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Articoli
di Michele Corti pubblicati su riviste
Il Bitto: un formaggio che fa storia Gli alpeggi di "Val del Bitt" patrimonio dell'umanità Per
una politica non distruttiva delle risorse dell'economia
montana: alcune riflessioni a partire dalla tutela
del formaggio Bitto
|
Le
dichiarazioni di Zaia sull'approvazione da parte della
Commissioen Europea delle modifiche del disciplinare
del Bitto Dop sono tese a 'sputtanarlo'
Una
polpetta avvelenata per Zaia
Zaia,
come riportato dall'ANSA - commentando l'approvazione da parte della Commissione Europea delle modifiche
al disciplinare di produzione della Dop 'Bitto' - ha
dichiarato : 'le modifiche al disciplinare della Dop Bitto, tese a una maggiore puntualizzazione sulle tecniche produttive artigianali del formaggio e a una fotografia corretta della zona di produzione, sono la dimostrazione dell'attenzione dell'Unione Europea verso le "tipicita"e la qualita' agroalimentare del nostro Paese'.
Lasciamo
perdere l'attenzione dell'Europa (sarà una strategia
diplomatica del ministro ma pochi ci credono) e passiamo
sopra anche alla 'fotografia corretta' dell'area di
produzione che riguarda l'1% della stessa e che non
va che a rimediare alla 'dimenticanza' di alcuni alpeggi
storici al confine con la Provincia di Sondrio che non
erano stati compresi nel disciplinare di produzione.
Veniamo
invece alle altre due modifiche di sostanza: l'autorizzazione
all'uso dei mangini (fino ad un max di 3 kg di sostanza
secca per bovina e per giorno) e all'addizione al latte
di fermenti selezionati.
Il
Consorzio ha sostenuto le modifiche come 'necessario
adeguamento alla realtà'
Come si fa
a parlare di 'puntualizzazione sulle tecniche produttive
artigianali'? Non è necessaria una competenza superspecialistica
per capire che quando un formaggio è prodotto con il
latte di mucche che mangiano (poco o tanto) del mangime
e al quale si aggiungono fermenti selezionati (pochi
ceppi distribuiti liofilizzati e utilizzati
da molti produttori) si allontana in modo più o meno
marcato da una condizione di artigianalità. Questo sono
disposti anche ad ammetterlo gli stessi sostenitori
delle modifiche, lo stesso Consorzio CTCB che le ha
volute.
Concentriamoci
in questa sede sui mangimi che per Zaia dovrebbero essere
'pane per i suoi denti' vista la laurea in Scienze delle
Produzioni Animali conseguita presso l'ateneo patavino.
Il Consorzio
ha sempre parlato - a proposito dei mangimi - della
necessità di introdurre l'integrazione al pascolo per
'tutelare il benessere delle bovine attuali molto più
produttive di quelle di una volta'. Sanno anche loro
che il consumatore associa al formaggio d'alpeggio e
alla sua immagine di 'purezza' e eccellenza un'alimentazione
a base di erba di pascolo (in questo sito 'Formaggi
di pascolo: attenti alle attese del consumatore').
Hanno dovuto
giustificarsi in qualche modo. I suggeritori di Zaia,
invece, accolgono le modifiche, amche in punto di mangimi, come
un miglioramento delle tecniche artigianali (sic). Hai!
Integrazione
non superiore al 20% dell'energia alimentare (malghe
di Asiago), non superiore al 10% e comunque non eccedente
i 2 kg (Formaggio d'Alpe Ticino Dop)
In disciplinare
'riformato' del Bitto consente di fornire alla vacca
3 kg di alimento concentrato indipendentemente dalla
produzione di latte della bovina, dalle condizioni del
pascolo e da altre circostanze. E' facile dimostrare
che 3 kg di mais possono rappresentare un apporto molto
più elevato del 20% dell'energia assunta dalla bovina
al pascolo e, qualche volta anche superiore al 30%.
Lo studio più
organico condotto sugli alpeggi italiani su questa tematica
(progetto FORMA, finanziato dalla Provincia Autonoma
di Trento (link)
ha evidenziato
come con apporti di concentrati pari al 30% dell'energia
ingerita dalla bovina possono manifestarsi alcune variazioni
delle caratteristiche sensoriali del formaggio. Un particolare:
la direzione del progetto era in capo ad un docente
(Stefano Bovolenta) dell'Università di Udine che, quando
in servizio a Padova aveva avuto tra i propri studenti
Luca Zaia. Non a caso, per rispettare un criterio priudenziale,
la Dop Ticino d'Alpe linita al 10% della razione l'apporto
di mangimi (con un limite assoluto di 2 kg). Il disciplinare
delle malghe dell'altipiano di Asiago (sono ben 49 e
di proprietà della Comunità Montana) stabilisce che la
quantità
massima di mangimi concentrati che può essere somministrata
ad integrazione dell’erba del pascolo non deve superare
il 20% del fabbisogno energetico totale della bovina.
