Le predazioni in val Fontana hanno
acceso un aspro dibattito politico in Valtellina e Valchiavenna
Episodi emersi a "scoppio ritardato"
Uno degli aspetti, a dir poco singolari, della vicenda dei recenti
attacchi del lupo in val Fontana è rappresentato dal ritardo tra gli
episodi di predazione (avvenuti tra il 21 il 25 aprile) e la loro
"emersione" sui media, avvenuta solo a partire dal 7 maggio.
Va rilevato che le conseguenze di quegli attacchi non si sono ancora
esaurite: proprio ieri è morto uno degli agnelli feriti. Se non
fosse stato per gli allevatori tutto sarebbe stato silenziato. La
dirigente del servizio faunistico provinciale, dott.ssa Ferloni, è
intervenuta dopo che le notizie erano già apparse sui giornali e i
siti, sia per smentire la presenza di branchi che per "bacchettare"
pesantemente gli allevatori. La dirigente ha utilizzato toni
talmente duri da innescare una serie di interventi di replica da
parte dell'ex presidente della provincia (attuale sindaco di
Chiavenna), Luca Dalla Bitta, da parte del vice-direttore
dell'Associazione regionale allevatori, Gianmario Tramanzoli e della Federcaccia
provinciale. Poi sono seguiti altri interventi di rito, ma spesso parolai e cerchiobottisti (e non meritano
di essere citati). Torneremo su questi aspetti politici dopo aver
riportato i fatti e le conseguenze degli stessi per gli allevatori.
Un lupo, sempre che sia (ancora) solo, la cui presenza era ben
nota
Lo scorso anno, alla fine di settembre, l'Ufficio caccia e pesca
del Canton Grigioni confermava la presenza di un lupo in val
Poschiavo. Era stato avvistato e aveva compiuto una predazione a
ridosso del confine (ovvero della val Fontana). In questi casi
scatta il monitoraggio da parte di WolfAlps che conta tra i suoi
partner la Regione Lombardia, l'Ersaf, i CC forestali e, tra gli enti
che collaborano con proprio budget, la Provincia di Sondrio e il
Parco delle Orobie valtellinesi. Un bello schieramento a favore del
lupo, non c'è che dire. Sarebbe stata una grave leggerezza se non
fossero state piazzate le fototrappole. La sicurezza con la quale la
polizia provinciale (che ha eseguito i rilievi) e lo stesso servizio
faunistico hanno immediatamente confermato che le predazioni erano
state opera del lupo dimostrerebbe che gli stessi soggetti ne
conoscono bene la presenza e gli spostamenti. Come se non bastasse,
anche i CC forestali hanno riferito di aver udito gli ululati. La
presenza del predatore è stata anche confermata dai cacciatori che,
grazie al fototrappolaggi, hanno "beccato" il lupo dopo la
predazione di un capriolo, dove non si dice. Peccato che la Provincia utilizzi gli
strumenti di monitoraggio e i dati di cui dispose solo per smentire la presenza di altri
lupi, mai per allertare gli allevatori. Così è stato per i Bertoletti (che hanno subito gli attacchi alle loro pecore) e per la
famiglia Gola che gestisce l'Agriturismo El sit in
località Strafodes a 1380 m, vicinissimo ad alcuni dei siti delle
predazioni (di ovini e selvatici). La tattica del lupismo, dell'Ente lupi (di cui WolfAlps è la punta dell'iceberg),
è la tattica del silenzio, della disinformazione, della messa a tacere di chi è testimone dei fatti e di chi osa criticare. Voci insistenti
indicano la presenza del lupo nell'orobica val Bondone, mentre il 3 maggio si è registrata, con la fototrappola,
una predazione all'Aprica. Il lupo &grave stato immortalato mentre spostava la pecora uccisa. Un esempio di monitoraggio "dal basso", democratico, opposto al silenzio e alla disinformazione delle istituzioni colonizzate dalla lobby lupista. Il
monitoraggio da parte di allevatori, pastori, cacciatori, boscaioli, amanti della montana &eegrave, uno dei pochi strumenti per non essere sopraffatti dal lupo e da chi lo usa come una clava contro la montagna dell'uomo
con il fine ormai scoperto di fare delle Alpi un grande parco della wilderness (e delle speculazioni) con i montanari föo di ball . C'è
anche da chiedersi quante predazioni passino in silenzio in forza di un sistena di accertamenti, tempi di indennizzo, danni solo parzialmente coperti
(in barba alle linee guida dell'Unione Europea che raccomandano agli stati di rimborsare al 100% i danni diretti e indiretti sino a quando sarà in vigora l'ingiustificata super-protezione del lupo). I meccanismi attuali che scoraggiano, gli allevatori, in particolare quelli per passione, ma spessissimo anche i "professionali",
dal segnalare le predazioni, così i lupisti possono proclamare che la convivenza funziona
Torniamo alla val Fontana e a quanto successo oltre due settimane fa. I Gola hanno un bimbo di un anno e mezzo e non ci hanno pensato due
volte a chiudere l'agriturismo e a trasferirsi, dopo che Arturo, la mattina del 22 aprile, aveva aiutato
Nicola Bertoletti a soccorrere le sue pecore. Sono "scappati" dal loro sogno, l'agriturismo realizzato in anni di lavoro, per realizzare le strutture, farsi conoscere ecc. . Sono
scappati loro e le 65 pecore. Sotto un'immagine di serenità che appartiene a un'epoca purtroppo finita.
