Ruralpini 

Fotoracconto/Piccola valle, grandi esperienze 

 

Home 

Articoli correlati

 

L'esempio dell'Escolo de Sancto Lucìo

 

Pastori o lupi? Quale la razza in via di estinzione?

 

 

Documenti

 

Aggiornamento sul lupo in alta Valle Grana (di Anna Arneodo)

 

Faccio il pastore per passione (di Mario Durbano)

 

Tra la nebbia e il lupo (lettera di Mario Durbano)(settembre 2009)

 

PASTRE, LOUP e FÉE (di Anna Arneodo e Mario Durbano)

 


Link

www.coumboscuro.org/

 


 

Precedenti fotoracconti

 

Valstrona (VB)

 

'A Forno c'erano 500 capre e a Luzzogno lo stesso'(Alpe Sass da Mur)

 

La Storia di due caprai, di una scrofa innamorata e di un gatto coraggioso (Alpe Balma)

 

Toni Lavarini sul suo alpeggio in Valstrona (anni '80)

 

Valle Anzasca (VB)

 

Adesso non ci passa più nemmeno il mulo (Alpe del Lago)

 

 La capretta che 'fa' il cagnolino (storia di un 'neo-insediamemento' agricolo)

 

Val Grande (VB)

 

Rosanna e Rolando: neomontanari che fanno agricoltura nella Val Grande (VCO), spacciata per 'la più grande area wilderness d'Europa'

 

Val Seriana (BG)

 

Motocross in montagna: sport o vandalismo? Un problema non solo bergamasco

Cantine (hilter) d'alpeggio. Monumenti minacciati (Malga Valmezzana)

Festa delle malghe

 

Valtellina (SO)

 

Una storia in controtendenza: qualche volta gli alpeggi rinascono(Alpe Legnone)

 

(Aggiornamento Alpe Legnone)

 

Come nasce la maschèrpad'alpeggio delle Valli del Bitto

 

 Val San Giacomo (SO)

 

L'Alpe Andossi : due 'stili d'alpeggio' agli antipodi (ma comunque il bosco è stato fermato)

 

L'Alpe Laguzzolo torna a vivere con le capre di Barbara e Pietro

 

Alpe dei Piani e Dante Ambrosini classe 1919

 

 Valli lariane (CO)

 

 I furmagitt de cavra del Miro (a Sala Comacina)

 

Una rinascita: Alpe Nesdale (Plesio)

 

Confronti deprimenti: Avert Possul e Alpe Giumello

 

Valli Camonica (BS)

 

Malga Silter di Gianico

 

Lagorai (TN)

 

 Malga Montalon

 

 

 

(30.08.10)  Riflessioni in margine a un week-end a Sancto Lucìo de Coumboscuro (CN) durante il Roumiage de Setembre dove mi sono recato insieme a Gianpiero Mazzoni e Fausto Gusmeroli per partecipare al convegno su: 'Bio-logic? Biocolture e Bioculture'

 

  La montagna vive nella diversità e della pluralità

E guida la resistenza alle omologazioni

 

Coumboscuro è un posto dove impari che la via della rinascita della montagna è difficile ma dove constati che la profonda consapevolezza, l'attaccamento fiducioso ai valori, la caparbietà montanara portano, alla lunga, risultati. Contro l'omologazione politica, culturale, economica si può resistere.

 

testo di Michele Corti, foto di Michele Corti, Gianpiero Mazzoni, Coumboscuro centre prouvencal

 

A Coumboscuro (Valle scura) in comune di Monterosso Grana, a non molti km da Cuneo, è in atto da oltre mezzo secolo un'esperienza culturale unica. Una sfida difficile, a volte incompresa, contro chi vuole la montagna desertificata, le lingue tagliate, un mondo appiattito sui disvalori del materialismo e dell'individualismo. Il senso di questa sfida riguarda le Alpi intere, l'Europa.

 

 

Resistere in montagna anche per chi sta 'giù'

 

La montagna senza l'ossigeno della 'diversità' muore, collassa demograficamente, torna alla 'natura selvaggia' (preconizzata e favorita dai fautori delle pulizia etnica mondialista). Se vuole vivere deve lottare, con le unghie e con i denti, per mantenere la sua diversità, il suo 'ossigeno'.

E' una lotta che dura da secoli ma ora si è fatta più drammatica.

Ma gli altri? Altrove l'effetto distruttivo dell'omologazione non è così immediato, e 'palpabile'. Essa, però, nella sua forma attuale di globalizzazione acuta, procede a ritmi incalzanti e con esiti imprevedibili.  Per gli altri la morte sarà più lenta. Ma verrà.

La montagna  oggi lotta per sopravvivere, salvaguardando le sue 'piccole patrie', le lingue, la sua diversità bioculturale, i valori comunitari, le biocolture (un tutto che 'si tiene' e che solo le visioni economiciste, riduzioniste separano). Anche se pochi ne sono consapevoli essa lotta anche per il 'popolo', sempre più indistinto e atomizzato, delle grandi pianure, delle grandi città intorno alle Alpi (1). La montagna 'marginale', come altre volte nella storia, può essere una chiave di una rinascita europea.

 

In nome della civiltà provenzale alpina

 

La sfida di Coumboscuro inizia da lontano. Le valli di Cuneo sono state colpite da uno spopolamento precoce e drammatico. Prima dell'emigrazione verso la pianura (o Torino) era già in atto quella verso la Francia.  A emigrazione si sommò emigrazione e le borgate si svuotavano e restavano deserte.  Nella diaspora un'intera cultura scompariva, scompariva la lingua ancestrale. Sergio Arneodo era stato nominato insegnante alla scuola di Sancto Lucìo, di dove era originario, su a 1.050 m; era il 1946, aveva vent'anni. Anno dopo anno l'emigrazione definitiva proseguiva inesorabile e Arneodo si rese conto che per evitare la morte del paese, della valle, servivano iniziative culturali forti per farli rivivere. Riconoscere un valore alla propria cultura, alla propria lingua ancestrale, alla sua specificità, alla ricchezza che rappresenta per l'umanità; trasformare tutto ciò in una motivazione per restare (perché una cultura nata in un contesto non sopravvive fuori di esso, almeno non come cultura viva). Questa forte volontà, questa forte consapevolezza da sole però non bastavano. Sono ancora su un piano astratto. Intanto, però, bisogna condividerle. Sergio Arneodo nel 1961 è tra i fondatori dell' Escolo dou Po (la scuola del Po). Promotore dell'Escolo era Gaetano Di Salis, un poeta che apparteneva al movimento letterario dei félibrige fondato nel 1854 da Fréderì Mistral (2), ma un ruolo di rilievo l'ebbe anche Tavo Burat (3), un biellese di origine lombarda che diventerà il paladino delle lingue e delle culture minoritarie,  colui che, per usare le parole di Sergio Arneodo :

 

'sessant’anni fa fece scoprire con le sue scorribande in lambretta lungo le valli, che il patrimonio della civiltà alpina era la nostra ricchezza e che li patois che parlavamo era una grande lingua letteraria d’Europa. Il provenzale'.

