Ruralpini 

Fotoracconto/Uomini e lupi

 

Home 

 

 

Fotoracconti

Valstrona (VB)

'A Forno c'erano 500 capre e a Luzzogno lo stesso' (Alpe Sass da Mur)

La Storia di due caprai, di una scrofa innamorata e di un gatto coraggioso (Alpe Balma)

Toni Lavarini sul suo alpeggio in Valstrona (anni '80)

Valle Anzasca (VB)

Adesso non ci passa più nemmeno il mulo (Alpe del Lago)

 

 La capretta che 'fa' il cagnolino (storia di un 'neo-insediamemento' agricolo)

 

Val Grande (VB)

Rosanna e Rolando: neomontanari che fanno agricoltura nella Val Grande (VCO), spacciata per 'la più grande area wilderness d'Europa'

Val Seriana (BG)

Motocross in montagna: sport o vandalismo? Un problema non solo bergamasco

Cantine (hilter) d'alpeggio. Monumenti minacciati  (Malga Valmezzana)

Festa delle malghe

Val Lesina (SO)

 

Una storia in controtendenza: qualche volta gli alpeggi rinascono (Alper Legnone)

 

(Aggiornamento Alpe Lenone)

 

Val Gerola (SO)

 

Come nasce la maschèrpa d'alpeggio delle Valli del Bitto

 

 Val San Giacomo (SO)

 

L'Alpe Andossi : due 'stili d'alpeggio' agli antipodi (ma comunque il bosco è stato fermato)

 

L'Alpe Laguzzolo torna a vivere con le capre di Barbara e Pietro

 

 Valli lariane (CO)

 

 I furmagitt de cavra del Miro (a Sala Comacina)

 

Alpe Nesdale

 

Lagorai (TN)

 

 Malga Montalon

 

 

 

 

(12.08.10) Con Luca Battaglini e Marzia Verona sono andato a trovare Mario Durbano, un pastore di Frise di Monterosso Grana (CN) che ha subìto innumerevoli attacchi da parte dei lupi

 

Pastori e lupi: qual'è la razza in via di estinzione?

Siamo convinti che dopo aver sentito dalla viva voce dei pastori le storie  di 'uomini e lupi', dopo aver conosciute da vicino le esperienze umane dei pastori, aver visto dove e come lavorano e guardato loro negli occhi molti ambientalisti in buona fede cambierebbero idea sul lupo

foto e testo di Michele Corti

 

A Coumboscuro di Monterosso Grana (CN)  vi è lo storico Centro culturale della minoranza provenzale alpina; a Frise, piccola frazione dello stesso un pastore (l'ultimo della valle e bersagliato dai lupi). Difesa della lingua, della cultura alpina, della pastorizia assumono qui un significato particolare, sono divenuti un tutt'uno. Qui si è consapevoli che sono in gioco diritti importanti e la dignità stessa della civiltà alpina. Un'attività millenaria che si vede messa in discussione dall'egoismo supponente di un ecologismo di facciata, dai capricci degli ambientalisti da salotto che 'tifano' lupo in nome di un'astratta e ideologica  'rivincita della natura' (mentre loro se ne stanno comodi in città).

 

Il coraggio di annunciare una importante iniziativa regionale in un comune di 500 abitanti divisi in 20 frazioni

 