La Valtellina si sta rendendo conto di essere entrata in quel girone infernale del lupo nel quale altre aree alpine sono già da tempo collocate. Ma la disinformazione imposta dalla mafia del lupo ha sempre mantenuto in ambito locale legravissime notizie che provenivano dal Piemonte e dal Veneto; così
i valtellinesi sono stati tenuti tranquilli.. mentre il lupo si avvicinava sempre più
Arturo Gola,
conduce l'agriturismo Strafodes e un gregge di 65
pecore, metà ciute
Una trentina sono pecore
ciute, la razza che ha rischiato - sul serio - l'estinzione a
causa dell'incrocio incontrollato e ripetuto (erosione genetica,
detto in modo più tecnico) con altre razze (bergamasca in primis).
Il nucleo di Arturo è il più consistente e comprende un raro ariete
RR (resistente alla scrapie), assolutamente prezioso in un contesto
in cui per profilassi veterinaria tutti i non resistenti sono
destinati al macello.
Si comprende bene come l'associazione alpina Pro
Patrimonio Montano, che ne ha curato il recupero, si senta
coinvolta in questo frangente ed esprima grande preoccupazione. Di
questa preoccupazione si è fatto interprete Marco Paganoni, il
referente del progetto di recupero e rilancio della ciuta, che -
allertato da Arturo Gola - ha contattato gli organi di informazione.
La piccola razza ciuta, nell'inerzia delle organizzazioni
istituzionalizzate e delle agenzie pubbliche si è resa
protagonista di progetti per garantire la continuità delle attività
di tosatura (bloccata dalla pandemia che, lo scorso anno, ha
impedito l'arrivo, dalla Francia, del solito tosatore) e per la
valorizzazione della lana. Progetti che vanno al di là del beneficio
per le ciute ma che ricadono a favore di tutto l'allevamento ovino.
Nel caso della tosatura si è messo in cantiere un corso di tosatura
e, con il crowd-funding si sono raccolti 3 mila euro per le
attrezzature. Non solo, ma la ciuta - anche attraverso la
valorizzazione della carne e il rilancio delle antiche modalità di
utilizzo della stessa - sta diventando (insieme al grano
saraceno di Teglio ); un fiore all'occhiello della
Valtellina, non solo come esempio di biodiversità salvata ma anche
di risorsa agro-alimentare e gastronomica legatissima al territorio.
Suo malgrado la ciuta diventa ora protagonista del conflitto che
oppone il pastoralismo alla politica di colonizzazione senza freni
delle Alpi da parte del lupo. La ciuta, infatti, è razza da piccolo
allevamento stanziale, che ha occupato, anche in passato, le
porzioni più marginali dei pascoli alpestri, quelle meno
difendibili.
Una settimana di attacchi
Nelle settimane precedenti, sia Arturo che Nicola riferiscono di
avere notato "qualcosa di strano" (Antonio anche una pecora che si
era dispersa senza apparente ragione). Tutto ciò rende più grave la
responsabilità della provincie e degli altri enti che sapevano
benissimo dov'era il lupo ma che, con il loro chiodo fisso che bisogna
difendere il sacro lupo dai malvagi "bracconieri" (tutti, o quasi, i cacciatori e i pastori sono per loro potenziali "bracconieri), si erano ben
guardati dall'avvisare gli allevatori (e, visto che "il lupo è
innocuo", i genitori di un bimbo di un anno e mezzo). La prima
predazione in val Fontana è avvenuta a 300 m a valle del ponte di
Premelè, a circa 1000 m di quota. La presenza di una frana ha reso
più difficile la fuga, tanto che alcune pecore sono morte nel
torrente. In totale si sono registrate 18 ovini morti (di cui
4 oggetto di eutanasia) più quattro feriti. Alcune carcasse sono state
consumate quasi completamente, di altre il predatore ha consumato solo
i visceri.
Dopo due giorni un gruppo di pecore disperse è stato attaccato in
località Selva, quasi tre km a monte del sito dell'attacco precedente.
Ne sono rimasti vittime altri dieci capi (5 pecore e 5 agnelli). Anche
in questo caso vi sono stati animali feriti. Domenica 25, di giorno,
c'è stato un ulteriore attacco.
