione di ghiandole perienali, contenebte feromoni, utilizzata per la macratura del territorio). Ma è proprio così? E' stata l'avidità dei cacciatori di pellicce a far estinguere il castoro? In realtà, e il caso "nostrano" delle aree del delta padano lo mette bene in evidenza, con le bonifiche (che una volta realizzate richiedono il mantenimento di una rete di opere idrauliche), il castoro diventava incompatibile con il territorio. In tempi recenti la smania di "rinaturalizzazione" ha spinto a sottovalutare questi aspetti.


Una strada interrotta a causa delle attività dei castori in Russia

Ma, quando le popolazioni di castori assumono consistenza ecco che, a questo punto iniziano le problematiche.  Gli ambientalisti hanno promosso  reintroduzioni, sia legali che legali, in diversi paesi  continentali  (sino alla Spagna) e, nel 2009, il castoro è stato portato anche in Gran Bretagna.  In Polonia, nel 2010, quando già i castori ammontavano a 100 mila,  essi sono stati riconosciuti causa di gravi allagamenti  tra maggio e giugno e le autorità di Konin, nella Polonia centrale,  hanno chiesto  il prelievo di 150 castori.  Il castoro, specie che ha rischiato l'estinzione, è tutt'ora inserito nell'Allegato II della direttiva Habitat. Gode dello stesso livello di protezione del lupo. Ma c'è un elemento in più: tane e dighe sono protette anch'esse. Come il lupo, il castoro, è in forte espansione e aumento numerico. La lobby ambiental-animalista, come sappiamo su questo regime di protezione anacronistico "ci marcia" e spinge verso una crescita delle popolazioni che genera conflitti sociali sempre più aspri. Il castoro continuerà ad essere protetto perché è un fattore potente di "rinaturalizzazione", di messa in crisi delle infrastrutture idrauliche, di promozione del ritorno delle paludi. Il verde animal-ambientalista che valuta l'uomo una specie nociva da ridurre e, magari, da estinguere, giubila per l'affermarsi di una fauna e una flora palustri ma coloro che hanno a cuore l'uomo, intendono sfamarlo e tenere lontane le zanzare non possono pensarla nello stesso modo.

Nel caso del castoro, quello che era considerato (quando era estinto) un "simpatico" animale di cui (un tempo) si celebrava la laboriosità, l'immagine sta rapidamente modificandosi in quella di un animale nocivo e divisivo.  La lobby si affanna a ripetere che il castoro promuove la biodiversità e il miglioramento ambientale ma ci vuole poco a capire che, dove il territorio è antropizzato, prevalgono gli impatti negativi. Il roditore interviene sui manufatti (argini, dighe in terra battuta) come sulle sponde naturali dei fiumi. Così sulle opere di distribuzione dell'acqua di irrigazione e sulle reti di scolo danneggiando non solo l'agricoltura ma la sicurezza di intere aree, provocando ostruzioni alle opere di deflusso, svavando gallerie sino alla base di argini e dighe. Nelle provincie olandesi del Limburgo e del Gelderland è stata concessa la famosa "deroga" ai prelievi di specie super protetta in considerazione dei danni economici e dei rischi per le opere idrauliche. Uno dei costosi interventi che si richiedono per salvaguardare gli argini in terra è la posa di reti metalliche (vedi sotto). A Zurndorf, un paese di 2 mila abitanti dell'Austria nei pressi del Danubio, nel 2016 i danni alla rete idraulica sono ammontati a 750 mila €, una cifra insostenibile per le esauste casse del comune e il sindaco ha chiesto i danni agli ambientalisti.


Nello stato federale della Baviera (con la più alta densità di castori a livello nazionale tedesco)  dal 1 settembre al 15 marzo, in forza di  un'ordinanza di applicazione delle deroghe alla protezione della specie, sono stati autorizzati degli operatori a operare il prelievo (per lo più con gabbie a scatto). La misura si è resa necessaria per proteggere impuanti di depurazione, argini a protezione di inondazioni e - in alcuni casi - anche peschiere, strade di argine e alzaie. Altri stati federali tedeschi hanno introdotto misure analoghe.  In Svizzera, dove il ripopolamento è stato avviato sess'antanni fa esistono organizzazioni appositamente strutturate per "mitigare il conflitto" (le analogie con le strategie che accompagnano la reintroduzione del lupo sono evidenti). Squadre di volontari castorofili, coordinati da esperti, intervengono per rimuovere selettivamente le dighe, per applicare reti di protezione e, ovviamente, per spiegare che il castoro porta la biodiversità, i danni sono limitati ecc. La propaganda a favore del castoro è intensa e si basa su studi di parte ambientalista che riescono a dimostrare ogni bene sull'ambiente, la biodiversità e a minimizzare gli impatti negativi. 

