(11.10.10) Le fiere del
bestiame e le feste dei margari sono eventi tutt'altro
che superati dove cresce la partecipazione di turisti,
cittadini, residenti e si rafforzano valori simbolici
ed identitari
Festa
dei marghé a Magliano Alpi
e Fiero dei des a Bellino/Blins
Funzioni
vecchie e nuove si intrecciano nelle feste dei margari
piemontesi fortemente sentite quale momento di rafforzamentro
del senso di appartenenza alla categoria ma anche di
rappresentazione di valori che le comunità locali riscoprono
quali elementi fondanti del senso di identità territoriale
testo e
foto di Michele Corti
E'
da tempo che le Feste dei margari piemontesi suscitano
il mio interesse. Facendo parte dei fenomeni legati
alla ritualità dell'alpeggio e anche della sua
nuova dimensione turistica e multifunzionale non potevo
ignorarle. Ma un conto è prendere notizie da internet
un conto è partecipare di persona (anche se i tanti
resoconti di Feste di Margari su pascolovagante.splinder.com sono
una fonte preziosa).
L'occasione
per immergermi nel clima di queste manifestazioni è
venuta con il week-end del 9-10 ottobre. Invitato a
parlare sabato sera alla Festa dei Marghé di
Magliano Alpi ne ho approfittato per partecipare anche
alla Fiero dei des (Fiera del dieci) a Bellino/Blins
in Val Varaita. Quello che mi ha colpito a Magliano
è il numero di capi. Non si tratta di 'rappresentanze'
come alle solite mostre del bestiame ma di intere mandrie
che scendono dagli alpeggi.
Mandre
che sono lì a pascolare in un grande prato a fianco
del tendone della conferenza e della cena. Non nei box
delle fiere zootecniche.
Si
sente subito che qui il legame tra la montagna e la
pianura è più stretto e si è mantenuto; qui i comuni
di pianura sono proprietari di alpeggi nel loro territorio.
Un po' perché in Lombardia i comuni sono più piccoli,
un po' perché c'è di mezzo una fascia pedemontana, da
noi questo non può succedere. Lo strettissimo legame
tra una vasta area di pianura e l'alpeggio che
esisteva in Lombardia ai tempi dei 'malghesi' transumanti
si è perso. Invece qui i 'margari' (equivalente o quasi
dei nostri 'bergamini' o 'malghesi' sono ancora numerosi.
In inverno risiedono in piccole cascine di proprietà
o affittate, ma molti, come già facevano i nostri vecchi malghées,
comprano ancora il fieno di anno in anno in una cascina
diversa e con esso il diritto all'alloggio, alla stalla,
al pascolo primaverile ecc. 'Contratto malgaro' (come
il nostro 'contratto malghese' lombardo).
Qui
poi è la Piemontese a farla da padrona (e in effetti
la Festa e il convegno sarebbero dedicati a questa razza).
Agli allevatori, però, piacciono capi 'colorati' da
tenere nella mandria un po' come i pastori tengono la
pecora nera o rossa. Così alcuni capi 'speciali' hanno
anche l'onore di portare al collo il mastodontico rudun.
Un punto di vanto per gli allevatori, premio ambito
o gradito dono, sempre con dediche personalizzate. Un
oggetto rituale che negli ultimi anni ha riacquistato
nuovi contenuti e valori simbolici (con la buona pace
di quei poveri di spirito che pensano di ridurre
tutta la dimensione del mondo agricolo a fredde considerazioni
economiche e tecnologiche).
Attraverso
il rudun, con le dediche o i motti scritti con
le borchie sul collare in cuoio, il malgaro comunica
anche i suoi valori. Una tradizione che si è consolidata
negli ultimi 15-20 anni ma non per questo meno autentica
e spontanea. Ovviamente il rudun è
un pezzo da parata, da ostentazione. Un elemento comunque
'chiave' per la transumanza e la partecipazione alle
fiere. Vanno anche all'asta a prezzi esorbitanti.
Un
altro elemento caratteristico in questa Festa è
dato dalla presenza del bue Piemontese da lavoro (foto
sopra). Era chiamato il 'trattore delle Langhe'. Ora
è mantenuto per finalità dimostrative. Complimenti al
proprietario.