 

La 'scuoletta' centro di cultura

 

Il sodalizio dell'Escolo dou Po ebbe un ruolo importante nella rinascita della cultura provenzale al di qua delle Alpi. Tra l'altro fissò anche una grafia alla quale il Coumboscuro Centre Prouvençal è rimasto fedele (non adottando quella standardizzata occitana). Ma era pur sempre un cenacolo di poeti ed intellettuali. Arneodo era consapevole che, fuori dalla valli, fuori da una comunità concreta, la cultura provenzale alpina non poteva rimanere viva. Vale per la stessa lingua, che se da una parte è quella dei rovatori e di Mistral dall'altra è anche quella parlata da generazioni di contadini e pastori.

D'altra parte, per restare viva, la cultura delle valli provenzali doveva poter dialogare con le altre culture anche attraverso espressioni 'colte' sul piano della letteratura, dell'arte, delle iniziative e degli scambi culturali. Nel caso della cultura provenzale c'era una grande eredità da difendere, riscoprire, valorizzare ma ogni forma di cultura ancestrale oggi ha l'esigenza di trasporsi anche in canali nuovi, pena l'annullamento.

I problema è coniugare  il 'radicamento', lo stare in montagna, lassù nelle valli, con l'iniziativa culturale sul piano della cultura 'formale', dell'editoria, degli eventi. Una sfida quasi impossibile.

 

A Sancto Lucio, in una modesta aula con parquet, stufa a legno e soffitto con grandi travi (ore, però ci sono anche i pc), ha sede la piccola Escolo. In questa pluriclasse alpina da oltre cinquant'anni si sperimenta il plurilinguismo che integra l'insegnamento delle lingue italiano, francese e provenzale. Con l'intervento degli insegnanti ed esperti si producono opere e testi didattici, di poesia e letteratura.

 

Sergio Arneodo aveva fatto la scelta di restare a Coumboscuro. Di restare ad insegnare nella 'pluriclasse', dove i bambini erano sempre meno. Nonostante avesse conseguito la laurea, avesse la possibilità di insegnare alle superiori; nostante i riconoscimenti come poeta. Così la 'scuoletta' divenne uno straordinario laboratorio pedagogico, un centro culturale, un crocevia. Un'esperienza che non ha avuto la fama della Scuola di Barbiana ma che ha molte cose in comune con essa.

Perché la 'scuoletta' di Sancto Lucìo è meno conosciuta? Nel '68 l'esperienza di Don Milani è stata letta (e strumentalizzata) alla luce della 'contestazione studentesca'. La 'Lettera ad una professoressa' per molti si intercalava al 'Libretto rosso' (il catechismo in pillole del sanguinario Mao Tze-Tung). E' comunque rimasta un'icona 'progressista'  in una lettura del tutto superficiale.

L'ancoraggio di Coumboscuro ai valori tradizionali (anche in ambito religioso), alla cultura ancestrale, invece,  a quei tempi era un elemento altamente 'sospetto'.

Ma il Centro di Coumboscuro, cresciuto intorno alla 'pluriclasse', negli anni '60 diventa comunque un 'caso'. Svariate università in ogni parte del mondo intrattengono relazioni con la 'scuoletta' (per approdondimenti vai all'articolo su Ruralpini: L'esempio dell'Escolo de Sancto Lucio).

 Nel 1962 il foglio ciclostilato della pluriclasse (nato nel 1955) diventa un periodico mensile registrato con la testata Coumboscuro. Alunni ed ex-alunni della 'scuoletta' (I fiet de l'escolo) intanto si impegnano, oltre che nella produzione poetica, anche in attività teatrali (Teatre Coumboscuro)  ed artistiche (stimolate dall'introduzione, sin dal 1958, di due banchi da scultore nella scuola). La tradizione del coinvolgimento degli allievi in tutte queste attività artistiche e di artigianato artistico dura sino ad oggi.

Tutte queste date, che rimandano al periodo a cavallo tra gli anni '50 e '60, vanno tenute presente alla luce delle polemiche tra 'provenzalisti' e 'occitanisti' (polemiche che in anni recenti hanno assunto un'asprezza che, 'da fuori', appare spesso incomprensibile). L'esperienza di Coumboscuro, al di là di ogni altra considerazione è comunque venuta prima.

 

Un contrasto di visioni: provenzalisti ed occitanisti

 

L'esperienza di Coumboscuro (e dell'Escolo dou Po) precedde la nascita dell'occitanismo. Quest'ultimo si pone su un piano direttamente politico ed è espressione di un etno-nazionalismo che, in molti punti, si allontana dall'autonomismo culturale, con il rischio - come per altri movimenti analoghi - di ricadere in un nazionalismo su scala più piccola. Il guaio è che si tende poi a condizionare la dimensione culturale alle esigenze della politica. L'Occitania (e la Padania) sono probabilmente delle  macro-regioni con una dimensione politica 'efficace' e hanno anche alcuni tratti culturali che accomunano, al loro interno, le risopettive aree (vi sono anche elementi culturali comuni anche tra Occitania e Padania).

Se, però, l'identità culturale delle regioni storico-culturali (tra le quali Limosino e la Provenza in Occitania,  il Piemonte e la Lombardia in Padania) deve essere, anche solo in parte, sacrificata alle esigenze dell'occitanismo (e del padanismo) allora si rischia di innescare un processo di omologazione analogo a quello storicamente imposto dallo stato-nazione. Senza contare che Piemonte e Provenza hanno più elementi in comune che Piemonte e Veneto.

In ogni caso l'occitanismo 'italiano' o 'piemontese' nasce nel fatidico 1968 per opera del guascone François Fontan leader, in esilio,del PNO (il Partito nazionalista occitano, sorto nel 1959). Fontan fondò nelle vallate cuneensi il Moviment Autonomista Occitan (MAO, Movimento Autonomista Occitano) che operò per parecchi anni con una forte connotazione ideologica (di estrema sinistra) e trasfuse poi in parte la propria esperienza nel movimento Ousitanio Vivo. Le premesse per una profonda incomprensione tra provenzalisti e occitanisti erano evidenti.  E l'incomprensione dura ancora.

Il movimento occitanista ha nel tempo perso i marcati connotati ideologici e ha dedicato il suo impegno ad interessanti  iniziative di 'economia identitaria' ma è purtroppo subentrato un nuovo elemento di attrito rappresentato dall'applicazione della  legge nazionale 482/99 (Tutela delle minoranze storico -linguistiche) che riconosce solo l'occitano e non prevede alcuna tutela e riconoscimento per la variante provenzale-alpina.

 

 

 .

Greggi davanti alla Parrocchiale di Sancto Lucìo (da: Nosto Peuesìo, Escolo Sancto Lucìo de Coumboscuro)

 

Coumboscuro vive

 

La continuità della 'scuoletta' e le tante iniziative culturali ricorrenti (4) per quanto preziose non bastano a spiegare perché Coumboscuro viva. Una comunità per vivere realmente deve essere costituita da gente che risiede tutto l'anno sul posto, che trae da vivere stando in montagna, vivendo di montagna. Le comunità di pensionati o pendolari si spengono anche se ci sono le Sale conferenze, le Mostre, i Convegni ecc. ecc.  A Coumboscuro si vive anche la quotidianità. Questa quotidianità è certamente intrecciata alle iniziative 'eccezionali' che la portano spesso all'attenzione del 'mondo esterno' ma è anche una quotidianità fatta delle normali attività di chi vive (o viveva) in montagna. Le persone che si occupano di organizzazione culturale, didattica, poesia sono le stesse che si occupano delle occupazioni pratiche, comprese le attività manuali . Ciò è quello che distingue Coumboscuro da altre realtà. Ed è, a mio avviso, la sua forza.

