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(12.08.10) Con Luca Battaglini e Marzia
Verona sono andato a trovare Mario Durbano, un pastore
di Frise di Monterosso Grana (CN) che ha subìto innumerevoli
attacchi da parte dei lupi
Pastori
e lupi: qual'è la razza in via di estinzione?
Siamo
convinti che dopo aver sentito dalla viva voce dei pastori
le storie di 'uomini e lupi', dopo aver conosciute
da vicino le esperienze umane dei pastori, aver visto
dove e come lavorano e guardato loro negli
occhi molti ambientalisti in buona fede cambierebbero
idea sul lupo
foto
e testo di Michele Corti
A Coumboscuro
di Monterosso Grana (CN) vi è lo storico Centro
culturale della
minoranza provenzale alpina; a Frise, piccola frazione
dello stesso un pastore (l'ultimo della valle e
bersagliato dai lupi). Difesa della lingua, della cultura
alpina, della pastorizia assumono qui un significato
particolare, sono divenuti un tutt'uno. Qui si è consapevoli
che sono in gioco diritti importanti e la dignità
stessa della civiltà alpina. Un'attività millenaria
che si vede messa in discussione dall'egoismo supponente
di un ecologismo di facciata, dai capricci degli
ambientalisti da salotto che 'tifano' lupo in nome di
un'astratta e ideologica 'rivincita della natura'
(mentre loro se ne stanno comodi in città).
Il
coraggio di annunciare una importante iniziativa regionale
in un comune di 500 abitanti divisi in 20 frazioni
L'aver
tenuto la conferenza stampa di presentazione del
Progetto 'Sostenibilità
dell'allevamento pastorale in Piemonte: individuazione
e attuazione di linee di intervento e supporto' a
Monterosso Grana (vedi
l'articolo su questo sito)
è stato merito del coraggio politico dell'assessore
Sacchetto ma anche un riconoscimento per le iniziative
dell'amministrazione comunale (vedi
articolo su questo sito)
e del Centro di cultura di Coumboscuro in tema
di lupo. Iniziative e prese di posizione senza
peli sulla lingua, tese a denunciare la gravità del
problema considerato una minaccia grave non solo
per la pastorizia ma anche per la vivibilità delle valli,
interessate da una grave crisi demografica, e per la
stessa identità culturale delle popolazioni. Lo scorso
anno, alla fine di agosto, in coincidenza con una successione
impressionante di attacchi del lupo, Mario Durbano e
Anna Arneodo avevano stilato un documento: PASTRE,
LOUP e FÉE [Pastori,
lupi e pecore] in cui provocatoriamente si chiedevano
se fossero i lupi o i pastori, la razza da considerare
in via di estinzione. Infatti mentre i pastori diminuiscono i
branchi dei lupi continuano ad aumentare e la loro area
di diffusione ad espandersi.
Alla
conferenza stampa di martedì 10 agosto Mario Durbano era
presente. Per scendere in fondovalle ha dovuto tenere
chiuse le pecore nel recinto elettrico e far perdere
loro qualche ora di pascolo. La sua presenza di pastore-simbolo
è stata però importante e ci è sembrato giusto
(a Luca Battaglini, a Marzia Verona e al sottoscritto nel
nostro ruolo di 'paladini della pastorizia' e di 'autori'
del progetto) promettere a Mario che nel pomeriggio
saremmo saliti a Frise a vedere dove tiene il gregge
così perseguitato dai lupi. E così è stato.
Mario
ci aspettava
Mario
ci aveva dato il numero del cellulare ma avvisandoci
che non 'prende'. Infatti i tentativi di metterci in
contatto con lui non hanno successo e saliamo comunque
alla piccola frazione di Frise a 1.222 m e 5 km
dal capoluogo. Qui si ha la sensazione immediata e concreta
di cosa significhi 'crisi demografica' (o meglio 'implosione').
Le case non sono molte ma vi è una chiesa piuttosto
grande e una (ex) scuola elementare (relativamente 'moderna').
Segno che la comunità era costituita da parecchi nuclei
rurali sparsi ('borgate' oggi semideserte) che gravitavano
su questo 'centro'. Un 'centro' dove, oggi, ci accorgiamo
che non c'è 'segnale' per le reti di telefonia
mobile. Un modo di 'tagliare fuori' un insediamento
già colpito da spopolamento (gli abitanti sono solo
6). Del resto in tutto il comune, con oltre 20 frazioni,
gli abitanti complessivi sono poco più di 500. Ci vuole
poco a dare il 'colpo finale' a questa precaria condizione
(basta forse il lupo, e forse qualcuno - cui non
difetta il cinismo - ne è consapevole).
