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Fotoracconto/Andossi: pascolo recuperato 

 

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 L'Alpe Andossi (So): due 'stili d'alpeggio' agli antipodi (ma comunque il bosco è stato fermato)

 

 

 

 

(08.07.10)   Alpeggi: realtà che cambiano ma non sempre nel segno dell'abbandono. A volte è forse necessario sacrificare qualche aspetto bucolico per salvare la sostanza

 

L'Alpe Andossi (So): due 'stili d'alpeggio' agli antipodi

(ma comunque il bosco è stato fermato)

 

foto e testo di Michele Corti

 

Il racconto di oggi è un po' diverso dal solito. Innanzitutto le foto inziano solo ad un certo punto (vi dico dopo perché), poi le foto sono fatte col telefonino (schede di memoria lasciate a Milano). Quello che è più singolare è che parla di un alpe e, in particolare, di un pascolo che posso vedere dalla finestra della (in parte) mia seconda casa mentre sto scrivendo queste note (non pensate male, non ho cambiato idea sulle 'seconde case', io la venderei).

A volte è proprio vero le cose che abbiamo sotto occhi sono quelle di cui ci accorgiamo (e parliamo) di meno. Forse, però, il tutto nasce dal fatto che era da tanti anni che non salivo a Madesimo in questa stagione e che quello che ho visto oggi (un bel po' di vacche da latte in mungitura) ad agosto non si vede. Complice il caldo e la necessità di redigere in fretta (in 'ritiro') un articolo (che avrei dovuto consegnare alla fine di giugno) ho contribuito a migliorare un po' il tasso di occupazione della 'seconda casa' di famiglia dove, da ragazzo, trascorrevo i 'canonici' due mesi di luglio e agosto.

 

Digressione sulle 'seconde case' (se volete potete saltarla)

 

In realtà non siamo solo io e il resto della famiglia ad utilizzare poco o nulla la 'seconda casa'. Si sa che è una tendenza generale: oggi la gente viene per pochi giorni ad agosto, più qualche week-end. Persino le famiglie con bambini piccoli non praticano più la vacanza 'stanziale'. Un tempo le famiglie 'milanesi' (cui qui si aggiungono i comaschi, i lecchesi e i brianzoli) si trasferivano per la 'stagione' sia che possedessero la seconda casa che affittassero. Era una sorta di 'monticazione'. I padri di famiglia (compreso il mio) salivano per il week-end e per le ferie. Alla domenica, al rientro, restavano imbottigliati nelle terribili code sulla vecchia SS36 (ricordo agli immemori che ci sono voluti vent'anni perché l'ANAS - Roma ladrona eccome! -  realizzasse le gallerie, inaugurate con una finta inaugurazione dal Nicolazzi, finito dentro per tangenti, a come si fa ad avere nostalgia del PSDI, di Tanassi, della prima republica, boh?).

Mio padre, in ogni caso, partiva da Madesimo all'una della domenica per non percorrere la 'riviera orientale lariana' a passo d'uomo. Tornando alla 'seconda casa' (e concludendo) è una vera assurdità. Oggi ho visto condomini da 20-30 'unità immobiliari' completamente chiusi. Sarà aperto (e siamo a Luglio con un bel caldo) un appartamento su 10. Personalmente, ripeto, questo appartamento lo venderei ma si sa come vanno le cose nelle famiglie ... Però visto che c'è, perché morire di caldo a Milano se per qualche giorno non ci sono impegni (e poi i prossimi impegni sono quasi tutti in montagna tra Valle Camonica, Ossola, Valsugana ...). Fine dell'antefatto e veniamo all'alpeggio in discorso.

 

L'Alpe Andossi

 

Gli Andossi sono un alpeggio diversa da quelle dell' 'immaginario collettivo' (in questo sito, alla sezione Alpeggi - c'è molto materiale 'didattico' per chi volesse approfondire le tipologie d'alpeggio....). Le baite sono decine, sparse sul pascolo o raggruppate a nuclei non addensati disposti lungo l'ampia dorsale semi-pianeggiante tra il solco vallivo principale della Val S.Giacomo (detta anche Alta Valle Spluga o Val di Giüst) e la valletta di Madesimo (Valle dello Scalcoggia). Alcuni nuclei hanno avuto anche l'onore di una menzione toponomastica:  La Croce, Martegno, S.Rocco, Mottaccio (IGM 1:25.000 rilievo ancora del 1932, da confrontare con quanto hanno fatto gli Svizzeri nel frattempo). Le baite sono distribuite tra la punta della dorsale a 1.700 (Mottaccio) e quota 1.800, lungo un asse di quasi 2 km in linea d'aria e orientato Nord-Sud. C'è anche una chiesa (S. Rocco, un santo tra i più 'gettonati' dagli allevatori) e c'era anche una osteria. A quote più alte (tra 1.800 e 2.100 si estendono i pascoli di proprietà tuttora indivisa del Consorzio Alpe Andossi). Un tempo il diritto di pascolo era regolato  con il sistema delle 'erbate' (quota di uso del pascolo comune equivalente ad un capo bovino adulto). Ora il pascolo comune è affittato. Nelle zone dove le baite sono sparse sul pascolo (alle quote inferiori),  un tempo di praticava lo sfalcio oltre che il pascolo,; qui le proprietà sono state da tempo suddivise. La maggior parte delle baite (alcune trasformate in specie di villette) sono utilizzate come case di vacanze dai discendenti degli alpigiani di un tempo.