La dimostrazione che le tante energie investite per far vivere Coumboscuro non sono state profuse invano è tangibile nel fatto che 5 dei 6 figli di Sergio Arneodo vivono e lavorano qui, occupandosi di pedagogia (almeno tre figli sono coinvolti o sono stati convolti nella 'scuoletta'), di musica, di poesia, di organizzazione culturale, ma anche di artigianato artistico (intaglio e tornitura del legno, tessitura) e agricoltura. E' una straordinaria esperienza di multifunzionalismo e 'ricontadinizzazione' ante litteram. Dietro ci sono considerazioni pratiche ma anche una profonda consapevolezza che fare agricoltura non è solo un modo di sopravvivere producendo del cibo (e altri beni materiali necessari) ma è prima di tutto un modo di operare uno scambio con la natura (J.D. Van der Ploeg parla di 'coproduzione' a proposito del rapporto tra agricoltura contadina e risorse naturali, cfr 'I nuovi contadini').

Tale 'coproduzione' è al tempo stesso condizione di ricostituzione e riproduzione delle risorse naturali e delle culture nelle quali le pratiche produttive si inscrivono (a differenza dell'agricoltura industriale che consuma risorse sulla base di considerazioni 'drogate' di produttività supportate dalla 'scienza economica'). La 'coproduzione' quale scambio agricolo con la natura ha implicazioni materiali, ma anche simboliche e spirituali. Tutto ciò fa parte della linfa vitale di una cultura 'ancestrale' che, prescindendo da questi rapporti, si isterilisce.

L'importanza della dimensione artigianale ed agricola

Lavoro manuale e lavoro intellettuale a Coumboscuro si integrano e questo evita l'alienazione insita in entrambe le forme; la separazione tra 'arte' e 'artigianato' poi non è così netta (un altro aspetto comune nelle culture tradizionali). Vi è poi la consapevolezza che la dimensione fisica della comunità è tutt'altro che un 'optional'. Senza curare i boschi, senza tagliare i prati e pascolare le praterie in quota la dimensione fisica della comunità, strettamente connessa alla sua dimensione sociale, collassa. Qui si respira la consapevolezza che le separazioni tra materiale e sociale (e spirituale), tra 'cultura materiale' ed espressioni culturali 'alte' imposte dalla cultura occidentale (urbana) sono arbitrarie. Mauro, il primogenito, è stato fortemente impegnato nelle attività agricole (anche nell'allevamento bovino e nella coltivazione dei cereali).  Al tempo stesso si occupa della 'scuoletta' e di organizzazione culturale. Mauro in questa mia ultima visita a Coumboscuro non l'ho incontrato ma l'ho conosciuto all'inizio degli anni '90 quando ero venuto qui con un amico che si occupa di cooperazione agricola (Antonio Zamara di Vercelli). Con tutta probabilità (il ricordo è vago) avevo conosciuto in quella occasione anche Annéto (Anna).

In occasione della mia prima visita a Coumboscuro avevo acquistato il volume su Blins (Bellino)(ed. 1992)

 La 'scuoletta' mi aveva colpito già d'allora ma non riesco a focalizzare quali membri della famiglia avessi incontrato. Indipendentemente da quel lontano contatto  Anna Arneodo l'ho conosciuta (o rivista) molto di recente, il 10 di questo mese, giù a Monterosso per la conferenza stampa sul progetto regionale a favore della pastorizia.

Alcune pecore di Anna Arneodo che pascolano insieme alle galline. Notare i prati perfettamente tenuti 

Anna: pastora, pedagogista, artigiana

 In famiglia ora è principalmente Anna che si occupa di allevamento e pastorizia. Nella foto sopra alcune delle sue pecore e galline che pascolano e razzolano insieme. Il grosso delle capre e delle pecore è però affidato per l'alpeggio al pastore Mario Durbano di Frise, nella valletta vicina. Abbiamo già conosciuto Mario Durbano in un precedente fotoracconto (Pastori o lupi? Quale la razza in via di estinzione?). Su Ruralpini sono state pubblicate le lettere di Durbano (Tra la nebbia e il lupo) e il documento di Anna Arneodo e di Durbano stesso sul problema del lupo (Pastre, loup e fée ). Anna, in occasione del Roumiage, mi ha consegnato anche una lettera (scherzosamente definita una 'email a mano') a commento ed integrazione del mio fotoracconto. Mi ha anche consegnato la prima appassionata lettera di Mario Durbano scritta in seguito al primo impatto con il lupo. . Sono convinto che molti dei lupofili televisivi o indottrinati dal 'Centro uomini e lupi' di Entraque (realizzato con grande disponibilità di mezzi) parlando con Mario e Anna o solo leggendo queste lettere cambierebbero idea.

Oltre ad imballare il fieno e ad accudire capre e pecore Anna svolge altre due attività 'chiave': insegna nella scuoletta ('a titolo del tutto gratuito') e lavora nel laboratorio artigianale ricavato nella sua bella e grande casa in borgata Marchion (1.116 m). Qui, oltre agli strumenti per la lavorazione del legno, c'è anche un telaio Jacquard.

 

Anna Arneodo fornisce una dimostrazione di intaglio 

Il laboratorio è condiviso con il marito - di professione infermiere - che, a sua volta, è anche artigiano e aontadino (e si lamenta, giustamente,  per i vincoli burocratici e fiscali alla 'pluriattività'). Anna è laureata in lettere (con una tesi di linguistica con Tullio Telmon). Come i fratelli potrebbe lavorare fuori ma la scelta per quasi tutti è stata di vivere e lavorare a Sancto Lucìo.

La casa di Anna Arneodo dove vive con il marito e i figli

 

Campanelli in stile 'tibetano' tintinnano con il vento rompendo il silenzio

 

La musica coinvolge

 

Davi Arneodo aveva dato vita all'importante gruppo musicale dei Troubaires de Coumboscuro, che vedeva la partecipazione di Claréto (Clara), voce solista nei Troubaires. Il gruppo aveva inciso con Fabrizio de André. In seguito alla decisione di Clara di fare la mamma a tempo pieno i Troubaires si sono trasfromati nei  Marlevar una formazione di world music, che porta in spettacolo le liriche di Sergio Arneodo, nelle lingue neolatine del mediterraneo, compreso il provenzale e il genovese di De André. Tale formazione è tra i testimonial del profetto Unicef 'All children in school'. Anche Mauro canta e Fréderic suona.