Nel
tendone del convegno alcune gigantografie ritraggono
l'Alpe Raschera del comune di Magliano, un'alpe-simbolo,
famosa perché da il nome al noto formaggio DOP. Peccato
che sia caricata con animali da carne e peccato che
la Raschera d'alpeggio si tenda a produrla ... tutto
l'anno. Il ruolo della vacca Piemontese quale
vacca nutrice o a duplice attitudine è da tempo oggetto
di discussioni. Al margine del convegno raccolgo opinioni
contrastanti. Inutile dire che sto dalla parte di chi
sostiene che sarebbe meglio svezzare i vitelli prima
della monticazione e sfruttare l'attitudine lattifera
per produrre Raschera e altri formaggi pregiati, a partire
da quelli misti (con latte ovino e caprino) come nella
tradizione di qui (la toma migliore è quella di tre
latti dice l'adagio piemonteis). In ogni caso c'è chi
le vacche le sta ancora mungendo come ci segnalano i
semplici e famigliari arnesi d'alpeggio appoggiati al
muro di un capannone che sorge a un lato del grande
prato dove pascolano le mandrie.
Sarebbe
troppo lungo rendicontare il convegno. Riferisco solo
un'affermazione del malgario Bruno Bottero chiamato
a 'relazionare'. "Bisognerebbe stare su con un
fucile a sparare di notte". Chissà se qualche PM lo
indagherà per 'apologia di lupocidio?'
Bottero
ha perso 6 pecore 4 anni fa e quest'anno ha perso un
vitello e ha avuto una manza 'rovinata'. Nel mio intervento
tra le altre cosette ho ricordato a presenti che qualche
ora prima a qualche chilometro di distanza al Centro
del Lupo di Entraque Legambiente consegnava al Centro
stesso la 'bandiera verde' per meriti ecologici. Il
senso di distanza tra i due mondi non potrebbe essere
più forte. E sono contento di essere qui con i margari
(dalla loro parte, non solo stando nello stesso
posto magari anche a raccontare cose gradite
ma poi ...)
Dopo
il convegno c'è stato un 'aperitivo' che mi sono perso
per raccogliere alcune testimonianze di altri margari
'bastonati' dal lupo. A questo punto non ho saputo trattenermi
dal restare per la 'cena del bollito' (anche se ero
atteso all'agriturismo di Bellino a quasi un'ora e mezza
di macchina).
La
cena è servita a confermarmi nell'opinione che la Sagra
di qualità esiste. Sopra vedete il servizio: bicchieri
di vetro e piatti di ceramica smaltata. Ma questo è
niente. La cucina era accurata, i prodotti tutti selezionati.
Del resto a Magliano c'è un macello e due macellai e
la materia prima (la Piemontese) non manca ... Dopo
un classico antipasto con carne cruda battutra al coltello,
peperone ecc., agnolotti e primo corso del bollito (con
bagnèt) ... poi chiedo il caffè perché s fa tardi.
Però prima un giro con il giovane sindaco Marco
Bailo nelle cucine a complimentarmi doverosamente con
lo chef e lo staff. Ce ne fossero di sagre così
.... La carne me la sono gustata (anche perché era almeno
due settimane che non la toccavo).
A
Bellino (frazione Chiazale) all'Agriturismo Lou Saret
arrivo a mezzanotte. Pioviggina e c'è nebbia. Mi aspetto
di vedere i lupi dietro ogni curva (un po' troppa autosuggestione).
Torno a Bellino dopo un mese esatto (ero venuto insieme
a Marzia Verona per incontrare pastori ed ex-pastori
tutti vittime del lupo vai
all'articolo).
Il titolare dell'agriturismo è tra quelli che non hanno
più le pecore; ora ha comunque ancora le vacche e coltiva
le patate. Mi raccomanda di alzarmi presto
per vedere l'arrivo dei greggi e delle mandrie al Pian
Melezè. Così faccio e alle 8 sono pronto con la macchina
fotografica. Appena mi avvicino alla macchina ecco arrivare
un pastore con un piccolo gregge. Sbaglio la prima foto
con il gregge di fronte (buia come la pece, bisogna
aver tempo di svegliarsi ...). Il pastore transita.
Dopo pochi minuti lo supero e mi riprometto di rifotografarlo
quando arriverà al campo Fiera.
