(22.08.10) Le
casere di stagionatura sugli alpeggi sono testimonuianze
di una secolare e florida economia zoocasearia che affonda
le radici in pratiche e culture pastorali ancora più
antiche. Solo da pocoperò si sta riconoscendo
il loro valore di beni storico-culturali
Il
Silter di Gianico, cuore dell'ecomuseo
delle
malghe della Val Grigna (Bs)
Da tempo sono sottoposte
anche a vincolo delle soprintendenze ai beni culturali.
Ma le secolari casere d'alpeggio non sempre sono
oggetto di un restauro 'conservativo' tale da preservarne
adeguatamente il valore testimoniale. L'impegno particolare
dedicato da ERSAF al 'Silter di Gianico' (Malga del Silter) in
Valle Camonica rappresenta una lodevole eccezione.
testo e
foto (dove altrimenti specificato) di Michele Corti
Le
immagini di questo fotoracconto si riferiscono al giugno
2006 e a luglio 2010. Le immagini di quattro anni fa
rendono possibile verificare lo stato in cui si
trovava il Silter di Gianico (Malga Silter) prima degli
interventi di restauro conservativo in corso questa
estate. Ma cos'è il silter? Silter è il termine
utilizzato nei dialetti bergamaschi e bresciani per
designare la 'cantina', un locale - in genere con copertura
a volta - da utilizzare come deposito di conservazione
dei prodotti alimentari (nel caso del formaggio quale
locale di stagionatura). Oggi 'Silter' denota anche
un formaggio che da vent'anni sta inseguendo la Dop.
L'area, le località, le malghe di cui ci occupiamo
in questo racconto stanno al formaggio Silter un po'
come le valli del Bitto stanno al formaggio Bitto. Ma
questo è un discorso che riprenderemo più avanti.
Il Silter
come si presentava nel 2006
Tralasciando,
per ora, il formaggio (che comunque prende evidentemente
il nome dai tipici localii di maturazione) concentriamoci
sul 'silter' quale struttura. Per estensione la voce
'silter' è utilizzata non solo per indicare la 'cantina',
ma anche per designare il fabbricato nel suo complesso
e quindi anche il sito dove insiste. E' proprio nell'area
della Val Grigna - Valle dell'Inferno che nelle vecchie
mappe I.G.M. (risalenti al XIX sec.) troviamo una straordinaria
frequenza del toponimo ('Silter di ...'). L'uso di 'silter'
per denominare il fabbricato mette in evidenza la centralità
del locale per la conservazione e stagionatura del formaggio.
Il locale per la lavorazione del latte, che si trova
al livello superiore, era molto meno importante.
Il latte veniva lavorato in molti siti, in molte 'stazioni'.
Per lavorare il latte bastava una struttura con muri
a secco con una copertura di scandole di larice. Il
caseificio della foto sotto si trova nella vicina Val
Gabbia.
Casera
di Val Gabbia nel 2008
La
foto è del 2008. Lo scorso anno gli Spagnoli (famiglia
di grande tradizione e con un attaccamento particolare
ed ammirevole alla cultura malghese) hanno riattato
il 'rudere' e la struttura è tornata a produrre formaggio
e burro. Ho inserito volutamente le virgolette perché
queste strutture, disseminate in tutta l'area (sotto
vi presento un altro esempio) sono, in definitiva, dei
grossi calecc.
Casera
di Rosellino (sullo sfondo il nuovo fabbricato) (Foto
Mario Pierik)
Il
calecc, per chi non lo sapesse, è il mitico luogo
di produzione del Bitto storico: un recinto di muriccia
a secco con piazzata sopra una tenda dove si colloca
la caldera - sul suo bravo braccio girevole di legno
('cicogna') - e si lavora il latte. Ma qual'è il significato
etimologico di calecc? Semplice: 'rudere'. La
nostra idea di 'fabbricato' di 'immobile' ci impedisce
di capire che per millenni i 'fabbricati' d'alpeggio
erano continuamente ricostruiti. Le pietre si trovavano
disseminate sul pascolo e mucchi di pietre erano già
spesso disponibili quale risultato degli spietramenti;
le tavole di legno di copertura - quelle si preziose
- si trasportavano invece da una 'cascina' all'altra.