 

I Marlevar nel tour All children in school (foto Coumboscuro centre prouvencal) 

 

La musica, forse ancor più della poesia, è stata capace di coinvolgere vari membri della famiglia (anche i nipoti). La musica (collegata al ballo) è un'espressione tra le più spontanee e coinvolgenti della cultura provenzale e una forte leva per la sua rinascita, stimolo di socializzazione e di recupero identitario. La musica e gli strumenti tradizionali acustici si prestano ad animare occasioni informali, nelle osterie, nelle piazze ad accompagnare il ballo. Oltre ai Troubaires è opportuno ricordare che sono attivi diversi altri gruppi che gravitano nella sfera dell' occitanismo e hanno trasposto in chiave musicale i presupposti ideologici del pan-occitanismo (tra questi Lou Dalfin, fondato da Sergio Berardo nel 1982 come gruppo di musica tradizionale occitana e 'rinasce' nel 1990 con nuovi musicisti provenienti dalle più diverse estrazioni abbandonando la formula acustica sull'onda del 'rock etnico' e ricorrendo a molte contaminazioni). A differenza degli occitanisti i provenzalisti dedicano molta attenzione alla musica corale (a Coumboscuro è attivo anche un coro polifonico). Nella foto sotto Davi Arneodo  (in piedi) suona la fisarmonca; gli è accanto Guido Corniolo, dirigente del settore cultura della Regione Valle d'Aosta, segretario del sindacato autonomista valdostano e membro di diversi organismi internazionali delle 'nazioni e minoranze senza stato'.

 

Sabato durante il pranzo collettivo si suona e si canta informalmente 

 

Basterebbe aver assistito a questa occasione musicale del tutto informale con Davi Arneodo (sabato all'ora di pranzo prima del Convegno, sempre la foto sopra)  per capire che le attività di Coumboscuro pur coinvolgendo intellettuali, università, politici sono genuinamente popolari e mantengono vivo uno spirito comunitario. Tutta la gente ai tavoli di quella che potrebbe apparire una 'sagra' come tante partecipa ai canti e ai cori. In provenzale naturalmente.

 

Ruoli plurimi

 

Musica come elemento importante di aggregazione e di identità. Ma andiamo avanti. Clareto oltre che 'voce' dei Troubaires è stata a lungo impegnata nella 'scuoletta' e ha realizzato il primo manuale scolastico per l'insegnamento della lingua provenzale con la supervisione e la prefazione di Mario Lodi (5). Curiosamente (foto sotto) il manuale si intitola Lou Loup e Babéto. Allora il lupo popolava solo le favole. Ora c'è un branco stabile a minacciare le pecore e le capre di queste valli e dè un incubo per i pastori.  

 

Il manuale di Clareto, sotto il volume su Blins di Jean-Lc Bernard visto in precedenza

 

Dei figli del patriarca Sergio Arneodo solo Paoléto (Paola) vive 'via' (a Cuneo). Nel caso di Arneodo il termine 'patriarca' non ha alcuna implicazione negativa. I figli sono rimasti e sono stati coinvolti nelle attività di Centro di Coumboscuro in quanto fiet de l'escoulo prima che figli. Si sa come va a finire quando i padri (e le madri) egocentrici e possessivi proiettano le loro aspettative sui figli e progettano una continuità di residenza e di attività. Se ne vanno. Sergio Arneodo ha 14 nipoti (e il primo pronipote in arrivo). Qui le cose hanno funzionato diversamente.

 

Il figli di Anna si preparano per la Messa e la successiva processione (G.Mazzoni)

 

La continuità a Coumboscuro è assicurata dalla famiglia. Sarebbe ingiusto, però, identificare l'esperienza di questo posto speciale con la storia del gruppo famigliare Arneodo. Certo il ruolo della famiglia in questo è un elemento di forza ma può anche di debolezza. In realtà è un ruolo 'portante' ma non quello di un clan chiuso. Basta pensare a quanta gente è coinvolta nelle attività, musicali, nei Roumiage, nei convegni.

 

Un centro artistico

 

Dalla 'scuoletta' sono usciti tanti ragazzi che hanno tratto giovamento nella loro vita da questa esperienza pedagogica d'avanguardia, anche se solo pochi hanno avuto la fortuna di restare. Fin dagli inizi la 'scuoletta' ha privilegiato anche l'espressione artistica e la manualità. L' Ateìe d'art Coumboscuro creato in questo contesto ha avuto proprio la finalità di consentire ai giovani (con buona volontà e talento) di rimanere a vivere sulla loro montagna. Tra gli scolari di quella straordinaria avventura c'è Peire Rous (Pietro Rosso) che è stato anima delle creazioni artistiche di Coumboscuro, con numerose opere ed iniziative dedicate all'arte del legno. Un segno particolare lo ha lasciato con i crocefissi (tra cui quello collocato ai piedi del campanile della chiesa). Rous era originario di una borgata di Coumboscuro. Morto prematuramente nel 1985 a soli 38 anni aveva avuto come maestri lo scultore Beppe Viada (nato nel 1935 a Cuneo e mancato nel 2004) e il pittore espressionista Bernard Damiano (1926-2000), quest'ultimo figlio della Coumboscuro (borgata Saretto). Viada insegnò a lungo a Coumboscuro, ma anche Damiano vi era legato, tanto che nel 1994 l'artista dona alla Chiesa Parrocchiale di Sancto Lucìo la Passione: 14 dipinti. Alla stessa Chiesa donerà Lou Crist Sagnànt, crocifisso ligneo di inusitata forza drammatica (con un corpo che prefigura già gli insulti della morte sulla carne). La chiesa di Sancto Lucìo è una straordinaria galleria d'arte impreziosita dalle opere di Damiano e di Viada (di quest'ultimo diverse sculture lignee tra le quali quelle che si vedono a destra in alto nella foto sotto, scattata durante la Messa la domenica mattina).

 

L'interno della Parrocchiale di Sancto Lucìo è arricchito di opere d'arte dei secoli passati e degli artisti contemporanei che hanno operato a Coumboscuro. Sancto Lucìo è stata elevata a Parrocchia  nel 1924. 

 

Riproduzione materiale e simbolica

 

Coumboscuro, però, non è solo poesia, manuali linguistici, opere d'arte, convegni internazionali, manifestazioni musicali. Tutto ciò è servito a costruire rapporti, a garantire contatti, presenze, sostegni, insomma a dare una grossa mano. Ma dietro al prestigio dell'esperienza culturale esemplare ci sono i legami con le radici coltivati giorno per giorno, il lavoro silenzioso.

Le espressioni artistiche e artigianali hanno anche finalità e ricadute pratiche: l'artigianato è una fonte di reddito e un modo di produrre oggetti utili, per 'autoconsumo'. 'Autoconsumo' è una brutta, bruttissima parola, (quando ci decideremo a cambiarla?). Il 'consumo' implica 'distruzione'. Qui, invece, ma anche in tanti altri contesti di 'resistenza rurale' che si pongono in linea di continuità pon il passato (con lo sguardo ad un futuro post-consumista) la produzione, anche quando non è autoproduzione (termine più appropriato), è in ogni caso una forma di riproduzione materiale e simbolica. Con il legno e con la fibra tessile (almeno in parte di origine locale) si producono oggetti culturali necessari a riprodurre una civiltà materiale a nosto modo (ma in evoluzione).  Nella maggior parte dei casi, dove gli oggetti 'tradizionali' sono acquistati sul mercato, la cultura si banalizza, si omologa nell'intimo, si folklorizza.