A
Melezè c'è già un gregge. Ma non è dentro i pur ampi
spazi previsti per ogni allevatore. Ne approfitta per
una pascolata fuori dell'area della manigfestazione
delimitata con fili elettrici. Nel gregge noto un Maremmano.
Pare tranquillo.
Quando
arriva il pastore che avevo già incontrato con le sue
poche pecore la stupida bestia abbandona le sue
protette per lanciarsi contro le pecore 'straniere'.
Che se ne vanno oltretutto per la loro strada sullo
stradone asfaltato. Il cane scompiglia e spaventa
le pecore poi si lascia annusare come inibito dai Border
Collie che seguono il gregge, poi ripiomba nel gruppo
delle pecore. E pensare che qualcuno pensa che basta
un Maremmano per risolvere i problemi. Primo uno non
basta; non ne bastano neppure due e forse neppure tre.
Se i lupacci sono in branco uno o più allontana i cani
dal gregge (specie se stupidi e se si lanciano tutti
insieme sugli aggressori). Gli altri attaccano e bastonano.
Alla
fine deve intervenire il pastore-padrone per bloccare
lo stupido cane.
Il
campo Fiera (Fiero in occitano/provenzale, ma è sempre
femminile) è accuratamente predisposto. Ogni gregge
o mandria ha il suo pezzo di prato con una vasca per
l'acqua. Un'organizzazione veramente encomiabile da
parte dell'Associazione pastur de Blins. Essi
poi si preoccuperanno di spargere le deiezioni
e il prato rimarrà perfetto con gli ultimi ricacci (dopo
il taglio del fieno) ben pascolati e l'ingrasso. Ai
tanti piccoli proprietari delle innumerevoli parcelle
che compongono questo bel pratone oltre ai ringraziamenti
e al prato ingrassato verranno offerte dagli organizzatori
due bottiglie di vino. Anche così si rinsaldano i legami
comunitari. Niente burocrazia, tutto autogestito.
Ogni
spazio è accessibile facilmente da corridoi che dividono
i vari recinti. In più c'è un corridoio centrale che
consente ai visitatori, ai pastori ai margari di ammirare
gli animali. Il nostro pastore dopo lo scompiglio provocato
dal Maremmano conduce le sue pecore alla loro postazione
(sotto).
Intanto
arriva il primo margaro. Le bestie si accalcano ma vengono
controllate con facilità dagli esperti loro conduttori.
Le auto e gli automezzi sono disposti sul lato della
strada verso il fiume (che qualche anno fa si è mangiato
parte del parcheggio). Sul lato del campo fiera vi è
tassativo divieto di sosta perché le mandrie devono
poter 'scorrere'. Il tutto è molto ben organizzato ed
ordinato. Non sembra di essere in Italia. Infatti siano
in Occitania (come annunciano le bandiere esposte sul
campo fiera nella totale assenza dei tricolori). Roma
qui è veramente lontana.
Le
vacche candide sfilano a ranghi compatti. Questa mandria
è indubbiamente una gran bella mandria (poi ne vedremo
arrivare di molto meno candide e molto meno in carne).
Il
sistema dei corridoi funziona a meraviglia e la mandria
si incanala verso la sua 'destinazione'.
In
un piazzale sono radunate diverse bancarelle. Gli articoli
vanno da quelli più 'funzionali' tipo abbigliamento
militar-pastorale (ma perchè i pastori devono vestirsi
così?), ai veri e propri arnesi del mestiere (reti elettriche,
campanacci) ai formaggi, alle patate ecc. La 'bancarella'
(ma è solo un telo steso a terra) è quella della foto
sotto: vero antiquariato pastorale con pezzi molto interessanti.
Le
vacche arrivate per prime alloggiano nello spazio prospiciente
il piazzale con le bancarelle dove c'è anche un 'palco'
improvvisato (un vecchio carro agricolo) con grossi
amplificatori. Servirà per la premiazione e i 'discorsi'.
Però non si sa bene a che ora saranno. La Fiero è così,
senza un programma prefissato. Le mandrie e le greggi
arrivano alla spicciolata, la premiazione è a ora 'variabile'.
Però è bello così. L'atmosfera è rilassata. Gli animali
partecipano, sono tranquilli, si fanno ammirare.