A
Frise chiediamo dove sta il pastore (per fortuna è agosto
e c'è in giro un po' di gente seduta davanti alla case
a parlottare, come un tempo). Ci viene indicato senza
incertezza e proseguiamo per una stradina asfaltata
che poi diventa sterrata. Le indicazioni si rivelano
esatte e arriviamo ad una piccola borgata dove Mario
ci viene incontro ('per fortuna che non abbiamo desistito
e siamo riusciti a raggingerlo' ci diciamo tra noi).
Lui balza in sella a un cinquantino da trial e,
dopo averci dato alcune indicazioni su come proseguire
per raggiungere il recinto delle pecore, parte.
Arrivati a un guado del Rio di Frise che scende da un selvaggio
vallone ci chiediamo dove proseguire. 'Oltre il guado
non ci sono tracce della moto' dice Marzia e proseguiamo
con il mio Jimny costeggiando il Rio su per una pista
abbastanza stretta e ripida. Arrivati ad un piazzale
parcheggiamo. Poche rampe ci separano dal recinto dove
sono radunate le pecore e qualche scampanio e abbaio
ci confermano che siamo arrivati al posto giusto.
.
Le
pecore sono ancora chiuse nel recinto di rete elettrificata
'da ovini'; il recinto è molto ampio e, come si vede
nelle foto seguenti', le pecore stanno alla larga. Ma,
ovviamente, di fili d'erba non c'è l'ombra. Il recinto
sfrutta un'area ai limite della faggeta; la pendenza
è ridotta e alcune piante (foto sotto) garantiscono
il necessario ombreggiamento agli animali.
Le
pecore sono 350. Il gregge due anni fa era di 450 capi.
Ma i lupi ... ci hanno dato dentro. Sono pecore Biellesi
anche se non dal pedigree immacolato. Parecchie sono
'moscate' o 'moschettate' ovvero con la faccia pigmenta,
altre presentano maculature e pezzature in diverse sedi.
Non sono poche quelle con corna 'vestigiali'. Dalle
'mie' parti (Lario, Valtellina) il carattere 'cornett'
è diffuso in relazione all'esistenza, in passato, di
una razza primitiva alpina presente tra Alto Lario
e Bassa Valtellina (la 'Ciuta'). Qui, invece, non
è tanto la popolazione-substrato a determinare la presenza
del carattere quanto il fatto che, sino a qualche anno
fa, Mario aveva le Frabosane, razza da latte dalle robusta
corna e dal profilo fronto-nasale particolarmente marcato.
La Biellese-Bergamasca presenta un profilo 'montonino',
concavo, la Frabosana un profilo ancora più marcato
('squadrato'). Guardando queste pecore si capisce che
c'è ancora un po' di sangue frabosano.
Finalmente
Mario apre la rete e il gregge defluisce rapidamente,
ma disciplinatamente, attraverso il varco (foto
sotto).
Per
raggiungere le aree di pascolo sul versante opposto
del vallone il gregge (composto anche da diverse capre)
deve superare il Rio. Due anni fa la piena del torrente,
che adesso si presenta quasi secco, si è portata via
10 pecore (in aggiunta a quelle del lupo). L'atteggiamento
del pastore rispetto alla 'calamità naturale' è molto
diverso che nei confronti delle perdite per predazione.
Nel secondo caso c'è il disappunto nei confronti di
chi 'vuole il lupo'. Per quanto i 'signori del
lupo' stimino ben poco i pastori (i filmati presentati
al Centro 'uomini e lupi' mettono in luce il carattere
ostinato dei pastori, presentati come 'arcaici' o comunque
capaci solo di limitate visioni) la consapevolezza della natura
tutta sociale e politica del conflitto non sfugge certo
loro.
Nella
foto sopra due piccioni con una fava. Un primo piano
di pecora con i 'cornetti' e un secondo con Marzia
alle prese con la più tipica delle sue attività: fotografare
le amate pecore (piacciono anche a me, per carità, ma
il mio debole è per le capre; de gustibus ....).
Così quando guardate le foto di pecore su pascolo
vagante potete
immaginare l'autrice che scatta.
Dopo
aver superato il Rio le pecore, finalmente, possono
disperdersi in formazione di pascolo e soddisfare, finalmente, l'appetito.