Quando da bambino (ma anche da ragazzo) salivo spesso agli Andossi (anni '60-'70). Le baite erano quasi tutte occupate (qualche rudere c'era già), brulicanti di bambini, donne, anzian. Gli uomini restavano a valle - nella bassa Val Chiavenna o anche più giù sul piano di Colico e Gera Lario a fare il fieno o avevano già abbandonata l'agricoltura per il 'frontalierato', l'edilizia e ...l'Enel. Era un alpeggio matriarcale (un'osservazione che farà contenta la Michela Zucca che, per parte di madre, è di queste parti).

 

Una nonna alpeggiatrice

 

Il primo incontro è con una nonna con il nipote e l'impressione è che rappresentino un tempo che si è fermato. Però poi l'impressione è stata smentita quasi subito. Hanno sette vacche da latte più alcune manze, vacche asciutte e due torelli da carne. La tentazione del quadretto bucolico c'era ma mi sono astenuto dal fare foto. La nonna è di quelle che non si fanno pregare a parlare. E' una ruralpina 'tutta di un pezzo', non lamentosa ma critica sì, eccome. Non una alla 'lassù gli ultimi', è orgogliosa e 'motivata'. Contesta la gente che viene qui, che tiene anche bene le baite, ma 'non viene più su neanche per fare vacanza' (fenomeno parallelo a quello dei milanesi che 200 m sotto tengono vuoti gli appartamenti dei condomini). 'Alle mamme non piace' e aggiunge: che stronze!' (Fini docet si vede). Poi dice che gli occupanti delle ex-baite/neo-case di vacanza si lamentano con i tre allevatori che continuano ad usare il pascolo perché 'le bestie puzzano'. Al colmo dell'indignazione mi riferisce che 'ho trovato nella spazzatura i cartoni del latte a lunga conservazione acquistato al discount'.

Sarebbero questi i discendenti di innumerevoli generazioni di alpigiani? Domanda retorica perché sappiamo bene che, per meccanismi socio-antropologici neanche tanto oscuri ... funziona proprio così.

 

Vendono in alpeggio il burro della latteria industriale

 

L'alpeggiatrice non risparmia critiche nemmeno ai caseifici 'sociali' d'alpeggio che operano in zona (Latteria di Teggiate e Latteria di Montespluga) raccogliendo la maggior parte del latte delle Alpi Andossi e Montespluga. 'Ma come si fa in alpeggio ad avere da vendere il burro della Latteria di Delebio?' La Latteria di Delebio per chi non lo sapesse è il più grande caseificio della provincia di Sondrio - paradigma valtellinese del caseificio industriale - e la 'scandalosa' mancanza di burro si deve al fatto che entrambe le latterie sono dedite, da quando c'è la Dop, alla produzione di 'formaggio grasso' (la signora, ho fatto attenzione, non dice mai 'Bitto' perché da alpeggiatrice all'antica, pur essendo molto giovanile,  considera il 'Bitto' solo quello prodotto della Valgerola).  Inframmezzati a questi discorsi si parla dei bellissimi alpeggi della Val Febbraro che abbiamo di fronte. Chiedo se il gregge di pecore 'del pastore' è ancora in quella valle e mi dice che no. 'E' già andato in Val di Lei' e spiega che 'Ha pulito su tutto da Isola sino a Cà di Ràser' (un gruppo di baite - toponimo ufficiale IGM, banalizzato: 'Raseri' - all'imbocco della valle a 1.500, 200 m a monte di Isola). Benedette pecore e benedetti pastori! Faceva tristezza gli anni scorsi vedere tutti quei prati non segati sopra Isola.