Festa
degli animali: mucche, tori, vitelli in primis, poi
pecore e capre, cavalli e asini. Ma ci sono anche oche,
conigli e pollame. Una situazone ideale per far
vedere gli animali ai bambini.
I
campanacci hanno un ruolo centrale nella ritualità dell'alpeggio,
della transumanza e anche della Fiero. La bancarella
specializzata ne vende di tutti i tipi. La gente li
soppesa, li fa suonare.
I
rudun in particolare assumono un ruolo celebrativo.
Questo sotto è senza dubbio il dono dei famigliari a
un margaro che festeggia il quarantennio di attività.
Nella foto inserita sul collare il festeggiato
è ritratto con un mulo. E poi il motto: "I monti,
la mia vita, la mia passione". C'è dentro tutto
un universo di valori.
Qualche
volta il collare del rudun assomiglia un po'
a quegli accessori per auto anni '60 con la foto del
bimbo e l'ammonimento "Papà non correre".
Il bimbo della foto sarà il nipotino o il figlio del
malgaro? Il motto: "Correndo sulle mie montagne".
Sì ma non troppo forte!
Un
altro collare da rudun da genetliaco. Questo
ricorda la festa per i primi 40 anni di vita
(e non di alpeggio).
Infine
l'amore per i monti con foto di paesaggio d'alpeggio
con le altrettanto amate vacche Piemontesi.
I
campanacci sono anche gli ambiti premi della Fiero.
Primo premio, inutile dirlo, il rudun. Un pezzo
unico del quale il vincitore menerà gran vanto.
Continuano
ad arrivare mandrie.
All'arrivo
di una nuova mandria il coro dei muggiti si intensifica.
La muscolosa signora della foto sotto si sta impegnando
- al limite della recinzione - 'salutare' (o a
minacciare?) le colleghe della mandria appena arrivata
che hanno appena occupato lo spazio assegnato (e che
ricambiano sonoramente).
Su
uomini, pecore, vacche e cavalli sventolano le bandiere
dell'Occitania. Manco l'ombra di quei tricolori che,
peraltro con esito kitsch, inondano le manifestazioni
zootecniche in Lombardia tesi a marcare l'ufficialità
dell'evento, a esorcizzare le tentazioni a cortocircuitare
identità alpina 'spontanea' e autonomismo, a marcare
l'ossequio al centralismo di amministrazioni (oggi non
tutte per fortuna), organizzazioni di categoria, allevatoriali
ecc. Qui sono i Pastur de Blins a organizzare
autonomamente la manifestazione. Sono loro gli attori.
Troppo spesso, invece, gli allevatori sono solo gli
'utenti' eterodiretti. Le comparse.
Ancora
una mandria. Animali un po' meno belli. Un po' sporchi.
Ma come saranno state le condizioni dell'alpeggio? E'
giusto dare colpa al malgaro di una condizione non proprio
smagliante delle sue bestie?
Anche
le capre hanno la loro parte. C'è un crogiolo di razze.
La Du Rove provenzale si mescola con queste Vallesane
originarie di tutt'altra parte delle Alpi.
Il
cagnotto Maremmano assiste all'arrivo dei nuovi greggi.
Abbaia, si agita, corre di qua e di la. In questa immagine
pare un agnellino piuttosto perplesso in mezzo alle
sue pecore.
Per
prendere una panoramica della fiera non c'è altra soluzione
che dirigersi verso delle vecchie ed austere case semidiroccate
che sovrastano la piana. L'immagine sotto da l'idea
dello spazio che hanno a disposizione gli animali.
Così è bello vedere gli animali, sull'erba. Non come
in tante fiere zootecniche ammassati dietro transenne
e reti da cantiere, tubi innocenti e simili. Spesso sotto
capannoni cementizi. Si vede che qui c'è una cultura
che risente dell'influsso d'oltralpe.
Mentre
scatto dalla postazione sopraelevata devo togliermi
dal sentiero per lasciar passare un'ultima piccola mandria
che scende alla Fiero dall'alto. Sono già le 11 e mezza
e c'è ancora qualche ritardatario.
La
pastora conduce i suoi non numerosi animali in postazione
e poi... telefona.
Sono
infinite le scene gustose cui una fiera autentica come
questa consente di assistere. E' un bell'osservatorio
su uomini e animali. L'ultima foto è della serie
'animali birichini'.
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