Val Fontana: Pian dei cavalli
Le pecore erano nel recinto in località Pian dei Cavalli
(sopra)(il piede dell'alpeggio che occupa la testata sinistra della
val Fontana, caricato dai Bertoletti anche con bovini). Pur in
presenza degli allevatori e pur essendo di giorno, il lupo ha
tentato un attacco. Le pecore sono uscite dalla recinzione ed è
riuscito a ferirne due rinvenute barcollanti dai Bertoletti a
50 m di distanza dal resto del gregge. Sono state recuperate a
spalla. Tutti gli animali feriti sono stati trasferiti nella stalla
di fondovalle a Ponte. Le pecore rimaste (il gregge era di oltre 200
"bollate") sono rinchiuse nel recinti a Pian del Cavalli. Nelle
attuali condizioni, senza possibilità di realizzare in quota
recinzioni (superfici molto in pendenza e con roccia affiorante),
senza cani da guardiania (che non si comprano al supermercato e il
giorno dopo li metti con le pecore), senza ricoveri (quelle che
c'erano sono stati lasciati crollare), senza personale, affrontare
l'alpeggio (almeno con gli ovini) sarà durissimo per i Bertoletti. E
pensare che, complice il Covid, Nicola aveva chiuso un bar per
dedicarsi a tempo pieno all'allevamento.
Un'azienda, un gregge, una famiglia in fuga, profughi del lupo
Un aspetto, sicuramente grave, di cui i mezzi di informazione
valtellinesi non hanno reso conto è la fuga dalla val Fontana del
gregge di pecore di Arturo Gola. Pur non coinvolto
direttamente negli attacchi, Arturo è, come già anticipato sopra, ha
dovuto scappare. Per paura per il suo bimbo e per paura per le sue
pecore alla queli si è molto affezionato. Il tosatore francese, che
oggi lascia anche in estate le sue pecore in Provenza e non sale più
sulle Alpi per non subire le predazioni, ha detto ad Arturo: "Con il
lupo hai perso in partenza, devi scappare, scappare". Si è dovuto
trasferire a Triangia, a venti km di distanza, dove la moglie Grazia Maria ha dei
terreni di famiglia. Triangia, 800 m, sorge su un ampio terrazzo
della sponda retica valtellinese, pochi km prima di Sondrio
risalendo la valle. Per ora le pecore sono al sicuro e "puliscono" i
prati tra i tornanti ("anche se le abbiamo già trovate fuori
delle reti, strappate dai tanti cervi che ci sono"). Le
recinzioni di legno che sono state realizzate a Strafodes non
possono certo difendere dal lupo che, perso il timore per l'uomo,
non esita ad attaccare anche in presenza di difese e a
superare recinzioni di ben maggiore altezza.
Il problema della famiglia Gola è che non bastano certo le 65 pecore,
pur con i contributi per il pascolo, ad andare avanti. Nonostante la
chiusura per il Covid (in montagna come fai, anche in estate, a tenere
la gente solo all'aperto?) i Gola contano ancora di gestire
l'agriturismo, ma con il gregge a Triangia sarà praticamente
impossibile. Quanto ai contributi essi saranno del tutto persi
se non si carica più quest'anno per la presenza del lupo. Ma già lo
scorso anno c'era stata la perdita di 9800 euro perch´, in occasione del
controllo da parte dell'Ersaf, il gregge, osservato a distanza con il
binocolo, era stato colto in fallo a pascolare fuori dal mappale.
L'agriturismo (e l'alpeggio, che occupa la testata destra dell'alta
val Fontana) sono di proprietà del comune di Ponte. Avendo utilizzato
le volumetrie disponibili per la realizzazione dei fabbricati ad uso
agriturismo, nonostante le ripetute richieste, motivate dalla
necessità di ricovero degli animali, il comune non ha alcuna
intenzione di inserire varianti nel PGT. C'è il fiume, ci sono
vincoli. Vero ma come può un'agriturismo che si basa sull'attività di
allevamento (valorizzando al meglio le carni degli agnelli) operare
senza ricoverare in inverno, almeno per pochi mesi gli animali? Alla
fine l'azienda utilizzava ampie superfici a pascolo che ha in affitto
dallo stesso comune. Verrebbe da dire che in Valtellina di porcate in
quota ne sono state realizzate a iosa e che adesso si fa rigore a
scapito.. delle pecore ciute. Rustiche fin che si vuole, ma in
inverno, a 1400 m, un ricovero è necessario. Sarà comunque
interessante vedere come si comporterà il comune quando l'allevatore
dovrà comunicare che rinuncia all'alpeggio, inagibile per presenza del
lupo. Un altro aspetto triste di tutta la vicenda è che, proprio per
poter pascolare meglio l'alpeggio comunale, quest'anno Arturo avrebbe
preso "a guardia" anche 40 pecore di due giovani neo allevatori,
Riccardo Ciampini, di Tresivio e Daniele Saini, di Teglio. Questi
giovani, che hanno partita iva, hanno già delle pecore ciute e
avrebbero voluto ampliare l'allevamento. Il lupo ha bloccato anche il
loro progetto.