 L' Ateìe d'art Coumboscuro è nato principalmente per produrre mobili. L'artigianato artistico  produce oggetti in cui l'utilità si fonde con il valore estetico, simbolico, la loro capacità di comunicare valori. Al tempo stesso questa produzione di alta qualità  garantisce un reddito attraverso la vendita.

 

Attrezzi e oggetti nell'atelier di Anna e del marito

 

La devozione

 

Oltre a i crocefissi artistici a Coumboscuro sono parecchi i segni di un'arte popolare devozionale che si rinnova non per vezzo estetico o intellettuale ma nel segno della funzione tradizionale,  di queste opere, di questi manufatti. Alcuni esempi: nella borgata Marchion sul muro di un fienile di recente costruzione è stata realizzata una pittura devozionale-murales (foto sotto).

 

Pittura murale di ispirazione popolare a Marchion 

 

Nella stessa borgata il crocefisso con gli strumenti della Passione di Cristo si presenta in perfette condizioni (evidentemente perché oggetto di manutenzione e restauro). C'è l'attenzione ma ci sono anche strumenti e capacità pratiche per 'curare' i segni materiali con i quali la comunità si esprime contrassegnando il suo spazio.

 

 

Croce con gli strumenti della Passione a Marchion 

 

Oltre che nella cura degli oggetti materiali la devozione religiosa e l'attaccamento alla tradizione si esprime anche nelle processioni e nei pellegrinaggi. Sono espressioni vissute in modo non folklorico, puramente esteriore, o, peggio ancora, 'per i turisti'. Una delle manifestazioni più caratteristiche del legame con la devozione del passato è costituito dai pellegrinaggi ('roumiage', dai 'romei', ovvero i pellegrini medioevali). A Coumboscuro si celebra senza interruzione da 44 anni il Roumiage dell'Addolorata, ispirato dai monaci benedettini che si installarono qui dieci secoli fa provenendo da oltre Rodano (Puy-en-Velay). Il Roumiage è un pellegrinaggio 'interno', un percorso circolare con 5 stazioni basato sul modello della processione rogazionale (ovvero finalizzata a chiedere l'intercessione divina per scongiurare le calamità che possono compromettere i raccolti, fonte della sopravvivenza della comunità). Un rito di sacralizzazione e umanizzazione del territorio. Il disegno sotto (da Coumboscuro n. 459-460) richiama gli antichi monaci in cammino attraverso i pascoli, un territorio umanizzato e sacralizzato dove pascolano gli agnelli (e che ora è tornato insidiato dal lupo, metafora del male ma anche minaccia di una 'apocalisse' quanto mai concreta).

 

 

C'è un Roumiage 'interno' (al quale sono invitati peraltro anche tutti coloro che si riconoscono nella comunità provenzale alpina) ma anche un Roumiage di collegamento con l'esterno, quello de Setembre. E' un modo di tenere vivo il legame con le valli provenzali al di là di quel confine politico che da secoli divide un unico popolo alpino (con periodi di 'chiusura' più o meno accentuata). Al Roumiage si arriva Traversando ovvero - se si hanno lo spirito del pellegrino, tempo e gambe allenate - partendo otto (o sei) giorni prima da diverse località della Provence: St. Véran, Ceillac, Barcelonnette, Isola, Valdeblore, St. Martin Vésubie, Casterino-Tende, St. Etienne. Per poi attraversare colli (passi) di confine e le valli della Provincia di Cuneo. Ogni tappa delle Traversados nei paesi di frontiera prevede serate di festa ed incontro. Un modo di coinvolgere l'insieme delle valli. Nella foto sotto vediamo alcuni dei partecipanti di Traversando accampati presso un altro luogo di forte valore simbolico di Sancto Lucìo: la fusione di Bernard Damiano Lou Mounge dal Couvent. La statua si trova su un piccolo rialzo oltre il paese ed indica l'altura del 'Couvent' dove i monaci del Puy-en-Velay avevano una piccola dipendenza: tra i boschi la leggenda tramanda che viva ancora il Mounge, il Monaco benedettino.  A prima vista la figura (che purtroppo nella foto non si può apprezzare) mi ha richiamato il 'nostro' l'homo selvadego (e i tanti analoghi sarvan e affini diffusi sulle Alpi). Vi è una indubbia sovrapposizione tra queste figure benefiche 'silvane'.

 

Partecipanti-pellegrini accampati presso la statua de 'Luo Mounge dal Couvent'

 

Anche il Roumiage de Setembre prevede una breve processione con la statua della santa (Sancto Lucìo). Il trasporto della statua del santo non è più molto frequente nel Nord-Italia; rimanda a riti 'ancentrali' in cui i simulacri della divinità protettrici, in occasione dei più importanti rituali annuali di propiziazione (di norma connessi con i cicli  agrari e di fertilità)  venivano trasportati su carri o a spalla attraverso i campi e lungo i 'confini' dello spazio comuntario.

 

 

Un modo di rendere efficace, attraverso una presenza fisica, l'azione apotropaica delle divinità (poi dei santi in cui le divinità pagane sono state trasposte).  

 

 

La processione è anche occasione per confermare l'unità della comunità (6). Essa percorre la breve via del villaggio. Arrivati al Centro delle Conferenze (in qualche modo un nuovo elemento dell'organizzazione simbolica della comunità) fa dietro-front e termina con la benedizione alle lapidi dei caduti. Tra queste si nota la nuova targa in provenzale dedicata ai caduti e dispersi in Russia, collocata sul muro esterno della Parrocchiale (foto sotto).

 

 

Comunicare il senso di appartenenza

 

La processione è anche l'occasione per manifestare verso l'esterno il senso di appartenenza indossando il costume tradizionale.

 

 

 A Coumboscuro il costume tradizionale non è folklorizzato. Non è una divisa fornita dalla Pro Loco o, peggio, da qualche ente di promozione turistica. Ognuno indossa i propi abiti tradizionali 'autentici'. La differenza tra abiti tradizionale e 'costume folkloristico' è semplice: gli abiti sono ereditati, confezionati in proprio, rammendati, combinati in vario modo con accessori che sono capi di vestiario reali anche se non utilizzati tutti i giorni. I copricapo femminile è un elemento distintivo importante (anche tra valle e valle). E quindi è anche particolarmente ricco ed elaborato (come la cuffia indossata da Anna, foto sotto).

 

 (foto di Gianpiero Mazzoni)

 

Anche i bambini indossano i loro bravi abiti tradizionali.

 

 

Il gruppo dei coristi-ballerini ospite del Roumiage con la 'divisa' che richiama l'abbigliamento contadino tra XIX e XX secolo ; sotto durante la processione e...

 

 

qui sopra ... durante il ballo

 

Il Roumiage di settembre è anche un evento in cui si svolgono incontri su temi di interesse politico-culturale con lo sgurdo all'Europa. Quest'anno il tema era quello della biodiversità. Prima dell'inizio del convegno io e Fausto Gusmeroli ci tratteniamo per qualche minuto con Sergio Arneodo.

Sergio Arneodo con me e Fausto Gusmeroli (foto Gianpiero Mazzoni) 

 

Avremo poi modo di conversare con lui anche durante la visita al 'Museo: una raccolta etnografica di oggetti della cultura materiale di qui. Arneodo, durante questa visita, mi spiega l'origine semi-leggendaria del nome Coumboscuro (Valle scura), un elemento che comunque ha condizionato non poco la vita di coloro che da qui emigravano in Francia (7).

