Ruralpini 

Fotoracconto/Gias Gardon (CN) 

 

Home 

Precedenti fotoracconti

 

Valle Grana (CN)

 

Roumiage de Setembre a Coumboscuro

Pastori e lupi: qual'è la razza in via di estinzione?

 

Valstrona (VB)

 

'A Forno c'erano 500 capre e a Luzzogno lo stesso' (Alpe Sass da Mur)

 

La Storia di due caprai, di una scrofa innamorata e di un gatto coraggioso (Alpe Balma)

 

Toni Lavarini sul suo alpeggio in Valstrona (anni '80)

 

Valle Anzasca (VB)

 

Adesso non ci passa più nemmeno il mulo (Alpe del Lago)

 

 La capretta che 'fa' il cagnolino (storia di un 'neo-insediamemento' agricolo)

 

Val Grande (VB)

 

Rosanna e Rolando: neomontanari che fanno agricoltura nella Val Grande (VCO), spacciata per 'la più grande area wilderness d'Europa'

 

Val Seriana (BG)

 

Motocross in montagna: sport o vandalismo? Un problema non solo bergamasco

Cantine (hilter) d'alpeggio. Monumenti minacciati  (Malga Valmezzana)

Festa delle malghe

 

Valtellina (SO)

 

Una storia in controtendenza: qualche volta gli alpeggi rinascono (Alpe Legnone)

 

(Aggiornamento Alpe Legnone)

 

Come nasce la maschèrpa d'alpeggio delle Valli del Bitto

 

 Val San Giacomo (SO)

 

L'Alpe Andossi : due 'stili d'alpeggio' agli antipodi (ma comunque il bosco è stato fermato)

 

L'Alpe Laguzzolo torna a vivere con le capre di Barbara e Pietro

 

Alpe dei Piani e Dante Ambrosini classe 1919

 

 Valli lariane (CO)

 

 I furmagitt de cavra del Miro (a Sala Comacina)

 

Una rinascita: Alpe Nesdale (Plesio)

 

Confronti deprimenti: Avert Possul e Alpe Giumello

 

Scargà l aalp (Alpe Graglio)

 

Valli Camonica (BS)

 

Malga Silter di Gianico

 

Lagorai (TN)

 

 Malga Montalon

 

 

 

 

(17.09.10)  Al Gias Gardon nella valle di S.Giacomo (valle Stura di Demonte, CN) sono radunate le pecore di 13 allevatori che non saprebbero altrimenti dove alpeggiarle. Ma la 'convivenza' con il lupo è difficile e il pastore è intenzionato a smettere

 

Valle Stura di Demonte: la voglia di fare i pastori c'è

Ma il lupo la fa passare

 

Un mese fa ero stato in valle Grana a trovare il pastore Mario Durbano perseguitato dal lupo. Ora sono stato sull'altro versante del Monte Grum. Realtà molto diversa ma un pastore alle prese con gli stessi lupi. Con ragazzi con una grande passione ma che da grandi non potranno fare il pastore come desiderebbero

 

testo  e foto di Michele Corti

 

 

Da tre anni tra la Valle Grana e la Valle Stura di Demonte (vallone dell'Arma) si è insediato stabilmente un branco di lupi. Pare che la famiglia cresca. Come sia cambiata la vita del pastore Mario Durbano, che abita a Frise e utilizza i pascoli del vallone del Rio Frise sotto il Monte Grum, ve l'ho già spiegato nel fotoracconto Pastori e lupi: qual'è la razza in via di estinzione?. Questa volta !2 settembre) sono stato esattamente sull'altro versante del Grum, quello della valle Stura. Una realtà molto diversa dato che la morfologia del terreno cambia completamente: ampie distese di pascoli, ampi crinali erbosi, persino un ampio pianoro (Piano Gardon). Su questi pascoli non è difficile imbattersi nelle mandrie di candide vacche da carne Piemontesi sottoposte a una custodia saltuaria.

I bovini adulti, si sa, sanno difendersi bene dal lupo e se i vitelli sono protetti dalla madre non corrono rischi. Viste in lontananza le mandrie di Piemontesi potrebbero essere confuse con un gregge di pecore, ma il bianco porcellana (ben diverso dalla lana 'dorata') e la struttura meno densa del gruppo non lasciano spazio a dubbi. La prima mandria (foto sopra) l'ho avvistata da S. Giacomo. Pascolava sul versante orografico destro del Vallone dell'Arma.  Da S.Giacomo (mappa sotto in basso a sinistra), piccolo nuclo abitato, più centrale idroelettrica, ho abbandonato la strada principale  per infilarmi nell'omonimo vallone e salire in quota verso i Gias. Gias nelle valli cuneensi (e nelle torinesi valli di Lanzo) è toponimo equivalente ad 'alpe'. Tipicamente contraddistingue un 'complesso pastorale' ancestrale, una cellula costituita da uno o più recinti di muriccia a secco e da una capanna (o riparo sottoroccia) sempre rigorosamente in sasso.