La
superficie di pascolo 'scoperta' non è molta. Come si
vede nella foto (sotto) l'incespugliamento e il rimboschimento
'spontanei' hanno creato una fitta vegetazione. Tutto
il versante della montagna, tranne alcune aree 'aperte'
qua e là, è nelle stesse condizioni. La difficoltà di
sorvegliare il gregge è quindi notevole, così come invece
risulta agevole per il lupo avvicinarsi o predare
qualche capo senza essere visto. Nel 2009 Mario ha subito
15 attacchi (praticamente ogni settimana) con la perdita
di 70 capi. Solo 30 sono stati indennizzati. La perdita
degli agnelli e dei capretti, spariti nel nulla,
non è stata in alcun modo compensata. I lupi hanno colpito
senza essere visti: 'Solo due volte li ho visti l'anno
scorso'.
Nel
2008 le cose erano andate anche peggio con 130 capi
persi. Quest'anno sono sinora state predate una capra
'hanno lasciato solo la testa e il panzone a parte'
e una pecora. Ma gli attacchi più numerosi si registrano
a fine agosto e settembre ed è quindi presto per dire
se l'annata, alla fine, registrerà meno perdite. Mario
illustra tutto con grande pacatezza, non alza mai la
voce, non si accalora. Parla molto velocemente in piemontese.
Non
crede che ci sia solo un piccolo gruppo di lupi. Qui
si era insediata una coppia e i 'lupologi' sostengono
che vi sono ora quattro esemlari. Ma per Mario, che
forse valuta in base alla quantità di carne che ha dovuto
produrre a beneficio dei lupi, sono sette. E' in posti
come questi dove le rocce, la vegetazione ben si prestano
agli agguati che il lupo dovrebbe essere controllato.
Con la consueta pacatezza Mario sostiene che sparare
al lupo è necessario per non fargli perdere la paura
dell'uomo. 'Adesso hanno ancora paura dell'uomo, sentono
il cane e stanno alla larga perché pensano che dove
c'è il cane c'è il padrone...' (Mario dice tutto questo
in piemontese). Dice anche che 'metto lì la giacca,
degli specchi, per farli credere che ci sono ...'. Sappiamo
però da altri racconti di pastori che la 'distanza di
fuga' di fronte all'uomo da parte del lupo tende a diminuire.
Per quanto tempo la presenza dei teneri cagnolini di
Mario sarà un deterrente? Fanno tenerezza questi
cognotti, bravi a guidare il gregge nonché desiderosi
di carezze (anche da parte degli estranei) e quindi
del tutto 'sicuri' per i turisti, ma del tutto inermi
di fronte al lupo che se li pappa in un sol boccone.
In
alternativa al controllo dei lupi la montagna in posti
come questi dovrebbe essere del tutto abbandonata. Ma
questa è la montagna di Mario, di tante generazioni
di pastori del posto. Lasciarla ai lupi equivale a ammainare
la bandiera di una cultura, di una civiltà che proprio
in questa valle dimostra di voler vivere, di saper sopravvivere
a quella modernità che la voleva omologare, estinguere.
Per sopravvivere e restare viva questa cultura alpina,
declinata in provenzale, ha bisogno della musica ma
anche della pastorizia. Ha bisogno che Mario non molli,
almeno finché altri pastori prendano il suo posto. Possibile
che la tanta brava gente acculturata che si commuove
per tante cause ai quattro angoli del pianeta resti
indifferenze di fronte a questo 'tentato genocidio'
culturale che si svolge a due passi da casa (Cuneo ma
anche Torino)?
Resistere
al lupo vuol dire anche fornire supporti alla pastorizia
perché ritorni a fornire reddito. Intendo supporti
materiali e non. Sino a qualche anno fa Mario produceva
(e vendeva) la toumo (toma) di latte ovino e
caprino. Era viva una cultura della trasfomazione, della
'cura' del formaggio. 'Portavo giù 25 litri di latte,
con il bidone'. Una vita dura. Ora i veterinari hanno
messo in guardia Mario dal produrre e commercializzare
il formaggio e si limita a produrre qualche forma per
sé. Quando chiedo se vi siano delle baite
che potrebbero essere utilizzate per ricovero o persino
per lavorare il latte Marzia anticipa la risposta: 'non
si possono neanche chiamare baite'. Ma se
si trasformasse il latte su in montagna l'onere del
trasporto a valle del prodotto sarebbe drasticamente
ridotto ( 'Ci vogliono 10 litri di latte per un
chilo di formaggio' ricorda Mario che sarebbe ben contento
di avere la possibilità di lavorare il latte sui pascoli).