 

Fausto Gusmeroli durante il suo intervento. Pensosi i relatori al tavolo (foto Gianpiero Mazzoni) 

 

Il Convegno si è svolto nella sala delle Conferenza, una 'casa della comunità, che ospita mostre ed eventi (vi è anche una sala al livello superiore). Nella foto sopra Fausto Gusmeroli mentre svolge il suo intervento. Rimando alla nota (8) per una breve sintesi dei principali interventi. Ha moderato l'incontro Gianpiero Mazzoni che ha presentento come introduzione una carrellata di immagini delle Alpi tratte dal suo lavoro fotografico. Gianpiero, presentando Van De Sfroos, ha citato il Bitto storico quale esempio di resistenza alla omologazione culturale e biologica. E' stata una garbata provocazione che richiamava vicende dello scorso novembre (ampiamente trattate su Ruralpini) (9).

 

Il ritorno di Davide VdF a Coumboscuro

 

Alla sera c'è stato l'atteso concerto di Van De Sfroos. Il nostro 'cantautore' (ma 'cantautore' è definizione riduttiva) lumbart è ritornato a Coumboscuro dopo dieci anni di assenza. Il Roumiage lo aveva scoperto e lanciato nei primi anni di attività. Nell'accettare di partecipare al Davide ha dichiarato: 'Dopo dieci anni, ritorno a Coumboscuro per il Roumiage de Setembre, in una terra di frontiera, luogo delle Alpi, pulsante di cultura, ispirazione e ricerca'.

 

Davide Van de Sfroos in concerto a Sancto Lucìo in occasione del Roumiage de Setembre la sera del 28 agosto (foto Coumboscuro centre prouvencal) 

 

Nel presentare i brani Davide si è prodotto in spassosi pastiche linguistici confermando una grande capacità di giocare con i registri linguistici e di improvvisazione. Grande Davide (nonostante la storia del Bitto... ma non era colpa sua).

 Al concerto è seguita la Nuéch dal Fueiassìer, la notte che intorno al falò (foto sopra) brucia l'estate e che prevede una lunga notte di musiche e danze folk europee con palco aperto a musicisti di ogni provenienza. Tanta era la luce che è 'venuta' la foto sopra.

 

Il momento del falò della Nuéch dal Fueiassìer (M. Corti) 

 

Dopo il concerto ufficiale ci sono state musiche sino alle 2 del mattino con Davide che cantava con i fiet de l'escoulo (ma questo ce l'hanno riferito perché noi siamo andati a nanna e la simpatica foto sotto ci è stata gentilmente trasmessa dagli amici di Coumboscuro).

 

Davide VdF nella 'scuoletta' di Sancto Lucìo in occasione del suo concerto (foto Coumboscuro centre prouvencal)

 

 

Agriturismo?

 

Ospiti di Anna in un rustico che potrebbe diventare un perfetto agriturismo. Diciamo potrebbe perché, nonostante i lavori eseguiti (c'è un impianto elettrico 'a norma'), la legge piemontese è più ottusa di quella lombarda (che ha saputo inventare l'agriturismo 'in famiglia' per bypassare le forche caudine delle autorizzazioni sanitarie). Così i piccoli agricoltori di montagna, che hanno pochissime camere e vorrebbero limitarsi a offrire servizi di alloggio (non aspiranoad aprire il ristorante più o meno cammuffato da agriturismo) devono limitarsi a somministrare 'cibi confezionati'. Una prospettica a cui Anna, giustamente, si ribella perché equipara una borgata alpina a un B&B nel centro di Torino.

 

 Il rustico dove siamo stati ospitati da Anna (M. Corti)

Il rustico è quello che si vede nella foto sopra. Le camere da letto (al livello superiore) sono 'come una volta', arredate con letti artigianali, con le foto degli antenati sbiadite e le immagini sacre. I 'milanesi' (mi dimentico sempre che lo sono anch'io, in modo molto contradditorio) o i 'torinesi' pagherebbero fior di soldoni per vivere in un 'museo vivente'. Ma servirebbero nuovi costosi lavori. Eppure al piano di sotto c'è un bagno moderno, tutto piastrellato come ASL comanda.  E la bella cucina della foto sotto (foto  'neorealista' scattata il mattino della domenica, come quella del rustico). Una cucina con tanto di 'cucina economica' in ghisa, la credenza ecc.  Con gli amici 'montanari' mi sono preso la rivincita di essere l'unico a saper usare la vecchia caffettiera napoletana (10). Così si è potuto preparare il caffé-latte.

 

E' evidente che questa bella cucina non è abbastanza 'attrezzata' e 'piestrellata' per i burocrati. Piuttosto che spendere un sacco di soldi e rovinare la cucina Anna rinuncia all'agriturismo. Così si aiuta la montagna a vivere. Per recarti al servizio (che è in testa al fabbricato) passi davanti alla stalletta delle pecore (nella foto - sotto - le pecore non ci sono perché erano state fuori la notte). Non è questo l'agriturismo? La domanda, ovviamente, è 'retorica'.

 

 

Era domenica mattina e non c'era pressa. Così ho scattato altre foto che ritraggono la ruà (borgata) (diverse le ho già fatte vedere). Quella sotto ritrae un cartello che, con incerta grafia (autore qualcuno che non è certo passato dalla'scuoletta'), avverte del pericolo della caduta della neve dei tetti. Eh si, siamo ad agosto e il sole splende. Ma verrà l'inverno e la neve. Che in tempi recenti però, per tanti anni, si è fatta attendere invano o è stata scarsa (11) .

 

 

Nella borgata silenziosa campeggia il vecchio forno mantenuto in buone condizioni. Un simbolo delle strutture (al tempo stesso sociali e materiali) della vita ruralpina di un tempo (ma che con il ritorno all'autoproduzione, alla didattica rural-alimentare può tornare ad essere una struttura viva).

 

 

La ruà è silenziosa ma una coperta appesa a prendere aria, un cinquantino da trial, un ranghinatore, la porta di una stalleta aperta sono tutti elementi, presenti nel quadro, che ci dicono che quello che altrimenti parrebbe un presepio, in realtà non lo è (o almeno non lo è del tutto) e qui si continua a fare agricoltura e allevamento. Su piccola scala, a nosto modo. Un modo che torna ad essere possibile, auspicabile.

 

 Un aspetto della contrada: i segni di un parziale abbandono

 

Che qui non sia un presepio lo dice in modo più esplicito il fienile di Anna (foto sotto). Ogni balletta (qui non sono arrivate le rotoballe, siamo ancora ale piccole balle 'prismatiche') è un pezzo di prato falciato. Un pezzo di Coumboscuro che resta vivo, antropizzato, aperto all'alleanza tra l'uomo e la luce. Alleanza che tiene indietro la natura scura e caotica del bosco selvaggio, del bosco dove si possono celare il serpente e il lupo (12). Non solo metaforici, purtroppo.

