(13.08.10) Una camminata
'transfrontaliera' tra una valle lariana e una ticinese per visitare due alpeggi, simili nella produzione ma diversi
nella gestione e cura delle strutture
Avert
de Possul (valle S.Jorio) e Alpe Giumello (valle Morobbia)
L'esperienza per molti
versi interessante ma che si presta mette in evidenza
la minor considerazione (rispetto alla Svizzera)
con la quale sono tenuti gli alpeggi sul versante lombardo
foto
e testo di Pierfranco Mastalli
Partiti
da Mottafoiada (1.275 m), raggiunta con auto da Gravedona transitando per Garzeno,
siamo scesi a piedi al torrente S.Jorio, che rappresenta visivamente il punto
di incontro fra la piattaforma continentale africana e quella europea lungo la
'Linea Insubrica o di Jorio'.
Oltrepassato l’Alpe di Stazzona, siamo saliti lungo
la sponda orografica sinistra fino all’Alpe Possul (Pozzolo nella cartografia
ufficiale) (1.742 m), seguendo
l’antico percorso del servizio di cavalli descritto dal Vignati che,
nel 1500, raggiungeva Bellinzona.
La
prima sorpresa negativa è consistita nel constatare come i danni e le distruzioni
provocate dalla valanga di due inverni scorsi non siano stati ancora riparati; vera
ignavia di una Regione Lombardia che dice di pensare all’agricoltura di
montagna e all’ambiente.
La
'caldera' grande è rimasta ormai inoperosa perché gli alpigiani sono già saliti
all’Avert de Possul (1.922 m) [l'avert rappresenta spesso negli alpeggi altolariani
la stazione 'mutada' superiore dell'alpeggio nd.r.]
con quella più piccola, dal momento che la
produzione di latte è ormai in fase calante, anche per il tempo incerto e
talvolta freddo.
Arrivati
all’Avert abbiamo trovato i conduttori (Pietro Mastaglio con la moglie Ornella
e un aiutante, tutti di Dosso del Liro) intenti al pranzo, dopo aver radunato
le 35 mucche da latte nel recinto elettrico adiacente ai fabbricati
dell’alpeggio.
Si fermeranno qui ancora una settimana poi scenderanno
per l’ultima stazione bassa, saltando Possul, all’Alpe di Stazzona per poi
chiudere la stagione.
La
produzione di formaggio, dopo la morte di Gelso Matteri (e il decesso
dell’esperto casaro 'Titi'
Isidoro Boschi di Stazzona), non può più chiamarsi 'grasso di Garzeno' dal
momento che per ragioni di contenimento dei costi, la 'casatura' avviene una
volta sola al mattino. Al latte della sera precedente, conservato in conche,
e spannato per produrre il burro, viene aggiunto quello appena munto al mattino.
E’ rimasta invariata invece la fase di stagionatura che avviene presso la
famosa
casera di Basciarino alla quale vengono trasportate con automezzo le forme appena 'asciugate' (in questo periodo in numero di due, contro
le tre del mese di luglio).
Dopo
qualche considerazione, e le foto di rito, siamo saliti al Rifugio S.Jorio
(1.984 m), gestito dall'organizzazione 'Mato Grosso', già caserma della 'Linea Cadorna'
e poi
della Guardia di Finanza per la lotta al
contrabbando.
Raggiunto il Passo S.Jorio (2.012
m) la vista
si apre verso Sud, sull’Alto Lario Occidentale e la sponda lecchese del Lario e,
verso Nord, sul Piano di Magadino, con il fiume Ticino che entra nel lago
Maggiore, dove fa bella presenza Locarno e sullo sfondo il Monte Rosa. Sotto
di noi di apre la valle Morobbia e, sulla sinistra orografica, in mezzo ad un vasto bosco di
larici e abeti, ecco l’Alpe Giumello.
L'Alpe
Giumello, insieme all’Alpe Giggio e Buco, venne
espropriato dal Cantone e Repubblica del Ticino al secolare proprietario, il Comune di Garzeno (Co), dopo una lunga controversia
giudiziaria durata circa dal 1910 al
1920. Vale la pena ricordare come il governo centrale di Roma, mentre
investiva in opere militari per la linea difensiva 'Cadorna' (1916/17), non
sosteneva finanziariamente il Comune di Garzeno al fine di conservare un vasto territorio italiano
nell’alta testata della Morobbia di grande valore economico e strategico. E’
anche noto come il Comune di Garzeno concedesse la 'cittadinanza onoraria' al
Console italiano a Lugano che però non si era molto impegnato nella vertenza e
che aveva suggerito ai garzenesi un investimento poco redditizio dell’importo
ricevuto come indennizzo dell’esproprio.