 

All'Alpe dei Piani carica un novantunenne

 

La sciura dice che le pecore non sono salite di quota perché: 'sopra è ancora caricato'. 'Sopra' ci sono gli splendidi alpeggi di Borghetto (noto per le ricerche archeologiche del Prof. Fedele) e Dei Piani. Sono un po' scettico sul quel 'caricato' perché negli ultimi anni, nonostante uno 'stradone' che arriva a 2.100 m, il carico è bassisimo e quasi non si produce latte. Però lei dice che ci sono capi, anche da latte. 'Ai Piani c'è un vecchio di 91 anni, alcune vacche le lascia tettare ma fa anche un po' di formaggio'. 'Il formaggio, è tanto giallo che sembra che abbia messo dentro lo zafferano, non parliamo del burro ... sono pascoli alti'. Ricordo di aver fotografato tanti anni fa (anni '80) un certo Rineo, abbastanza avanti negli anni che faceva i suoi formaggi all'Alpe Piani. Non era poi molto anziano e potrebbe essere ancora lui il gagliardo alpeggiatore ultranovantenne. Ma l'alpeggiatrice mi riferisce un altro nome.

In ogni caso un alpeggiatore di 91 anni è un bel colpo e mi riprometto di non lasciarmelo sfuggire. Prima che la sciura corra dietro alle sue vacche, che hanno sete e che se ne vanno via ('oggi fa caldo a quest'ora non mangiano bene, vogliono andare alla fontana') c'è ancora il tempo per qualche notazione. Si parla anche di Frondaglio, l'alpeggio (1.576 m, radure in mezzo ai lariceti) sul versante orografico destro della Val Febbraro (Borghetto e Piani citati prima sono sul versante sinistro). L'abbiamo di fronte. La sciura dice che è caricato anche con vacche da latte. Anche questa è una bella notizia. 'Da ragazza andavamo noi a Frondaglio; andavo su e giù con la gerla a prendere la roba a Isola, ma non mi pesava ... volavo. Si stava bene'. Gente ruralpina. Ha un bellissimo viso. Occhi limpidi e luminosi, Magari la prossima volta una foto ... da testimonial.

 

Viaggio nel tempo (in poco spazio)

 

Dopo una rituale puntatina alla chiesettea di San Rocco (anche qui, pwer scelta, niente foto 'da cartolina', ma vi assicuro che è molto bellina) torno sui miei passi; evito la strada asfaltata che porta alla 'Baitella' (ex-arrivo di seggiovia ed ora 'casa vacanza'). Su questa strada, infatti,  avrei incontrato di nuovo nonna, nipote e relativo bestiame). Prendo invece un sterrato che piega verso la valle di Madesimo.  Da casa vedevo ieri e stamane tra la 'Baitella' e il Mottaccio (la 'punta' della dorsale) una mandria consistente di Brune. Dopo un breve tratto ecco infatti la mandria, anzi le mandrie. Lo spettacolo è abbastanza curioso. A poche centinaia di metri l'una dall'altra due mandrie sono radunate per la mungitura, confinate in 'recinti d'attesa'. In entrambi i casi si vede che sono utilizzati 'carri mobili trainati' per la mungitura. Una realtà 'parallela'. Nella foto sotto si vedono (ma bisogna saperlo) le due mandrie (e i due carri).

 

 

 

Mi avvicino e noto che il carro di mungitura è ... una vecchia conoscenza. L'avevo fatto costruire da un fabbro di Lanzada (in Val Malenco) per una sperimentazione all'Alpe Campagneda nell' anno 1996. Tralascio le complicate vicende dell'Alpe Campagneda  per arrivare al sodo, che consiste nel fatto che il carro, non ritenuto utile dai litigiosi alpeggiatori di Campagneda, venne concesso  in comodato ad un giovane alpeggiatore della Val Chiavenna, Francesco Sala,  presidente del Consorzio Alpe Montespluga e di recente vice-presidente del CTCB (il 'Consorzio del Bitto'). Sala è un alpeggiatore 'modernista'. A 'casa' ha il robot di mungitura e in alpeggio porta solo le vacche 'avanti con la lattazione'.

 

 

Il carro in questi anni è stato sempre utilizzato e questo fa piacere. E' stato anche oggetto di manutenzione e riparazioni e sta facendo 'il suo dovere' da anni. Così i soldi delle sperimentazioni non sono andati solo in ... pubblicazioni.  Sala ha anche modificato il carro di mungitura inserendo la linea del latte.

 

 

Il latte va direttamente in un grosso tank caricato sul pick-up. Un sistema efficiente non c'è che dire. Il trasporto dall'attuale posizione del carro di mungitura alla Latteria di Montespluga comporta un tragitto di oltre 7 km (prevalentemente su strada asfaltata ).