"Mi passa la poesia"
Nicola Bertoletti è molto amareggiato. Più che altri aspetti della
vicenda di predazioni subite, è l'atteggiamento di alcune persone che,
lette sui giornali le dichiarazioni della dott.ssa Ferloni, lo hanno
additato come uno senza scrupoli, che lascia allo sbaraglio gli
animali, che tiene le pecore solo per i contributi ecc. "Mi passa la
poesia", dichiara scosolato. In effetti, la Ferloni ha parlato
di
"greggi che scorazzano", "lasciati allo stato brado", ha messo alla
gogna gli allevatori "hobbisti" (quelli della val Fontana non lo sono e
ed è grazie agli allevatori per passione che razze come la ciuta (in parte anche l'orobica e la frisa) si sono conservate.
La dirigente provinziale, assumento toni autoritari e
paternalistici inaccettabili ha aggiunto che: "sinora noi abbiamo indennizzato anche
gli animali fuori dai recinti, ma non so fino a quando questa politica
verrà attuata". Si sente veramente un padreterno questa Ferloni che
pensa a "educare" i discoli a colpi di verbali appioppati dalle guardie
ad ogni pecora sorpresa fuori da un recinto. Che da parte di un certo ambientalismo si pensi di tornare al
medioevo, ai signori feudali e ai servi della gleba non &grave una novità. Ma questa volta la Ferloni ha proprio esagerato.
Conosce le condizioni
dei pascoli della Valtellina? Sa che la biomassa sulle pendici
scoscese dove l'umidità del suolo è scarsa, il terreno superficiale è
minima, dove l'erbetta è alta 2-3 cm ci vogliono ampie superfici per
far pascolare un gregge? Che spostare e installare i recinti su
terreni scoscesi e ricchi di tare, soprattutto roccia affiorante, è
una fatica improba, che le reti (specie quelle di una certa altezza) pesano moltissimo e devono essere portate a
spalla (perché in certi posti non arriva neppure l'asino?). Vanno
forse quelli dell'Ersaf o di WolfAlps a montare e smontare i recinti
ogni giorno? No, non vanno, quelli sono capaci di fare "dimostrazioni" sull'uso delle reti pretendendo di dare lezione ai pastori.
Sa poi la Ferloni che, oltre ai recinti, esistono anche i cani da difesa del gregge?
Certo che poi escursionisti e albergatori non gioiranno, neppure chi fa la caccia da piuma (i cani saccheggiano i nidi, oltre a sterminare
marmotte, lepri e caprioli) ma chi vuole il lupo? Gli allevatori no di certo. Lo vogliono i gli ambientalisti. Però pare che tutto l'incomodo della
presenza del lupo debba gravare sulle loro spalle (in senso letterale). Sa la Ferloni, che non vuol vedere pecore fuori dai recinti, che in Francia, attraverso
appositi decreti
ministeriali, è stato stabilito che i prefetti possono
dichiarare le zone dove l'attuazione di mezzi di difesa passiva dal
lupo è difficile e che in queste zone (o anche per singolo gregge)
vengono concessi contributi e gli indennizzi anche ai pastori che non
attuano alcuna misura di difesa passiva. Lí, in queste circostanze si
consente al pastore o a un cacciatore,o di sparare, sia
per spaventare che per uccidere il lupo. Convivenza difficile, ma
almeno si tenta. In Valtellina se ogni pecora dovesse essere recintata
(evidentemente la montagna è del lupo e di chi lo vuole, lui libero di fare ciò che vuole impunito, la pecora reclusa) l'allevamento
ovicaprino estinguerebbe ben presto.
Si parli chiaro: si dica apertamente che l'allevamento ovino, con
tutto il "disturbo che procura alla Natura" deve cessare, che la val
Fontana e le valli impervie devono diventare area wilderness (poi
tutta la Valtellina, non si dubiti). Dire che non si può pascolare se non nei recinti
equivale a dire che buona parte di chi ha capre e pecore se ne deve
disfare. Capra orobica, capra frisa, pecora ciuta sono biodiversità di
serie B. Che si estinguano pure. Che la Ferloni e gli altri "esperti"
la pensino cosí è chiaro. Vorremmo sapere, però se sono allineate al lupismo radicale
anche la Regione Lombardia e la Provincia di Sondrio. La
Provincia ha sinora taciuto lasciando parlare la dirigente. In attesa
che l'attuale presidente, Moretti, sindaco di Teglio, si faccia
sentire, dicendo se è d'accordo con la Ferloni o no, ha parlato l'ex
presidente e attuale consigliere provinciale nonché sindaco di
Chiavenna, Dalla Bitta. Vale la pena riportare la dichiarazione:
Lupi in Valtellina e Valchiavenna,
è polemicLeggere che, per voce di un funzionario
provinciale, a seguito della presenza di un esemplare di lupo si
metta in discussione decenni di cultura, agricoltura e allevamento
della mia terra mi ferisce. Sono certo non sia stata la linea
dell'amministrazione provinciale degli anni passati [però la
Provincia di Sondrio, lo ricordiamo a Dalla Bitta, era supporter del
vecchio WolfAlps] e credo non sia nemmeno quella
attuale. Accusare chi, da solo, con passione, capacità, energia
ogni giorno si prende cura delle nostre montagne e del nostro
territorio di essere fuori tempo per un lupo (con tutto il rispetto
per ogni forma di vita) mi pare paradossale e inaccettabile .