 

La mappa delle località visitate (cliccare per ingrandire). La vecchia mappa non riporta la nuova pista comodamente percorribile con fuoristrada

Sopra i 1.500 m la valle si apre e alla vista si presenta un panorama di ampie distese di pascoli che, nelle parti più basse, mostrano segni di incipente incespugliamento. La strada semiasfaltata termina al Gias Bourel. Di qui in avanti si procede su una pista sterrata (benm tracciata e ben tenuta peraltro). Il Gias Bourel presenta delle strutture edilizia singolari, non si capisce  perché rimaste incompiute. Di fatto la presenza della roulotte denuncia l'insufficienza e l'inadeguatezza dei locali

 

 

Guardando in alto scorgiamo un'altra bianca mandria in movimento. E' sul crinale che divide la Valle Stura dalla Valle Grana.

 

 

Per togliervi il dubbio che siano pecorelle vi offro una zoomata (l'ingrandimento è 10 x). le indistinguibili forme muscolose della Piemontese appaiono in tutta evidenza nei soggetti in movimento.

 

 

Guardando invece sul versate opposto della valletta, un po' più in basso rispetto alla quota a cui sono arrivato, ecco un'altra mandria che si intrattiene in un area 'sporca' dove ormai la copertura arbustiva è prevalente e si sono giù sviluppati dei piccoli alberi. Che le vacche da carne da solo riesscano a 'tenere pulito' è escluso. Un dato da tenere a mente per comprendere il senso di tutta questa nostra storia.

 

 

Preso dall'osservazione del panorama, dei pascoli, delle mandrie invece di svoltare a sinistra ad un bivio vado diritto e dopo poche centinaia di metri arrivo al Gias Contard, fine della strada e dietrofront (la mia meta è ben più distante). La diversione mi consente di rendermi conto dello stato delle strutture d'alpeggio di queste montagne.

 

 

la vecchia capanna (foto sopra) è stata qualche tempo fa sostituita da una struttura singolare (foto sotto). Si può ben immaginare, anche senza entrarvi, quale sia il confort all'interno di questo bunker che figurerebbe meglio in una base antartica.

 

 

Ripresa la pista 'giusta' per il Gias Gardon transito per il Gias della Sella. Qui scorgo un'altra roulotte e capisco che devo proseguire ancora (l'amico Stefano Martini, funzionario della Comunità Montana, mi aveva indicato: "quando vedi la roulotte prosegui"). Qui il fabbricato 'tradizionale' è più ampio ma la luce penetra solo attraverso una minuscola apertura collocata sopra l'ingresso (foto sotto).

 

 

Oltre alla roulotte vi è una baracca di lamiera (foto sotto) (nella foto si ha una buona idea del versante e della pista che lo taglia in lieve pendenza).

 

 

La montagna ha un aspetto secco ma dove si raccoglie umidità (e la fertilità) il cotico è ancora verdeggiante.

 

 

Arrivato ad un fabbricato di recente costruzione (una casetta su due livelli rivestita in sasso e dotata di 'normali' aperture) esce una signora (Irma, la moglie del pastore Domenico Tamagno) che mi sta aspettando. Irma era stata allertata  da Stefano e mi fa indicazione di proseguire. Arrivo sino a Testa Gardon, un ampio panettone erboso con qualche cucuzzolo roccioso. Qui scorgo delle sagome di persone in lontananza; mi avvicino e vedo che in mezzo al pascolo c'è anche un pick-up. Sono Domenico, il pastore che sto cercando, con i 'bambini': Roberto, terza media, e Mattia, prima media. Le pecore sono lì vicino a quota leggermente più bassa, sull'orlo dei bastioni di roccia del ripido versante Sud di Testa Gardon.

 

 

I ragazzi sono fin troppo solerti nel guidare e spostare il gregge tanto che il padre dopo aver ordinato di manovrare deve poi spesso richiamarli.  I ragazzi, infatti,  insistono a mantenere in movimento e a spostare il gregge.  Nella foto sotto il gregge viene fatto risalire da un canale che 'convoglia'  pericolosamente sui salti di roccia. Niente pericolo per le capre (una cinquantina) ma con le pecore (700) è meglio non rischiare.