L'aver tenuto la conferenza stampa di presentazione del Progetto 'Sostenibilità dell'allevamento pastorale in Piemonte: individuazione e attuazione di linee di intervento e supporto' a Monterosso Grana (vedi l'articolo su questo sito)  è stato merito del coraggio politico dell'assessore Sacchetto ma anche un riconoscimento per le iniziative dell'amministrazione comunale (vedi articolo su questo sito) e del Centro di cultura di Coumboscuro in tema di lupo. Iniziative e prese di posizione senza peli sulla lingua, tese a denunciare la gravità del problema considerato una minaccia grave non solo per la pastorizia ma anche per la vivibilità delle valli, interessate da una grave crisi demografica, e per la stessa identità culturale delle popolazioni. Lo scorso anno, alla fine di agosto, in coincidenza con una successione impressionante di attacchi del lupo, Mario Durbano e Anna Arneodo avevano stilato un documento: PASTRE, LOUP e FÉE [Pastori, lupi e pecore] in cui provocatoriamente si chiedevano se fossero i lupi o i pastori, la razza da considerare in via di estinzione. Infatti mentre i pastori diminuiscono i branchi dei lupi continuano ad aumentare e la loro area di diffusione ad espandersi.

Alla conferenza stampa  di martedì 10 agosto Mario Durbano era presente. Per scendere in fondovalle ha dovuto tenere chiuse le pecore nel recinto elettrico e far perdere loro qualche ora di pascolo. La sua presenza di pastore-simbolo è stata però importante e ci è sembrato giusto (a Luca Battaglini, a Marzia Verona e al sottoscritto nel nostro ruolo di 'paladini della pastorizia' e di 'autori' del progetto) promettere a Mario che nel pomeriggio saremmo saliti a Frise a vedere dove tiene il gregge così perseguitato dai lupi. E così è stato.

 

Mario ci aspettava

 

Mario ci aveva dato il numero del cellulare ma avvisandoci che non 'prende'. Infatti i tentativi di metterci in contatto con lui non hanno successo e saliamo comunque alla piccola frazione di Frise a 1.222 m e 5 km dal capoluogo. Qui si ha la sensazione immediata e concreta di cosa significhi 'crisi demografica' (o meglio 'implosione'). Le case non sono molte ma vi è una chiesa piuttosto grande e una (ex) scuola elementare (relativamente 'moderna'). Segno che la comunità era costituita da parecchi nuclei rurali sparsi ('borgate' oggi semideserte) che gravitavano su questo 'centro'. Un 'centro' dove, oggi, ci accorgiamo che non c'è 'segnale' per le reti  di telefonia mobile. Un modo di 'tagliare fuori' un insediamento già colpito da spopolamento (gli abitanti sono solo 6). Del resto in tutto il comune, con oltre 20 frazioni, gli abitanti complessivi sono poco più di 500. Ci vuole poco a dare il 'colpo finale' a questa precaria condizione (basta forse il lupo, e forse qualcuno - cui non difetta il cinismo - ne è consapevole).

A Frise chiediamo dove sta il pastore (per fortuna è agosto e c'è in giro un po' di gente seduta davanti alla case a parlottare, come un tempo). Ci viene indicato senza incertezza e proseguiamo per una stradina asfaltata che poi diventa sterrata. Le indicazioni si rivelano esatte e arriviamo ad una piccola borgata dove Mario ci viene incontro ('per fortuna che non abbiamo desistito e siamo riusciti a raggingerlo' ci diciamo tra noi). Lui balza in sella a un cinquantino da trial e, dopo averci dato alcune indicazioni su come proseguire per raggiungere il recinto delle pecore, parte. Arrivati a un guado del Rio di Frise che scende da un selvaggio vallone ci chiediamo dove proseguire. 'Oltre il guado non ci sono tracce della moto' dice Marzia e proseguiamo con il mio Jimny costeggiando il Rio su per una pista abbastanza stretta e ripida. Arrivati ad un piazzale parcheggiamo. Poche rampe ci separano dal recinto dove sono radunate le pecore e qualche scampanio e abbaio ci confermano che siamo arrivati al posto giusto.

 

.

 

Le pecore sono ancora chiuse nel recinto di rete elettrificata 'da ovini'; il recinto è molto ampio e, come si vede nelle foto seguenti', le pecore stanno alla larga. Ma, ovviamente, di fili d'erba non c'è l'ombra. Il recinto sfrutta un'area ai limite della faggeta; la pendenza è ridotta e alcune piante (foto sotto) garantiscono il necessario ombreggiamento agli animali.