Io, sarò all'antica ma non tradisco i nostri agricoltori, i nostri
allevatori ( in forma professionale o di hobby/amatoriale/di
passione personale). Io continuo a stare con loro. Continuo a
pensare che se c'è qualcuno con i suoi animali che siano pecore,
capre o mucche vive il territorio abbiamo speranza. Continuo a
credere che a questa nostra gente dobbiamo dire grazie perchè sono
custodi della nostra terra in un momento in cui ne ha tanto bisogno.
Siano essi agricoltori, allevatori, hobbisti o cacciatori. Forse
sono all'antica ma, orgoglioso di esserlo sto con loro e non con
mode innovative che pongono bandiere davanti alla cultura della
nostra gente.
Mi auguro di leggere racconti in cui essere proprietari di pochi o
tanti capi sia letto come un gesto di coraggio e non come occasione
per prediche giudicanti mischiate ad un finto e poco produttivo
approccio da riserva indiana. Per questo credo che fino a quando ci
sarà qualcuno che si prende cura del territorio, a partire dal mondo
dell'agricoltura, dell'allevamento e anche della caccia che scelgono
di stare alle regole e ci mettono, ogni alba e per ogni giorno
dell'anno di alzarsi presto per questo, le istituzioni debbano
essere al loro fianco. Sono considerazioni forse scontate.. ma.. a
quanto pare.. vale la pena ricordarlo ogni tanto.“
Dichiarazioni di analogo tenore ha rilasciato Gianmario Tramanzoli,
vice-direttore dell'Associazione regionale allevatori, mentre la
Federcaccia provinciale, sottolinando che tra le sue file vi sono
molti allevatori, ha espresso loro piena solidarietà e chiesto le
dimissioni della Ferloni.
Come aiutare subito gli allevatori
Gli interlocutori degli allevatori sono la Regione e la Provincia,
anche il Prefetto considerando che in estate vi sono baite abitate,
anche con bambini, a diverse quote e negli alpeggi. Offrire agli
allevatori le reti come unica panacea è offensivo, insultante. Solo i
lupisti dentro le istituzioni (un vero apparato parallelo che risponde
a centrali lobbystiche nazionali ed estere in barba alle regole democratiche) possono
pensare di regalare reti e di aver risolto così a buon mercato il problema della "convivenza". In attesa
che a Bruxelles, a Roma, a Milano, a Sondrio, nei palazzi, ci si
risolva a utilizzare un approccio meno unilaterale sul tema lupo, a
non ascoltare solo la parte animal-ambientalistama anche chi abita e
lavora in montagna e nelle zone rurali, in attesa che il lupo venga
gestito e contenuto, si devono attuare misure efficaci:
è necessario coprire le spese di custodia (un tempo i comuni
assumevano il pastore comunale);
è necessario disporer di cani da difesa adatti (non
aggressivi nei confronti delle persone ma efficani nel
fronteggiare i lupi);
ristrutturare le baite lasciate crollare e fornire un ricovero
dignitoso ai pastori;
realizzare nuove piste forestali;
coprire le spese extra indotte dalla necessità di difendersi dal
lupo senza poter sparare.
Se pensiamo alla val Fontana, dove oggi ci sono due grandi alpeggi
ma un tempo ve ne erano molto, con le loro baite, i loro baitelli in
quota per i pastori (le necessità sono a volte storicamente
cicliche), i baitoni più in basso per le vacche, c'è solo
l'imbarazzo nella scelta dei fabbricati meno disastrati e più
recuperabili (a meno che non so voglia ricostruirli ex novo).
Val
Fontana: Monte Fiorinale
Sempre in val Fontana, ma è solo un esempio, andrebbe prolugata la
pista jeppabile. I pastori, però, oltre agli interventi sulle
strutture hanno bisogno di personale. essi rinuncerebbero ben
volentiere a parte dei contributi a superficie che attirano gli
speculatori come mosche sul miele (vedasi inchieste della Procura di
Sondrio) in cambio di servizi, utili ai veri pastori. Gli
speculatori sono i migliori alleati degli animal-ambientalisti
lupisti: essi "caricano" animali raccogliticci, che stanno giusto in
piedi. Hanno solo da guadagnare se il lupo li preda perché, in
questi casi, l'indennizzo supera il valore reale di povere bestie
messe lí solo per "fare Uba".