 

 

Il motivo di tanta voglia di 'fare i pastori' è presto detto. Il giorno successivo saranno sui banchi di scuola e oggi (domenica 12 settembre) è l'ultimo giorno di vita in montagna, con le pecore e le capre. Senza approfondire troppo salta fuori che ai ragazzi la scuola non piace per nulla. Tutta colpa loro? Colpa dei padri pastori (ma non certo 'padri-padroni') che li fanno lavorare da piccoli?  Oso pensare che forse anche la scuola dovrebbe fare qualcosa di più per farsi piacere da ragazzi che amano la montagna, gli animali, il sentirsi 'grandi' capaci di muoversi in mezzo ad un vasto scenario di praterie e montagne che fa sentire asltrimenti 'piccoli'.

A coadiuvare ci sono dei cagnetti volenterosi. Nella foto sotto vediamo in azione la coppia costituita da Mattia e da un 'derivato' Maremmano. E' un specie di Maremmano miniaturizzato che fa tenerezza (se pensiamo ai lupi, che qui operano da tre anni viene da avere paura per lui).

 

 

A parte la giornata particolare (vigilia di un poco atteso ritorno a scuola) papà Domenico conferma che i 'bambini' hanno grande passione. E' la parola chiave che sento sempre ripetere da contadin e pastori e, detta in termini 'scientifici' è la struttura simboli portante della loro vita e del loro lavoro. Parlando di carriere scolastiche e prospettive post media inferiore  entro subito nel vivo dell' 'intervista' e chiedo se Domenico ritienga che i figli frequenterebbero volentieri la 'Scuola pratica di pastori' che sto architettando con gli amici Luca Battaglini (docente dell'Università di Torino) e Marzia Verona ('angelo dei pastori', scrittrice 'pastorale' e blogger). L'interesse c'è. I problema è che con il lupo l'attività del pastore è diventata difficile (ancora di più di prima, se possibile) e non sono molti i padri che, pur essendo felici di vedere che i figli desiderano seguirne le orme, se la sentono di incoraggiarli. E' triste. Ma la tristezza si mescola alla rabbia (e alla voglia di far qualcosa perché non vinca il lupo e i suoi sponsor cittadini).

 

 

Domenico senza girarci  tanto intorno dichiara  che per ora non molla, ma solo perché ci sono gli impegni quinquennali del PSR, ma che poi ... è quasi sicuro che dovrà smettere. "Qui a cavallo con la Val Grana i lupi sono arrivati solo tre anni fa ma da allora gli attacchi sono aumentati perché credo che siamo aumentati anche i lupi".  Quest'anno Domenico ha avuto 5 perdite a luglio (agnelli e capretti), poi una pecora adulta il 7 agosto. Quest'ultimo caso di predazione è sintomatico dell'aggraversi della presisone predatoria perché il lupo ha ucciso la pecora vicinissimo alla casa. Sulle prime la pecore era stata lasciata sul posto ma al mattino era sparita e la ricerca ha consentito di trovare a valle "solo la lana e un po' di ossa". Secondo Domenico doveva trattarsi di una lupa affamata per lo svezzamento dei cuccioli. Oltre all'allargamento della famiglia l'aumentata pressione predatoria sulle pecore, sempre secondo Domenico, è legata anche al venir meno di un'altra categoria di prede: i camosci. "Prima del lupo sulle rocce si vedevano sempre, adesso basta, non li vedi più". E pensare che i lupofili sostengono che i loro beniamini sono un toccasana per le popolazioni di ungulati che grazie al lupo diventano più forti e numerose. Sarà. Sarà anche interssante sentire il parere dei cacciatori e degli esperti venatori. Il guaio con i lupofili è che essendo tendenzialmente integralisti, guidati dalla sacra missione dell'indispensabile, salvifico ritorno dei 'grandi carnivori' danno tuttoper scontato e preferiscono non ascoltare i pareri di altre competenze: i cinofili, i pastoralisti, i tecnici venatori. Tanto non servono: il lupo ci deve essere e basta.

 

 

Con l'inizio della scuola Domenico non avrà più l'aiuto dei figli (che vediamo ancora nelal foto sotto mentre scattano per muovere il gregge). La stagione d'alpeggio va dal primo di giugno al 10 ottobre e l'ultimo mese è il peggiore. I lupacchiotti sono ormai forti e partecipano alla 'scuola di caccia' che consiste anche nell'uccidere dei capi 'per esercizio', senza mangiarli. Alle giornate limpide (come quella che abbiamo trovato noi) si alternano giornate uggiose e nebbiose che rendono facile l'avvicinamento del predatore. Per una persona sola non è facile tenere sotto sorveglianza 700 pecore e 50 capre figuriamoci quando c'è la nebbia e quando il gregge si muove nei canali, in mezzo alle rocce.