Tra l'altro sui pascoli alti si trova anche il bivacco/rifugio
Russet a oltre 1.900 m e si potrebbero studiare delle
soluzioni di reciproco supporto tra l'attività del pastore
e quella del rifugio. Le condizioni per assicurare
un futuro alla pastorizia qui non sono comunque semplici:
se le pecore non possono pascolare a sufficienza la
vegetazione si chiude definitivamente, mancano le strutture
... forse potrebbe anche essere utile un aiuto-pastore,
ma il reddito non giustifica una spesa del genere. Ogni
soluzione parre condurre in un circolo vizioso. E la
presenza incombente del lupo rende tutto più difficile.
Uomini
e lupi
Uomini
e lupi è intitolato il 'centro visitatori' del Parco
delle Alpi marittime di Entraque. Un'iniziativa realizzata
con dovizia di mezzi per convincere che la 'convivenza'
è possibile. In che modo e con quale 'equilibrio di
garanzie' per lupi e pastori, però, è ancora tutto da
definire. Sinora è stato detto che, in definitiva, non
è poi così difficile. Ma si è lasciato che una sola
campana facesse sentire la sua voce. Prima di stabilire
i termini della convivenza sarebbe utile sentire i pastori,
le loro vicende, le loro difficoltà. E solo dopo averli
guardati negli occhi e sentito dalla loro viva voce
come stanno le cose si dovrebbero proporre (e mai imporre)
le 'ricette' del caso.
I
pastori rivendicano un ruolo sociale e culturale
per la montagna
LUPI
E PASTORI: QUALE LA RAZZA IN VIA DI ESTINZIONE?
Riflessioni
sulle conseguenze del ritorno del lupo sulle
Alpi Occidentali
Siamo
pastori di pecore per vocazione. Siamo gente
di montagna, portatori di una cultura, di
una lingua ancestrale, di un'eredità millenaria.
Assieme
ai pastori ed alle loro pecore è l'intera
montagna che sta morendo, una cultura che
non potrà mai più esser sostituita. I lupi
non uccidono solamente le pecore o i vitelli:
i lupi fanno scomparire una cultura, la
nostra cultura alpina.
Noi
pensiamo che il dovere di coloro che ci
rappresentano sindacalmente e politicamente,
sia di operare una scelta politica che aiuti
la montagna a poter continuare a vivere.
Demograficamente purtroppo, siamo ridotti
ai numeri minimi, ma si scommette sempre
per vincere; e noi non ci sentiamo ancora
dei vinti. Non chiediamo la carità di rimborsi
o contributi, chiediamo di continuare a
fare i pastori sulle nostre montagne, come
abbiamo sempre fatto, portatori di una cultura,
una lingua, una identità che rappresenta
una ricchezza per l'intera Italia e per
l'Europa.
I
lupi ci uccidono le bestie, ma la colpa
non è dei lupi: è di chi ha scelto di proteggere
i lupi e si è dimenticato di proteggere
i pastori, la colpa è di una scelta politica,
che cura solo una facciata ecologista me
si dimentica di chi sulla montagna è sempre
vissuto e vive, la colpa è anche delle varie
associazioni di categoria che ci hanno un
po' dimenticati, come pastori e come gente
di montagna, perché numericamente ed economicamente
contiamo poco. Chiediamo che la scelta di
introdurre i lupi, che piace tanto a clì2ta
in città, non sia pagata soltanto dai pastori,
chiediamo di essere rispettati e protetti
come pastori, c ome gente di montagna, perché
siamo noi pastori la vera razza in via di
estinzione.
Lo
chiediamo in nome di tutta la montagna e
della nostra civiltà alpina di cui ci sentiamo
eredi.
Durbano
Mario
Arneodo
Anna
Frise
e Santo Lucio Coumboscuro - Monterosso
Grana (CN)
Tel.
0171.98744
NOTE
1)
Anno 2008, Frise, Alta Valle Grana, Comune
di Monterosso Grana. Il lupo ha ucciso 130
pecore su 450 del gregge di Mario Durbano,
in ripetuti e continui attacchi tra il 15
agosto ed il 3 novembre.
2)
Anno 2009. Frise, Alta Valle Grana, Comune
di Monterosso Grana. In data 26 agosto il
gregge di Durbano Mario ha perso 35 pecore,
uccise o disperse dai lupi; gli attacchi
sono iniziati a fine luglio e continuano,
circa 1 alla settimana. Quanto bestie ci
rimarranno a fine autunno?
26/08/2009
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