(12/04/2021) L'emergere della presenza di ibridi anche sulle Alpi,
sin qui negata come fake news dalla lupologia e dagli ambientalisti,
ora viene giudicata una catastrofe da Boitani (che diceva,
interviste allo stesso giornale, che erano ... cazzate). Ora chiede
la rimozione senza indugio degli ibridi e spara contro il "sistema".
Un sistema la cui governance ha pilotato per decenni. E nel
frattempo arrivano i risultati di una ricerca sull'Appennino
settentrionale che conferma una fortissima percentuale di
commistione genetica. Sulle Alpi, a fare disastri, sono arrivati
lupi fortemente introgressi. Lasciando fare loro quello che più gli
aggrada (fino a stazionare nei centri abitati) ci sarà una nuova
ondata di ibridi di prima generazione. Con la irreversibile
compromissione del genoma lupesco (estinzione genomica mentre il
"lupo" dilaga). Estinzione del vero lupo (quella "meravigliosa
macchina prodotto di millenni di evoluzione") ed estinzione dei
pastori e della civiltà rurale alpina. Un ottimo risultato.
Vale la pena dare ancora più finanziamenti ai lupisti..
(07/04/2021) Gli allevatori ossolani del Comitato di
salvaguardia non le mandano a dire a WolfAlps. Si
rifiutano di rispondere all'ennesimo questionario, di collaborare
con chi vorrebbe che smettessero la loro attività (in Ossola i
sistemi di alpeggio sono incompatibili, nelle condizioni attuali,
con una massiccia presenza del lupo). Con chi, oltretutto, vorrebbe
passare come super partes, finge di voler aiutare gli
allevatori nel mentre nasconde loro anche la presenza dei lupi e poi
pretende anche di essere riverito, un po' come un boia che esiga la
collaborazione delle sue vittime. C'è una grande dignità e
consapevolezza in questi piccoli allevatori: Davide contro Golia, ma
non si rinuncia a lottare. La bandiera rurale-contadina-montanara
della capra contro quella ambientalista-urbana del lupo. Oppongono
alla macchina da guerra di WolfAlps i loro poveri mezzi, tra
un'uscita al pascolo, una foraggiata alle capre e la preparazione di
un formaggio, bloccati dal lockdown (che favorisce le grandi
organizzaizoni abituate al lavoro in remoto e tecnologicamente
attrezzate). A loro tutta la nostra ammirazione, agli arroganti
signorotti feudali di WolfAlps, tutto il nostro disprezzo.
(06/03/2021) In paesi a noi vicini, con presenza di lupi
estremamente più limitata rispetto a quella italiana, sono stati
adottati dei protocolli per tutelare l'incolumità delle persone dal
rischio bold wolves , ovvero lupi spavaldi, problematici e
pericolosi. In Italia, invece, si parla più spesso di
"lupo confidente", e si vuole far credere che il problema dei lupi
nei paesi, sia solo quello di giovani lupi "curiosi", semmai
diventati "confidenti" per una ripetuta frequentazione degli abitati
e per colpa si comportamenti "scorretti" degli incauti umani. Tutta
questa sottovalutazione di in problema ormai palese e grave e
l'assenza di iniziative e di regole è possibile perché WolfAlps e i
suoi tentacoli hanno il monopolio di tutto quello che riguarda il
lupo. Loro fanno le regole, loro monitorano, loro valutano, loro
comunicano, loro decidono. Ma possiamo attendere che WolfAlp (che
per ora prevede solo di studiare il fenomeno dei bold wolves) decida
- in funzione della sua strategia di presentazione di nuovi progetti
- che è tempo di darsi qualche regola e di intervneire sui lupi che
scorazzano in pieno giorno, sbranano animali domestici, spaventano
intere comunità. In altri paesi chi si occupa di lupi fa di tutto
per tutelarli ma dichiara che c'è un problema di lupi pericolosi e
che va affrontato. Il che vuol dire, considerando che altri metodi
sono poco efficaci, abbattendoli.
(29/03/2021) è successo a Sedico, comune in provincia di Belluno
confinante con il capoluogo, dove i lupi sono stati avvistati lo
scorso anno. Sabato notte un trentenne, che insieme alla compagna
portava i cani (al guinzaglio) a fare i loro bisogni nei pressi
dell'abitazione, è stato attaccato da un "canide" riportando ferite
lacero contuse su entrambe le guance (una delle quali risultata
perforata "ci passava la lingua attraverso"). L'animale
responsabile dell'attacco si è allontanato e nel buio e nella
concitazione non è stato possibile capire se fosse un cane o un
lupo. I cc forestali, protettori dei lupi in divisa, sono stati
informati e ci si aspetta che facciano indagini, cosí come l'Ussl
che deve obbligatoriamente rintracciare il cane mordace (se fosse
cane).