 

 

Le pecore sono 350. Il gregge due anni fa era di 450 capi. Ma i lupi ... ci hanno dato dentro. Sono pecore Biellesi anche se non dal pedigree immacolato. Parecchie sono 'moscate' o 'moschettate' ovvero con la faccia pigmenta, altre presentano maculature e pezzature in diverse sedi. Non sono poche quelle con corna 'vestigiali'. Dalle 'mie' parti (Lario, Valtellina) il carattere 'cornett' è diffuso in relazione all'esistenza, in passato, di una razza primitiva alpina presente tra Alto Lario e Bassa Valtellina (la 'Ciuta'). Qui, invece, non è tanto la popolazione-substrato a determinare la presenza del carattere quanto il fatto che, sino a qualche anno fa, Mario aveva le Frabosane, razza da latte dalle robusta corna e dal profilo fronto-nasale particolarmente marcato. La Biellese-Bergamasca presenta un profilo 'montonino', concavo, la Frabosana un profilo ancora più marcato ('squadrato'). Guardando queste pecore si capisce che c'è ancora un po' di sangue frabosano.

 

 

Finalmente Mario apre la rete e il gregge defluisce rapidamente, ma disciplinatamente, attraverso il varco (foto sotto).

 

 

Per raggiungere le aree di pascolo sul versante opposto del vallone il gregge (composto anche da diverse capre) deve superare il Rio. Due anni fa la piena del torrente, che adesso si presenta quasi secco, si è portata via 10 pecore (in aggiunta a quelle del lupo). L'atteggiamento del pastore rispetto alla 'calamità naturale' è molto diverso che nei confronti delle perdite per predazione. Nel secondo caso c'è il disappunto nei confronti di chi 'vuole il lupo'.  Per quanto i 'signori del lupo' stimino ben poco i pastori (i filmati presentati al Centro 'uomini e lupi' mettono in luce il carattere ostinato dei pastori, presentati come 'arcaici' o comunque capaci solo di limitate visioni) la consapevolezza della natura tutta sociale e politica del conflitto non sfugge certo loro.

 

 

Nella foto sopra due piccioni con una fava. Un primo piano di pecora con i 'cornetti' e un secondo con Marzia alle prese con la più tipica delle sue attività: fotografare le amate pecore (piacciono anche a me, per carità, ma il mio debole è per le capre; de gustibus ....).  Così quando guardate le foto di pecore su pascolo vagante potete immaginare l'autrice che scatta.

 

 

Dopo aver superato il Rio le pecore, finalmente, possono disperdersi in formazione di pascolo e soddisfare, finalmente, l'appetito.

 

 

La superficie di pascolo 'scoperta' non è molta. Come si vede nella foto (sotto) l'incespugliamento e il rimboschimento 'spontanei' hanno creato una fitta vegetazione. Tutto il versante della montagna, tranne alcune aree 'aperte' qua e là, è nelle stesse condizioni. La difficoltà di sorvegliare il gregge è quindi notevole, così come invece risulta agevole per il lupo avvicinarsi o predare qualche capo senza essere visto. Nel 2009 Mario ha subito 15 attacchi (praticamente ogni settimana) con la perdita di 70 capi. Solo 30 sono stati indennizzati. La perdita degli agnelli e dei capretti, spariti nel nulla, non è stata in alcun modo compensata. I lupi hanno colpito senza essere visti: 'Solo due volte li ho visti l'anno scorso'.

Nel 2008 le cose erano andate anche peggio con 130 capi persi. Quest'anno sono sinora state predate una capra 'hanno lasciato solo la testa e il panzone a parte' e una pecora. Ma gli attacchi più numerosi si registrano a fine agosto e settembre ed è quindi presto per dire se l'annata, alla fine, registrerà meno perdite. Mario illustra tutto con grande pacatezza, non alza mai la voce, non si accalora. Parla molto velocemente in piemontese.