Non ho trovato da nessuna parte altrettanta consapevolezza del ruolo politico del lupo, poco pelo, carne, ossa e tanta costruzione sociale e ideologica, strumento perfetto per sottomettere, desertificare e ricolonizzare la montagna. Il lupo è come le tassa sul sale, i rimboschimenti, le leggi che impediscono la pluriattività: una costruzione socio-politica della città che vuole dominare la montagna.

Decenni di lavoro culturale, di consapevolezza sul significato della 'resistenza' in montagna hanno lasciato il segno. Con Anna non c'è neanche bisogno di parlare di queste cose. Ci capiamo subito. Basterebbe questo, dal mio punto di vista, per dare un giudizio positivo sull'esperienza di Coumboscuro.

 

 

Dopo queste foto c'è stata la visita all'atelier di Anna e del marito (le ho presentate prima). Abbiamo rapidamente discusso delle alle leggi sull'agriturismo sulla pluriattività, delle tante partite IVA che il montanaro dovrebbe aprire... per fare il montanaro, ovvero un po' di artigianato, un po' di agricoltura, un po' di turismo, un po' d'altro. Dopo siamo scesi in paese per assistere alla Messa e alla processione. Fausto ha attirato la mia attenzione su dei vecchi manifesti. 'Preghiamo da uomini liberi'. Dietro c'è la storia di un parroco allontanato perché usava il provenzale nella liturgia. Quello che in Friuli è benedetto dalla CEI qui, e altrove, è condannato. La chiesa italiana, paladina strenua del centralismo e dell'unità nazionale, è nemica di queste ed altre autonomie. Ha paura che l'uso della lingua madre metta in pericolo l'unità nazionale (realizzata contro la Chiesa). Dopo 150 anni!? Eppure qui si respira un sentimento religioso radicato. Forse troppo, per qualcuno (anche nelle curie).

 

 Vecchi manifesti di protesta a difesa dell'uso del provenzale nella liturgia

 

I manifesti (o meglio ciò che ne rimane) è affisso a pochi passi dalla chiesa parrocchiale. Sempre a fianco della chiesa c'è un prato con dei meli. La neve li ha piegati (venuta abbondantemente  dopo anni di scarse precipitazioni, magari improvvisamente a fine stagione e perciò pesante); così appaiono come dalla foto:puntellati. Hanno un aspetto ancora più struggente se confrontati ai meleti intensivi perfettamente regolari, allineati, con le piante schiacciate a filare. Qui non si parla di chimica. Le mele si (auto)producono sul posto, non viaggiano centinaia o migliaia di km. Quanto PIL perso (niente pesticidi, niente carburanti). Dal punto di vista della scienza economica 'ortodossa' queste piante sono improduttive e raccogliere una poma è un atto economico 'in perdita', irrazionale.

 

 Piante di melo a fianco della Parrocchiale  

 

Per fortuna che c'è ancora un posto come Coumboscuro dove si cercano di tenere in vita altre logiche. un posto che  rappresenta un'esperienza che, fino a qualche anno fa, poteva apparire elitaria, inimitabile. Ma oggi la sua radicalità appare quanto mai realistica. Chiudo con l'ultima immagine, trasmessami dagli amici di Coumboscuro (ero già in viaggio per tornare a casa) relativa alla Festo al pais l'evento di musica, danze e mimi che ha occupato il pomeriggio della domenica al Roumiage.

Una sintesi che vale più di molte parole.

 

 

Festo al pais: spettacolo di mimi, musica, danze tra Provenza e Piemonte. In primo piano i frutti della terra della Provenza tra mare e Alpi: ulivo, aglio e.... Castelmagno (foto Coumboscuro centre prouvencal)

 

 

Appendice. E' proprio vero: il gusto è uno stimolo emotivo ma anche intellettuale. I sensi non si lasciano ingannare e sono 'sovversivi'

 

Partiamo. Ma di Coumboscuro mi porto dietro un 'ricordo' molto concreto (oltre a tanti stimoli, impressioni, riflessioni. E' una forma di quasi 3 kg del formaggio prodotto con latyte ovicaprino e la tecnica 'ancestrale' del Castelmagno. Un capolavoro artigiano che Mario Durbano fa per sé e per gli amici di Sancto Lucìo (che gli affidano le capre e le pecore). Prima del lupo di queste forme ne faceva parecchie, adesso munge pochissimi capi perché quando non può sorvegliare il gregge al pascolo deve chiuderlo a lungo  nel recinto (con calo di produzione). Il giorno prima Anna ci aveva fatto assaggiare quello di un anno, molto erborinato (erborinatura asciutta, carica). Questa forma che ho aperto a casa dopo essere tornato da Coumboscuro non è erborinata ma è lo stesso un capolavoro. Grazie alla tecnica tradizionale, alla maturazione in cantine 'primigenie', alle caratteristiche del latte caprino la pasta è già amalgamata anche se il formaggio ha solo due mesi. Per nulla friabile tende a scagliare. Regala grandi sensazioni e una persistenza 'interminabile'. Eppure norme igienico-sanitarie pensate per l'industria, norme che concepiscono solo l'azienda agricola specializzata, 'imprenditoriale' e ... i lupi penalizzano in tutti i modo la pastorizia e sortiscono l'effetto di impedire che queste opere di arte casearia vengano prodotte. Hanno la terribile 'colpa' di far capire cosa si perde azzerando la biodiversità bioculturale.

 

  Un opera d'arte casearia 'ancestrale' (M. Corti)

 

 

 

Note

 

1. C'è una evidente analogia con il mitico proletariato marxiano che lottando per sé, praticando la lotta di classe contro il capitalismo, 'liberava' - in prospettiva - l'umanità intera. La montagna ha una missione salvifica analoga? Forse si. Con la differenza che quella del proletariato era solo pensata nella testa di Marx e dei suoi seguaci (che con il loro agire, hanno spianato la strada all'avanzata del capitalismo nel mentre proclamavano di combatterlo). torna su

 

2. Fréderì Mistral fu insignito del premio nobel per la letteratura nel 1904 non solo per la sua produzione poetica ma anche per lo studio della filologia provenzale. torna su

 

3. Tavo Burat (Gustavo Buratti) nato nel 1932 a Stezzano, nella generosa tèra de Bèrghem, è morto lo scorso dicembre. Riporto quanto ho scritto su Ruralpini il  giorno della sua morte il 18.12.2009: 'Questa mattina alle 10 a Biella è ceduto il cuore di Tavo Burat. Un grande sostenitore delle lingue minoritarie e della cultura alpina. Da giovane era stato nel Partito contadino. Un  ruralista, un autonomista, un piemontesista (anche se di origine lombarde); mai etichettabile con i criteri della topografia politica convenzionale (come noi, come i ruralpini). Uno che non aveva paura di essere su posizioni minoritarie (era valdese).  E' stato socialista e Verde (a modo suo), ma anche un punto di riferimento per i leghisti (o almeno una parte di essi). Si è occupato di molti aspetti della cultura alpina: ha scritto sulla lingua e l'etnolingua ma anche sull'avventura di Fra Dolcino (l'eretico) e - forse lo sanno in pochi -  sulla Pecora Biellese.  Abbiamo potuto conoscerlo in più di una occasione e possiamo dire resterà un ispiratore dei ruralpini'. torna su

 