(25/03/2021) Il manifesto con il lupo che ulula alla luna, sullo
sfondo di una montagna spettrale, senza segni di vita, è un
violenta, arrogante, sgradevole provocazione alla gente trentina,
della montagna alpina, a tutto il "contado" italiano alle prese con
il proliferare del lupo, fortemente voluto dall'elite
urbana e dai suoi tirapiedi. Uno strumento per una nuova
soggezione, simbolica e materiale, del contado, dei "villici"
alla città (oggi metafora dell'elite euromondialista). Quello
che conta è che queste provocazioni determinano la riproposizione,
un allargamento della frattura tra "contado" (comitatus) e "città"
(civitas) impostata tra XII e XIII secolo (in epoca di assoluto
dominio del comune cittadino sui territori) e parzialmente
ricompostasi nei secoli successivi. La montagna oggi è
l'anello più debole che viene investita dal fronte di attacco, ma il
conflitto città-campagna non è più esclusivamente su una base
territoriale: è l'attacco spietato - favorito dalla pandemia
- a tutte le piccole realtà economiche dei settori produttivi e
terziari.
(21/03/2021) Segnalazioni di presenza di lupi, anche in branchi, arrivano in questo finale di inverno dal Piemonte, dalla Lombardia, dall'Emilia, dal Veneto. I lupi sono stati visti sin nei comuni capoluogo o in grossi centri. Nel lodigiano c'è voluto il solito investimento del predatore, dopo un attacco dentro un ovile, per "certificare" la presenza del lupo. Ma da anni sul basso corso dell'Adda, nel parco del Ticino, nel delta del Po vi sono dei branchi. Per la lupologia "non esistono" e le aree di pianura sono state escluse dal monitoraggio del lupo. Si ammette solo la presenza di soggetti "in dispersione". La palese, sistematica, disinformazione da parte di organi pubblici sulla presenza del lupo, la gravissima assenza di protocolli (che esistono nel caso dell'orso) per la gestione del lupo nei centri abitati, dovrebbero spingere le istituzioni elettive ad avviare delle inchieste. In compenso vengono dispensati "Vademecum" per spiegare che il lupo non è pericoloso ma... bisogna chiudere al sicuro gli animali domestici ecc. Ai cittadini si nega, il diritto all'informazione e alla sicurezza, in barba alla democrazia e alla legalità, da parte di un "deep state" incistato dentro le istituzioni (polizie provinciali, parchi, servizi faunistici, cc forestali, servizi parchi regionali) che obbedisce a centrali lobbystiche di parte.
(13/03/2021)La vicenda del cane Pastore della Sila testimonia quanto sia importante la conservazione delle razze autoctone. Di fronte a nuovi problemi, o a problemi che si pensava superati e che si ripresentano con prepotenza, (vedi quello del lupo), la sopravvivenza, in aree dall'ambiente difficile, di particolari razze animali rappresenta una risorsa preziosa. L'ambiente della Sila è, per morfologia e tipo di vegetazione, più simile a quello delle Alpi rispetto all'Appennino centrale dove è stato selezionato il mastino abruzzese. Sulle Alpi, dove gli antichi cani guardiani si sono estinti insieme al lupo, i pastori devono fronteggiare il ritorno massiccio del predatore, in un contesto di pascoli spesso scoscesi e inframmezzati da vegetazione arborea e arbustiva; oltretutto in presenza di una intensa frequentazione turistica. L'impiego di un cane come il Silano, meno aggressivo nei confronti dell'uomo rispetto ad altre razze di cani guardiani, si prospetta quindi come un'opportunità per i pastori alpini. Un fatto nuovo che rappresenta anche per il Pastore della Sila un'occasione unica per espandersi in diverse regioni del Nord Italia.
(24/02/2021) In Germania, nella Bassa Sassonia, un lupo è stato abbattuto legalmente qualche giorno fa per
tutelare gli allevamenti dai gravi e ripetuti attacchi predatori. È la prima volta che accade.
Quello che appare un fatto "eccezionale" è l'anticipazione di un auspicabile ritorno alla
normalità (come sottolineato dallo stesso ministro dell'ambiente della Bassa Sassonia), un ritorno
al buon senso che suggerisce che animali pericolosi e dannosi non possono essere lasciati proliferare con
"licenza di predazione". In Italia, che non è un paese "normale", occorrerà ancora del tempo.
Andrea Cavallero è uno di quei rari accademici che non si tira indietro
quando si tratta di esprimere, senza mezzi termini, idee non conformiste. In questo articolo,
che pubblichiamo molto volentieri, Cavallero sostiene delle tesi che risulteranno sgradite a
tanta parte del mondo politico, intellettuale, universitario. Cosa sono servite,
si chiede l'autorevole agronomo torinese, tante acquisizioni scientifiche, tanti studi sui pascoli
e sulla loro gestione se poi tutto deve essere sacrificato al lupo. E chiarisce che, nel contesto alpino,
il lupo è una minaccia per la biodiversità alpina. Lo sostiene a ragion veduta, in scienza e coscienza,
sapendo di andare contro quei dogmi ambientalisti che, piegando servilmente la testa, anche gli
ambienti scientifici (non esclusi quelli agrari e zootecnici), sono disposti ad omaggiare.