 

 

Quando mi sposto verso la seconda mandria sopraggiunge Sala (prima avevo parlato con un ragazzo) che mi spiega come è riuscito da alcuni anni a prendere in affitto questo pascolo che costituisce la parte più meridionale degli Andossi. 'Ci sono voluti 4 anni per recuperare i proprietari risalendo dai mappali e per convincerli a darcelo in affitto'. Sala insieme ad un altra azienda della bassa Val Chiavenna utilizzano il pascolo dagli inizi di giugno sino a poco oltre la metà di luglio. Poi vanno a Montespluga.

 

 

I due allevatori associati vorrebbero prendere in affitto anche la parte centrale degli Andossi ma la frammentazione della proprietà e l'opposizione di alcuni proprietari delle 'case di vacanza' (che, come già sappiamo 'non vogliono sentire la puzza') impedisce l'operazione. 'Lasciano che l'erba ad agosto diventi tutta gialla piuttosto che lasciarcela mangiare'. Un peccato. Anche se l'aver trasformato parte degli Andossi in una 'stazione', per quanto ' distaccata', di Montespluga è già un bel risultato. La conversazione con Sala è cordiale anche se sa benissimo come la penso sul Bitto (tra l'altro eravamo a un dibattito questa primavera a Milano sulle opposte 'barricate'). Però c'è rispetto reciproco: lui è un allevatore, non un industriale o un politico e l'alpeggio lo manda avanti in prima persona; io,  oltre a polemizzare, i problemi dell'alpeggio cerco di affrontarli sul serio e non stando solo a tavolino.

 

 

Passiamo alla seconda mandria. E' munta con un carro più 'convenzionale', più corto, e quindi certamente più maneggevole nel trasporto, ma meno comodo per la mungitura.

 

 

 Un sistema così ben organizzato ha però i suoi punti deboli. Quella che si vede nella foto sotto è l'area prospiciente la vasca mobile di plastica per l'abbeverata. Purtroppo manca di un sistema che eviti il tracimamento dell'acqua ...

 

 

Nei pressi del carro di mungitura sorge questo orrendo pilone evidentemente parte di un sistema di ripetitori. Non l'avevo mai visto prima e l'effetto è inquietante. Potete immaginare l'impatto delle abominevoli  pale eoliche al Passo di San Marco pensando che sono (almeno) 6 e alte 4 volte tanto. In più hanno le pale, che girano e fanno rumore.

 

 

Ma torniamo al pascolo. Le due mandrie 'meccanizzate' sono lontanissime dalla realtà della nonna con le 7 vacche , ma anche da quelle realtà dove si munge a mano e si trasporta il latte in spalla e si cura il latte 'con amore'. Qui il latte viaggia in pick-up in un serbatoio e viene miscelato con il latte di diverse altre madrie. E' certamente un sistema d'alpeggio diverso da quello 'artigianale' delle Valli del Bitto e di tante altre 'tradizionaliste'. Più simile alla realtà delle aziende di fondovalle: si munge a macchina e si consegna il latte al caseificio. Però un sistema così 'industrializzato' ha in questo caso il pregio di colmare il vuoto lasciato dall'implosione di un sistema tradizionale basato sullo sfruttamento del pascolo da parte di decine di micro-aziende. La foto sotto mostra buona parte del pascolo utilizzato dalle due aziende 'moderniste'. E' quello che vedo dalla mia finestra (adesso no è ormai buio). Ho scrutato (con il binocolo) questo pascolo da decenni come in un esperimento in vitro per 'monitorare' l'avanzata del bosco (con gli abetini che si infittiscono e crescono). Già ad una osservazione superficiale mi ero accorto che il processo di rimboschimento si è arrestato. Miracolo.

 

 

Nella foto  sotto (o meglio in quella originale a buona risoluzione) si vedono i picchetti bianchi di plastica che sostengono il filo eletrificato. Sono collocati al limite del bosco 'maturo'. Il pascolo, per ora, ha smesso di arretrare, di ingiallire ad agosto. Ettari ed ettari recuperari, gasolio risparmiato, soia brasiliana e foreste risparmiate, pesticidi risparmiati. Latte 'sostenibile' che non sarebbe stato prodotto. Da qui la considerazione che la reciproca demonizzazione tra 'modernisti/industrializzati' e 'tradizionalisti/trogloditi' non tiene conto che in determinati contesti possono essere 'sostenibili' ed opportuni 'stili d'alpeggio' diversi.

 

ù

 

 

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

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