La differenza tra le valli del Bitto e queste valli
dei Silter consiste nel fatto che qui il fabbricato,
per quanto a secco e senza pavimentazione, è più
ampio e complesso dovendo rispondere all'esigenza di
disporre di uno spazio, separato dal locale 'del fuoco'
dove mantenere al fresco le bacinelle con il latte
al fine dell'affioramento della panna.
Un
sistema primitivo?
Un
sistema primitivo? Niente affatto perché, sia nel caso
del Bitto che in quello di queste valli camune, ad un
caseificio 'rudimentale' corrispondeva una cantina di
stagionatura ben costruita, con solide pareti, con altrettanto
solide porte di legno sbarrate con catenacci, con inferriate
alle finestre. Da secoli, almeno a partire dal
'boom' zootecnico e caseario del XVI-XVII secolo, queste
costruzioni erano realizzate con legante di malta. Non
solo la loro realizzazione implicava costi elevati ma
richiedeva anche condizioni ambientali, topgrafiche ottimali.
Non potevano essere erette ovunque ma solo dove la pendenza,
l'esposizione garantiva l'ottenimento di un microclima
interno adeguato. Un altro elemento da considerare era
la presenza di uno strato di roccia affiorante
di fondazione. Il vantaggio di localizzare la 'cantina'
in siti particolari è evidente, ma quello di usare dei
'ruderi' come caseificio qual'era? Oltre all'utilizzo
delle pietre tolte dai pascoli la facile ricostruibilità
dei caseifici rispondeva all'esigenza di non deteriorare
il pascolo. La sosta degli animali e i residui della
lavorazione del latte presso le 'cascine' determinano
l'inevitabile eutrofizzazione del terreno con lo sviluppo
di una flora infestante (flora 'dei riposi', nitrofila,
ammoniacale) difficilissima da far regredire. Vediamo
l'aspetto di questa flora nella foto sotto proprio alla
Malga Silter in tempi recenti utilizzata quale 'malghetta'
in modo certo diverso dal passato.
Flora
nitrofila a Malga Silter
Dove
si trova il Silter?
Il
Silter in questione si trova in un punto strategico
dove, in passato, convergeva la produzione di diverse
malghe che occupano la parte alta della Valle dell'Inferno
che si apre a ventaglio con diverse vallecole. L'area
è suddivisa tra i due comuni di Esine e, per l'appunto,
di Gianico, dove si trova il nostro Silter (vedi mappa
sotto).
Carta
IGM 1:25.000 (clicca sulla mappa per ingrandirla)
Le malghe dell'alta Valle dell'Inferno sono ancora
tutte monticate con bovini da latte salvo una, la più
scomoda e ripida ( Rosellino-Val di Frà), dove
vengono monticate pecore da carne (vedi sotto).
Il
gregge di Rosellino-Val di Fra (Foto
Mario Pierik)
Rispetto al passato, però,
le superfici di pascolive si sono molto ridotte e gli
attuali criteri di gestione del pascolamento del
bestiame bovino non riescono ad impedire il rischio
di una ulteriore perdita (in termini quali-quantitativi)
di superfici pascolive. Servirebbe una gestione
più 'intensiva', ma questa presuppone più impegno di
personale. In una prospettiva di valorizzazione multifunzionale,
con la possibilità di una migliore remunerazione per
i prodotti e di nuove voci di reddito (derivanti dai
servizi turistici) non è irrealistico pensare ad una
rilancio della stessa gestione alpicolturale con una
migliore utilizzazione delle varie malghe ora divenute
semplici 'stazioni ' con brevi periodi di depotenziamento
- disattivazione del sistema malghivo.
La malga Rosello, che
comprende anche la stazione dove si trova il Silter, come diverse
altre della zona (Val Gabbia, Campolungo, Poffe di Stabil Solato e Poffe di
Stabil Fiorito), fa parte della Foresta 'Val
Grigna', un vasto comprensorio di oltre 2.850 ettari di di boschi e
pascoli di proprietà della Regione Lombardia. Come le altre foreste demaniali
regionali anche quella della Val Grigna è gestita dall' ERSAF (Ente regionale
per i servizi agricoli e forestali). Al Silter di
Gianico si arriva da Rosello di mezzo (900 m in linea
d'aria), stazione principale della malga Rosello servita
da comoda pista forestale che transita per Rosello di sopra e Rondeneto
provenendo da Bassinale (M.te Campione 2) dove si deve parcheggiare.