4. Oltre al Roumiage de Setembre, al quale ho partecipato e che viene di seguito descritto, dal 1976 si organizza in estate a Coumboscuro il Festenal (popoli e culture d'Europa). Insieme di eventi musicali, cinematografici,  teatrali, artistici, editoriali che negli anni ha coinvolto altre località della provincia di Cuneo, del Piemonte e di altre regioni. torna su

 

5. Mario Lodi è un insigne pedagogista; analogamente a Sergio Arneodo per lunghi anni fi maestro in una frazioncina (Vho) della nativa Piadena (è del '22). Tra le sue iniziative più importanti si ricorda la Scuola della Creatività e il Giornale dei Bambini. E'anche una figura legata alla autentica cultura padana (quella delle terre basse lungo il basso corso del Po) e alla riscoperta e valorizzazione delle varie forme di espressività popolare. torna su

 

6. Nella  struttura simbolica del rito della festa la processione religiosa rappresenta un momento topico in cui la massa dei partecipanti tende, avanzando incolonnata verso un'unica meta, a perdere il carattere amorfo per raggiungere un'espressione fisica di unità. torna su

 

7. Il nome 'Coumboscuro' deriverebbe da un episodio semi-leggendario avvenuto durante le guerre di successione spagnola nel XXIII secolo quando i francesi volevano impadronirsi di Cuneo. Un soldato francese ferito chiese a una contadinella di portargli delle bende. In cambio le offriva un sacchetto di monete d'oro ma non avrebbe dovuto farne parola con nessuno. Non fu così e la Valle si fece una pessima reputazione (scura quindi nel senso di 'malvagia'). Al di là della leggenda contò il fatto che per secoli i pastori e i muratori di Coumboscuro per non essere discriminati dovevano dissimulare la loro origine. torna su

 

8. Gusmeroli ha parlato della minaccia alla biodiversità come della incombente 'quinta estinzione di massa' (tra le precedenti c'è stata quella, indubbiamente la più famosa, dei dinosauri.) Il numero di specie che noi umani stiamo eliminando è elevato e non sembra che ci sia un rallentamento. La globalizzazione con lo spostamento da un angolo all'altro del pianeta di specie che non erano mai venute in contatto (predatori, patogeni, parassiti) sta provocando una forte perdita di biodiversità che si somma alla distruzione di habitat, all'inquinamento, al rapido cambiamento climatico (di probabile origine antropogena). le cose richiamate da Fausto fanno pensare (guardate gli atteggiamenti pensierosi di quelli che stanno a tavolo). Molto interessante anche l'intervento del Prof. Girardino dell'Università di Montreal (ma anche maestro nella 'scuoletta') che ha lavorato con le popolazioni amerinde del Canada. Girardino ha ricordato come la 'civilizzazione' sia responsabile dell'estinzione di un gran numero di lingue. Lingue che fanno parte di quella grande ricchezza bioculturale dell'umanità. Girardino sta lavorando al Dizionario Provenzale (dopo aver realizzato quello Walser). Da parte mia ho parlato di agricoltura contadina e agricoltura industriale di monocolture e monoculture. Di biodiversità distrutta senza che neanche ce ne accorgiamo, quando mangiamo una fetta di prosciutto o di formaggio. Non potevo non fare accenno al problema lupo che meno di tre settimane prima mi aveva portato in questo stesso comune (e mi riporterà presto tra queste valli).  C'è stato anche l'intervento di Davide Bernasconi (Van de Sfroos) che, oltre che 'cantautore' è anche - per chi non lo sapesse - un operatore culturale poliedrico. Recentemente è stato chiamato da insegnati e dirigenti scolastici preoccupati dell'impoverimento dell'orizzonte culturale dei ragazzi e della loro perdita di contatto con la realtà concreta (specie quella 'naturale'). Davide ha riferito che i bambini di Novate Mezzola, località sul Lago di Mezzola, propaggine settentrionale del Lago di Como, chiesti di citare i nomi di alcuni pesci del lago hanno saputo rispondere solo ... 'squalo'. torna su

 

9. Lo scorso novembre è stato lanciato da parte mia, di Gianpiero e di altri 'sostenitori del Bitto storico' un appello a Van de Sfroos perché nel suo concerto di Morbegno del 15.11.09 dicesse qualcosa sulle vicende paradossali del Bitto. Il Bitto storico, prodotto come una volta, per le regole della burocrazia che 'protegge la DOP',  non può essere chiamato tale, è de sfroos, ovvero fuorilegge tanto da beccarsi un anno fa una mega-multa dalla 'repressione frodi' (sic) del Ministero dell'agricoltura. Davide era stato accuratamente filtrato dai suoi manager in contatto con gli organizzatori degli eventi morbegnesi: la società 'a partecipazione pubblica' Valtellina Eventi finita di recente nella tangentopoli valtellinese. torna su

 

10. La 'napoletana' (niente ironia sul lumbart e la 'napoletana' per favore), la uso tutti i giorni dopo aver mandato per sempre a quel paese le macchine 'espresso' che si rompono regolarmente dopo un po' (il solito consumismo) e a aver imparato, almeno per il rito del caffé, che più le cose sono slow e più sono buone. Non solo uso quella di dell'anteguerra (salvata dall'amore profondo che la mia povera moglie manifestava per ogni oggetto 'umile'  intriso di ricordi di famiglia) ma ne ho anche comprata una - quasi identica - nuova (che fa 1-2 tazze). Un po' di comportamenti così e la decrescita è assicurata. La 'napoletana' è indistruttibile e non c'è neppure da cambiare la guarnizione di gomma ad anello come nella 'moka'. Un arnese 'sovversivo' che fa tremare gli economisti che sostengono 'scientificamete' che riempirci la casa di mille piccoli elettrodomestici per lo più assolutamete inutili che si accumulano rubando spazio e che poi devono essere smaltiti con gravi costi ambientali ... crea ricchezza.

torna su

 

11. In tema di neve che 'manca' riporto un piccolo saggio di poesia dei fiet (Regino Arneodo) che esprime sinteticamente il senso di tristezza per la neve che non c'è. (tratto da Nosto Pouesìo)

 

Neu

 

Neu de tristesso

neu que venes pa

dins nosto Coumboscuro

Neu de contentesso

per i pichot

Arvèire, bèlo neu

torna su

 

12. Ancora sul lupo e sul suo rappresentare un 'cavaliere dell'apocalisse' (per la vita ruralpina). Più che all'apocalisse cristiana il riferimento è a quella 'pagana'. Fenrir (lupo gigantesco e sommamente malvagio) è per la mitologia germanica l'identificazione delle forze del caos e del male; esso si libera dalle catene che lo tenevano legato (durante la 'storia') e sbranerà Odino alla fine dei tempi (nel Ragnarok). Ma il lupo è stato  spesso identificato anche dal cristianesimo  con le forze del male. Povero lupo. Il maligno agisce attraverso gli uomini (che agiscono attraverso il lupo, usandolo per scardinare le strutture fragili dell'economia ruralpina, come hanno usato in passato le tasse, la leva, la 'forestale' ecc.).

torna su

 

 

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

counter customizable
commenti, informazioni? segnalazioni scrivi

Registra il tuo sito nei motori di ricerca

 Creazione/Webmaster Michele Corti