 

 

Questo gregge poi ha una particolarità: oltre alle 260 pecore e alle 50 capre di Domenico vi sono circa 450 pecore di altri 12 piccoli allevatori. Che non saprebbero a chi affidare i loro animali e che dovrebbero cessare l'allevamento. Per la 'guardia' Domenico percepisce 16 € con l'impegno a ritirare le bestie al primo di giugno e di riconsegnarle al 10 di ottobre. E' bene precisare che le pecore in questione non sono pecore qualsiasi ma pecore Sambucane, una razza già in via di estinzione che è stata recuperata grazie all'appassionato lavoro di Stefano Martini (fondatore e curatore dell'Ecomuseo della pastorizia di Pietraporzio, nel comune di Pontebernardo) e di Antonio Brignone (tecnico agricolo della comunità montana). Grazie al lavoro loro e dei pastori che hanno creduto al progetto di recupero e valorizzazione della pecora Sambucana si è costituito il consorzio Escaroun ('piccolo gregge' in provenzale/occitano e la coperativa Lou Barmaset che è il braccio commerciale del Consorzio. Oltre all'agnello Sambucano pesante (tardoun) vengono commercializzati i prodotti ottenuti con la lavorazione della lana (quella della Sambucana è abbastanza fine) e, da quest'anno, anche i formaggi (la toumo, delicata ma ricca di tante note sensoriali). Ciò grazie alla realizzazione del Caseificio dell'ecomuseo dove opera la casara/pastora Patrizia Giordano (sorella del pastore Battista).

 

 

Il programma di rilancio della Sambucana ha unito la valorizzazione di risorse agricole e culturali e rappresenta un esempio spesso citato e ammirato; tanto è vero che sono numerosi i gruppi (scolaresche ma anche pastori, tecnici, operatori della montagna) che vengono in visita nel minuscolo villaggio di Pontebernardo per conoscere da vicino la realtà dell'ecomuseo. E'incredibile pensare come ci possano essere 'amici della montagna' che rimangono insensibili di fronte al rischio che tutto questo lavoro, tutto l'impegno, la passione di tante persone possano venir messe in forse da ... un branco di lupi. Bisogna essere accecati dall'ideologia 'naturalistica' per pensare che la presenza di quattro canidi selvatici valga più dei tanti valori culturali, sociali, umani, economici rappresentati dalla pecora Sambucana e da tutto quello che essa significhi per l'identità e la vitalità economica della valle.

Esagero? Provo a dimostrarvi che non lo faccio. Come dicevo prima qui ci sono le pecore di 13 allevatori. Che se non potessero portarle qui non saprebbero dove sbattere.

Oltre ad un transumante che viene da fuori (e che quindi non accetta di certo pecore locali 'a guardia' vi è in valle il gregge dei già citati Giordano (composto esclusivamente dalle proprie pecore e da quelle del cognato), quello di Gloria Degiovanni, presidente del Consorzio, che oltre alle proprie comprende pochi capi di piccolissimi allevatori. Vi è poi un gregge stanziale di pecore di razze francesi (dove le Sambucane, anche se fossero accettate,  non possono certo essere inserite per non rischiare il meticciamento). Di fatto, però, i greggi sono 'al completo' perché le montagne dove si può pascolare, minimizzando i danni da lupo, sono quelle che sono e perché la gestione e la sorveglianza del gregge impone comunque di non superare una certa dimensione.

 

 

Un elemento cruciale che impedisce di utilizzare un buon numero di ottimi pascoli (che restano quindi abbandonati) è rappresentao dalla diffocoltà di accesso. Qui a Gardon la 'montagna' (intesa come pascolo) è, secondo Domenico, meno bella di dove andava prima con le sue sole pecore (al Monte Vaccia non distante da Pianche dove i Tamagno risiedono). "Ma lì le reti dovevo portarle su a spalla". La situazione con l'avvento del lupo è diventata così critica che due greggi di Sambucane devono alpeggiare fuori valle (uno sulla Visalta, l'altro in valle Maira). Si dirà: si parla di reti ma i cani?