Un
emblema dei Silter e del Silter (evitando la monumentalizzazione)
I
motivi di interesse al recupero del Silter non sono
pochi. Già si è detto della sua funzione strategica
in relazione alla conservazione della produzione di
più alpeggi. Un ulteriore elemento è legato al mantenimento
delle tradizionale copertura in scandoloni di larice.
Nella foto di prima si vedeva una falda completamente
'rattoppata' con la lamiera zincata. L'altra falda,
però, si presentava così sino all'anno scorso, quando
sono inziati i lavori di recupero. I vecchi scandoloni
sono serviti da modello per produrne di nuovi seguendo
il più possibile le tecniche tradizionali ovvero la
spaccatura a mano e la macerazione in più cicli in acqua.
Visita
al Silter (2006)
Anche
la tipologia del fabbricato è interessante: al corpo
principale, in tempi successivi sono state aggiunti
dei 'prolungamenti': un corpo posteriore e un portico
anteriore con probabile utilizzo quale fienile
dello spazio sottotetto, ma anche con funzione di protezione
dell'ingresso della cantina.
I
lavori in corso sono finalizzati a recuperare e consolidare
quanto più possibile le strutture originarie. Sono state
mantenute ove possibile le murature (al livello inferiore
del fabbricato) e si è persino recuperata qualche travatura.
Lavori
di ristrutturazione conservativa (luglio 2010)
L'utilizzo
del cemento quale legante non è 'invasivo' e, alla superficie,
verrà utilizzata una malta naturale 'antichizzata' che
dovrebbe rendere del tutto 'invisibile' l'uso del cemento.
Nel
corso dei lavori sono stati recuperati tutti gli elementi
in ferro (inferriate, catene, chiodi, ganci) e, ove
possibile ricollocati al loro posto.
Il
braccio girevole che troneggiava nella vecchia 'cucina'
(foto sotto con i detriti del crollo della parete di
fondo) è stato messo da parte in attesa di essere ricollocato.
Tutti
gli elementi lignei lasciati al loro posto o ricollocati
sono stati puliti. Così, sopra l'architrave collocato
sopra l'ingresso della cantina, si può leggere la data
'1840'. Data di probabile riedificazione o ristrutturazione.
Il fabbricato, come la maggior parte dei 'Silter' è
molto più vecchio.
Nelle
foto che seguono la porta in legno della cantina come
si presenta ora e come si presentava prima del restauro.
Questa porta con i suoi catanacci d'epoca (tutta 'ferrarezza'
proveniente dalle vicine fucine di Bienno forgiata a
mano) e le incisioni con le date e le iniziali (dei
casari?) rappresenta di per sè un pezzo di storia.
Le
date incise sono relative per lo più agli anni cinquanta
del XIX secolo ma vi sono anche gli anni del primo '900.
Un
aspetto qualificante del recupero del Silter di Gianico
è legato alla sua duplice rifunzionalizzazione. Da una
parte (al livello superiore) saranno collocati dei supporti
didattici necessari alla funzione di Centro di interpretazione
dell'ecomuseo delle malghe. Dall'altra (nella cantina)
verrà stagionato il formaggio. Un formaggio a pieno
titolo 'storico', carico di un valore aggiunto indiscutibile.
Un formaggio che se, beninteso, sarà prodotto e
'curato' a regola d'arte, potrà fungere da ambasciatore
dell'ecomuseo, della val Grigna ma anche della Valle
Camonica più in generale.
La
cantina è oggi svuotata delle scalere che sino all'anno
scorso la arredavano.
Si vede solo la nuda roccia (la tipica arenaria rossa).
Una roccia da lasciare al suo posto come l'hanno lasciata
(evidentemente con delle buone ragioni) innumerevoli
generazioni di utilizzatori del Silter. Si tratta di
ripristinare la pavimentazione in tavole di legno (adattata
al profilo della rocccia) e di collocare al loro posto
le scalere. Non dev'essere cambiato nulla (a partire
dalle aperture che assicurano la circolazione dell'aria).