 

 

 

 

Non crede che ci sia solo un piccolo gruppo di lupi. Qui si era insediata una coppia e i 'lupologi' sostengono che vi sono ora quattro esemlari. Ma per Mario, che forse valuta in base alla quantità di carne che ha dovuto produrre a beneficio dei lupi, sono sette. E' in posti come questi dove le rocce, la vegetazione ben si prestano agli agguati che il lupo dovrebbe essere controllato. Con la consueta pacatezza Mario sostiene che  sparare al lupo è necessario per non fargli perdere la paura dell'uomo. 'Adesso hanno ancora paura dell'uomo, sentono il cane e stanno alla larga perché pensano che dove c'è il cane c'è il padrone...' (Mario dice tutto questo in piemontese). Dice anche che 'metto lì la giacca, degli specchi, per farli credere che ci sono ...'. Sappiamo però da altri racconti di pastori che la 'distanza di fuga' di fronte all'uomo da parte del lupo tende a diminuire. Per quanto tempo la presenza dei teneri cagnolini di Mario  sarà un deterrente? Fanno tenerezza questi cognotti, bravi a guidare il gregge nonché desiderosi di carezze (anche da parte degli estranei) e quindi del tutto 'sicuri' per i turisti, ma del tutto inermi di fronte al lupo che se li pappa in un sol boccone.

In alternativa al controllo dei lupi la montagna in posti come questi dovrebbe essere del tutto abbandonata. Ma questa è la montagna di Mario, di tante generazioni di pastori del posto. Lasciarla ai lupi equivale a ammainare la bandiera di una cultura, di una civiltà che proprio in questa valle dimostra di voler vivere, di saper sopravvivere a quella modernità che la voleva omologare, estinguere. Per sopravvivere e restare viva questa cultura alpina, declinata in provenzale, ha bisogno della musica ma anche della pastorizia. Ha bisogno che Mario non molli, almeno finché altri pastori prendano il suo posto. Possibile che la tanta brava gente acculturata che si commuove per tante cause ai quattro angoli del pianeta resti indifferenze di fronte a questo 'tentato genocidio' culturale che si svolge a due passi da casa (Cuneo ma anche Torino)?

 

 

Resistere al lupo vuol dire anche fornire supporti alla pastorizia perché ritorni a fornire reddito. Intendo supporti materiali e non. Sino a qualche anno fa Mario produceva (e vendeva) la toumo (toma) di latte ovino e caprino. Era viva una cultura della trasfomazione, della 'cura' del formaggio. 'Portavo giù 25 litri di latte, con il bidone'. Una vita dura. Ora i veterinari hanno messo in guardia Mario dal produrre e commercializzare il formaggio e si limita a produrre qualche forma per sé.  Quando chiedo se vi siano delle baite che potrebbero essere utilizzate per ricovero o persino per lavorare il latte Marzia anticipa la risposta: 'non si possono neanche chiamare baite'.  Ma se si trasformasse il latte su in montagna l'onere del trasporto a valle del prodotto sarebbe drasticamente ridotto ( 'Ci vogliono 10 litri di latte per un chilo di formaggio' ricorda Mario che sarebbe ben contento di avere la possibilità di lavorare il latte sui pascoli). Tra l'altro sui pascoli alti si trova anche il bivacco/rifugio Russet a oltre 1.900 m e si potrebbero studiare delle soluzioni di reciproco supporto tra l'attività del pastore e quella del rifugio.  Le condizioni per assicurare un futuro alla pastorizia qui non sono comunque semplici: se le pecore non possono pascolare a sufficienza la vegetazione si chiude definitivamente, mancano le strutture ... forse potrebbe anche essere utile un aiuto-pastore, ma il reddito non giustifica una spesa del genere. Ogni soluzione parre condurre in un circolo vizioso. E la presenza incombente del lupo rende tutto più difficile.