Quancuno potrebbe chiedersi: ma come si fa a stabilire
questo fabbisogno energetico. Lasciamo che siano coloro
che hanno messo a punto questo disciplinare a rispondere
non senza aver prima osservato che tra di loro figura Giulio
Cozzi, docente di zooecnica all'Università di Padova:
L’applicazione
di quest’ultima norma ha richiesto la messa a punto
di una procedura per definire in ogni singola malga
il fabbisogno energetico medio degli animali alpeggiati.
Tale fabbisogno è stato calcolato come somma della quota
di mantenimento che comprende i fabbisogni metabolici
di base e quelli derivanti dall’attività motoria dell’animale
e della quota legata alla produzione di latte. Il calcolo
del fabbisogno di mantenimento ha tenuto conto della
mole delle vacche alpeggiate e di un coefficiente di
attività motoria, legato al dislivello presente nei
pascoli della malga considerata. Il fabbisogno di lattazione
è stato invece calcolato sulla base della quantità e
del contenuto di grasso del latte prodotto all’inizio
della stagione di alpeggio. La somma dei due fabbisogni,
espressa in unità foraggere latte (UFL), è stata moltiplicata
per 0,2 determinando la quota di energia che poteva
venire apportata dal mangime concentrato. La quantità
di mangime tal quale da somministrare a ciascuna bovina
è statainfine calcolata considerando un concentrato
“standard” (1 UFL/kg ss e umidità = 10%). (Un disciplinare
per la gestione degli alpeggi dell’Altopiano di Asiago
nel rispetto dell’ambiente e delle esigenze nutrizionali
della vacca da latte Cozzi G., Trevisan L., Gottardo
F., Rigoni Stern G. in: Quaderni SOZOOALP, 1, 2004,
pp131-138)
Tutto
ciò a cosa serve?
Sostengono
i sopracitati autori:
Una
corretta applicazione dei vincoli nutrizionali introdotti
nel Disciplinare di gestione delle malghe pubbliche
dell’Altopiano dei 7 Comuni gioca quindi a favore dell’alpeggio
di animali più rustici, frugali e meno produttivi che
sicuramente garantiscono, attraverso l’attività di pascolamento,
un fondamentale lavoro di salvaguardia ambientale e
tutela del paesaggio.
Fornire
alle bovine quel tanto di 'aiuto' proporzionalmente
a quello di cui hanno realmente bisogno significa mantenere
la qualità del formaggio e garantire il mantenimento
dei pascoli. Se, invece, si vuole utilizzare il mangime
come mezzo per 'semplificare' la gestione del pascolo,
usare solo le zone più comode, fare meno recinti evitando
la fatica di tirare i fili elettrici ecc., se - in definitiva
- si usa il mangime per sostituirlo al pascolo i risultati
non possono che essere negativi. E alla lunga gli alpeggi
muoiono.
La
Tabella sotto riportata dimostra - utilizzando dati
'tipo' - come, se si utilizza la quantità massima di
energia da concentrati ammessa dal nuovo disciplinare
del Bitto, si possa facilmente superare il
30% dell'apporto totale.
Qualità
pascolo
|
Energia
dell'erba
(Unità
foraggere latte - UFL - per kg di sostanza
secca -s.s.-)
|
Ingestione
di erba (per vacca e per giorno in kg di
s.s.)
|
Energia
dall'erba (UFL per vacca e per giorno)
|
Energia
di 3 kg di mais (UFL)
|
Energia
totale assunta per vacca e per giorno (UFL)
|
%
energia da mais sul totale
|
scadente
|
0,6
|
9
|
5,4
|
3,3
|
8,7
|
38
|
discreta
|
0,7
|
10
|
7,0
|
3,3
|
10,3
|
32
|
buona
|
0,8
|
11
|
8,8
|
3,3
|
12,1
|
27
|
Parole
fuori luogo. Cui prodest?
Tutto
si può dire tranne che il nuovo disciplinare del
Bitto rappresenti una soluzione ottimale all'esigenza
di 'gestire' l'eventuale integrazione con mangime. Abbiamo
visto come altrove abbiano adottato soluzioni più puntuali
o comunque più prudenti. Allora è evidente che qualcuno
dalla Valtellina o nella stessa struttura ministeriale
romana ha presentato al Ministro le cose in una luce
distorta inducendolo a fare dichiarazioni che lo 'sputtanano'
(per usare un'espessione un po' greve ma sdoganata dal
Primo Ministro).
Fosse
un ministro qualsiasi passi, ma è un ministro che viene
dal Veneto e che si è laureato in Scienza delle Produzioni
Animali in quel di Padova ove operano quei docenti
che in materia di pascolo e mangimi hanno detto e osservato
le cose di cui sopra.
Chi
gli ha rifilato la 'polpetta' aveva due scopi e ha preso
due piccioni con una fava,: 1) 'sputtanare' un
ministro che gode di notevole stima (ma che non
può essere troppo gradito dalla burocrazia romana)
dimostrando che non verifica di persona i contenuti
delle materie sulle quali fa dichiarazioni o, peggio,
che è incompetente; 2) legittimare con le autorevoli
parole di Zaia il Consorzio e l'establishment
che lo sostiene e chiudere la bocca ai produttori
'storici' dissidenti che contestano il nuovo disciplinare
e che, quando hanno iniziato la loro battaglia in nome
della tradizione, erano sostenuti a spada tratta dalla
Lega Nord.
|