Una delle argomentazioni più utilizzate, per prevenire le ovvie obiezioni dei pascatori (gli agricoltori non tentano neppure di convincerli perché l'agricoltura ha tutto da perdere dall'introduzione dei castori, una specie a più elevato impatto della nutria), è che la fauna ittica ha tutto da guadagnare. Se, per gli ambientalisti, i castori creano "paradisi per i pesci" di tutt'altro avviso non sono soli i pescatori ma anche gli scienziati della pesca. Come nel caso del lupo, gli esperti dei settori danneggiati, sono malvisti quando intervengono, sarebbe meglio tacessero. Come i lupisti sono diventati esperti di protezione dei greggi, così i castoristi sono diventati esperti di pesca. Ma il prof. Ian G. Cowx non ci sta. Il professore, docente si sceinze applicate della pesca e direttore dell'Hull International Fisheries Institute dell'Università di Hul (città dell'Inghilterra settentrionale su fiume Humber) ha prodotto nel 2020 uno studio che analizza le idagini effettuate sull'interazione tra castori, fauna ittica e pesca (Review of evidence of interactions between beavers and fish and fisheries in England and Wales). Le conclusioni di Cowx sono perentorie: Non si devono effettuare ulteriori reintroduzioni di castori  fino a quando non sarà possibile tenere conto delle presenti raccomandazioni. Una volta che l'attuale defici di conoscenze sarà colmato e i problemi di gestione risolti, sarà possibile individuare delle soluzioni che consentano reintroduzioni controllate dove le loro localizzazioni, modalità, numeri minimizzino i danni all'ittiofauna, alla pesa e aglia ltri settori economici e sociali. Tra i tanti effetti negativi dell'introduzione dei castori sulla fauna ittica il professore inglese mette in evidenza l'ostacolo alla ridiscesa dei fiumi durante i movimenti migratori, l'alterazione della velocità delle acque e quindi della composizione dell'ittiofauna

E l'agricoltura? Chi è consapevole del problema nutria deve rendersi conto che un'eventuale insediamento dei castori comporterebbe nanni ancora più ingenti.  Quello che succede ai campi coltivati nei pèressi dei corsi d'acqua con presenza dei castori è esemplificvato dalla foto sopra. Siamo in Germania e una mietitrebbia ha rischiato di cadere nel fiume sottostante. Il terreno ha ceduto perché interessato dagli svavi dei castori. La voracità delle nutrie e dei castori è tale da comportare perdita di raccolti. Sempre in Germania è significativa l'immagine sotto. Il castoro si accontenta )in inverno) di parti di vegetali lignificati ma quando ha a disposizione buon cibo fa delle scorpacciate.

La pista interamente coperta di sticchi di mais della foto sopra rappresenta il percorso tra la riva di un fiume con presenza del roditore e un campo di mais. I castori portano le piante vicino al fiume, si mangiamo le spighe e lasciano gli stocchi ad accumularsi. Il danno alle colture, diretto, è peròlìaspetto meno grave del problema. Il danno all'agricoltura è principalmente legato al danneggiamento delle sponde dele rogge e dei fossi per lo scavo delle gallerie, all'ostruzione delle stesse con le dighe. E se si lasciasse fare interi territori agricoli si impaluderebbero e altri resterebbero senz'acqua, altri esposti alle piene. Come il lupo, il castori di diffonde in ambienti antropizzati, si adatta a condizioni semi-artificiali . Lo portano non per lasciarlo confinato in ambiti di "interesse naturalistico" ma per fare danni. Lo scopo degli animal-ambientalisti è cancellare l'agricoltura. E il castoro, simpatico animale a perenne rischio di estinzione è uno degli strumenti.

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