Ma Cavallero non ha paura di apparire eretico (un tempo lo era chi sosteneva che la terra gira
intorno al sole) e pone la politica di fronte a una scelta per la quale non esistono scappatoie:
in montagna scegliete il lupo o l'uomo?
In valle Anzasca (Ossola), i lupi ci sono da tempo. I signori del lupo (quelli di WolfAlps), forti dei milioni
di cui dispongono, si sentono in diritto di rispondere ai sindaci che i dati sui monitoraggi sono "riservati".
A loro interessa solo proteggere i lupi (che non ne hanno più bisogno) ed evitare l' "allarmismo". Alla
gente continua a venir detto da pubblici funzionari che "sono cani" e non i loro lupi. Ma ci sono le prove.
Quando la magistratura inizierà a occuparsi di questi abusi di potere e falsi ideologici?
Intanto la situazione di chi vive nelle valli è di vera e propria emergenza a causa della politica
(Regione Piemonte in primis) che ha abdicato in modo vergognoso alle proprie prerogative a
favore della lobby del lupo. Di seguito un intervento di un rappresentante del Comitato salvaguardia
allevatori della val d'Ossola, residente a Bannio Arzino in valle Anzasca.
(17/02/2021) Tra le tattiche del partito del lupo, vi è anche la bufala dell'intoccabilità della loro
"gallina dalle uova d'oro". Sono stati abili (e disonesti) a celare i dati ruali sulla consistenza della
specie, a fare in modo che gli allevatori si scoraggiassero e non denunciassero piUgrave le predazioni.
Sono stati abili a convincere le regioni e i politici che "la UE non consente di abbattere i lupi".
Ma la verità è un'altra. La Francia preleva ogni anno il 20% della popolazione lupina.
Senza infrangere la direttiva Habitat. Le regioni hanno il diritto/dovere di monitorare e controllare la fauna dannosa
(ancorchè iper-protetta), anche il lupo e l'orso. Nei modi previsti dalle normative. Vediamole e facciamo chiarezza.
(11/02/2021) Con il solito colpo di mano (20 giorni per silenzio assenso, sindaci che non ne sanno niente)
il Parco delle Alpi marittime/Centro di referenza grandi carnivori e il il settore Biodiversità e aree protette
della Regione Piemonte vorrebbero imporre in due ampie aree SIC di fresca istituzione (in val Grana e in valle
Stura di Demonte), regole e vincoli specifici per tutelare (dentro e fuori il perimetro dell'area) i siti di
riproduzione del lupo. Per fortuna l'operazione cade nel bel mezzo delle polemiche su WolfAlps scatenate dal
presidente del parco Alpi Cozie, Mauro Deidier e del dibattito sulla necessità di contenere la
proliferazione del lupo. E i comuni interessati sono decisi a non
farsi imporre l'ennesima prepotenza colonialista dei centri di ecopotere autoritari.
(03/02/2021) In pochi giorni si sono registrati diverse iniziative politiche contro la politica lupista che
mette in ginocchio gli allevamenti estensivi, la montagna le aree interne. Dopo la lettera
durissima contro una politica regionale appiattita su WolfAlps, redatta da comuni e unioni
dei comuni della provincia di Torino e della val Maira è arrivata la circostanziata
lettera di Mauro Deidier, neo presidente del parco delle Alpi Cozie che contesta WolfAlps.
Infine &egrace del 29 gennaio una lettera della commissione agricoltura del parlamento europeo
che prende una chiara posizione a favore della revisione dello status di iper-protezione del lupo.
Mauro Deidier, neo presidente del parco delle Alpi Cozie, in provincia di Torino, parco
partner di Wolf Alps, ha scritto alla "centrale" di Wolf Alps (e del lupismo),
il parco delle Alpi Marittime, per manifestare la sua contrarietà al progetto.
Nella circostanziata e densa lettera di cinque pagine, egli rileva come, non
solo Wolf Alps operi in modo poco trasparente ma impieghi una quota sostanziosa
della pioggia di milioni ricevuti per consulenze. Consulenze a favore della autoreferenziale
cerchia lupista. Grave, poi, per Deidier: l'assoluta volontà di manipolare l'informazione
e la comunicazione verso il solo obiettivo di creare a tutti i costi consenso attorno
al progetto al fine di proteggerlo da opinioni difformi. Sino a vantarsi di praticare
con successo il lavaggio del cervello (parole loro) ai danni degli alunni della scuola dell'obbligo.