Allora è bene sapere che Domenico è l'unico pastore della valle Stura di Demonte che ha da subito accettato il cane. Lo aveva anche prima di venire qui a Gardoun quando il problema lupo si era già da tempo affacciato in alta valle, nei pascoli 'di casa', dove Domenico tiene le pecore in tardo autunno e in primavera (è lì che Domenico ha avuto le perdite maggiori in conseguenza della predazione di pecore fatte saltare fuori dai recinti). Il Maremmano è stato portato anche qui a Gardon. E' successo, però, che due anni fa il cane ha mandato una turista all'ospedale. Non è stata sbranata, per carità; più che le escoriazioni è stata la paura che ha indotto Domenico ad accompagnarla al pronto soccorso (una premura che gli è valsa la comprensione della signora che quindi non ha sporto denuncia). In ogni caso la malcapitata si era avvicinata al gregge per scatatre delle innocenti fotografie quando il cane da dietro l'ha buttata per terra e l'ha immobilizzata. Grazie all'intervento del pastore la spiacevole situazione non si è protratta per molto ma .... il Maremmano, che nel frattempo è divenuto di carattere più aggressivo, non viene più a Gardon. Resta a casa a fare il ... cagnaccio da guardia. E qui c'è il Maremmano in miniatura che abbiamo già conosciuto, più altri cagnetti 'classici'.

 

 

Nonostante i pascoli siano molto belli (a parte le rocce e i dirupi sul versante meridionale della montagna) la conduzione di un gregge quassù pone qualche problema anche per via della presenza delle mandrie di bovine da carne che impone di fare attenzione agli 'sconfinamenti'. Nella foto sopra si vede il Pian Gardon e, nella valle a destra, si scorgono dei puntini bianchi (è la solita  mandria di Piemontesi da carne). Nel ritorno mi fermo a salutare la signora Irma che sta aspettando il marito e i figli per poter scendere a valle.

 

 

Fotografo i due recinti: uno affianca l'abitazione (foto sopra), l'altro è un po' più distante e ospita le pecore che hanno appena partorito. La gestione dei recinti implica una permanenza limitata sulla stessa superficie. La durata della stessa dipende dalle precipitazioni e dallo stato del terreno.

 

Prima di scendere un ultimo scatto al vecchio Gias Gardon che si trova a quota inferiore rispetto alla pista e al nuovo fabbricato. Si osservano nella foto (sotto) i recinti in pietra a secco (noi in Lombardia li chiamiamo bárek), la posizione ben studiata al riparo da un cucuzzolo roccioso su una selletta e la solita baracca in lamiera. Alla quale pare proprio che qui gli alpeggiatori si adattino perché anche presso dove ora sorge il confortevole nuovo fabricato (due livelli con sottotetto abitabile) si osserva una platea di calcestruzzo su cui appoggiava la baracca di lamiera utilizzata sino alla recente inaugurazione del nuovo alloggio. Quante baracche di lamiera esisteranno ancora sugli alepggi cuneensi? Parecchi secondo Marzia Verona e sarebbe interessante saperlo con precisione. Infatti questo problema dell'inadeguatezza di alloggi per i pastori e di locali adatti alla lavorazioen del latte  è uno di quelli, insieme alla reperibilità e al costo del personale e al mercato 'drogato' degli affitti delle 'montagne'  che aggrava la precarietà delle gestioni pastorali e che fa si che il lupo rappresenti  la classica 'goccia che fa traboccare il vaso'.

 

 

Sulla strada del ritorno, quando sono già ridisceso nella parte bassa del vallone di S. Giacomo, mi imbatto inell'ennesima mandria Piemontese, questa volta, però, la posso vedere da vicino.

 

 

Infine molto più a valle (come si nota dalla vegetazione) a fianco della strada scorgo questo (foto sotto)  tristanzuolo gregge di capre 'contaminato' per di più dalla presenza delle 'tibetane'. E' un gregge che, come riferitomi da Domenico, un tempo pascolava in montagna ed ora deve restare confinato nel praticello. Non è poco lo sconvolgimento imposto dal lupo. Quanti allevamenti di pecore e, soprattutto, di capre hanno dovuto chiudere, quante centinaia di ha di pascolo sono stati abbandonati? Domande a cui cercherò di dare risposta a breve. Intanto ricordo a tutti che se il lupo è protetto   anche i pascoli, in ragione del patrimonio di biodiversità e paesaggio da essi costituito, sono altrettanto tutelati dalle direttive europee. Un dettaglio che spesso anche gli amministratori e i politici tendono a dimenticare. La Regione Piemonte fortunatamente no.

 

 

 

 

 

pagine visitate dal 21.11.08

counter customizable
commenti, informazioni? segnalazioni scrivi

Registra il tuo sito nei motori di ricerca

 Creazione/Webmaster Michele Corti