Montasio
di Malga Montasio, Silter di Malga Silter
L'occasione
è di quelle che non si devono sprecare. Il Silter prodotto
in queste malghe può diventare come il Bitto della
valle del Bitto (Bitto del Bitto) o come il Montasio
di Malga Montasio (Montasio di Montasio), la malga simbolo
di tutto il Friuli che proprio in questi anni sta conoscendo
un recupero produttivo sulla spinta dell'enorme patrimonio
simbolico e affettivo che, in quella regione, essa rappresenta.
Ma strettamente connessa a questa funzione produttiva
(in cui l'elemento storico-culturale diviene 'fattore
di produzione' esso stesso) vi è anche l'altra funzione:
quella didattica, educativa, culturale assolta dal Centro
di interpretazione.
Alla
scoperta dei una realtà inaspettatamente complessa e
vitale
Il
visitatore deve poter essere 'accompagnato' a rendersi
conto che questa struttura è parte di una rete, di un
insieme di altre strutture in stretto raccordo funzionale
(e ha un senso, un significato solo nel suo contesto
di nessi funzionali). Nessi che comprendono un hardware
e un software. L' 'hardware' è fatto delle malghe
in funzione e delle loro attuali strutture produttive
ma anche dei tanti piccoli caseifici 'ruderali'
in pietra a secco, di mulattiere ben selciate, di punti
di abbeverata del bestiame, di barek (recinti in muriccia
a secco per il raduno notturno delle mandrie).
Barek
in Val di Fra
Elementi
in parte ancora ben visibili (segni che connotano il
paesaggio e gli danno ancora un senso), in parte solo
vestigiali, da individuare, da scoprire con emozione
(se si ha occhio attento o se si è aiutati).
Poi
c'è il software, ovvero le pratiche, i repertori
culturali che facevano 'girare' il sistema. Anche qui
un insieme di elementi del passato e del presente in
vario modo interconnessi.
'Scoprire'
questo 'sistema delle malghe' è stimolante. Si scopre
che non era affatto 'chiuso' ma vedeva una serie di
attori: i proprietari degli alpeggi (legati alle attività
economiche proto industriali o commerciali), i malghesi
transumanti, originari delle frazioni a monte di Artogne
e della Val Palót (che in inverno scendevano alla Bassa
presso le cascine degli agricoltori), i carbonai e i
taglialegna che condividevano uno spazio come di sfruttamento
economico della montagna, gli stagionatori del formaggio
(a Rovato e Brescia). Una economia 'aperta' e con molte
interconnessioni. Tutt'altro che un orizzonte arcaico sempre
uguale a sé stesso, limitato. Le malghe erano al
centro di un'economia florida, tutt'altro che marginale,
ma anche un crocevia di transito. Oggi scomparse (tranne
qualche traccia) un tempo erano presenti (le si vede
ancora nella carta I.G.M. di fine '800) numerose strade
intervallive (tutte ben lastricate) interessate da intensi
passaggi tra la Val Trompia e la Valle Camonica. Non
a caso il passo appena sopra la Malga Rosello di sopra,
che rappresenta una delle più agevoli comunicazioni
tra le due grandi e operose vallate si chiama, tutt'oggi,
la 'Foppa del mercato'. Malga non come luogo 'ultimo'
quindi ma come punto di passaggio e di contatto. Qui
è molto evidente ma anche altrove sulle Alpi era lo
stesso.
Un
intervento pensato all'interno di una strategia di valorizzazione
multifunzionale degli alpeggi
Oggi
è possibile attivare una nuova 'circolazione'. Il Silter
di Gianico è un elemento di interesse che rafforza le
motivazioni di frequentazione turistica di un'area
ricchissima di emergenze naturalistiche e storico-culturali.
La sua funzione didattica può integrarsi con
quella del Centro di Rosello di Sopra che, da qualche
tempo, ospita attività didattiche e formative oltre che
su temi faunistici e forestali anche su quelli
delle malghe.
Il
recupero e la valorizzazione del Silter quale elemento
emblematico della memoria storico-culturale si
inserisce percià nella prospettiva di una valorizzazione
multifunzionale degli alpeggi della Valle dell'Inferno
e delle valli limitrofe, una prospettiva fortemente
perseguita dall'ERSAF in qualità di ente gestore di
questo grande comprensorio malghivo che può rappresentare
un'interessante 'area pilota' per validare strategie
di sviluppo per l'insieme del sistema degli alpeggi
lombardi.
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