 

Uomini e lupi

 

Uomini e lupi è intitolato il 'centro visitatori' del Parco delle Alpi marittime di Entraque. Un'iniziativa realizzata con dovizia di mezzi per convincere che la 'convivenza' è possibile. In che modo e con quale 'equilibrio di garanzie' per lupi e pastori, però, è ancora tutto da definire. Sinora è stato detto che, in definitiva, non è poi così difficile. Ma si è lasciato che una sola campana facesse sentire la sua voce. Prima di stabilire i termini della convivenza sarebbe utile sentire i pastori, le loro vicende, le loro difficoltà. E solo dopo averli guardati negli occhi e sentito dalla loro viva voce come stanno le cose si dovrebbero proporre (e mai imporre) le 'ricette' del caso.

 

 

I pastori rivendicano un ruolo sociale e culturale per la montagna

LUPI E PASTORI: QUALE LA RAZZA IN VIA DI ESTINZIONE?

 Riflessioni sulle conseguenze del ritorno del lupo sulle Alpi Occidentali

Siamo pastori di pecore per vocazione. Siamo gente di montagna, portatori di una cultura, di una lingua ancestrale, di un'eredità millenaria.

Assieme ai pastori ed alle loro pecore è l'intera montagna che sta morendo, una cultura che non potrà mai più esser sostituita. I lupi non uccidono solamente le pecore o i vitelli: i lupi fanno scomparire una cultura, la nostra cultura alpina.

Noi pensiamo che il dovere di coloro che ci rappresentano sindacalmente e politicamente, sia di operare una scelta politica che aiuti la montagna a poter continuare a vivere. Demograficamente purtroppo, siamo ridotti ai numeri minimi, ma si scommette sempre per vincere; e noi non ci sentiamo ancora dei vinti. Non chiediamo la carità di rimborsi o contributi, chiediamo di continuare a fare i pastori sulle nostre montagne, come abbiamo sempre fatto, portatori di una cultura, una lingua, una identità che rappresenta una ricchezza per l'intera Italia e per l'Europa.

I lupi ci uccidono le bestie, ma la colpa non è dei lupi: è di chi ha scelto di proteggere i lupi e si è dimenticato di proteggere i pastori, la colpa è di una scelta politica, che cura solo una facciata ecologista me si dimentica di chi sulla montagna è sempre vissuto e vive, la colpa è anche delle varie associazioni di categoria che ci hanno un po' dimenticati, come pastori e come gente di montagna, perché numericamente ed economicamente contiamo poco. Chiediamo che la scelta di introdurre i lupi, che piace tanto a clì2ta in città, non sia pagata soltanto dai pastori, chiediamo di essere rispettati e protetti come pastori, c ome gente di montagna, perché siamo noi pastori la vera razza in via di estinzione.

Lo chiediamo in nome di tutta la montagna e della nostra civiltà alpina di cui ci sentiamo eredi.

Durbano Mario

 Arneodo Anna

Frise e Santo Lucio Coumboscuro - Monterosso Grana (CN)

Tel. 0171.98744

NOTE

1) Anno 2008, Frise, Alta Valle Grana, Comune di Monterosso Grana. Il lupo ha ucciso 130 pecore su 450 del gregge di Mario Durbano, in ripetuti e continui attacchi tra il 15 agosto ed il 3 novembre.

2) Anno 2009. Frise, Alta Valle Grana, Comune di Monterosso Grana. In data 26 agosto il gregge di Durbano Mario ha perso 35 pecore, uccise o disperse dai lupi; gli attacchi sono iniziati a fine luglio e continuano, circa 1 alla settimana. Quanto bestie ci rimarranno a fine autunno?

26/08/2009

 

 

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

counter customizable
commenti, informazioni? segnalazioni scrivi

Registra il tuo sito nei motori di ricerca

 Creazione/Webmaster Michele Corti