Con
queste considerazioni scendiamo in Valle Morobbia e raggiungiamo l’Alpe
Giumello (1.594 m) dove possiamo vedere la struttura produttiva; il
procedimento per la lavorazione del formaggio è simile a quello ora praticato
nella valle di S.Jorio ed anche la proprietà è pubblica, in Italia è dei
Comuni, qui del Cantone e Repubblica del
Ticino.
Gli addetti (4 per 57
mucche da latte) sono a libro paga della Scuola Agraria di Mezzana di proprietà
del Cantone e Repubblica del Ticino: i denigratori della gestione pubblica sono
serviti, vedendo come funzionano i due alpeggi confinanti. Vi è, evidentemente,
una diversa concezione e gestione della 'res publica'.
[Nota:
A rafforzare le considerazioni dell'Amico Mastalli va
aggiunto che anche la Regione Lombardia era proprietaria
di due alpeggi regionali 'modello', costituiti
sin dagli anni '30 quali 'Stazioni razionali d'alpeggi'
con finalità didattiche e dimostrative. Ereditati dal
Ministero dell'Agricoltura i due 'alpeggi modello',
uno alla Cantoniera del Passo dello Stelvio (So),
l'altro a S.Apollonia sulla strada del Passo Gavia (Bs), sono
stati ceduti rispettivamente al comune di Bormio
e alla Provincia di Brescia; nel primo caso le strutture
agrituristiche realizzate sono rimaste inutilizzate,
nel secondo il caseificio solo ora sta per essere 'messo
a norma'; come 'modelli' non c'è male n.d.r.]
A
Giumello vi è un capoalpe (Mauro) che vediamo nella foto sopra con i visitatori.
La mungitura avviene in un locale attrezzato a vera
e propia sala di mungitura.
Dalla
sala di mungitura il latte viene trasferito
direttamente nella grande caldaia in rame, circondata da una serpentina di circolazione
dell'acqua fredda che,
alla sera, refrigera il latte per la 'spannatura' del mattino e al mattino
riscalda il latte per la 'cagliatura' (il generatore di calore è a legna e
si trova in un locale separato).
Le forme poi passano (vedi foto sotto
con Mauro) alla casera che, inserita nella montagna, mantiene una
temperatura ideale per le varie fasi di stagionatura.
Comperiamo
un chilo di burro a 15 franchi , pari a 11 €, mentre due anni or sono ci costava, con l’euro forte, 10 € al
chilo.
Ritorniamo
per un altro percorso che ci porta verso i Lagoni e verso la Bocchetta di
Albano per ritornare in Italia: vicino alla frontiera osserviamo una caserma
(foto sotto) che fu adibita alla difesa svizzera
quando, nel 1940, Mussolini aveva predisposto un piano di invasione
('Piano Vercellino').
Dalla
Bocchetta di Albano (1.916 m), con bella vista sulla baita dell’Alpe Albano
(1.761 m), non più caricato (vedi foto sotto).
La
vista spazia sulla testata della valle Albano (foto
sotto) percorsa da
Ovest a Est dalla strada militare della Cadorna che congiunge la ex caserma della Guardia di
Finanza di Sommafiume (1.784 m ), ora rifugio, con quella al passo del Giovo (1.706
m).
Sul
percorso verso il passo, dal quale poi ridiscenderemo
a Mottafoiada, incontriamo le dell’Alpe Nembruno, ora osservatorio naturalistico nel Plis valle Albano,
parzialmente distrutte da una slavina.
Una
bella camminata abbastanza impegnativa (dalle 7 alle 8 ore) da farsi con il bel
tempo e molto istruttiva per i confronti e i paragoni che si possono fare sul
modo di gestire un Territorio e condurre un alpeggio. Giornata
bellissima, dal punto di vista metereologico e paesaggistico, un po’ deprimente per altri
aspetti.
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